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Classificazione dei rifiuti. Che cosa cambia dopo l’approvazione della nuova edizione delle linee guida SNPA?

di Paolo Pipere

Categoria: Rifiuti

La nuova edizione delle Linee guida sulla classificazione dei rifiuti del Servizio nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), rilasciata il 18 maggio e approvata con decreto direttoriale dal Ministero per la transizione ecologica il 9 agosto, costituisce il documento sul quale deve essere fondata l’attribuzione del codice e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti. Infatti, a seguito delle modifiche alla Parte quarta del decreto legislativo 152/2006 apportate dal decreto legislativo 116/2020, l’articolo 184, comma 5, del “Codice dell’ambiente” ha disposto che: “La corretta attribuzione dei Codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle Linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”

 

La struttura della seconda edizione delle linee guida, la precedente era stata rilasciata da SNPA il 27 novembre 2019, è rimasta immutata ma, prima dell’approvazione, il Ministero della transizione ecologica ha richiesto di integrarla con un “approfondimento relativamente ai rifiuti decadenti dal trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani indifferenziati al fine di omogeneizzarne la classificazione”. Nel documento è stato perciò inserito il sotto-paragrafo 3.5.9 – Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico/meccanico-biologico dei rifiuti urbani indifferenziati.

 

Nell’introduzione normativa il documento riepiloga i riferimenti normativi unionali e nazionali e richiama la Comunicazione della Commissione – Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti (2018/C 124/01), che si proponeva di fornire “chiarimenti e orientamenti alle autorità nazionali, ivi incluse le autorità locali, e alle imprese (ad esempio per le autorizzazioni), riguardo alla corretta interpretazione e applicazione della pertinente normativa UE in materia di classificazione dei rifiuti, segnatamente in merito all’identificazione delle caratteristiche di pericolo, valutando se i rifiuti presentano una qualche caratteristica di pericolo e, in ultima analisi, classificando i rifiuti come pericolosi o non pericolosi”.

 

Deve essere ricordato che la Comunicazione è stata “adottata in seguito a discussioni e consultazioni con gli Stati membri e i portatori di interessi” e con l’evidente fine di uniformare le interpretazioni di norme che sono pressoché esclusivamente unionali. Per questo motivo è importante segnalare che le linee guida SNPA con riferimento all’individuazione delle voci pericolose senza corrispondenti voci non pericolose (P), delle voci non pericolose senza corrispondenti voci pericolose (NP) e delle “voci specchio” (S, a loro volta ripartite in voci specchio pericolose, SP, e non pericolose, SNP), si discostano significativamente (per oltre sessanta voci) dalle indicazioni della Commissione europea. Il documento nazionale precisa che: «l’interpretazione fornita si discosta solo in casi limitati da quella riportata nella Comunicazione della Commissione europea contenente gli “Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti”», non fornisce elementi per comprendere perché sia stato ritenuto opportuno introdurre questi scostamenti e, riportando in nota una citazione della Comunicazione europea – “l’interpretazione dei tipi di voce riportata” nell’elenco dei rifiuti commentato “è una delle interpretazioni possibili che tiene conto in maniera equilibrata delle opinioni formulate da diversi Stati membri. Esistono interpretazioni diverse a livello di Stati membri e anch’esse possono essere consultate” – rivendica la possibilità di introdurre interpretazioni nazionali.

 

Le sostanze pericolose da ricercare

Nel primo capitolo le linee guida riportano opportunamente, in considerazione della ingiustificata persistenza di interpretazioni difformi, alcuni passaggi fondamentali della sentenza della Corte di Giustizia Europea (Decima Sezione) del 28 marzo 2019, relativa alle cause riunite da C-487/17 a C 489/17:

«[…] il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi, ma la cui composizione non è immediatamente nota, deve, ai fini di tale classificazione, determinare detta composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi onde stabilire se tale rifiuto presenti caratteristiche di pericolo, e a tal fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove […]»

Le linee guida, richiamando anche gli “Orientamenti tecnici” della Commissione europea, precisano che: «il termine “ragionevolmente” deve intendersi come la ricerca delle sostanze pericolose pertinenti al rifiuto sulla base delle informazioni già note sul medesimo rifiuto. Ne consegue, come può evincersi da quanto riportato nella Sentenza della Corte di Giustizia Europea […] che tale termine non può intendersi come un obbligo per il detentore di verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto in esame, che non possa ragionevolmente trovarsi nel rifiuto stesso sulla base del processo che lo ha generato e delle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza».

Deve essere ricordato che: «Nel contempo, il detentore di un rifiuto, pur non essendo obbligato a verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto in esame è però tenuto a ricercare quelle che possono ragionevolmente trovarvisi».
Le linee guida, inoltre, precisano che la procedura di classificazione si basa su una fase di acquisizione delle informazioni necessarie per ricostruire quali siano le sostanze pericolose che potrebbero ragionevolmente trovarsi nel rifiuto e su una successiva fase volta alla valutazione della sussistenza o meno di una o più caratteristiche di pericolo connessa alla presenza di tali sostanze. Questa valutazione deve essere condotta facendo riferimento ai criteri, valori limite di concentrazione e metodi di calcolo previsti dall’allegato III alla direttiva 2008/98/CE o utilizzando metodi di prova.

 

 

Come determinare la composizione di un rifiuto

Le linee guida SNPA, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, prevedono che la determinazione della composizione del rifiuto non debba necessariamente essere ottenuta con un’analisi di laboratorio, ma possa – in alcuni casi – derivare anche dall’elaborazione di altre fonti informative e dall’integrazione di entrambi gli elementi. In particolare, il documento precisa che:

«La conoscenza della composizione di un rifiuto può essere ottenuta attraverso diversi metodi, applicando uno schema procedurale basato:

  • sulla conoscenza del processo o dell’attività di origine;
  • sull’utilizzo delle informazioni contenute nei documenti di accompagnamento del prodotto divenuto rifiuto (ad esempio, schede di sicurezza);
  • sul ricorso a banche dati sulle analisi dei rifiuti;
  • sull’effettuazione di analisi chimico-fisiche.

In linea generale l’adeguata conoscenza della composizione di un rifiuto si ottiene dalla combinazione delle diverse informazioni ottenibili dall’applicazione delle modalità riportante nei punti elencati».

In merito alle schede di sicurezza si precisa che nel caso in cui il rifiuto derivi da un prodotto classificato conformemente ai criteri previsti dalla normativa CLP, e le caratteristiche dello stesso non abbiano subito modifiche, la scheda di sicurezza (SDS) può rappresentare un utile riferimento per l’espletamento della procedura di classificazione. Ovviamente, a condizione che la scheda di sicurezza “sia allineata agli aggiornamenti legislativi e sia stata predisposta in forma completa”.

 

Rifiuti derivanti dal trattamento

La valutazione di un rifiuto prodotto da un impianto di trattamento dei rifiuti non può limitarsi a prendere in esame solo le operazioni che intervengono nella fase di trattamento ma deve considerare anche le caratteristiche del rifiuto di origine. Per i rifiuti prodotti dagli impianti di gestione dei rifiuti è, quindi, necessaria una conoscenza della composizione dei vari flussi di rifiuti in ingresso al trattamento, un’analisi delle varie fasi del processo e delle reazioni/interazioni/trasformazioni che in esso hanno luogo, con l’effettuazione degli opportuni bilanci di massa, e l’individuazione delle possibili fonti di pericolosità nonché delle tipologie di sostanze pericolose potenzialmente presenti.

 

 

 

 

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