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AIA, relazione di riferimento: finalmente vigente l’atteso decreto
di Chiara Zorzino
Categoria: AIA
Dal 10 settembre è in vigore il DM 15 aprile 2019, n. 95, che definisce le modalità di redazione della relazione di riferimento prevista dal D. L. vo n. 46/2014.
Ma cos’è la relazione di riferimento?
L’art. 5, c.1, lettera v-bis) del D. L. vo n. 152/06 ne reca la seguente definizione: “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività. Tali informazioni riguardano almeno: l’uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito, nonché, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell’elaborazione della relazione o, in alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione interessata. Le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE;”.
Ci sono voluti circa cinque anni, ma alla fine si può dire che abbiamo un regolamento nazionale[1] sulle modalità di redazione della relazione di riferimento. Era infatti atteso dal 2014, anno di recepimento nell’ordinamento giuridico italiano della Direttiva europea 2010/75/UE, cd. “IED” – Industrial Emission Directive, a mezzo del D.L. vo n. 46/2014, che aveva introdotto, tra gli altri, la lettera v-bis) al comma 1 dell’art. 5 del D. L. vo n. 152/06 contenente la definizione di “relazione di riferimento” e il comma 9-sexies dell’art. 29-sexies.
Nella definizione introdotta con la lettera v-bis) si disponeva che in fase di redazione della relazione di riferimento si sarebbe dovuto tenere conto di “linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE”; tali orientamenti europei arrivarono neanche due mesi postumi la pubblicazione della novella con la comunicazione della Commissione europea 2014/C 136/01, pubblicata il 6 maggio 2014 sulla GUUE. Il secondo emendamento sopracitato (l’introduzione del comma 9-sexies all’art. 29-sexies) invece, sanciva la successiva emanazione da parte del MATTM di uno o più decreti al fine di definire le modalità di redazione della relazione di riferimento, “con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all’Allegato VIII”. L’invocato decreto del Ministero dell’Ambiente in realtà fu emanato già nel novembre di quell’anno con il DM n. 272/2014 ma mai pubblicato in GU (e pertanto mai entrato in vigore), del quale ne fu poi contestata la legittimità con la sentenza del TAR del Lazio n. 11452 del 20 novembre 2017 il quale ne deliberò l’illegittimità a causa del percorso procedurale non convenzionale seguito per la formazione del regolamento.
Questa primavera il MATTM ha approvato il DM n. 104 del 15 aprile 2019, che tuttavia non è mai stato pubblicato in GU.
Il vuoto normativo è finalmente stato colmato dalla recente pubblicazione in GU[2] del DM n. 95 del 15 aprile 2019 che sostanzialmente ripropone il testo del DM n. 104/2019. Il nuovo decreto n. 95/2019 si discosta dal testo del DM n. 272/2014 per alcuni aspetti che verranno trattati nel prosieguo.
Innanzitutto l’art. 3 del DM stabilisce l’obbligo di presentazione della relazione di riferimento contestualmente alla domanda di AIA per:
– gli impianti soggetti ad AIA statale:
a) elencati ai punti 1, 3, 4 e 5 dell’Allegato XII, alla parte seconda del TUA, ovvero:
Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bituminosi;
Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio;
Impianti chimici con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie indicate nella tabella dell’Allegato XII;
Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti precedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non svolgono attività di cui all’allegato VIII;
b) di cui al punto 2 del medesimo Allegato XII, ove siano alimentati, anche solo parzialmente, da combustibili diversi dal gas naturale:
Centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;
– gli impianti (installazioni) soggetti ad AIA regionale o provinciale:
a) per le quali sia stata verificata la sussistenza dell’obbligo di presentazione della relazione di riferimento, secondo la procedura descritta nell’Allegato 1 al presente DM.
È bene sottolineare che quest’ultimo punto include anche tutte le categorie di impianti di cui all’Allegato VIII, alla parte seconda del TUA, con l’esclusione, sancita dall’art. 1, c. 2 del DM in oggetto, delle installazioni collocate interamente in mare su piattaforme off-shore, di cui alla categoria 1.4-bis.
Nella versione precedente del DM, l’esclusione dal campo di applicazione riguardava invece gli impianti di combustione con potenza termica superiore o uguale a 300 MW alimentati esclusivamente a gas naturale, per quelli di competenza statale, e quelli di cui all’Allegato VIII per cui la verifica di sussistenza dell’obbligo di presentazione della relazione avesse dato esito negativo. Il discostamento dalla versione del 2014 del decreto riguarda anche le definizioni, ora sinteticamente trattate nell’art. 2 con i rimandi all’art. 5 c. 1 e all’art. 268 c. 1 lettera l) del TUA, mentre prima oltre a quelle dell’art. 5 venivano date quelle di “aree verdi”, “brownfields” e di “centri di pericolo” (quest’ultima riscontrata, invece, nell’Allegato 2).
