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Il controllo delle attività di vigilanza e controllo effettuate da SNPA dal 2019 al 2022 presso gli impianti di gestione rifiuti e la loro tracciabilità
di Sergio Baroni
Categoria: Rifiuti
Certamente da apprezzare e valorizzare il lodevole lavoro svolto per la redazione della pubblicazione SNPA “Relazione tecnica relativa agli esiti delle attività di vigilanza e controllo effettuate da SNPA dal 2019 al 2022 presso gli impianti di gestione rifiuti” recentemente presentata in occasione di Ecomondo 2023.
Le attività svolte dal sistema SNPA sono assolutamente rilevanti e rispondenti alla necessità di svolgere verifiche presso gli impianti di gestione rifiuti anche alla luce di numerose irregolarità, formali e sostanziali, che si rilevano quotidianamente per l’applicazione di una norma decisamente troppo complessa, articolata e non sempre coerente.
L’attività è stata concentrata in particolare, sugli impianti di trattamento dei Veicoli Fuori Uso, sugli impianti di trattamento dei RAEE, sugli impianti autorizzati in procedura semplificata ai sensi degli art. 214 e 216 del Dlgs 152/2006, sugli impianti di recupero finalizzati all’End of Waste e sugli impianti di trattamento della frazione organica.
Tali scelte sono state dettate dalla necessità di verificare le potenzialità di alcune filiere strategiche (RAEE per la potenzialità di recupero di Materie Prime Critiche – MPC e frazione organica per la produzione di compost e biogas) nonché di valutare l’efficacia delle procedure di autorizzazione semplificate e delle nuove disposizioni normative in materia di end of waste.
La Relazione è articolata per Regione e presenta dati estremamente riassuntivi e di sintesi che nulla (o quasi) lasciano intendere sulle tipologie di irregolarità rilevate se non una indicazione che andrebbe analizzata nei fatti e nelle situazioni rilevate per dare concretezza alla attività svolta e ai suggerimenti che si possono trarre in favore degli operatori.
Per ogni regione, sono riportate le informazioni inerenti al coinvolgimento di ciascuna agenzia regionale/provinciale nello svolgimento delle suddette attività. Sono in particolare indicati:
le modalità con le quali, a livello regionale, sono pianificati i controlli presso gli impianti di gestione rifiuti, con riferimento anche al numero di impianti presenti negli specifici territori, al numero dei controlli effettuati non inclusi nella Convenzione, con la specifica indicazione delle attività effettuate presso gli impianti autorizzati in regime di AIA;
le attività della Convenzione con il dettaglio, per ogni annualità, del numero dei controlli previsti e le diverse tipologie impiantistiche interessate da questi ultimi;
il numero di controlli effettivamente svolti in ogni annualità, ripartiti nelle diverse province e le tipologie impiantistiche coinvolte;
gli esiti delle attività ispettive svolte con l’indicazione del numero di impianti che sono risultati conformi, non conformi a seguito di violazione sanzionata per via amministrativa, non conformi a seguito di violazione sanzionata per via penale o interessati da entrambe le tipologie di violazioni;
il numero di impianti che, ad esito dei controlli svolti, nei casi di violazioni di tipo contravvenzionale, sono stati interessati dall’avvio, da parte delle Agenzie, della procedura di estinzione del reato di cui all’art. 318-ter della Parte VI-bis del D.lgs. 152/06.
Il documento si conclude con la rendicontazione complessiva delle informazioni riportate a livello regionale.
Da questo punto di vista un ottimo abbecedario statistico che non dà conto, però, in modo più dettagliato dei rilievi svolti e delle irregolarità riscontrate.
Le filiere di gestione rifiuti oggetto di verifica sono certamente rilevanti e di interesse ma, ciò premesso, preme invece rilevare come non sia stato oggetto di una attività specifica e trasversale quello che è da considerare, in base all’esperienza maturata nelle attività di consulenza. l’ ”anello debole” della filiera del trattamento e recupero di rifiuti solidi e NP, cioè le cosiddette piattaforme “intermedie” di stoccaggio, messa in riserva e operazioni intermedie ( es. R12 ) su flussi di rifiuti solidi NP per destinarli ……NON SI QUASI MAI DOVE !!!
Sorprende il fatto che in un sistema nazionale decisamente sottodimensionato per dotazione di impianti di trattamento e recupero ( di materia ed energia ) per rifiuti solidi NP, di norma decadenti da trattamento RSU, e speciali assimilati il “nodo” che, realisticamente, è il punto debole della filiera di “tracciabilità” dei rifiuti ( e si presta a diversi illeciti, più che altro formali, rilevati nei controlli non programmati dagli organi di controllo) non sia oggetto di una approfondita analisi a partire da campagne mirate di controlli e dalle autorizzazioni rilasciate.
