Attività temporanee in deroga ai limiti acustici
Autorizzazioni rifiuti RumoreStefano Maglia – Giulia Guagnini, 25/08/2015
Premessa
In via generale le attività e le manifestazioni temporanee sono molteplici e, proprio in considerazione della loro occasionalità – anche se caratterizzate da livelli sonori alquanto significativi sotto l’aspetto del disturbo – possono essere eccezionalmente consentite in base al principio per cui le immissioni necessarie e transitorie relative ad attività lecite possono essere tollerate: è altrettanto vero, nondimeno, che il soggetto che effettua tali attività è tenuto ad adottare tutte le possibili cautele per contenere il disturbo acustico.
Le attività costituenti sorgenti sonore temporanee possono essere rappresentate dai cantieri, dagli spettacoli itineranti, dalle feste stagionali e sono generalmente svolte all’aperto.
Salvo che si tratti di sorgenti difficilmente controllabili (come per esempio i parcheggi condominiali o le sirene degli antifurti) la maggior parte delle attività mobili e/o temporanee può essere autorizzata in deroga ai limiti di legge.
La normativa nazionale
La L. 26 ottobre 1995, n. 447[1], all’art. 6, comma 1, lett. h), attribuisce al Comune la competenza in materia di “autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all’articolo 2, comma 3[2], per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal Comune stesso”.
Ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione è dunque necessario presentare domanda al Comune competente.
La specificazione delle attività interessate, i criteri e le modalità di rilascio delle autorizzazioni in deroga sono generalmente determinate da regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale (come specificato dall’art. 6, comma 2, L. n. 447/1985), da predisporre recependo le indicazioni stabilite in merito dalla Regione.
Tali attività sono comunque tenute al rispetto delle prescrizioni che il Comune indica in via generale nei propri regolamenti ed, eventualmente, ulteriormente specificate nel provvedimento di autorizzazione, al fine di minimizzare il disturbo da esse generato[3].
Con Circolare datata 6 settembre 2004[4] il Ministero dell’Ambiente ha precisato, in tema di attività temporanee e manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, che la richiesta di deroga all’autorità competente dovrebbe essere effettuata “sulla base di apposita valutazione di impatto acustico dei seguenti valori limite assoluti di immissione: diurni, notturni (qualora, ai fini della tutela della popolazione nella condizione che risulta essere la più fastidiosa, non sia possibile sospendere l’attività temporanea notturna), nonché dei valori limite differenziali, fatta salva comunque la verifica del rispetto dei limiti previsti dalla deroga stessa”.
Profili sanzionatori
La Corte di Cassazione (Sez. I, 5 dicembre 1998) ha evidenziato che l’esercizio dell’attività autorizzata deve comunque svolgersi nel rispetto delle leggi e delle prescrizioni poste a tutela della quiete pubblica[5].
L’art. 10, comma 2, L. n. 447/1995 prevede che “Chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) [valori limite di emissione] e f) [valori limite di immissione], fissati in conformità al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera a), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 516,46 a Euro 5.164,57”.
Il comma 3 del citato art. 10 ulteriormente dispone che “La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all’articolo 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 258,23 a Euro 10.329,14”.
Per quanto attiene i provvedimenti adottabili in concreto dall’amministrazione comunale a fronte dell’accertato superamento, da parte dell’ARPA, dei limiti di emissione e/o immissione (sia assoluti che differenziali), si segnala che – a prescindere dall’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniarie e dell’eventuale segnalazione all’Autorità giudiziaria – l’intero procedimento attivato dal Comune ha quale scopo fondamentale l’eliminazione del disturbo acustico: l’amministrazione comunale è quindi chiamata ad assumere precisi provvedimenti finalizzati alla risoluzione della problematica. Gli strumenti utili a tal fine sono in genere individuati dal Dirigente preposto per competenza o dallo stesso Sindaco.
Sebbene se non esista, nel diritto amministrativo, una disciplina generale in materia di diffida, può accadere che, dopo l’accertata violazione delle norme in materia di inquinamento acustico, il Comune adotti siffatto provvedimento al fine di prescrivere al trasgressore – con una certa perentorietà – un’attività finalizzata all’eliminazione del disturbo acustico (che può consistere sia in un obbligo di facere che di non facere).
