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Stefano Maglia

231: è rilevante l’esiguità del risparmio?

di Fabrizio Salmi e Alessandra Passofaro

Categoria: Responsabilità ambientali

Cass. Pen., Sez. IV, 24.03.2022, n. 13218

 

In tema di responsabilità degli enti e reati colposi derivanti da infortunio sul lavoro, la Corte di Cassazione ha affermato che è irrilevante l’esiguità del risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure antinfortunistiche a fronte di spese ingenti affrontate dalla società per la manutenzione e la sicurezza.

 

  1. Le contestazioni.

 

La vicenda processuale ha ad oggetto un infortunio sul lavoro a partire dal quale sono stati ritenuti responsabili il socio amministratore e incaricato per la sicurezza del delitto di cui all’art. 590 commi 2 e 3 c.p. e la società ai sensi degli artt. 5 e 25-septies D.lgs. 231/2001 per il reato commesso dalla persona fisica nell’interesse dell’ente.

 

Nello specifico, alla persona fisica è stata contestata la mancata adozione di misure di prevenzione quali: non aver predisposto una segnaletica orizzontale idonea ad individuare la circolazione e non aver provveduto alla manutenzione del carrello elevatore.

All’ente, invece, è stato contestata l’assenza di procedure amministrative volte a controllare l’operato dell’amministratore in relazione al reato presupposto di lesioni personali gravi.

 

  1. L’interesse e il vantaggio.

 

La società ha proposto ricorso per Cassazione lamentando carenza di motivazione con riferimento al presupposto soggettivo dell’interesse dell’ente di cui all’art. 5 D.lgs 231/01.

La Corte d’Appello, infatti, affermava che l’inadempimento degli obblighi cautelari aveva determinato l’adozione da parte dell’ente di “modalità organizzative sicuramente molto meno dispendiose”.

A parere della ricorrente, tale affermazione non considerava l’entità delle spese complessivamente affrontate dalla società per manutenzione e sicurezza. Il risparmio che l’ente avrebbe conseguito a seguito degli inadempimenti dell’amministratore, infatti, sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alle spese invece sostenute dalla società in materia di sicurezza. Il vantaggio del reato inerente un incremento di produttività, astrattamente conseguito dalla società, inoltre, sarebbe meramente ipotetico.

 

Ciò detto, prima di addentrarci nel caso specifico, occorre richiamare brevemente i concetti di interesse e vantaggio in materia di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento:

 

– i concetti di interesse e vantaggio, vanno di necessità riferiti alla condotta e non all’evento[1].

– tali criteri di imputazione oggettiva sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile ex ante, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile ex post, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito[2].

– ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto o della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso[3].

– il risparmio in favore dell’impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione e un tale risparmio si può realizzare anche consentendo lo spostamento simultaneo di uomini e mezzi senza delimitare le rispettive aree di azione[4].

– il requisito della commissione del reato nell’interesse dell’ente non richiede una sistematica violazione di norme antinfortunistiche ed è ravvisabile anche in relazione a trasgressioni isolate se altre evidenze fattuali dimostrano il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente[5].

 

 

  1. L’esiguità del risparmio di spesa. Due sentenze a confronto.

 

Con riguardo all’esiguità del risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele dovute, si è pronunciata di recente la Suprema Corte nella sentenza Cass. Pen. Sez. IV, 03.03.2021, n. 22256.

I giudici di legittimità hanno affermato che per poter sostenere che il reato è stato realizzato nell’interesse dell’ente “è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori”.

L’ente, dunque, può andare esente da responsabilità in caso di risparmio esiguo se opera in un contesto di generale osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro e non vi è la prova che la persona fisica abbia omesso di adottare cautele per conseguire un’utilità alla persona giuridica. Tale principio, quindi, si applica nei casi in cui l’infortunio è plausibilmente riconducibile a semplice sottovalutazione del rischio o errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori.

 

Al contrario, a parere della Suprema Corte – Cass. Pen., Sez. IV, 24.03.2022, n. 13218 – tale principio non è applicabile nel caso oggetto della presente trattazione.

Il rischio inerente alla verificazione dell’infortunio è stato valutato come esistente dal datore di lavoro e le misure per prevenirlo, indicate nel documento valutazione del rischio, sono state consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.

Da ciò discende che è irrilevante che quel risparmio di spesa sia stato esiguo se raffrontato alle spese ordinariamente sostenute dalla società per la manutenzione.

 

[1] Cass. Sez. U, 24/04/2014, n. 38343.

[2] Cass. Pen., Sez. IV, 23/05/2018, n. 38363.

[3] Cass. Pen, Sez. IV, 17/12/2015, n. 2544.

[4] Cass. Pen, Sez. IV, 24/01/2019, n.16598.

[5] Cass. Pen., Sez. IV, 24/03/2021, n. 12149.

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