Autorizzazioni rilasciate ad impianti di stoccaggio/trattamento e successivo recupero ovvero smaltimento presso terzi ( ahimè assai diffuse sul territorio nazionale ) in cui sono concesse diverse operazioni senza che sia indicata una sequenzialità delle operazioni e una filiera in cui, essendo impianti “intermedi”, resta molto complesso poter tracciare i rifiuti in uscita. In alcuni casi poi autorizzazioni con un numero decisamente elevato di codici EER su cui, stando alle generiche prescrizioni impartite, si può “fare di tutto” ( ndr azioni che negli aspetti “formali” possono risultare legittime ma poi nei fatti…. ).
Uno “spaccato” del contesto nazionale in cui queste “piattaforme” intermedie sono variegate e numerose e, salvo alcuni casi virtuosi in cui si produce CdR/CSS ovvero CSS-C destinato a recupero energetico, contribuiscono a “oscurare” la tracciabilità dei rifiuti trattati ed in particolare i flussi codificati 191212 di sovente utilizzati a sproposito ovvero per rendere difficile la tracciabilità..
Questa tipologia di impianti in diverse occasioni diventa “produttore” di un rifiuto EER 191212 avendo eseguito solo una miscelazione fra diversi CER ( compresi altri EER 191212 ) e sottoposto a trattamento meccanico ( TM ) – tritovagliatura- il flusso ricavato.
In questo modo vengono purtroppo gestiti da tempo numerosi flussi di rifiuti decadenti da eventuali pretrattamenti di rifiuti urbani per cui non ci sono spazi in impianti di prossimità e si prestano anche a traffici verso l’estero.
In un contesto in cui la tracciabilità dei rifiuti è essenziale per garantire trasparenza nella loro destinazione per poi poter rendicontare sulle percentuali di recupero e riciclo e verificare il destino finale dei flussi consegnati a questa fattispecie di impianti è necessaria una attività di controllo che vada oltre la verifica documentale e amministrativa e affronti in maniera incisiva il tema della tracciabilità nella gestione reale dei flussi e nella omogeneità dei provvedimenti autorizzativi spesso incomprensibili ovvero che si prestano a interpretazioni non chiaramente riconducibili alle previsioni della norma.
Le cosiddette “piattaforme” autorizzate alle operazioni fra cui D15, R13, D14, R12, ma non solo, spesso in combinazione fra loro e altrettanto spesso con lunghi elenchi di codici EER ammessi, risultano, con una certa frequenza, i protagonisti di operazioni illecite ovvero di raggiro della norma effettuando solo operazioni simulate ovvero semplici selezioni manuali e trattamenti meccanici di tritovagliatura che non modificano le caratteristiche del rifiuto stesso per poi conferirlo al destino più favorevole economicamente ovvero dove siano disponibili spazi di accesso.
Stiamo faticosamente perseguendo, a livello nazionale, una gestione dei rifiuti ( soprattutto solidi urbani ) orientata al riciclo ( nel 2021 48 % – rispetto ad una RD media del 64% ) con obiettivo del 65 % di riciclo al 2035 e il nostro Paese presenta una clamorosa insufficienza di impianti sia di riciclo ( digestori anaerobici, compostaggi, impianti di produzione EoW ) che di “back up” per una rilevante quantità di scarti e sovvalli non riciclabili ( in particolare WTE per i sovvalli da selezione frazioni di RD e successivo riciclo che presentano un buon pci ).
Allo stesso tempo è pure necessario un controllo puntuale sulla tracciabilità dei flussi di rifiuti destinati a queste piattaforme in cui possono essere svolte diverse operazioni “preliminari” e mix di flussi che oscurano la tracciabilità per destinare il ricavato ( quasi sempre 191212 ) agli impianti finali economicamente più convenienti ( in prevalenza discariche ) ovvero all’estero.
La cronica mancanza di impianti di gestione ( WTE, digestori anaerobici ) di RSU e assimilati da destinare a recupero-riciclo comprese le stesse fasi di recupero, favoriscono il conferimento ( oltre il 70% dell’indifferenziato ) verso TM e/o TMB i cui flussi in uscita trovano spesso destino verso piattaforme intermedie di recupero ma poi in tanti casi la tracciabilità della filiera del recupero ( con obiettivi sfidanti a livello UE ) finisce per …. svanire.
