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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Convertito il DL Semplificazioni. Rifiuti: la transizione ecologica può attendere
di Paolo Pipere
Categoria: Rifiuti
Nuove modifiche dopo la recente riforma. Procedure meno semplici, e ancora inattuabili, per l’avvio delle attività di preparazione per il riutilizzo. Conferma dei controlli successivi al rilascio delle autorizzazioni end of waste, con conseguente blocco degli investimenti nel settore del recupero. Eliminazione, solo temporanea, dell’attestazione di avvio allo smaltimento.
La legge di conversione (108/2021) del decreto-legge 77/2021 è finalizzata, tra l’altro, a introdurre misure di “semplificazione per la promozione dell’economia circolare”. L’economia circolare, però, necessita di attività di recupero capaci di far sì che un bene diventato rifiuto torni ad essere, dopo un trattamento adeguato, un prodotto utile, rigenerato, ricondizionato.
La preparazione per il riutilizzo, definita come l’insieme di operazioni “di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”, è la modalità di trattamento con il migliore bilancio ambientale, da preferire sia al riciclaggio sia alle altre attività di recupero di materia o di energia.
Una priorità affermata dalla Direttiva quadro sui rifiuti fin dal 2008 e recepita nell’ordinamento nazionale con l’articolo 179, Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, del D.Lgs. 152/2006.
Da dieci anni si attendeva che, come previsto dal D.Lgs. 205/2010, “con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” fossero adottate “le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo”, ma fino ad oggi l’attesa è stata vana.
Non è bastato neppure che il D.Lgs. 116/2020 disponesse che: «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione [quindi entro il mese di novembre dell’anno scorso], con decreto del Ministro dell’ambiente […] sono definite le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo».
Dall’autocertificazione al controllo preventivo
La riforma di settembre aveva previsto che le operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti potessero essere avviate, a partire dall’entrata in vigore del decreto che avrebbe dovuto essere emanato, mediante “segnalazione certificata di inizio di attività” (SCIA), quindi con un procedimento molto snello che forse avrebbe potuto contribuire a recuperare, almeno in parte, il ritardo di dieci anni nel frattempo accumulato.
Ora si cambia. La disposizione appena entrata in vigore, infatti, elimina la SCIA e introduce un controllo preventivo, in luogo dell’autocertificazione. L’attività potrà essere intrapresa solo: «successivamente alla verifica e al controllo dei requisiti previsti dal decreto di cui al comma 2, effettuati dalle province ovvero dalle città metropolitane territorialmente competenti, secondo le modalità indicate all’articolo 216».
Doppi controlli solo per gli impianti di recupero virtuosi
Gli organi di controllo sono già tenuti a programmare e realizzare verifiche periodiche presso tutti gli impianti di trattamento dei rifiuti.
La riformulazione dell’articolo 184-ter del D.Lgs. 152/2006 introdotta dalla Legge 2 novembre 2019, n. 128 ha previsto per gli impianti capaci di realizzare la cessazione della qualifica di rifiuto, quindi di trasformare i rifiuti in prodotti, una procedura di controllo a campione aggiuntiva particolarmente complessa. Questa ulteriore fase di controllo, irrazionalmente prevista solo per le “autorizzazioni uniche” e per le autorizzazioni integrate ambientali, può condurre alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione in precedenza rilasciata.
La legge appena approvata non elimina il doppio livello di controllo e, se possibile, lo rende ancora meno motivato, ma si limita ad escludere dal procedimento di verifica il Ministero per la transizione ecologica.
Da un lato, infatti, le autorizzazioni devono essere necessariamente rilasciate o rinnovate «previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente», dall’altro: «L’ISPRA, o l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione, sentita l’autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione».
Operativamente, pertanto, nel caso in cui sia stata presentata un’istanza di rinnovo dell’autorizzazione l’ARPA prima, molto probabilmente sulla base delle ispezioni già condotte presso l’impianto, formula un parere vincolante positivo e, dopo il rilascio del rinnovo, effettua un controllo a seguito del quale potrebbe eventualmente sospendere o revocare l’autorizzazione della quale ha, in precedenza, sostenuto l’opportunità del rinnovo.
Conferimento a impianti intermedi di smaltimento
Fino alla data di conversione in legge, il comma 5 dell’articolo 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti) disponeva che:
«Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla Parte IV del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è’ esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di identificazione abbiano ricevuto un’attestazione di avvio al recupero o smaltimento [in grassetto la modifica introdotta dal d.-l. 77/2021], resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal titolare dell’impianto da cui risultino, almeno, i dati dell’impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata».
La legge di conversione ha, invece, molto opportunamente sancito che:
«Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni intermedie di smaltimento, quali il raggruppamento, il ricondizionamento e il deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti è attribuita al soggetto che effettua dette operazioni».
Purtroppo la soluzione oggi adottata, di assoluto buon senso, sembra essere transitoria, se si considera che il secondo periodo del medesimo comma non è stato eliminato e prevede che: «La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 188-bis, comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell’avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti».
