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Bilancio Corepla 2020, riciclo, recupero energetico e plasmix (brevi considerazioni)

di Maurizio Sante Minichilli

Categoria: Rifiuti

E’ doveroso approcciarsi all’analisi dei risultati e delle performance dei consorzi di filiera considerandoli organizzazioni di interesse pubblico, normate nel D.Lgs. 152/2006 (rectius D.Lgs. 22/1997), con l’obiettivo di incentivare ed incrementare la raccolta differenziata, il riciclo ed il recupero dei rifiuti urbani, dotati di risorse finanziarie apportate dai produttori e distributori di imballaggi, ma che in realtà gravano interamente sulla collettività, spalmate in misura parcellizzata (e per questo ne dobbiamo essere consapevoli) su ciascun bene di consumo confezionato, comprensivo di contributo CONAI.

Dall’esame del bilancio COREPLA 2020 rileviamo innanzitutto il conseguimento di ricavi per €/mln. 770, di cui €/mln. 649 per entrate da Contributo Ambientale Consorzio (CAC), con un corposo incremento (19,5%) rispetto al 2019 di €/mln. 106 in ragione dell’aumento dei corrispettivi sulle fasce B2 (da €/ton. 263,00 nel 2019 ad € 436,00 nel 2020 fino ad arrivare ad €/ton. 560,00 dall’1.01.2021) e C (da €/ton. 369,00 nel 2019 ad € 546,00 nel 2020 fino ad arrivare ad €/ton. 660,00 dall’1.01.2021). Se si osserva il trend unitario del CAC vediamo che si è incrementato da €/ton. 188,00 nel 2016 ad €/ton. 339,5 nel 2020.

Ricordo che le fasce (a tariffe crescenti sulla base del minor pregio dell’imballaggio in plastica da avviare a recupero) in cui sono suddivisi detti contributi sono le seguenti:

A) imballaggi selezionati e riciclabili da circuito C&I

B) imballaggi da circuito domestico con filiera di selezione/riciclo efficace e consolidata

B2) altri imballaggi selezionabili/riciclabili da circuito domestico

C) altri imballaggi non selezionabili/riciclabili allo stato delle tecnologie attuali.

 

Per evitare perdite di esercizio ancor più consistenti (rispetto a 10 mln/€) il COREPLA ha dovuto inevitabilmente azionare la leva dei contributi CAC motivando, nella propria relazione, la riduzione dei volumi PET venduti all’asta unitamente ad una crollo dei prezzi unitari di vendita delle materie plastiche recuperate, considerando che la quotazione dei polimeri è inevitabilmente collegata a quella del petrolio, di cui sono suoi derivati, nelle sue varie accezioni e segnatamente:

 

PE (Polietilene) = Sacchetti, flaconi per detergenti, giocattoli ed altri imballi

 

PP (Polipropilene) = Contenitori per alimenti, flaconi per detersivi e detergenti, oggetti per arredo

 

PVC (Clurolo di Polivinile) = Vaschette uova, film, tubi, porte, finestre

 

PET (Polietilene Tereftalato) = Bottiglie per bevande, fibre sintetiche

 

PS (Polistirene) = vaschette per alimenti, posate, piatti, bicchieri

 

Degna di attenzione è la voce di costo riguardante la gestione a recupero energetico del Plasmix (in ambito scientifico e legislativo dal 2017 è definito come:” insieme di plastiche eterogenee incluse negli imballaggi post-consumo e non recuperate come singoli polimeri”) la quale ha avuto una crescita del 17,1% passando da €/mln. 102 nel 2019 ad €/mln. 120 nel 2020, dovuta sia all’incremento dei rifiuti selezionati ad alto deficit di catena (plastiche non riciclabili e/o riutilizzabili) sia all’avvio a recupero energetico o smaltimento dello stesso, in conseguenza dell’emergenza sanitaria COVID.

 

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Quindi, in buona sostanza, a fronte di un aumento nel 2020 dei ricavi (che in realtà sarebbero da considerare oneri per la collettività) del 19,5% assistiamo ad una sensibile crescita del recupero energetico (pari al 17,1%) il quale abbinato allo smaltimento (in discarica) degli scarti non recuperabili (o anche delle plastiche non riciclabili) non ci fa entusiasmare sull’evoluzione della filiera del riciclo della plastica.