La corresponsabilità ( anche se spesso inconsapevole) fra produttore iniziale e operatore della filiera di gestione di un rifiuto, nel caso di illeciti ovvero e/o non conformità alle autorizzazioni, sta diventando un elemento sempre più rilevante per coloro che affidano i rifiuti a intermediari ovvero impianti con le autorizzazioni da cui non è facilmente desumibile e accertabile il destino del rifiuto consegnato.
Un caso “emblematico “ è quello delle operazioni “intermedie” di recupero attraverso cui risulta passare gran parte degli illeciti e raggiri per oscurare la tracciabilità dei rifiuti trattati ( ovvero da trattare ).
La norma prevede ( ma le autorizzazioni raramente lo indicano ) che l’operazione “intermedia, ad es. R12, sia propedeutica ad una ulteriore operazione di recupero fra R1 ed R11.
Poi nel 2020 le definizioni sono mutate nel senso che si è fatta distinzione fra recupero ( in generale o meglio di materia ) e recupero di energia e la novella dell’art- 183 esclude la possibilità di destinare i rifiuti per il recupero di materia a R1 e/o operazioni di preparazione di combustibili. La stragrande maggioranza delle piattaforme intermedie è autorizzata, fra l’altro per l’operazione R12 intesa come operazione “intermedia” di recupero ma poi nella realtà dei fatti non è indicato alcun riferimento per le destinazioni dei rifiuti pretrattati.
Nei casi di operatori poco responsabili i rifiuti ( molti contraddistinti dal Codice EER 191212 ) vengono miscelati, eventualmente sottoposti a cernita manuale per separare poche % ( spesso irrisorie ) di materiali destinabili a riciclo ( carta, plastica, metalli ecc…) e poi tritovagliati per uscire sempre con EER 191212 verso la destinazione più conveniente economicamente ovvero verso quella che offre maggiori disponibilità di spazi. Qualora il mix finale fosse destinato a recupero energetico R1 ( magari con codice in uscita 191210 ) fino a 3 anni fa la filiera poteva ritenersi legittima e virtuosa. Con la modifica del dlgs 152 – art. 183 – si deve privilegiare il recupero di materia e quindi no R1 ovvero produzione di CdR/CSS.
In conclusione se vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissati in modo trasparente, oltre a implementare la dotazione impiantistica necessaria e privilegiare le attività virtuose di gestione rifiuti e la tracciabilità dei flussi sarà bene porre l’attenzione non solo sui settori oggetto della relazione di SNPA ma anche e soprattutto verso quelle tipologie di impianti in cui (ndr per esemplificare un caso reale) i flussi di rifiuti solidi misti entrano con il CER 191212 e una volta miscelati e tritovagliati ( Trattamento Meccanico ) con altri flussi similari escono sempre con il CER 191212, non potendo così garantire una la filiera tracciabile del recupero che parte dell’operazione R12.
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Il controllo delle attività di vigilanza e controllo effettuate da SNPA dal 2019 al 2022 presso gli impianti di gestione rifiuti e la loro tracciabilità
di Sergio Baroni
Certamente da apprezzare e valorizzare il lodevole lavoro svolto per la redazione della pubblicazione SNPA “Relazione tecnica relativa agli esiti delle attività di vigilanza e controllo effettuate da SNPA dal 2019 al 2022 presso gli impianti di gestione rifiuti” recentemente presentata in occasione di Ecomondo 2023.
Le attività svolte dal sistema SNPA sono assolutamente rilevanti e rispondenti alla necessità di svolgere verifiche presso gli impianti di gestione rifiuti anche alla luce di numerose irregolarità, formali e sostanziali, che si rilevano quotidianamente per l’applicazione di una norma decisamente troppo complessa, articolata e non sempre coerente.
L’attività è stata concentrata in particolare, sugli impianti di trattamento dei Veicoli Fuori Uso, sugli impianti di trattamento dei RAEE, sugli impianti autorizzati in procedura semplificata ai sensi degli art. 214 e 216 del Dlgs 152/2006, sugli impianti di recupero finalizzati all’End of Waste e sugli impianti di trattamento della frazione organica.
Tali scelte sono state dettate dalla necessità di verificare le potenzialità di alcune filiere strategiche (RAEE per la potenzialità di recupero di Materie Prime Critiche – MPC e frazione organica per la produzione di compost e biogas) nonché di valutare l’efficacia delle procedure di autorizzazione semplificate e delle nuove disposizioni normative in materia di end of waste.
