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Affidare il deposito temporaneo a un terzo: è possibile?

di Alessandra Corrù

Categoria: Rifiuti

Il deposito temporaneo prima della raccolta – che, a seguito della riforma operata dal D.L.vo 116/2020 trova ora la sua disciplina nell’art. 185- bis del D.L.vo 152/2006 – è una fase precedente la gestione dei rifiuti e, come tale, non necessita di alcuna autorizzazione, purché il produttore dei rifiuti sia in grado di dimostrare il pieno rispetto di tutte le condizioni previste dallo stesso art. 185-bis per l’applicazione dell’istituto in esame.

In argomento, la Corte di Cassazione Penale, con la recente sentenza n. 34397 del 20 settembre 2022, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dagli imputati condannati alla pena di Euro 4000 di ammenda ciascuno per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), D.L.vo 152/2006 per aver stoccato in maniera irregolare e senza autorizzazione rifiuti in un luogo diverso da quello ove erano stati prodotti.

In specie, la sentenza ha espressamente ritenuto che: “In definitiva, quindi, il deposito temporaneo, ancorché affidato ad un terzo soggetto autorizzato, deve avvenire sempre e solo all’interno del luogo di produzione dei rifiuti stessi e non può assolutamente (al fine di rendersi esente dal regime autorizzatorio) essere realizzato da un terzo affidatario in un luogo diverso da quello in cui i rifiuti oggetto del deposito medesimo sono prodotti”.

Premesso che non vi sono dubbi che il deposito temporaneo debba essere effettuato “sempre e solo all’interno del luogo di produzione dei rifiuti stessi e non può assolutamente (al fine di rendersi esente dal regime autorizzatorio) essere realizzato ..in un luogo diverso da quello in cui i rifiuti oggetto del deposito medesimo sono prodotti”, così come peraltro disposto dallo stesso art. 185-bis, co. 1, lett. a)[1], D.L.vo 152/2006, la Cassazione sembrerebbe ammettere la possibilità che la gestione del deposito temporaneo possa essere affidata dal produttore del rifiuto a un soggetto terzo.

A questo punto sorgono spontanei alcuni interrogativi: il produttore dei rifiuti può affidare la gestione del suo deposito temporaneo a un altro soggetto? Così facendo ricadono su quest’ultimo le responsabilità per eventuali irregolarità nella gestione dei rifiuti in deposito temporaneo? Che autorizzazioni dovrebbe avere il soggetto terzo affidatario?
 
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Per comprendere meglio la questione, si rende necessaria una breve ricostruzione normativa.

L’istituto giuridico del deposito temporaneo ha subito significative modifiche normative a far data dall’entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152: infatti, in una prima fase (dal 29 aprile 2006 al 13 febbraio 2008 – data di entrata in vigore del D.L.vo 16 gennaio 2008, n. 4), era normativamente prevista la possibilità di un deposito temporaneo c.d. “conto terzi”.

In altre parole, il produttore dei rifiuti poteva affidare la gestione del suo deposito temporaneo ad un altro soggetto, sempre che fosse già autorizzato alla gestione dei rifiuti.

Infatti, l’art. 208, co. 17, D.L.vo 152/2006 disponeva che: “La medesima esclusione [assenza di autorizzazione per il deposito temporaneo] opera anche quando l’attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all’affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all’articolo 188, comma 3”.

Analogamente, l’art. 210, co. 5, D.L.vo 152/2006 prevedeva che: “La medesima esclusione [assenza di autorizzazione per il deposito temporaneo] opera anche quando l’attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione di rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all’affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all’articolo 188, comma 3”.

Successivamente, però, dall’entrata in vigore del D.L.vo 4/2008 (dunque dal 13 febbraio 2008), sono stati modificati i sopraccitati artt. 208 e 210, eliminando proprio le parti ove veniva consentita la possibilità dell’affidamento del deposito temporaneo ad un terzo autorizzato.

Ad opera dell’art. 10, del D.L.vo 3 dicembre 2010, n. 205 – in vigore dal 25 dicembre 2010 – è stato nuovamente modificato l’istituto del deposito temporaneo, introducendo alcune novità (fra cui POPs e limite quantitativo), senza tuttavia reintrodurre alcun riferimento circa la possibilità di affidare a un terzo autorizzato la gestione del deposito temporaneo.

Infine, il D.L.vo 116/2020 ha mutato la definizione di deposito temporaneo che era contenuta nell’art. 183, lett. bb), del D.L.vo 152/2006 e ha, inoltre, inserito una nuova disposizione, ossia l’art. 185 bis, rubricato “Deposito temporaneo prima della raccolta” che contiene le condizioni per l’applicabilità di tale istituto.