La norma appena approvata, inoltre, dispone che: «all’articolo 188-bis, comma 4, lettera h), le parole” dell’avvenuto recupero” sono sostituite dalle seguenti: “dell’avvio a recupero”».
La formulazione vigente della disposizione prevede, quindi, che il decreto che dovrà essere emanato disciplini anche: «le modalità per la verifica e l’invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, di cui all’articolo 188, comma 5, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario». Resta da capire, perciò, perché si intenda introdurre una “comunicazione di avvio al recupero” quando l’articolo 188, comma 5, si riferisce esclusivamente ai rifiuti conferiti ad impianti che esercitano attività propedeutiche allo smaltimento.
Esclusioni e inclusioni
La nuova norma ha introdotto fra le esclusioni dall’ambito di applicazione del decreto legislativo 152/2006 anche le “ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Si tratta di un’esclusione non prevista dalla Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) che dovrà essere al più presto soppressa per evitare che la Commissione Europea avvii una procedura di infrazione.
Esclusi dalle esclusioni previste per i materiali esplosivi in disuso, e quindi sottoposti alla norma quadro sui rifiuti, i “rifiuti da articoli pirotecnici” da intendersi come: “i rifiuti prodotti dall’accensione di pirotecnici di qualsiasi specie e gli articoli pirotecnici che abbiano cessato il periodo della loro validità, che siano in disuso o che non siano più idonei ad essere impiegati per il loro fine originario”. Per gli articoli pirotecnici è stato introdotto un nuovo regime di responsabilità estesa del produttore del prodotto.
Semplificazioni e nuovi adempimenti
Confermati gli esoneri dall’obbligo di emissione del formulario e di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali non solo per i rifiuti da assistenza sanitaria domiciliare ma anche per quella “svolta al di fuori delle strutture sanitarie di riferimento”.
Il regime di favore previsto per la manutenzione delle reti fognarie è stato esteso anche alle fosse settiche e ai bagni mobili, ma è stato disposto l’obbligo di utilizzare un nuovo documento di trasporto per automezzo e percorso di raccolta. Il modello sarà adottato con deliberazione dell’Albo nazionale gestori ambientali e si aggiungerà alla nutrita serie di documenti previsti per il trasporto di rifiuti. Solo per citarne alcuni: FIR ordinario, FIR per micro-raccolta di rifiuti di metalli, DDT semplificato per i RAEE ritirati con il criterio uno contro uno, DDT per il trasporto dei RAEE di piccolissime dimensioni.
Novità anche per le autorizzazioni degli impianti mobili, per la sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile e, come da tradizione, anche richiami alla futura opportunità di introdurre sistemi di restituzione con cauzione e sistemi di riutilizzo degli imballaggi.
Curiosa, inoltre, la disposizione che introduce l’obbligo di acquisto di pneumatici ricostruiti, già vigente da vent’anni (Legge 28 dicembre 2001 n. 448) e mai rispettato, per una quota almeno pari al 30 per cento del totale dei fabbisogni delle pubbliche amministrazioni. Nel caso in cui la norma non sia rispettata è previsto che la procedura sia annullata solo per la parte – evidentemente inesistente – “riservata all’acquisto di pneumatici ricostruiti”.
Disposta, infine, la ripubblicazione dell’allegato D – Elenco dei rifiuti. C’è da augurarsi che questa volta il risultato della complessa attività di copia e incolla delle voci dell’elenco europeo sia stato controllato.
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Convertito il DL Semplificazioni. Rifiuti: la transizione ecologica può attendere
di Paolo Pipere
Nuove modifiche dopo la recente riforma. Procedure meno semplici, e ancora inattuabili, per l’avvio delle attività di preparazione per il riutilizzo. Conferma dei controlli successivi al rilascio delle autorizzazioni end of waste, con conseguente blocco degli investimenti nel settore del recupero. Eliminazione, solo temporanea, dell’attestazione di avvio allo smaltimento.
La legge di conversione (108/2021) del decreto-legge 77/2021 è finalizzata, tra l’altro, a introdurre misure di “semplificazione per la promozione dell’economia circolare”. L’economia circolare, però, necessita di attività di recupero capaci di far sì che un bene diventato rifiuto torni ad essere, dopo un trattamento adeguato, un prodotto utile, rigenerato, ricondizionato.
La preparazione per il riutilizzo, definita come l’insieme di operazioni “di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”, è la modalità di trattamento con il migliore bilancio ambientale, da preferire sia al riciclaggio sia alle altre attività di recupero di materia o di energia.
Una priorità affermata dalla Direttiva quadro sui rifiuti fin dal 2008 e recepita nell’ordinamento nazionale con l’articolo 179, Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, del D.Lgs. 152/2006.
Da dieci anni si attendeva che, come previsto dal D.Lgs. 205/2010, “con uno o più decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” fossero adottate “le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo”, ma fino ad oggi l’attesa è stata vana.
