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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
L’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento autorizzativo ambientale, che racchiude al suo interno alcune autorizzazioni di carattere settoriale previste dalla legislazione ambientale, ad esempio, per lo scarico di acque reflue, l’esercizio di attività di gestione rifiuti con procedura semplificata, la propagazione di emissioni in atmosfera.
La forma autorizzativa in discorso è disciplinata dal d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59[1], il quale tuttavia non contiene norme sanzionatorie, che individuino quali sanzioni si applichino a coloro che non adempiano all’obbligo di richiedere la detta autorizzazione o, pur essendone in possesso, non si conformino alle prescrizioni.
Prima ancora di affrontare le questioni interpretative poste dalle cennate lacune normative, oggetto del presente contributo, deve esaminarsi la natura, nonché la ratio sottesa all’istituzione della nuova procedura amministrativa.
Spesso l’Autorizzazione Unica Ambientale viene assimilata o comunque associata alla diversa figura dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. In realtà solo quest’ultima tipologia di titolo autorizzativo si caratterizza per la reale adozione di un approccio integrato e sinergico nella prevenzione e nella riduzione dell’impatto inquinante provocato sulle diverse matrici ambientali interessate dalle attività produttive cui si applica.
Il d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, delinea un procedimento autorizzativo improntato, invece, alla semplificazione degli adempimenti cui è tenuto il richiedente e alla riduzione dei tempi necessari per il suo svolgimento.
Inoltre uno dei principali vantaggi del titolo autorizzativo unico risiede, oltre che nell’unicità della procedura abilitativa, anche e soprattutto nel termine unico di scadenza per tutti i titoli abilitativi ricompresi[2], pari a 15 anni e quindi significativamente superiore ai termini di durata previsti per molte autorizzazioni settoriali sostituite (l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue di cui all’art. 124 D.Lvo n. 152/06 è valida per 4 anni dal momento del rilascio[3], l’autorizzazione per l’esercizio di attività di recupero di rifiuti di cui all’art. 216 D.Lvo n. 152/06 deve essere rinnovata ogni 5 anni[4]).
La mancata previsione di disposizioni sanzionatorie ha dato origine a diverse riflessioni.
Da una parte, stante l’obbligatorietà[5] della nuova forma autorizzativa e la sua autonomia rispetto alle autorizzazioni settoriali, può apparire impropria l’applicazione per relationem delle sanzioni già previste per l’inosservanza di tali titoli autorizzativi, in particolare delle sanzioni penali, per le quali vigono i principi di stretta legalità, di tassatività e di divieto di analogia.
D’altra parte, aderendo a una simile posizione, si produce uno sconcertante vuoto di tutela dell’ambiente da condotte potenzialmente offensive della sua integrità, tant’è che la Regione Lombardia, nella propria circolare n. 19 del 5 agosto 2013, nel riconoscere l’assenza di sanzioni, ha cercato di rimediare alla lacuna, prevedendo che “fino ad eventuale diversa disposizione nazionale continuano a valere le normative settoriali e si ritengono pertanto applicabili le sanzioni previste dalle norme settoriali che a vario titolo disciplinano i titoli abilitativi sostituiti dall’AUA”.
Invero, a parere degli scriventi, dovrebbe opportunamente considerarsi che le norme sanzionatorie succitate, nel descrivere il fatto che configura l’illecito amministrativo o penale di volta in volta considerato, non operano un precipuo richiamo all’atto autorizzativo di cui all’art. 124 D.Lvo n. 152/06 o di cui all’art. 269 del medesimo decreto, ma si limitano a prevedere l’assenza della “prescritta autorizzazione” o dell’“autorizzazione”[6].
La prescritta autorizzazione per lo scarico di acque reflue o per la diffusione di emissioni in atmosfera da parte delle imprese che posseggano i requisiti soggettivi di cui all’art. 1 d.P.R. n. 59/2013[7] va identificata proprio nell’AUA.
Pertanto, alla luce di quanto visto sopra, sembra corretto ritenere che per tali condotte inosservanti del regime autorizzatorio in parola trovino applicazione le norme sanzionatorie già riferite all’inosservanza dei titoli autorizzativi settoriali, senza che ciò determini un vulnus del principio di tassatività e di divieto di analogia in malam partem.
