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Stefano Maglia

Abbandono di rifiuti: alcune precisazioni

di Rosa Bertuzzi

Categoria: Rifiuti


 
A seguito della recente modifica sanzionatoria apportata all’art. 255 del D.vo 152/2006 dall’intervenuto art. l’art. 6-ter del D.L. 105/23 per effetto del quale la sanzione amministrativa applicabile nei confronti di .. chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee … è stata sostituita dalla pena dell’ammenda da 1000 euro 10.000 euro, si è generato un variegato confronto sulle corrette modalità applicative del precetto sanzionatorio.
 
In particolare, con l’introduzione della sanzione penale per i casi di abbandono operati dai privati in particolari circostanze quali, per esempio, nei pressi dei cassonetti della raccolta o per rifiuti di piccolissime dimensione. Gli aspetti di contrasto interpretativo attengono alla possibilità di poter continuare ad applicare, o meno, sanzioni amministrative, di rango regolamentare, dopo l’entrata in vigore della punibilità penale.
 
In forza dell’intervenuta modifica lo spirito non celato del legislatore è senz’altro quello di dare equilibrio, o meglio di inasprire, la sanzione applicabile al fatto commesso dal privato che abbandona rifiuti ex art. 255/152 ponendola in linea con quella prevista dall’art. 256 D.lvo 152/2006 prevista per il titolare di impresa o ente. In effetti i comportamenti fattuali di abbandono di rifiuti, e solo per determinate fattispecie, prima della modifica, risultavano puniti in modo diverso, solamente per la qualifica professionale dell’autore del fatto.
 
L’attività d’impresa valutata rispetto alla propria maggior potenzialità offensiva sul bene tutelato e per il più ampio concetto della violazione delle norme che regolano l’esercizio di attività imprenditoriali, trova l’equilibrio repressivo nella sanzione penale. La sanzione, ora penale per tutti, ma per l’impresa o ente con edittale più elevato, ha introdotto un equilibrato adeguamento su una disparità sanzionatoria che strideva con l’intento vero della norma, cioè la reale tutela dell’ambiente.
 
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Sicuramente la modifica ha aperto questioni degne di approfondimento ma la novella ha “semplicemente” mutato i parametri di applicabilità della sanzione che da amministrativa è passata al novero penale per tutti, a prescindere dalla distinzione della qualificazione professionale del reo.
 
Già tale embrionale considerazione, consente di affermare che, oggi, ai fini dell’affermazione della responsabilità del soggetto autore dell’illecito, gli accertatori dovranno assumere un differente approccio nella raccolta degli elementi (probatori, psicologici e fattuali) che andranno a supportare la responsabilità penale del contravventore. Quindi, se prima valevano in generale i consolidati principi del sistema sanzionatorio amministrativo per punire il privato autore, ora, il soggetto che andrà a istruire o a prendere notizia del reato – sia esso un privato cittadino denunciante, Pubblico Ufficiale, Polizia Giudiziaria procedente o tramite denuncia o segnalazione anonima, ecc. – dovrà, conformarsi ai noti presupposti processul-penalistici che regolano la materia penale.
 
In altre parole, se prima l’accertatore poteva “limitarsi” a contestare un illecito amministrativo, oggi, essendo quest’ultima ipotesi “sparita” dal TUA dovrà dirigersi verso una ben più approfondita attività di raccolta di fonti di prova e degli elementi necessari -ed essenziali- per la contestazione di una fattispecie di reato. E ciò, nel rispetto dell’art. 347 C.p.p., addirittura anche per quelle ipotesi in cui l’autore del fatto sia rimasto ignoto (!). Il tutto, ovviamente, quando si potrà ritenere che sia stato effettivamente mantenuto un comportamento avente rilevanza penale in ossequio del precetto dell’art. 255 cit. e delle sue intrinseche specificazioni.
 
Prima di tutto si consideri “la riserva” contenuta nel precetto normativo: … in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2 ( per tale fattispecie rileva l’abbandono, il deposito incontrollato e l’immissione; 226, comma 2, (imballaggi terziari) e 231, commi 1 e 2,.. (veicoli fuori uso diversi da quelli di cui al D.lvo 209/2003).
 