La Relazione è articolata per Regione e presenta dati estremamente riassuntivi e di sintesi che nulla (o quasi) lasciano intendere sulle tipologie di irregolarità rilevate se non una indicazione che andrebbe analizzata nei fatti e nelle situazioni rilevate per dare concretezza alla attività svolta e ai suggerimenti che si possono trarre in favore degli operatori.
Per ogni regione, sono riportate le informazioni inerenti al coinvolgimento di ciascuna agenzia regionale/provinciale nello svolgimento delle suddette attività. Sono in particolare indicati:
Il documento si conclude con la rendicontazione complessiva delle informazioni riportate a livello regionale.
Da questo punto di vista un ottimo abbecedario statistico che non dà conto, però, in modo più dettagliato dei rilievi svolti e delle irregolarità riscontrate.
Le filiere di gestione rifiuti oggetto di verifica sono certamente rilevanti e di interesse ma, ciò premesso, preme invece rilevare come non sia stato oggetto di una attività specifica e trasversale quello che è da considerare, in base all’esperienza maturata nelle attività di consulenza. l’ ”anello debole” della filiera del trattamento e recupero di rifiuti solidi e NP, cioè le cosiddette piattaforme “intermedie” di stoccaggio, messa in riserva e operazioni intermedie ( es. R12 ) su flussi di rifiuti solidi NP per destinarli ……NON SI QUASI MAI DOVE !!!
Sorprende il fatto che in un sistema nazionale decisamente sottodimensionato per dotazione di impianti di trattamento e recupero ( di materia ed energia ) per rifiuti solidi NP, di norma decadenti da trattamento RSU, e speciali assimilati il “nodo” che, realisticamente, è il punto debole della filiera di “tracciabilità” dei rifiuti ( e si presta a diversi illeciti, più che altro formali, rilevati nei controlli non programmati dagli organi di controllo) non sia oggetto di una approfondita analisi a partire da campagne mirate di controlli e dalle autorizzazioni rilasciate.
Autorizzazioni rilasciate ad impianti di stoccaggio/trattamento e successivo recupero ovvero smaltimento presso terzi ( ahimè assai diffuse sul territorio nazionale ) in cui sono concesse diverse operazioni senza che sia indicata una sequenzialità delle operazioni e una filiera in cui, essendo impianti “intermedi”, resta molto complesso poter tracciare i rifiuti in uscita. In alcuni casi poi autorizzazioni con un numero decisamente elevato di codici EER su cui, stando alle generiche prescrizioni impartite, si può “fare di tutto” ( ndr azioni che negli aspetti “formali” possono risultare legittime ma poi nei fatti…. ).
Uno “spaccato” del contesto nazionale in cui queste “piattaforme” intermedie sono variegate e numerose e, salvo alcuni casi virtuosi in cui si produce CdR/CSS ovvero CSS-C destinato a recupero energetico, contribuiscono a “oscurare” la tracciabilità dei rifiuti trattati ed in particolare i flussi codificati 191212 di sovente utilizzati a sproposito ovvero per rendere difficile la tracciabilità..
Questa tipologia di impianti in diverse occasioni diventa “produttore” di un rifiuto EER 191212 avendo eseguito solo una miscelazione fra diversi CER ( compresi altri EER 191212 ) e sottoposto a trattamento meccanico ( TM ) – tritovagliatura- il flusso ricavato.
In questo modo vengono purtroppo gestiti da tempo numerosi flussi di rifiuti decadenti da eventuali pretrattamenti di rifiuti urbani per cui non ci sono spazi in impianti di prossimità e si prestano anche a traffici verso l’estero.
In un contesto in cui la tracciabilità dei rifiuti è essenziale per garantire trasparenza nella loro destinazione per poi poter rendicontare sulle percentuali di recupero e riciclo e verificare il destino finale dei flussi consegnati a questa fattispecie di impianti è necessaria una attività di controllo che vada oltre la verifica documentale e amministrativa e affronti in maniera incisiva il tema della tracciabilità nella gestione reale dei flussi e nella omogeneità dei provvedimenti autorizzativi spesso incomprensibili ovvero che si prestano a interpretazioni non chiaramente riconducibili alle previsioni della norma.
Le cosiddette “piattaforme” autorizzate alle operazioni fra cui D15, R13, D14, R12, ma non solo, spesso in combinazione fra loro e altrettanto spesso con lunghi elenchi di codici EER ammessi, risultano, con una certa frequenza, i protagonisti di operazioni illecite ovvero di raggiro della norma effettuando solo operazioni simulate ovvero semplici selezioni manuali e trattamenti meccanici di tritovagliatura che non modificano le caratteristiche del rifiuto stesso per poi conferirlo al destino più favorevole economicamente ovvero dove siano disponibili spazi di accesso.