Da ultimo, occorre segnalare che, nonostante le autorizzazioni in commento siano normalmente organizzate in sezioni, ciascuna delle quali concerne uno dei titoli abilitativi sostituiti, non è da escludersi che le stesse possano contenere prescrizioni di carattere trasversale, non riferibili esclusivamente alla tutela di una delle matrici ambientali interessate dall’attività produttiva esercitata.
In tali casi, comunque del tutto marginali, può risultare problematico individuare il trattamento sanzionatorio da applicarsi alle condotte che non abbiano rispettato le predette prescrizioni.
Piacenza, 6.08.2019
[1] Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59, Regolamento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.124 del 29 maggio 2013 – Suppl. Ordinario n. 42, in vigore da 13 giugno 2013.
[2] Art. 3 comma 6 d.P.R. n. 59/2013 “L’autorizzazione di cui al presente articolo ha durata pari a quindici anni a decorrere dalla data di rilascio”.
[3] Art. 124 comma 8 D.Lvo n. 152/06 “[…] l’autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio”.
[4] Art. 216 comma 5 D.Lvo n. 152/06 “La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero”.
[5] Unica ipotesi in cui il richiedente può scegliere tra la presentazione dell’istanza di Autorizzazione Unica Ambientale e la presentazione dell’istanza di autorizzazione settoriale è quella di cui all’art. 7, relativa alle autorizzazioni di carattere generale per la diffusione di emissioni in atmosfera.
[6]Anzi, in tema di emissioni in atmosfera, l’art. 279 comma 1 secondo periodo commina la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da 1000 euro a 10000 euro per “chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l’autorizzazione prevista dall’articolo 269, comma 8 o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (ossia dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013m, n. 59.
[7] Art. 1 d.P.R. n. 59/2013 “Il presente regolamento, in attuazione della previsione di cui all’articolo 23, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, si applica alle categorie di imprese di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, nonché agli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale”. Sul punto si segnala la circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela e del mare del 7 novembre 2013, n. 49801.
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Autorizzazione Unica Ambientale: quali sanzioni?
di Deborah De Stefani
L’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento autorizzativo ambientale, che racchiude al suo interno alcune autorizzazioni di carattere settoriale previste dalla legislazione ambientale, ad esempio, per lo scarico di acque reflue, l’esercizio di attività di gestione rifiuti con procedura semplificata, la propagazione di emissioni in atmosfera.
La forma autorizzativa in discorso è disciplinata dal d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59[1], il quale tuttavia non contiene norme sanzionatorie, che individuino quali sanzioni si applichino a coloro che non adempiano all’obbligo di richiedere la detta autorizzazione o, pur essendone in possesso, non si conformino alle prescrizioni.
Prima ancora di affrontare le questioni interpretative poste dalle cennate lacune normative, oggetto del presente contributo, deve esaminarsi la natura, nonché la ratio sottesa all’istituzione della nuova procedura amministrativa.
Spesso l’Autorizzazione Unica Ambientale viene assimilata o comunque associata alla diversa figura dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. In realtà solo quest’ultima tipologia di titolo autorizzativo si caratterizza per la reale adozione di un approccio integrato e sinergico nella prevenzione e nella riduzione dell’impatto inquinante provocato sulle diverse matrici ambientali interessate dalle attività produttive cui si applica.
Il d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, delinea un procedimento autorizzativo improntato, invece, alla semplificazione degli adempimenti cui è tenuto il richiedente e alla riduzione dei tempi necessari per il suo svolgimento.
Inoltre uno dei principali vantaggi del titolo autorizzativo unico risiede, oltre che nell’unicità della procedura abilitativa, anche e soprattutto nel termine unico di scadenza per tutti i titoli abilitativi ricompresi[2], pari a 15 anni e quindi significativamente superiore ai termini di durata previsti per molte autorizzazioni settoriali sostituite (l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue di cui all’art. 124 D.Lvo n. 152/06 è valida per 4 anni dal momento del rilascio[3], l’autorizzazione per l’esercizio di attività di recupero di rifiuti di cui all’art. 216 D.Lvo n. 152/06 deve essere rinnovata ogni 5 anni[4]).
La mancata previsione di disposizioni sanzionatorie ha dato origine a diverse riflessioni.