L’abbandono, cioè l’animus di disfarsi di qualcosa – va certamente considerato, ora, ai fini dell’elemento psicologico per la commissione del reato -sia dal punto di vista doloso che colposo, e non anche in senso astratto letterale del mero significato del termine. Qualora la volontà sia quella di affidare il rifiuto -se pur in modo improprio-, al gestore del servizio di raccolta nella consapevolezza che il materiale, comunque, verrà gestito, l’intento non appare connotato dall’assoluto disinteresse nell’abbandono, spogliandosene definitivamente, nell’incuranza delle conseguenze pericolose che potrebbero derivare all’ambiente.
 
Certamente il lasciare (e non l’abbandonare) lastre di cemento amianto nei pressi del cassonetto è situazione diversa rispetto all’abbandonare le stesse lastre lungo una strada di campagna .
Attribuire a qualsiasi “abbandono”, senza distinzioni di sorta, rilevanza penale appare una lettura viziata della norma e difforme da quanto voluto dal legislatore.
 
In tale contesto, la situazione di fatto della commissione dell’illecito e la rispondenza del precetto normativo al fatto accertato dovranno essere concretamente sussistenti secondo i consueti principi di tipicità e determinatezza della condotta. La semplicistica affermazione secondo la quale ……” oggi il privato che abbandona rifiuti soggiace a sanzione penale e non più a sanzione amministrativa…appare inesatta e approssimativa, o meglio, degna di qualche precisazione.
 
Operando solamente un’ interpretazione letterale dell’art. 255 citato il fatto costitutivo della contravvenzione appare determinato da “rifiuti abbandonati” a prescindere da chi sia l’autore e indipendentemente dal fatto che questi sia noto o ignoto. Pertanto, sempre ragionando secondo mera lettura del precetto colui che apprende il fatto reato avrebbe l’obbligo di procedere sempre con l’obbligatoria comunicazione di notizia alla semplice evidenza di qualsiasi rifiuto abbandonato e in qualsiasi circostanza.
 
Ma così non è, vediamo perché.
 
In tale contesto occorre anche tenere in considerazione che i regolamenti speciali e locali in materia continuano ad esistere e che, come in passato, mantengono la propria valenza regolamentare e sanzionatoria.
 
Il dibattito sull’applicabilità del rinnovato art. 255 citato appare più acceso proprio su fattispecie che, se prima erano di difficile sottoposizione alla sanzione penale, oggi sarebbero più agevolmente punibili con la sanzione che in precedenza era riservata “all’impresa o ente” ex art. 256/152.
 
Inoltre tale “disputa interpretativa” sulla nuova sanzione penale avviene, a volte, su ipotesi o casi prospettati che non sono pertinenti con il precetto della norma in questione.
 
La domanda che più ricorre è riassumibile nel caso in cui… se il privato cittadino che “abbandona” il sacco della spazzatura o lo deposita lungo la via o abbandona il proprio materasso nei pressi del cassonetto della raccolta oppure lo lascia lungo la via debba essere denunciato alla competente Procura della Repubblica non potendo più applicare le sanzioni amministrative in precedenza irrogate. Ciò anche quando, in passato, non sempre veniva applicata la sanzione del previgente art. 255 Tua preferendo di gran lunga, nel panorama nazionale, applicare altri precetti regolamentari che fissavano sanzioni più specifiche. Quali, per esempio l’art. 15 del C.d.S. o regolamenti locali sulla raccolta differenziata. Dopo l’entrata in vigore del novellato 255 Tua, secondo alcune interpretazioni, non condivisibili, parrebbe che tutta la precedente normativa sia da ritenere inapplicabile in ossequio alla prevalenza di rango della disposizione penale.
 
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Del resto, ragionando in tal senso, ma per opposti parametri, in passato e in costanza della previgente disposizione, nessuno si è mai posto il dubbio se il sacchetto della spazzatura abbandonato da titolare di impresa o ente fosse soggetto all’applicazione della sanzione penale solamente perché, appunto, l’abbandono era operato da imprenditore e non alla sanzione amministrativa prevista dai regolamenti locali o da specifiche disposizioni sul corretto conferimento.
 
