Nel D.L.vo 116/2020, tra gli altri argomenti, vengono trattati all’art. 182-ter i rifiuti organici prodotti in azienda che possono essere trattati mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione. Con il presente parere si effettua una disamina inerente alla classificazione e alla regolamentazione prevista per i rifiuti organici, alla luce delle novità apportate dal D.L.vo 116/2020 alla parte IV del D.L.vo 152/2006.
Stefano Maglia, Alessandra Corrù, 27/11/2020

Premessa

La legislazione ambientale italiana ed europea si pone come obiettivo prioritario la riduzione sia della quantità che della pericolosità dei rifiuti prodotti, sia del flusso dei rifiuti avviati allo smaltimento. Sia la Direttiva 2008/98/CE sia il D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 , pertanto, prevedono e disciplinano specifiche azioni per intervenire alla fonte nel processo produttivo e per agevolare e incentivare il riciclaggio e il recupero dei rifiuti prodotti (principio della prevenzione, riciclaggio e recupero). Infine, i rifiuti non recuperati devono essere smaltiti in condizioni di sicurezza, con una progressiva riduzione del flusso dei rifiuti avviati in discarica.

In particolare, la prevenzione richiede il controllo ed il miglioramento continuo delle prestazioni e dell’efficienza ambientale. A tal fine le imprese produttrici di rifiuti dovranno provvedere a conseguire obiettivi di riciclaggio e di recupero e ridurre il flusso dei rifiuti avviati allo smaltimento.

 

Rifiuti organici: definizione e classificazione

Il D.L.vo 3 settembre 2020, n. 116 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio” , ha profondamente innovato le norme inerenti al quadro definitorio del D.L.vo 152/2006.

Fra gli interventi più considerevoli sul tema dei rifiuti organici occorre necessariamente citare la riscrittura – pressoché integrale – dell’art. 182-ter e dell’art. 183, comma 1, lett. d), D.L.vo 152/2006.

Il comma 9 dell’art. 1 del D.L.vo 116/2020 modifica – in attuazione di quanto introdotto dall’art. 1, paragrafo 3, della direttiva 851/2018 e del criterio di delega, volto a riformare, in particolare, il sistema delle definizioni, come previsto all’articolo 16, co. 1, lettera c) della legge 4 ottobre 2019, n. 117 – l’articolo 183, ove sono state introdotte otto definizioni, prima non previste:

  1. “rifiuto non pericoloso”;
  2. “rifiuti urbani”;
  3. “rifiuti da costruzione e demolizione”;
  4. “rifiuti alimentari”;
  5. “regime di responsabilità estesa del produttore”
  6. “recupero di materia”;
  7. “riempimento”;
  8. “compostaggio”.

Sono state, invece, modificate o sostituite interamente le seguenti definizioni:

  1. “rifiuti organici”;
  2. “gestione dei rifiuti”;
  3. “deposito temporaneo prima della raccolta”;
  4. “digestato di qualità”;
  5. “compost”.

Per quanto qui interessa, nella nuova formulazione dell’ art. 183, comma 1, lett. d), i “rifiuti organici” sono definiti come “ rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, uffici, attività all’ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell’industria alimentare”.

Rispetto alla precedente definizione, compare l’aggiunta relativa a “uffici, attività all’ingrosso, mense” e l’aggettivo “simili” risulta sostituito con “equiparabili”: vi è, dunque, un allargamento significativo del loro ambito.

Quanto alla classificazione dei rifiuti organici, si segnala che per effetto dell’art. 1, co. 9, del D.L.vo 3 settembre 2020, n. 116 , al co. 1 dell’art. 183 del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 è stata aggiunta la lettera b-ter), la quale riporta un nuovo elenco dei rifiuti urbani:

“1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

2.i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies;

3.i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

4.i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

5.i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d’erba e potature di alberi, nonché i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

6.i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.”

Al di là del sotto elenco dei rifiuti domestici, che possono essere differenziati o meno (tra cui compaiono anche i rifiuti organici), la novità più importante è senz’altro rappresentata dal p.to 2), per effetto del quale sono rifiuti urbani i “rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti nelle attività riportate nell’allegato L-quinquies”.

Ciò in quanto dal nostro Legislatore sono stati introdotti ex novo due allegati (non presenti nella direttiva 2018/851): il primo “L –quater Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter), punto 2)” reca una serie di rifiuti individuati come urbani pur essendo stati generati da attività economiche; il secondo, “L quinquies Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2)”, riporta invece le attività che possono dar origine ai rifiuti urbani di cui all’allegato L-quater.