Tuttavia è opportuno ribadire che si tratta di un atto informale che si configura come un ordine impartito al fine di ripristinare la legittimità di un’attività regolamentata per legge[6].
Spesso, inoltre, il Sindaco dispone a carico dell’impresa – a norma dell’art. 9, L. n. 447/1995 – di riportare il rumore entro i limiti normativi tramite apposita ordinanza contingibile e urgente. Secondo il comma 1 di tale articolo, infatti, “Qualora sia richiesta da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto … nell’ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività”.
Oltre a dover essere adottata nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’ordinanza deve fondarsi su congrue motivazioni, posto che la situazione di pericolo deve risultare da inequivoci accertamenti tecnici. In altri termini, con tale provvedimento non deve essere imposto un sacrificio privato eccessivo nel caso in cui la salvaguardia dell’interesse pubblico possa essere raggiunta tramite misure alternative.
La stessa Corte Costituzionale non ha mancato di notare, sul punto, che le ordinanze devono rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità tra il provvedimento e la realtà circostante, nonché essere motivate e recare un preciso termine finale (Corte Cost., sentenza n. 127 del 14 aprile 1995)[7].
Si noti, peraltro, che la giurisprudenza ha rilevato che “l’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile e urgente delineato dall’art. 9, L. n. 447/1995 deve ritenersi consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti ARPA rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest’ultimo – ontologicamente, per espressa previsione dell’art. 2 della stessa L. n. 447/1995 – rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge quadro … non configura alcun intervento amministrativo “ordinario” che consenta di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti” (TAR Puglia Lecce, n. 488 del 24 gennaio 2006).
Per completezza si segnala che all’interno di taluni Regolamenti comunali concernenti il rilascio dell’autorizzazione in deroga per lo svolgimento di manifestazioni temporanee in luogo pubblico o in luogo aperto al pubblico è stata prevista – in caso di accertata non conformità dell’evento al contenuto dell’autorizzazione in deroga ed in aggiunta alle sanzioni previste per legge – la decadenza dalla suddetta od anche il divieto di concedere ulteriori autorizzazioni in deroga per un anno a partire dalla data dell’accertamento.
Conclusioni
L’autorizzazione in deroga ai limiti di rumore non è di per sé sufficiente ad esimere il titolare da eventuali responsabilità penali, qualora si accerti che sia stato comunque arrecato un concreto disturbo alla popolazione.
I profili di opportunità legati all’emanazione dell’ordinanza sono assai dibattuti in dottrina e in giurisprudenza, per quanto in particolare attiene la mancanza dei presupposti di legge o la non congruità delle motivazioni alla stessa sottese. Si tratta dunque di uno strumento che deve essere utilizzato con estrema cautela.
Note
[1] “Legge quadro sull’inquinamento acustico”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 254 del 30 ottobre 1995 – S.O. n. 125 ed in vigore dal 29 dicembre 1995.
[2] Tale norma distingue i valori limite di immissione in valori limite assoluti e differenziali. I limiti in questione sono stati fissati con D.P.C.M. 14 novembre 1997 (“Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1 dicembre 1997).
[3] ROTA G.L., RUSCONI G., “I codici tecnici – Ambiente tomo I”, UTET, II edizione, 2012, pag. 610.
[4] “Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 217 del 15 settembre 2004.
[5] LUVRANO G., VURRO B., “L’inquinamento acustico”, EPC Editore, 2011, pag. 229.
[6] LUVRANO G., VURRO B., op. cit., pag. 114.
[7] Sebbene varie pronunce di Tribunali amministrativi abbiano dichiarato illegittimo il ricorso all’ordinanza in materia di inquinamento acustico (soprattutto per mancanza di oggettive motivazioni di necessità e di urgenza), il Consiglio di Stato ha reputato sussistere l’emergenza connessa all’inquinamento acustico prodotto da un pubblico esercizio e, quindi, legittima l’ordinanza sindacale di modifica dell’orario di attività dello stesso (sentenza n. 4457 del 5 settembre 2002, Sez. V).