Il DM n. 272/2014 inoltre dettava esplicitamente, nell’art. 4 le tempistiche per la presentazione della relazione di riferimento per le sole installazioni sottoposte ad AIA in sede statale, mentre nessuna tempistica era chiarita per gli impianti soggetti ad AIA regionale o provinciale, disattendendo il disposto della circolare del MATTM del 27 ottobre 2014 (par.5). Sia la circolare del MATTM del 17 giugno 2015 prima, che la Legge n. 167/17 hanno chiarito l’obbligo di presentazione della relazione di riferimento unitamente alla domanda di AIA.
Il nuovo DM n. 95 del 2019 non dedica più un articolo alle tempistiche, ma si limita a confermare nell’art. 4, l’obbligo di presentazione contestuale della relazione alla domanda di AIA oppure l’obbligo di presentazione di un aggiornamento della relazione, quale parte integrante della nuova domanda, nei casi di modifica sostanziale. Il destinatario della domanda di AIA, congiuntamente alla relazione di riferimento, è sempre l’Autorità competente. Si dispone altresì che qualora all’esito della procedura di verifica di sussistenza dell’obbligo di presentazione di cui all’Allegato 1 al DM, emerga l’insussistenza di tale obbligo, il gestore presenta all’Autorità competente, contestualmente alla domanda di AIA, una relazione sugli esiti della suddetta procedura, integrata da idonea documentazione tecnica comprovante le informazioni e i dati richiesti ai sensi dell’Allegato 1.
Come sopra descritto, salvo i casi in cui la redazione (e presentazione) della relazione di riferimento sia obbligatorio, il gestore dell’impianto è tenuto ad attenersi alla procedura di verifica volta a definire, nel suo caso, la consistenza di tale onere. La procedura prende il nome dall’epigrafe dell’Allegato 1: “Procedura per l’individuazione di sostanze pericolose pertinenti”, in cui si richiama il concetto, ex art. 5, c.1, lettera v-bis) T.U.A, di individuazione delle sostanze pericolose “pertinenti”, ossia riconducibili alle attività svolte o da svolgersi nell’installazione soggetta ad AIA, al fine di fornire “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, … necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con l...
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AIA, relazione di riferimento: finalmente vigente l’atteso decreto
di Chiara Zorzino
Dal 10 settembre è in vigore il DM 15 aprile 2019, n. 95, che definisce le modalità di redazione della relazione di riferimento prevista dal D. L. vo n. 46/2014.
Ma cos’è la relazione di riferimento?
L’art. 5, c.1, lettera v-bis) del D. L. vo n. 152/06 ne reca la seguente definizione: “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività. Tali informazioni riguardano almeno: l’uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito, nonché, se disponibili, le misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell’elaborazione della relazione o, in alternativa, relative a nuove misurazioni effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione interessata. Le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti di cui alla presente lettera possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento. Nella redazione della relazione di riferimento si terrà conto delle linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE;”.
Ci sono voluti circa cinque anni, ma alla fine si può dire che abbiamo un regolamento nazionale[1] sulle modalità di redazione della relazione di riferimento. Era infatti atteso dal 2014, anno di recepimento nell’ordinamento giuridico italiano della Direttiva europea 2010/75/UE, cd. “IED” – Industrial Emission Directive, a mezzo del D.L. vo n. 46/2014, che aveva introdotto, tra gli altri, la lettera v-bis) al comma 1 dell’art. 5 del D. L. vo n. 152/06 contenente la definizione di “relazione di riferimento” e il comma 9-sexies dell’art. 29-sexies.
Nella definizione introdotta con la lettera v-bis) si disponeva che in fase di redazione della relazione di riferimento si sarebbe dovuto tenere conto di “linee guida eventualmente emanate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE”; tali orientamenti europei arrivarono neanche due mesi postumi la pubblicazione della novella con la comunicazione della Commissione europea 2014/C 136/01, pubblicata il 6 maggio 2014 sulla GUUE. Il secondo emendamento sopracitato (l’introduzione del comma 9-sexies all’art. 29-sexies) invece, sanciva la successiva emanazione da parte del MATTM di uno o più decreti al fine di definire le modalità di redazione della relazione di riferimento, “con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all’Allegato VIII”. L’invocato decreto del Ministero dell’Ambiente in realtà fu emanato già nel novembre di quell’anno con il DM n. 272/2014 ma mai pubblicato in GU (e pertanto mai entrato in vigore), del quale ne fu poi contestata la legittimità con la sentenza del TAR del Lazio n. 11452 del 20 novembre 2017 il quale ne deliberò l’illegittimità a causa del percorso procedurale non convenzionale seguito per la formazione del regolamento.