Si precisa che dall’elenco delle attività che possono generare rifiuti urbani rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’art. 2135 Cod. Civ. e i relativi rifiuti.

Ad una prima lettura parrebbe che l’All. L-quater sia esaustivo, mentre L-quinquies non lo sia, in quanto al termine dell’elenco si legge la seguente specifica: “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”.

In ogni caso, quel che più rileva, è che dalle attività di cui all’All. L-quinquies restano escluse, oltre alle attività agricole, quelle industriali e quelle di costruzione, demolizione e scavo.

È bene ricordare che, al fine di consentire ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti il graduale adeguamento operativo delle attività alla nuova definizione di rifiuto urbano, le disposizioni di cui agli artt. 183, co. 1, lett. b-ter) e 184, co. 2 e agli allegati L quarter e L quinquies si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2021.

In relazione a quanto domandato, ed alla luce di quanto sopra riportato, si ritiene – al momento – di poter rispondere solo formulando ipotesi che potranno trovare conferma nei mesi a venire.

Per quanto qui interessa, si ritiene che dal 1° gennaio 2021 i rifiuti elencati nell’allegato L –quater – fra cui compaiono anche i rifiuti organici – se provenienti da attività economiche quali “Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari” o “Ipermercati di generi misti” diventeranno tout court rifiuti urbani. Non saranno perciò più rifiuti speciali assimilabili e non spetterà ai Comuni procedere alla loro assimilazione, ma saranno classificati come urbani ex lege con valenza su tutto il territorio nazionale e senza alcun limite quantitativo per il conferimento al servizio pubblico di raccolta.

Come conseguenza della nuova classificazione, molte attività economiche vedranno dunque aumentare significativamente le superfici imponibili e, pertanto, l’ammontare della TARI. Ciò comporta che dal 1° gennaio 2021 le superfici di supermercati e ipermercati saranno suscettibili di produrre rifiuti urbani e, dunque, potranno rientrare nel campo di applicazione della TARI.

 

Regolamentazione prevista per i rifiuti organici

Quanto alla specifica gestione dei rifiuti organici, occorre premettere che la normativa comunitaria ed italiana preesistente alla nuova direttiva 851/2018 e al D.L.vo 116/2020 già si fondava su tre strumenti-obiettivi: la raccolta differenziata, il compostaggio e la produzione di materiali sicuri per l’ambiente, come risulta chiaro dalla lettura dell’art. 22 della direttiva 98/2008, ripreso e specificato in Italia dall’art. 182-ter del D.L.vo 152/2006.

La stessa impostazione si rinviene, come evidenziato dai considerando 41 e 56 , nella direttiva 851/2008, la quale provvede alla riscrittura integrale dell’art. 22 sopra citato.

Per completezza, si riporta anche il contenuto – che interessa in questa sede – dell’art. 16 della legge 117/2019, da cui il D.L.vo 116/2020 deriva la sua legittimità per l’attuazione della direttiva 2018/851:

 

“1. Nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, e della direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, il Governo e’ tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

[…]

g) al fine di garantire il raggiungimento dei nuovi obiettivi in materia di raccolta e di riciclo dei rifiuti urbani stabiliti dalle disposizioni di cui all’articolo 1, numero 12), della direttiva (UE) 2018/851 e in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, numero 19), della medesima direttiva, prevedere che entro il 31 dicembre 2020 i rifiuti organici siano raccolti in modo differenziato su tutto il territorio nazionale, nonché’ misure atte a favorire la qualità dei rifiuti organici raccolti e di quelli consegnati agli impianti di trattamento nonché lo sviluppo di sistemi di controllo della qualità dei processi di compostaggio e di digestione anaerobica, predisponendo altresì sistemi di promozione e di sostegno per lo sviluppo della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti organici, anche attraverso l’organizzazione di idonei sistemi di gestione dei rifiuti, l’incentivazione di pratiche di compostaggio di prossimità come quello domestico e di comunità e l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 35, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

h) prevedere che i rifiuti aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità, che rispettano gli standard europei per gli imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, siano raccolti insieme ai rifiuti organici, assicurando la tracciabilità di tali flussi e dei rispettivi dati, al fine di computare il relativo riciclo organico negli obiettivi nazionali di riciclaggio dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggi.”

Ecco il nuovo testo dell’art. 182-ter del D.L.vo 152/2006, integralmente riscritto dal comma 8 dell’art. 1 del D.L.vo 116/2020:

“1. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano favoriscono, nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente, il riciclaggio, ivi compresi il compostaggio e la digestione dei rifiuti organici, in modo da rispettare un elevato livello di protezione dell’ambiente e che dia luogo ad un prodotto in uscita che soddisfi pertinenti standard di elevata qualità. L’utilizzo in agricoltura è consentito per i soli prodotti in uscita conformi alla normativa vigente sui fertilizzanti.

