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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
All’interno del D.L.vo 152/06 non c’è una definizione precisa di autosmaltimento, ma si ritiene sia possibile ricavarla dalla nozione di cui all’art. 183, c. 1, lett. z):
“smaltimento: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento” in aggiunta al fatto che tale attività viene svolta in autonomia (“auto”) e non tramite un terzo (il classico impianto di smaltimento quale destinatario finale del flusso di gestione dei rifiuti). Tendenzialmente, quindi, l’autosmaltimento è un’attività di smaltimento rifiuti effettuata nel luogo di produzione dei rifiuti stessi.
L’art. 215, ovvero la norma dedicata all’autosmaltimento, recita:
“1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente.”
Dalla lettera della norma discende che le attività di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi effettuate nel luogo di produzione degli stessi possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente a condizione che:
– siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli emanandi decreti ministeriali ex art. 214, c. 2 quanto all’individuazione dei rifiuti non pericolosi e delle caratteristiche tecniche degli stessi;
– sia garantito il rispetto delle migliori tecniche disponibili;
– si sia dato corso al procedimento amministrativo di comunicazione alla competente Provincia.
La Provincia entro il termine assegnato verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti; qualora sia accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni autocertificate in comunicazione, l’Ufficio dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività entro il termine prefissato dall’amministrazione.
Si precisa che i decreti ministeriali di attuazione di tale norma, ai sensi dell’art. 214 c. 2, non sono ancora stati predisposti, motivo per cui – nella realtà dei fatti – gli operatori ricorrono per l’individuazione dei rifiuti speciali non pericolosi e delle loro caratteristiche al D.M. 5 febbraio 1998, seppur trattasi della norma di riferimento per le procedure semplificate per il recupero dei rifiuti non pericolosi: a tutt’oggi, quindi, non esistono le norme tecniche per poter accedere alla procedura semplificata propria dell’autosmaltimento.
Le attività di autosmaltimento di rifiuti speciali pericolosi, come anche le discariche, possono essere autorizzate solo seguendo la procedura ordinaria.
In argomento si è pronunciata la S.C., precisando che “senza l’adozione dei decreti ministeriali non è possibile avvalersi della procedura semplificata e l’interessato è obbligato a richiedere l’autorizzazione. Ora, mentre per le attività di recupero di cui all’articolo 33 [Decreto Ronchi] sono stati adottati decreti ministeriali, analoga iniziativa non è stata assunta per l’autosmaltimento. L’imputato quindi non poteva avvalersi della procedura semplificata. Non si tratta di una violazione meramente formale, come sostiene il difensore, perché non può essere demandato all’arbitrio del singolo la scelta delle quantità o delle condizioni ritenute più idonee per l’autosmaltimento” (Cass. Pen., sez. III, n. 41290 del 18 dicembre 2006).
In conclusione, ad oggi l’attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi non può essere effettuata con procedura semplificata, ai sensi dell’art. 215 del D.L.vo 152/06, in quanto per tale tipo di attività non risultano adottati i decreti ministeriali contenenti le previste norme tecniche: pertanto, è necessario ottenere la prescritta e preventiva autorizzazione in procedura ordinaria anche per l’attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi. Il fatto che poi, nella prassi, alcune Province autorizzino comunque le attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in procedura semplificata facendo riferimento al D.M. 5 febbraio 1998 o a Leggi Regionali contenenti altre norme tecniche, non è – ad avviso di chi scrive – giuridicamente corretto: e ciò è confermato proprio dalla sopra riportata pronuncia della Corte di Cassazione n. 41290/06.
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In cosa consiste l’autosmaltimento dei rifiuti?
di Stefano Maglia
(Tratto dal libro “La gestione dei rifiuti dalla A alla Z”, Edizioni TuttoAmbiente, VI edizione, 2019)
All’interno del D.L.vo 152/06 non c’è una definizione precisa di autosmaltimento, ma si ritiene sia possibile ricavarla dalla nozione di cui all’art. 183, c. 1, lett. z):
“smaltimento: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento” in aggiunta al fatto che tale attività viene svolta in autonomia (“auto”) e non tramite un terzo (il classico impianto di smaltimento quale destinatario finale del flusso di gestione dei rifiuti). Tendenzialmente, quindi, l’autosmaltimento è un’attività di smaltimento rifiuti effettuata nel luogo di produzione dei rifiuti stessi.
L’art. 215, ovvero la norma dedicata all’autosmaltimento, recita:
“1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3, e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente.”
Dalla lettera della norma discende che le attività di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi effettuate nel luogo di produzione degli stessi possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente a condizione che:
– siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli emanandi decreti ministeriali ex art. 214, c. 2 quanto all’individuazione dei rifiuti non pericolosi e delle caratteristiche tecniche degli stessi;
– sia garantito il rispetto delle migliori tecniche disponibili;
– si sia dato corso al procedimento amministrativo di comunicazione alla competente Provincia.
La Provincia entro il termine assegnato verifica d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti; qualora sia accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni autocertificate in comunicazione, l’Ufficio dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività entro il termine prefissato dall’amministrazione.
Si precisa che i decreti ministeriali di attuazione di tale norma, ai sensi dell’art. 214 c. 2, non sono ancora stati predisposti, motivo per cui – nella realtà dei fatti – gli operatori ricorrono per l’individuazione dei rifiuti speciali non pericolosi e delle loro caratteristiche al D.M. 5 febbraio 1998, seppur trattasi della norma di riferimento per le procedure semplificate per il recupero dei rifiuti non pericolosi: a tutt’oggi, quindi, non esistono le norme tecniche per poter accedere alla procedura semplificata propria dell’autosmaltimento.
Le attività di autosmaltimento di rifiuti speciali pericolosi, come anche le discariche, possono essere autorizzate solo seguendo la procedura ordinaria.
In argomento si è pronunciata la S.C., precisando che “senza l’adozione dei decreti ministeriali non è possibile avvalersi della procedura semplificata e l’interessato è obbligato a richiedere l’autorizzazione. Ora, mentre per le attività di recupero di cui all’articolo 33 [Decreto Ronchi] sono stati adottati decreti ministeriali, analoga iniziativa non è stata assunta per l’autosmaltimento. L’imputato quindi non poteva avvalersi della procedura semplificata. Non si tratta di una violazione meramente formale, come sostiene il difensore, perché non può essere demandato all’arbitrio del singolo la scelta delle quantità o delle condizioni ritenute più idonee per l’autosmaltimento” (Cass. Pen., sez. III, n. 41290 del 18 dicembre 2006).
In conclusione, ad oggi l’attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi non può essere effettuata con procedura semplificata, ai sensi dell’art. 215 del D.L.vo 152/06, in quanto per tale tipo di attività non risultano adottati i decreti ministeriali contenenti le previste norme tecniche: pertanto, è necessario ottenere la prescritta e preventiva autorizzazione in procedura ordinaria anche per l’attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi. Il fatto che poi, nella prassi, alcune Province autorizzino comunque le attività di autosmaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in procedura semplificata facendo riferimento al D.M. 5 febbraio 1998 o a Leggi Regionali contenenti altre norme tecniche, non è – ad avviso di chi scrive – giuridicamente corretto: e ciò è confermato proprio dalla sopra riportata pronuncia della Corte di Cassazione n. 41290/06.
Piacenza, 9 dicembre 2019
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