Oggi, invece, a parere di alcuni, sembra che il privato cittadino che abbandoni due lattine vuote e la confezione della pizza o posizioni la propria lavatrice a lato del cassonetto, debba essere denunciato penalmente.
 
I regolamenti locali in materia di raccolta dei rifiuti, che come in passato continuano a rimanere in vigore e possono essere legittimamente applicati nei casi pertinenti e regolamentati, non hanno subito effetti diretti dalla modifica dell’art. 255 D.vo 152/2006. Anzì, oggi, si rileva un effetto indiretto sugli stessi proprio per l’eliminazione della sanzione amministrativa dal corpo del modificato art. 255 del TUA. Così, quando detti regolamenti sono correttamente strutturati in ossequio ai principi di legalità e di tassatività della legge 689/1981, appaiono ancor più pertinenti per i casi di errato conferimento o “abbandono” che, per fattispecie, non possono essere ricondotti al novero penale. Ancor’più ogni volta che ci si trovi al di fuori dei casi determinati e tassativamente esplicitati nel precetto del richiamato art. 255 novellato.
 
La regolamentazione speciale dei comuni o dei gestori, in quanto vigenti, continuano ad essere la disposizione speciale che regolamenta i conferimenti ai fini della gestione dei rifiuti dei privati. In tali atti locali quindi, le sanzioni amministrative per specifiche irregolarità quali, per esempio, conferimento o deposito difforme, mancato rispetto delle tempistiche di deposito in strada o nei pressi dei punti di raccolta ecc. ecc., proprio perchè disposizioni speciali e specifiche, appaiono di corretta applicazione.
 
Proprio l’art. 9 Principio di specialità ex L. 689/1981dispone nel dettare il sistema sanzionatorio applicabile per … lo stesso fatto.. interviene a sancire come debba essere sanzionato un illecito punibile sia con sanziona panale sia la sanzione amministrativa.
 
La norma, al primo comma, chiarisce che si applicherà la norma speciale, in ossequio ai consueti principi di specialità per materia, confermando che la disposizione penale può essere superata in forza della specificità della disposizione amministrativa.
 
Inoltre, il secondo comma del predetto art. 9 interviene per chiarire che sempre per .. lo stesso fatto .. sanzionato anche in forza di disposizione regionale, la prevalenza di legge ricade nel novero della regolamentazione penale e non anche con ulteriore applicazione di entrambe le sanzioni. La previsione ha un duplice specifico fine, cioè quello di evitare che per .. lo stesso fatto.. vi siano duplicazioni di sanzioni per evitare il c.d. contrasto di giudicato sullo .. stesso fatto.. nonché di evitare che, tramite disposizioni regionali, venga annullata la preminenza della norma penale rispetto alle disposizioni regionali fissate a punire un medesimo … stesso fatto…. .
 
Quindi il secondo comma dell’art. 9 L. 689/1981 presidia garanzie volte ad evitare doppi binari di punibilità per il medesimo fatto ma quando la specialità identifica differenti ipotesi fattuali di illecito e differenti interessi tutelati, la previsione regolamentare risulterà applicabile in quanto disposizione speciale e non esattamente sovrapponibile a quella penale.
 
La sanzione amministrativa, dunque, potrà essere applicata ogni volta in cui il fatto non venga ad integrare, secondo i principi di tipicità della condotta e tassatività della norma, tutti gli elementi costitutivi del reato.
 