2.Al fine di incrementarne il riciclaggio, entro il 31 dicembre 2021, i rifiuti organici sono differenziati e riciclati alla fonte, anche mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione, oppure raccolti in modo differenziato, con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002, senza miscelarli con altri tipi di rifiuti.

3.Le attività di compostaggio sul luogo di produzione comprendono oltre all’autocompostaggio anche il compostaggio di comunità realizzato secondo i criteri operativi e le procedure autorizzative da stabilirsi con decreto del Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro della salute.

4.Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli Enti di governo dell’ambito ed i Comuni, secondo le rispettive competenze, promuovono le attività di compostaggio sul luogo di produzione, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all’articolo 199 e la pianificazione urbanistica.

5.Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano promuovono la produzione e l’utilizzo di materiali ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici.

6.I rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove:

a) siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, o allo standard europeo EN14995 per gli altri manufatti diversi dagli imballaggi;

b) siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai predetti standard euro-pei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonché idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti organici;

c) entro il 31 dicembre 2023 siano tracciati in maniera tale da poter essere distinti e separati dalle plastiche convenzionali nei comuni impianti di selezione dei rifiuti e negli impianti di riciclo organico.

7.Entro un anno dall’entrata in vigore della presente disposizione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individua precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonché degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti.”

Dalla lettura dell’ art. 182-ter del D.L.vo 152/2006, si evince che il MATT, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e le Regioni saranno tenuti ad incentivare il riciclaggio, ivi compreso il compostaggio e la digestione (anaerobica), dei rifiuti organici rispetto ad altre modalità di gestione degli stessi. La disposizione punta all’ottenimento di un prodotto di qualità che possa essere utilizzato in agricoltura nel pieno rispetto della normativa in materia di fertilizzanti.

Il comma 2 specifica che vi sono due modalità per ottemperare all’obbligo di riciclo dei rifiuti organici:

1) la differenziazione alla fonte ed il trattamento sul luogo di produzione mediante attività di compostaggio sul luogo di produzione;

2) la raccolta differenziata tramite contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili, senza miscelarli con altri rifiuti, e l’invio agli impianti centralizzati di riciclaggio.

La prima attività corrisponde a quella che viene comunemente chiamata “compostaggio di prossimità” ossia quelle attività nelle quali il produttore del rifiuto effettua in proprio il compostaggio senza quindi che vi sia raccolta, trasporto dei rifiuti organici agli impianti industriali di compostaggio o digestione anaerobica.

La seconda alternativa è quella classica nella quale il sistema di gestione dei rifiuti raccoglie i rifiuti organici e li invia agli impianti industriali di compostaggio o digestione anaerobica.

Il comma 3 chiarisce che le attività di compostaggio sul luogo di produzione (ossia “il compostaggio di prossimità”) comprendono, oltre all’autocompostaggio, anche il compostaggio di comunità realizzato secondo i criteri operativi e le procedure autorizzative da stabilirsi con decreto del Ministero dell’ambiente.

È bene ricordare che, ai sensi dell’art. 183, co. 1, lett. e), del D.L.vo 152/2006, per autocompostaggio si intende il “compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche e non domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto”; per compostaggio di comunità si intende, invece il “compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti” (art. 183, co. 1, lett. qq-bis).

Al comma 4 si individua un obbligo per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli Enti di governo dell’ambito e i Comuni di promuovere le attività di compostaggio sul luogo di produzione, anche attraverso gli strumenti di pianificazione della gestione dei rifiuti nonché quella urbanistica.

Al comma 5 si prevede che le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano promuovano la produzione e l’utilizzo di materiali ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici. Al fine di poter conferire nella raccolta del rifiuto organico gli imballaggi aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità è stato inserito il comma 5 che dispone le specifiche perchè possa attuarsi la disposizione.

Il comma 6, infine, precisa che entro un anno dall’entrata in vigore del D.L.vo 116/2020 [26 settembre 2020] il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrà stabilire livelli di qualità per la raccolta differenziata dei rifiuti organici e individuare precisi criteri da applicare ai controlli di qualità delle raccolte nonché degli impianti di riciclaggio di predetti rifiuti.

 

Conclusioni

In relazione a quanto domandato, ed alla luce di quanto sopra riportato, si ritiene – al momento – di poter rispondere solo formulando ipotesi che potranno trovare conferma nei mesi a venire.