Questa primavera il MATTM ha approvato il DM n. 104 del 15 aprile 2019, che tuttavia non è mai stato pubblicato in GU.
Il vuoto normativo è finalmente stato colmato dalla recente pubblicazione in GU[2] del DM n. 95 del 15 aprile 2019 che sostanzialmente ripropone il testo del DM n. 104/2019. Il nuovo decreto n. 95/2019 si discosta dal testo del DM n. 272/2014 per alcuni aspetti che verranno trattati nel prosieguo.
Innanzitutto l’art. 3 del DM stabilisce l’obbligo di presentazione della relazione di riferimento contestualmente alla domanda di AIA per:
– gli impianti soggetti ad AIA statale:
– gli impianti (installazioni) soggetti ad AIA regionale o provinciale:
È bene sottolineare che quest’ultimo punto include anche tutte le categorie di impianti di cui all’Allegato VIII, alla parte seconda del TUA, con l’esclusione, sancita dall’art. 1, c. 2 del DM in oggetto, delle installazioni collocate interamente in mare su piattaforme off-shore, di cui alla categoria 1.4-bis.
Nella versione precedente del DM, l’esclusione dal campo di applicazione riguardava invece gli impianti di combustione con potenza termica superiore o uguale a 300 MW alimentati esclusivamente a gas naturale, per quelli di competenza statale, e quelli di cui all’Allegato VIII per cui la verifica di sussistenza dell’obbligo di presentazione della relazione avesse dato esito negativo. Il discostamento dalla versione del 2014 del decreto riguarda anche le definizioni, ora sinteticamente trattate nell’art. 2 con i rimandi all’art. 5 c. 1 e all’art. 268 c. 1 lettera l) del TUA, mentre prima oltre a quelle dell’art. 5 venivano date quelle di “aree verdi”, “brownfields” e di “centri di pericolo” (quest’ultima riscontrata, invece, nell’Allegato 2).
Il DM n. 272/2014 inoltre dettava esplicitamente, nell’art. 4 le tempistiche per la presentazione della relazione di riferimento per le sole installazioni sottoposte ad AIA in sede statale, mentre nessuna tempistica era chiarita per gli impianti soggetti ad AIA regionale o provinciale, disattendendo il disposto della circolare del MATTM del 27 ottobre 2014 (par.5). Sia la circolare del MATTM del 17 giugno 2015 prima, che la Legge n. 167/17 hanno chiarito l’obbligo di presentazione della relazione di riferimento unitamente alla domanda di AIA.
Il nuovo DM n. 95 del 2019 non dedica più un articolo alle tempistiche, ma si limita a confermare nell’art. 4, l’obbligo di presentazione contestuale della relazione alla domanda di AIA oppure l’obbligo di presentazione di un aggiornamento della relazione, quale parte integrante della nuova domanda, nei casi di modifica sostanziale. Il destinatario della domanda di AIA, congiuntamente alla relazione di riferimento, è sempre l’Autorità competente. Si dispone altresì che qualora all’esito della procedura di verifica di sussistenza dell’obbligo di presentazione di cui all’Allegato 1 al DM, emerga l’insussistenza di tale obbligo, il gestore presenta all’Autorità competente, contestualmente alla domanda di AIA, una relazione sugli esiti della suddetta procedura, integrata da idonea documentazione tecnica comprovante le informazioni e i dati richiesti ai sensi dell’Allegato 1.
Come sopra descritto, salvo i casi in cui la redazione (e presentazione) della relazione di riferimento sia obbligatorio, il gestore dell’impianto è tenuto ad attenersi alla procedura di verifica volta a definire, nel suo caso, la consistenza di tale onere. La procedura prende il nome dall’epigrafe dell’Allegato 1: “Procedura per l’individuazione di sostanze pericolose pertinenti”, in cui si richiama il concetto, ex art. 5, c.1, lettera v-bis) T.U.A, di individuazione delle sostanze pericolose “pertinenti”, ossia riconducibili alle attività svolte o da svolgersi nell’installazione soggetta ad AIA, al fine di fornire “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, … necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con l...
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