Si rappresenta che a seguito di tale modifica sopra illustrata , anche a specificazione delle numerose segnalazioni pervenute dai Comandi di Polizia Locali della Regione Emilia-Romagna, l’ATERSIR, l’Agenzia di regolazione dei servizi pubblici locali ambientali della regione Emilia-Romagna (si occupa di Servizio Idrico Integrato -acquedotto, fognatura e depurazione- e di Servizio Gestione Rifiuti Urbani -raccolta, trasporto, avvio a recupero, smaltimento-), atteso che la nuova disposizione statale pone alcuni problemi di sovrapposizione applicativa con il Regolamento ATERSIR e considerato che il D.L.vo 152/2006 prevale sempre sul suddetto Regolamento (come peraltro precisato anche all’art. 18 comma 4 dello stesso), ha emanato una nota con la quale ha chiarito che è necessario “differenziare le fattispecie di abbandono vero e proprio del rifiuto, da quelle di erroneo conferimento…” .
 
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Pertanto le sanzioni amministrative previste dal Regolamento ATERSIR sono applicabili per le violazioni riguardanti il conferimento errato dei rifiuti, ovvero per le casistiche di conferimento di rifiuto errato, ma in ogni caso legato al sistema della raccolta dei rifiuti operato dal gestore competente per territorio. In particolare, si precisa che le sanzioni previste dal Regolamento ATERSIR rimangono applicabili per tutto quanto concerne la casistica in cui il rifiuto viene lasciato sopra, accanto o in prossimità dei contenitori della raccolta differenziata, dei cassonetti (o altri sistemi) della raccolta stradale o dei Centri di Raccolta.
 
Al di fuori delle ipotesi sopra evidenziate, per le violazioni di abbandono su suolo pubblico o ad uso pubblico, si deve procedere notiziando la Procura della Repubblica ai sensi del D.L.vo 152/2006, art.255, ma con l’attenta precisazione sotto descritta.
Il chiarimento ATERSIR in questione afferma altresì che “il soggetto responsabile per l’applicazione della sanzione e per l’interpretazione della normativa a base di tale attività è l’agente accertatore (o l’esponente della Polizia Locale o delle GEV a seconda del sistema attivato dal singolo comune), pertanto quello di seguito fornito è unicamente il parere di questa Agenzia, che non può ritenersi vincolante per l’operato dei soggetti accertatori della regione che restano liberi di dare interpretazioni differenti, anche in accordo con i Comandi di Polizia Locale competenti per territorio, essendo essi stessi esposti in proprio alle eventuali impugnazioni”.
 
Premesso quanto sopra, in attesa di pronunce giudiziali in merito, si osserva che, prima facie, il panorama normativo prevede sia sanzioni penali (previste dal D.L.vo 152/2006 – Testo Unico Ambientale) sia sanzioni amministrative che puniscono la “medesima condotta”,?
 
Tale lettura non è condivisibile in quanto le sanzioni amministrative sono previste da norme speciali, come le regolamentazioni comunali o dei gestori dei rifiuti. A tal riguardo il TUA, all’art.254 rubricato “Norme speciali. ..” “Restano ferme le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia”.
 
Pertanto la coesistenza di sanzioni amministrative e penali è giustificata dal fatto che le due tipologie di sanzioni si applicano a condotte diverse e i correlati precetti sono posti a tutela di beni giuridici differenti quali “l’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente” (nel caso del TUA) e “l’interesse pubblico alla corretta gestione dei rifiuti e alla vivibilità e decoro delle città” (nel caso delle disposizioni regolamentari locali).
 
Le sanzioni amministrative vigenti, per esempio quelle fissate all’art. 15 del C.d.S., dai regolamenti locali o dagli artt. 232 bis o 232 ter TUA, che nel caso di specie si ritiene siano speciali rispetto alla sanzione penale prevista dall’art. 255 in questione, sono applicabili alle irregolarità espressamente in esse sancite. La sanzione penale, invece, prevista dall’art. 255 del TUA si applica ai casi “più gravi” di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, connotati dall’animus dell’autore di abbandonare, disinteressandosene, dei propri rifiuti con potenziale pericolo di arrecare un danno significativo all’ambiente o per la salute pubblica.
Pertanto le sanzioni amministrative appaiono applicabili alle violazioni di norme specifiche regolamentari, mentre la sanzione penale è applicabile ai casi più gravi di illecito e che siano caratterizzati dagli elementi tassativi della norma che prevede l’ abbandono di rifiuti e non anche l’errato conferimento o il deposito irregolare.
 