Ad oggi, quindi, l’art. 185-bis ha cura di definire il deposito temporaneo come quel raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, a una serie di condizioni: la norma, dunque, non impone espressamente che detto raggruppamento debba essere effettuato proprio dal produttore dei rifiuti, anche se nella maggioranza dei casi si verifica così, soprattutto per motivi di utilità pratica e di tempistica.

In altri casi, invece, motivi di ordine pratico e logistico richiedono che la gestione tecnico-operativa del deposito temporaneo avvenga diversamente, ad esempio tramite un’azienda di Global Service che agisce in forza di un contratto, senza tuttavia la necessità che quest’ultima abbia un’autorizzazione alla gestione di rifiuti.

Tutto quanto premesso, tornando ora alla disamina della pronuncia in esame, non si può fare a meno di notare che quanto disposto dalla Cassazione Penale si possa apprestare a interpretazioni non corrette data l’ambiguità dei termini utilizzati e potrebbe peraltro ingenerare due ordini di problemi.

In primo luogo, ammesso che il produttore del rifiuto sia anche il titolare del sito e dell’attività produttiva da cui si genera il rifiuto, non è dato comprendere che tipo di autorizzazione debba avere il terzo affidatario per poter gestire il deposito temporaneo, quando, come noto, è lo stesso art. 185-bis a sancire, in via derogatoria ed eccezionale, che tale raggruppamento di rifiuti non necessiti di alcuna autorizzazione. Va da sé che sia dunque irrilevante che il terzo affidatario abbia o meno un’autorizzazione alla gestione di rifiuti, ma sarebbe sufficiente una mera autorizzazione interna o un contratto tra il produttore dei rifiuti e il soggetto preposto al deposito temporaneo conto terzi.

Molto più rilevante, in secondo luogo, è la problematica sottesa alla posizione espressa dalla Cassazione che, da una prima lettura, sembrerebbe ammettere – ad avviso di chi scrive, del tutto contra legem – la possibilità che il produttore del rifiuto possa affidare ad un soggetto terzo la gestione del proprio deposito temporaneo, facendo ricadere su quest’ultimo gli oneri e le responsabilità per eventuali irregolarità nella gestione dei rifiuti in deposito temporaneo, salva la corresponsabilità del produttore ai sensi dell’art. 178[2], D.L.vo 152/2006.

 

Preso atto delle criticità sopra rappresentate, come interpretare dunque la pronuncia in esame?

Un contratto stipulato con un soggetto terzo potrebbe sollevare il produttore dalla responsabilità sulla gestione del deposito temporaneo? E il soggetto terzo, affidatario del deposito, come si configura nella filiera della gestione e fino a che punto ne è responsabile?

Ricordiamo che in tema di gestione rifiuti, l’onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate dalla legge per la liceità del deposito temporaneo grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria.

Dunque, sebbene quanto detto dalla sentenza potrebbe essere interpretato non correttamente per i motivi analizzati in precedenza e per l’ambiguità dei termini utilizzati dai giudici di legittimità, ad avviso di chi scrive, viene da pensare che – fermo restando che è pacifico che il deposito temporaneo debba avvenire sempre e solo all’interno del luogo di produzione dei rifiuti – la Suprema Corte intendesse dire che “ancorché” questo soggetto terzo fosse dotato di autorizzazione, ciò non escluderebbe che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti, pur se collocati in deposito temporaneo, permane in capo al produttore degli stessi e non può in alcun modo essere traslata ad un altro soggetto.

In altre parole, la responsabilità del produttore di rifiuti non può essere trasferita, ma tutt’al più connessa all’operato del soggetto terzo intervenuto nella gestione dei rifiuti – che si potrebbe identificare come “detentore” ai sensi dell’art. 183, lett. h)[3], D.L.vo 152/2006 – e quindi per questo, a seguito di un eventuale contratto, potrebbe rispondere a titolo di concorso con il produttore delle sanzioni previste dall’art. 256, comma 1[4], D.L.vo 152/2006 per eventuali irregolarità nella gestione del deposito temporaneo.

In conclusione, dunque, la responsabilità per la corretta tenuta, gestione del deposito temporaneo dei rifiuti e corretto avviamento a recupero o smaltimento degli stessi è – e rimane -comunque in capo al produttore dei rifiuti.

[1] Art. 185-bis, D.L.vo 152/2006:“

  1. Il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento è effettuato come deposito temporaneo, prima della raccolta, nel rispetto delle seguenti condizioni:
  2. a) nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti […]”.

[2] Art. 178 – (Principi):

“La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto del principio di concorrenza(2) nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali”.

[3] Art. 183, co. 1, lett. h):

“detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso”.

[4] Art. 256 – (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata):

“1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

  1. a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.”

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