Stiamo faticosamente perseguendo, a livello nazionale, una gestione dei rifiuti ( soprattutto solidi urbani ) orientata al riciclo ( nel 2021 48 % – rispetto ad una RD media del 64% ) con obiettivo del 65 % di riciclo al 2035 e il nostro Paese presenta una clamorosa insufficienza di impianti sia di riciclo ( digestori anaerobici, compostaggi, impianti di produzione EoW ) che di “back up” per una rilevante quantità di scarti e sovvalli non riciclabili ( in particolare WTE per i sovvalli da selezione frazioni di RD e successivo riciclo che presentano un buon pci ).
Allo stesso tempo è pure necessario un controllo puntuale sulla tracciabilità dei flussi di rifiuti destinati a queste piattaforme in cui possono essere svolte diverse operazioni “preliminari” e mix di flussi che oscurano la tracciabilità per destinare il ricavato ( quasi sempre 191212 ) agli impianti finali economicamente più convenienti ( in prevalenza discariche ) ovvero all’estero.
La cronica mancanza di impianti di gestione ( WTE, digestori anaerobici ) di RSU e assimilati da destinare a recupero-riciclo comprese le stesse fasi di recupero, favoriscono il conferimento ( oltre il 70% dell’indifferenziato ) verso TM e/o TMB i cui flussi in uscita trovano spesso destino verso piattaforme intermedie di recupero ma poi in tanti casi la tracciabilità della filiera del recupero ( con obiettivi sfidanti a livello UE ) finisce per …. svanire.
La corresponsabilità ( anche se spesso inconsapevole) fra produttore iniziale e operatore della filiera di gestione di un rifiuto, nel caso di illeciti ovvero e/o non conformità alle autorizzazioni, sta diventando un elemento sempre più rilevante per coloro che affidano i rifiuti a intermediari ovvero impianti con le autorizzazioni da cui non è facilmente desumibile e accertabile il destino del rifiuto consegnato.
Un caso “emblematico “ è quello delle operazioni “intermedie” di recupero attraverso cui risulta passare gran parte degli illeciti e raggiri per oscurare la tracciabilità dei rifiuti trattati ( ovvero da trattare ).
La norma prevede ( ma le autorizzazioni raramente lo indicano ) che l’operazione “intermedia, ad es. R12, sia propedeutica ad una ulteriore operazione di recupero fra R1 ed R11.
Poi nel 2020 le definizioni sono mutate nel senso che si è fatta distinzione fra recupero ( in generale o meglio di materia ) e recupero di energia e la novella dell’art- 183 esclude la possibilità di destinare i rifiuti per il recupero di materia a R1 e/o operazioni di preparazione di combustibili. La stragrande maggioranza delle piattaforme intermedie è autorizzata, fra l’altro per l’operazione R12 intesa come operazione “intermedia” di recupero ma poi nella realtà dei fatti non è indicato alcun riferimento per le destinazioni dei rifiuti pretrattati.
Nei casi di operatori poco responsabili i rifiuti ( molti contraddistinti dal Codice EER 191212 ) vengono miscelati, eventualmente sottoposti a cernita manuale per separare poche % ( spesso irrisorie ) di materiali destinabili a riciclo ( carta, plastica, metalli ecc…) e poi tritovagliati per uscire sempre con EER 191212 verso la destinazione più conveniente economicamente ovvero verso quella che offre maggiori disponibilità di spazi. Qualora il mix finale fosse destinato a recupero energetico R1 ( magari con codice in uscita 191210 ) fino a 3 anni fa la filiera poteva ritenersi legittima e virtuosa. Con la modifica del dlgs 152 – art. 183 – si deve privilegiare il recupero di materia e quindi no R1 ovvero produzione di CdR/CSS.
In conclusione se vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissati in modo trasparente, oltre a implementare la dotazione impiantistica necessaria e privilegiare le attività virtuose di gestione rifiuti e la tracciabilità dei flussi sarà bene porre l’attenzione non solo sui settori oggetto della relazione di SNPA ma anche e soprattutto verso quelle tipologie di impianti in cui (ndr per esemplificare un caso reale) i flussi di rifiuti solidi misti entrano con il CER 191212 e una volta miscelati e tritovagliati ( Trattamento Meccanico ) con altri flussi similari escono sempre con il CER 191212, non potendo così garantire una la filiera tracciabile del recupero che parte dell’operazione R12.
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