Inoltre l’obiettivo principale della sanzione penalmente rilevante è quello di proteggere l’ambiente, e non di intervenire su contesti di inciviltà regolati da disposizioni amministrative …il cui intento è quello di garantire il rispetto delle regole di civile convivenza e di opportuna gestione collettiva.
 
Ad esempio, la norma speciale amministrativa può essere applicata al comportamento del cittadino che conferisce in modo difforme i propri rifiuti, in quanto tale comportamento non integra gli elementi del reato di abbandono di rifiuti. In tale caso non sussiste la volontà di spogliarsi del rifiuto con assoluto disinteresse, bensì non vengono rispettate le modalità di conferimento previste dalla normativa vigente.
 
Altresì il comportamento del cittadino che conferisce in modo difforme i propri rifiuti non costituisce un concreto pericolo per l’ambiente o per la salute pubblica, in quanto il rifiuto viene comunque raccolto e smaltito (o a maggior ragione recuperato) in modo corretto dal soggetto incaricato del servizio di raccolta pubblica.
 
Si riportano, di seguito, alcuni spunti, riferiti alla contestazione dell’art. 256/152, che ritengo importanti anche ai fini orientativi per l’applicazione del rinnovato art. 255/152:
1) Incontro con i Magistrati alla Scuola Superiore della Magistratura il 26 ottobre 2022, avente il seguente titolo : Gli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti – Illeciti connessi al ciclo dei rifiuti – Tecniche investigative e protocolli di indagine –
“Il primo ordine di complessità attiene all’ identificazione dell’oggetto della disciplina , identificazione che può non essere agevole e può risultare, anzi, di difficile attuazione, dubbia, controversa. Occorre premettere che -perché possa valutarsi la sussistenza di un illecito penale in materia di rifiuti- deve essere seguito un iter logico …..
 
1. In primo luogo, si deve accertare che la sostanza sia un rifiuto, ovvero, come si dirà, che di essa il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. In particolare, potrà rendersi necessario stabilire se un residuo di produzione sia un rifiuto oppure un sottoprodotto. Oppure potrà essere necessario stabilire se una sostanza qualificabile senz’altro rifiuto sia da considerarsi materia prima secondaria per essere stata sottoposta ad una operazione di recupero. Ove di rifiuto possa trattarsi, dovrà verificare che non si versi in un caso di esclusione espressa dalla disciplina della parte quarta del t.u.
2. In secondo luogo, una volta individuata la natura di rifiuto, dovrà esserne effettuata la classificazione per stabilire, in via generale, se si tratti di rifiuto urbano o speciale, pericoloso o non pericoloso. ..
3. Rispetto alla sostanza così qualificata come rifiuto e, quindi, classificata e codificata, l’interprete deve accertare a quale operazione è soggetto in quel momento il rifiuto, ed in particolare:
 
a. se si tratti di operazione di produzione, ovvero di deposito temporaneo, oppure, in generale
b. di gestione di rifiuti, la quale a sua volta si articola in numerose possibili operazioni,
 
4. Una volta accertata quale sia l’operazione cui è soggetto quel rifiuto, così codificato e così classificato, potrà finalmente individuarsi la disciplina che si applica a quella specifica operazione che riguarda quello specifico rifiuto cioè quel rifiuto con quella classificazione e quel codice…
5. Soltanto la ricostruzione del quadro così compiuta, consente, infine, di accertare se vi sia stata violazione della disciplina nello svolgimento della specifica operazione avente ad oggetto quel rifiuto qualificato, classificato e codificato nei termini sopra descritti….
 
Va evidenziato che -mentre la violazione di alcune previsioni assume diretta rilevanza penale (come per la gestione di rifiuti in assenza di titoli abilitativi)- la violazione di altre previsioni può avere rilevanza penale soltanto indiretta (per essere normalmente magari sanzionata sul piano amministrativo):
 
Il secondo ordine di complessità , comune in generale al tema del diritto penale dell’ambiente ma non estraneo ad altri settori del diritto penale, è quello della incidenza sulla sussistenza della fattispecie penale ambientale di atti amministrativi : il giudice penale deve spesso valutare una condotta alla luce di un atto, in senso lato, della pubblica amministrazione che quella condotta consente, prescrive, condiziona o vieta.
 