Per quanto qui interessa, si ritiene che dal 1° gennaio 2021 i rifiuti elencati nell’allegato L –quater – fra cui compaiono anche i rifiuti organici – se provenienti da attività economiche quali “Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari” o “Ipermercati di generi misti” diventeranno tout court rifiuti urbani. Non saranno perciò più rifiuti speciali assimilabili e non spetterà ai Comuni procedere alla loro assimilazione, ma saranno classificati come urbani ex lege con valenza su tutto il territorio nazionale e senza alcun limite quantitativo per il conferimento al servizio pubblico di raccolta.

Come conseguenza della nuova classificazione, molte attività economiche vedranno aumentare significativamente le superfici imponibili e, pertanto, l’ammontare della TARI. Ciò comporta che dal 1° gennaio 2021 le superfici di supermercati e ipermercati saranno suscettibili di produrre rifiuti urbani e, dunque, potranno rientrare nel campo di applicazione della TARI.

Quanto alle attività di autocompostaggio e compostaggio di comunità, occorre rilevare che esse concorrono alle finalità di prevenzione dei rifiuti nella misura in cui contribuiscono alla diffusione di una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali legate alla gestione dei rifiuti e con essa alla diffusione di acquisti consapevoli ed alla riduzione del food waste (rifiuto alimentare). Tuttavia, le attività di compostaggio sul luogo di produzione, benché possano contribuire alla riduzione della produzione del rifiuto, non costituiscono attività di prevenzione bensì di gestione dei rifiuti.

Tale attività, infatti, ai sensi della direttiva 851/2018, può essere conteggiata ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio dei rifiuti urbani di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2008/98. A livello nazionale è possibile per i Comuni conteggiare le quantità di rifiuti compostate sul luogo di produzione sia ai fini della raccolta differenziata sia ai fini degli obiettivi di riciclo.

Per quanto concerne le differenti tipologie di compostaggio di prossimità, qualora si tratti di un’utenza singola (domestica o non domestica), l’attività si configura come autocompostaggio ai sensi dell’ art. 183, co. 1, lett. e), D.L.vo 152/2006.

Tale attività non necessita di titoli autorizzativi e può essere intrapresa dalle singole utenze domestiche e non domestiche a condizione che il compost, prodotto a seguito del trattamento, sia utilizzato esclusivamente dalla medesima utenza che ha prodotto e trattato il rifiuto.

Non è previsto un limite di quantità per i rifiuti trattati tramite autocompostaggio, tuttavia le quantità trattate devono essere congruenti con la tipologia di utenza che effettua l’attività. Per utenze domestiche si considera generalmente una produzione di rifiuti organici pari a 80 kg/anno per ciascun componente del nucleo familiare (nota prot. n. 2776/RIN del 24 febbraio 2017). Per le utenze non domestiche i quantitativi saranno in funzione dell’attività svolta dall’utenza stessa (scuola, ospedale, esercizio commerciale, bar, ristorante, etc.).

È bene ricordare, pertanto, che, ai sensi dell’art. 208, co. 19-bis, del D.L.vo 152/2006, “Alle utenze non domestiche che effettuano il compostaggio aerobico individuale per residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attività agricole e vivaistiche e alle utenze domestiche che effettuano compostaggio aerobico individuale per i propri rifiuti organici da cucina, sfalci e potature da giardino è applicata una riduzione della tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani.”

Per quanto concerne invece il compostaggio di comunità (art. 183, co. 1, lett. qq-bis, D.L.vo 152/2006) , appare utile ricordare che può essere considerata tale esclusivamente quella attività nella quale il soggetto produttore del rifiuto coincide con il conferitore all’apparecchiatura di compostaggio e con l’utilizzatore del compost prodotto.

Quanto ai criteri operativi e alle procedure autorizzative per effettuare tale attività si rammenta che si dovrà attendere un nuovo decreto del Ministero dell’ambiente (per la cui emanazione non è stato, però, previsto alcun termine dall’art. 182-ter, co. 3, D.L.vo 152/2006), ad oggi non ancora emanato.

Fino all’entrata in vigore del cennato decreto, a parere di chi scrive, è possibile intraprendere l’attività di compostaggio di comunità di rifiuti organici presso il luogo di produzione continuando ad applicare il decreto ministeriale n. 266 del 29 dicembre 2016 , che stabilisce i criteri operativi e le procedure autorizzative semplificate per l’attività di compostaggio di comunità di quantità non superiori a 130 tonnellate annue, nel rispetto della tutela dell’ambiente e della salute umana.