 

Nel dettaglio la composizione del polimero immesso al consumo risulta essere così suddivisa in misura percentuale:

 

PE 43,4%

 

PET 23,5%

 

PP 19,9%

 

PS/EPS 3,3%

 

BIOPOLIMERI 3,2%

 

Evidente che il polietilene risulta essere l’imballaggio più diffuso anche se significative sono le percentuali dei PET e PP, che si rivolgono soprattutto all’imballaggio rigido.

 

Rispetto al quantitativo complessivo di imballaggi immessi al consumo sul territorio nazionale nel 2020 (inclusi i volumi dei sistemi autonomi), stimato in 2.198 kt, i volumi risultanti dalle dichiarazioni CAC di pertinenza COREPLA sono stati pari a 1.914 kt.

 

Nell’anno 2020 a fronte di un quantitativo complessivo di imballaggi in plastica immesso al consumo pari a 1.913.914 ton. il riciclo totale COREPLA è stato pari a 904.893 ton. mentre il recupero energetico ammonta a 915.377 ton., con un indice complessivo di recupero pari al 95,1% di cui il 47,3% per riciclo ed il restante 47,8% a recupero energetico. (NB = Tali dati sono al netto dei quantitativi di riciclo da gestione indipendente, pari a 249.500 ton.).

 

Analizzando nel dettaglio il conto economico gestionale sintetico, riscontriamo che in aggiunta ai ricavi da C.A.C. per € 649.797.000 il COREPLA ha conseguito ricavi per vendita da riciclo di soli € 68.031.000 (pari al 10,5%). Il tutto a fronte di costi diretti di riciclo e recupero per € 738.607.000 dovuti per il 53% alla raccolta, per il 23% alla selezione, per il 16% al recupero energetico, ed il restante 8% per uscite varie.

 

Cosa dire se non che da una così cospicua dote di ricavi (da contributi CAC) in crescente aumento ci si aspetterebbe risultati più lusinghieri in ordine all’effettivo riciclo dei polimeri con la rigenerazione degli stessi e successivo ricollocamento sul mercato come materia vergine, quanto invece constatiamo che la ripartizione dei costi diretti, ha come voci principali la raccolta, selezione ed il recupero energetico.

 

Forse sarebbe il caso di ripensare l’intervento legislativo che si focalizzi maggiormente:

 

– sulla prevenzione ed il riuso, destinando ai Comuni una parte dei CAC come dotazione obiettivo in ragione dell’effettivo sfuso utilizzato, sul quale applicare il conseguente calcolo del mancato impiego d’imballaggio facendone oggetto di ristoro all’Ente in misura corrispondente;

 

– sulla previsione medio tempore (diciamo a 4/5 anni) di aggravi (e non sgravi) fiscali per i produttori di imballaggi monouso (ad es. PET) che non destinino almeno il 50% della loro produzione a materiali compositi durevoli (idonei al riuso) in modo da intervenire gradualmente (senza traumi) sui trend di condotta dei consumatori.

 

In ultimo tralascio ogni approfondimento in merito alla vicenda CORIPET, sistema autonomo costituitosi in concorrenza con il COREPLA, per le cui condotte poste in essere da quest’ultima, la stessa è stata destinataria di sanzione amministrativa pecuniaria di € 27.400.477,00 da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (per chi vuole approfondire il proc. nr. A531 si è concluso nell’adunanza del 27.10.2020) per abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE (seppure sub judice amministrativo).

 

Ciò non mi esime da una pacata ma puntuale riflessione di carattere generale sugli effetti distorsivi che un sistema autonomo possa ingenerare allorquando accentra su di se ingenti risorse finanziarie e meccanismi vincolistici di filiera, a tutto discapito delle regole di concorrenza e, soprattutto, della ratio istitutiva del consorzio, ovvero quello di favorire il sistema di riciclo e, in via residuale, il recupero energetico (non il contrario).

 

Piacenza, 21 ottobre 2021

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