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L’abbandono di rifiuti

 
Dalla premessa appena enunciata discende che minore grado di complessità presentano normalmente i casi di violazione della disciplina dei rifiuti in cui non vengano in rilievo né la questione della natura delle sostanze (perché pacificamente rifiuti) né la questione di eventuali titolo abilitativi o atti della p.a.
 
Ci si riferisce al caso dell’abbandono di rifiuti.
 
Infatti, in caso di abbandono di sostanze:
a. non vi è controversia sulla natura della sostanza poiché l’abbandono è ipotesi in cui un soggetto si disfa della sostanza e quindi la sostanza abbandonata è senz’altro rifiuto;
b. non vi è questione di titolo abilitativo [perché la disciplina dell’abbandono di rifiuti si risolve in un divieto assoluto (art. 192, 1° comma: « L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati »; così come: « È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee »)].
 
Ne discende che i problemi che l’accertamento dell’abbandono pone sono in larga parte comuni ad altri settori investigativi.
 

La disciplina penale applicabile

 
Le conseguenze della violazione del divieto sono, secondo la disciplina vigente, molteplici, sicché occorre soffermarsi sull’inquadramento giuridico della fattispecie concreta.
 
Infatti all’abbandono consegue, in primo luogo, l’obbligo dell’autore dell’abbandono di « procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo » (art. 192, 3° comma).
 
A carico dei soggetti appena indicati deve poi essere adottata dal Sindaco un’ordinanza che dispone l’effettuazione delle operazioni necessarie al fine di conseguire la rimozione, l’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi ed il termine entro cui provvedere.
 
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Decorso il termine fissato nell’ordinanza, l’amministrazione comunale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
l’inottemperanza alla ordinanza sopra richiamata integra gli estremi dell’illecito penale di cui al 3° comma dell’art. 255….
 
Anche l’ipotesi in esame è di natura contravvenzionale, come tale punita sia a titolo di dolo che a titolo di colpa, potendosi escludere la sussistenza di profili di colpa ove emerga che l’autore non potesse agire diversamente per la presenza di una situazione di caso fortuito o forza maggiore. Ciò comporta ovviamente che anche la mera negligenza, imperizia o imprudenza può fondare la sussistenza dell’elemento soggettivo necessario…”
 
2) Così anche la Procura delle Repubblica di Verona, con nota n. 4105 del 24.11.2023, ha fornito alcune preliminari indicazioni … confermando l’indirizzo della sussistenza del parallelismo sanzionatorio facendo un parziale riferimento all’art. 9 della Legge 689/1981 che dispone sul principio di specialità. Così nella medesima nota il richiamo al TUA per gli art. 232 bis (rifiuti di prodotti da fumo) e all’art. 232 ter (divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni), nonché il richiamo all’art. 15 C.d.S. riguardo al primo comma “Su tutte le strade e loro pertinenze è vietato:…depositare .. rifiuti…” vengono ad avvalorare la sussistenza della prevalenza del principio di specialità che consente di valutare l’esclusione delle condotte indicate quali ipotesi di reato. ….Inoltre il concetto di abbandono e deposito incontrollato della norma .. esclude che possa essere considerato reato il posizionamento del rifiuto da parte del cittadino senza il rispetto delle regole della raccolta differenziata oppure il posizionamento del rifiuto non all’interno del cassonetto, ma vicino a questo, poiché in tal modo egli non voleva abbandonare il rifiuto sul terreno, tanto da averlo portato in un area che egli sa essere destinata alla successiva raccolta. ….
 
In conclusione, fermo restando quanto sopra illustrato, “la norma in questione è finalizzata ad impedire ogni rischio di inquinamento derivante da attività idonee a produrre rifiuti siano esse private o, come in passato, opera di impresa o ente, senza intaccare le vigenti disposizioni amministrative che continuano ad essere applicabili.

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