Da una parte, stante l’obbligatorietà[5] della nuova forma autorizzativa e la sua autonomia rispetto alle autorizzazioni settoriali, può apparire impropria l’applicazione per relationem delle sanzioni già previste per l’inosservanza di tali titoli autorizzativi, in particolare delle sanzioni penali, per le quali vigono i principi di stretta legalità, di tassatività e di divieto di analogia.
D’altra parte, aderendo a una simile posizione, si produce uno sconcertante vuoto di tutela dell’ambiente da condotte potenzialmente offensive della sua integrità, tant’è che la Regione Lombardia, nella propria circolare n. 19 del 5 agosto 2013, nel riconoscere l’assenza di sanzioni, ha cercato di rimediare alla lacuna, prevedendo che “fino ad eventuale diversa disposizione nazionale continuano a valere le normative settoriali e si ritengono pertanto applicabili le sanzioni previste dalle norme settoriali che a vario titolo disciplinano i titoli abilitativi sostituiti dall’AUA”.
Invero, a parere degli scriventi, dovrebbe opportunamente considerarsi che le norme sanzionatorie succitate, nel descrivere il fatto che configura l’illecito amministrativo o penale di volta in volta considerato, non operano un precipuo richiamo all’atto autorizzativo di cui all’art. 124 D.Lvo n. 152/06 o di cui all’art. 269 del medesimo decreto, ma si limitano a prevedere l’assenza della “prescritta autorizzazione” o dell’“autorizzazione”[6].
La prescritta autorizzazione per lo scarico di acque reflue o per la diffusione di emissioni in atmosfera da parte delle imprese che posseggano i requisiti soggettivi di cui all’art. 1 d.P.R. n. 59/2013[7] va identificata proprio nell’AUA.
Pertanto, alla luce di quanto visto sopra, sembra corretto ritenere che per tali condotte inosservanti del regime autorizzatorio in parola trovino applicazione le norme sanzionatorie già riferite all’inosservanza dei titoli autorizzativi settoriali, senza che ciò determini un vulnus del principio di tassatività e di divieto di analogia in malam partem.
Da ultimo, occorre segnalare che, nonostante le autorizzazioni in commento siano normalmente organizzate in sezioni, ciascuna delle quali concerne uno dei titoli abilitativi sostituiti, non è da escludersi che le stesse possano contenere prescrizioni di carattere trasversale, non riferibili esclusivamente alla tutela di una delle matrici ambientali interessate dall’attività produttiva esercitata.
In tali casi, comunque del tutto marginali, può risultare problematico individuare il trattamento sanzionatorio da applicarsi alle condotte che non abbiano rispettato le predette prescrizioni.
Piacenza, 6.08.2019
[1] Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59, Regolamento recante la disciplina dell’autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, a norma dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.124 del 29 maggio 2013 – Suppl. Ordinario n. 42, in vigore da 13 giugno 2013.
[2] Art. 3 comma 6 d.P.R. n. 59/2013 “L’autorizzazione di cui al presente articolo ha durata pari a quindici anni a decorrere dalla data di rilascio”.
[3] Art. 124 comma 8 D.Lvo n. 152/06 “[…] l’autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio”.
[4] Art. 216 comma 5 D.Lvo n. 152/06 “La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero”.
[5] Unica ipotesi in cui il richiedente può scegliere tra la presentazione dell’istanza di Autorizzazione Unica Ambientale e la presentazione dell’istanza di autorizzazione settoriale è quella di cui all’art. 7, relativa alle autorizzazioni di carattere generale per la diffusione di emissioni in atmosfera.
[6]Anzi, in tema di emissioni in atmosfera, l’art. 279 comma 1 secondo periodo commina la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da 1000 euro a 10000 euro per “chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l’autorizzazione prevista dall’articolo 269, comma 8 o, ove applicabile, dal decreto di attuazione dell’articolo 23 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35 (ossia dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013m, n. 59.
[7] Art. 1 d.P.R. n. 59/2013 “Il presente regolamento, in attuazione della previsione di cui all’articolo 23, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, si applica alle categorie di imprese di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, nonché agli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale”. Sul punto si segnala la circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela e del mare del 7 novembre 2013, n. 49801.
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