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Comuni montani, IMU e assurdità giuridiche

di Enrico Buzzi

Categoria: Generalità

Alla luce dell’ art. 22, comma 2, D.L. n. 66/2014 e delle nuove regole di classificazione dei comuni montani stabilite dal D.M. 28 novembre 2014 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 dicembre 2014) decade l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli situati nei comuni con altitudine inferiore a 600 metri. Questo con l’obiettivo di coprire il fabbisogno delle finanze nazionali di fronte alla clausola di salvaguardia fissata dal patto di stabilità. Nonostante la scadenza del pagamento sia stata rinviata al 26 gennaio 2015, con possibili ed auspicabili modifiche al provvedimento, il fatto offre alcuni tristi spunti di riflessione.
Primo: stabilire la nuova classificazione dei comuni secondo l’altitudine della casa comunale è un assurdo geografico che denota la strisciante alienazione di politici e tecnici nei confronti del territorio che devono governare. Sarebbe forse stato più intelligente considerare l’altitudine media dell’intera superficie comunale?. Risultato: molti comuni stanno valutando la possibilità di spostare la propria sede a quote salvifiche…
Ma, al di là di una distinzione numerica poco sensata che penalizza alcuni e salva altri, notiamo che buona parte dei territori che verrebbero interessati dal provvedimento sono già sottoposti a vincolo idrogeologico (R.D. 3267 del 1923) e, spesso, a vincolo paesaggistico (D.Lgs. 42/2004). Per decenni eminenti giuristi hanno dibattuto sulla possibilità di corrispondere ai proprietari un indennizzo per giustificare il vincolo idrogeologico alla luce della limitazione che questo determina sul godimento della proprietà e del servizio che i terreni boscati svolgono a favore della collettività. Oggi si è evidentemente passati all’idea opposta, senza considerare il prezzo che questi vincoli (sacrosanti, per carità) hanno per i proprietari e senza tener presente la quantità di servizi di interesse pubblico che queste tipologie di superfici svolgono: tutela idrogeologica (regimazione delle acque e anti-erosiva), immagazzinamento di carbonio (vi dice qualcosa il protocollo di Kyoto?), etero-protezione (paravalanghe, paramassi e frangivento), paesaggio, funzione bioclimatica e anti-inquinamento, protezione della biodiversità e bio-indicatore. La maggior parte di questi non ha mercato ma ha evidentemente un valore notevole, quantificabile solo quando si devono pagare i danni dovuti ad alluvioni, dissesti e deturpamenti vari.
Si tratta di un’impostazione assolutamente insensata da parte di chi sembra aver perso la cognizione del territorio che governa così come il senso dei pilastri giuridici che lo tutelano e che in modo indiretto tutelano la collettività.

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