Non è bastato neppure che il D.Lgs. 116/2020 disponesse che: «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione [quindi entro il mese di novembre dell’anno scorso], con decreto del Ministro dell’ambiente […] sono definite le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo».
Dall’autocertificazione al controllo preventivo
La riforma di settembre aveva previsto che le operazioni di preparazione per il riutilizzo di prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti potessero essere avviate, a partire dall’entrata in vigore del decreto che avrebbe dovuto essere emanato, mediante “segnalazione certificata di inizio di attività” (SCIA), quindi con un procedimento molto snello che forse avrebbe potuto contribuire a recuperare, almeno in parte, il ritardo di dieci anni nel frattempo accumulato.
Ora si cambia. La disposizione appena entrata in vigore, infatti, elimina la SCIA e introduce un controllo preventivo, in luogo dell’autocertificazione. L’attività potrà essere intrapresa solo: «successivamente alla verifica e al controllo dei requisiti previsti dal decreto di cui al comma 2, effettuati dalle province ovvero dalle città metropolitane territorialmente competenti, secondo le modalità indicate all’articolo 216».
Doppi controlli solo per gli impianti di recupero virtuosi
Gli organi di controllo sono già tenuti a programmare e realizzare verifiche periodiche presso tutti gli impianti di trattamento dei rifiuti.
La riformulazione dell’articolo 184-ter del D.Lgs. 152/2006 introdotta dalla Legge 2 novembre 2019, n. 128 ha previsto per gli impianti capaci di realizzare la cessazione della qualifica di rifiuto, quindi di trasformare i rifiuti in prodotti, una procedura di controllo a campione aggiuntiva particolarmente complessa. Questa ulteriore fase di controllo, irrazionalmente prevista solo per le “autorizzazioni uniche” e per le autorizzazioni integrate ambientali, può condurre alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione in precedenza rilasciata.
La legge appena approvata non elimina il doppio livello di controllo e, se possibile, lo rende ancora meno motivato, ma si limita ad escludere dal procedimento di verifica il Ministero per la transizione ecologica.
Da un lato, infatti, le autorizzazioni devono essere necessariamente rilasciate o rinnovate «previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente», dall’altro: «L’ISPRA, o l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente territorialmente competente delegata dal predetto Istituto, controlla a campione, sentita l’autorità competente di cui al comma 3-bis, in contraddittorio con il soggetto interessato, la conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti, ivi compresi i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita, agli atti autorizzatori rilasciati nonché alle condizioni di cui al comma 1, redigendo, in caso di non conformità, apposita relazione».
Operativamente, pertanto, nel caso in cui sia stata presentata un’istanza di rinnovo dell’autorizzazione l’ARPA prima, molto probabilmente sulla base delle ispezioni già condotte presso l’impianto, formula un parere vincolante positivo e, dopo il rilascio del rinnovo, effettua un controllo a seguito del quale potrebbe eventualmente sospendere o revocare l’autorizzazione della quale ha, in precedenza, sostenuto l’opportunità del rinnovo.
Conferimento a impianti intermedi di smaltimento
Fino alla data di conversione in legge, il comma 5 dell’articolo 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti) disponeva che:
«Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla Parte IV del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è’ esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di identificazione abbiano ricevuto un’attestazione di avvio al recupero o smaltimento [in grassetto la modifica introdotta dal d.-l. 77/2021], resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal titolare dell’impianto da cui risultino, almeno, i dati dell’impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata».
La legge di conversione ha, invece, molto opportunamente sancito che:
«Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni intermedie di smaltimento, quali il raggruppamento, il ricondizionamento e il deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti è attribuita al soggetto che effettua dette operazioni».
Purtroppo la soluzione oggi adottata, di assoluto buon senso, sembra essere transitoria, se si considera che il secondo periodo del medesimo comma non è stato eliminato e prevede che: «La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 188-bis, comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell’avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti».
La norma appena approvata, inoltre, dispone che: «all’articolo 188-bis, comma 4, lettera h), le parole” dell’avvenuto recupero” sono sostituite dalle seguenti: “dell’avvio a recupero”».
La formulazione vigente della disposizione prevede, quindi, che il decreto che dovrà essere emanato disciplini anche: «le modalità per la verifica e l’invio della comunicazione dell’avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti, di cui all’articolo 188, comma 5, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario». Resta da capire, perciò, perché si intenda introdurre una “comunicazione di avvio al recupero” quando l’articolo 188, comma 5, si riferisce esclusivamente ai rifiuti conferiti ad impianti che esercitano attività propedeutiche allo smaltimento.
Esclusioni e inclusioni
La nuova norma ha introdotto fra le esclusioni dall’ambito di applicazione del decreto legislativo 152/2006 anche le “ceneri vulcaniche, laddove riutilizzate in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Si tratta di un’esclusione non prevista dalla Direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) che dovrà essere al più presto soppressa per evitare che la Commissione Europea avvii una procedura di infrazione.
Esclusi dalle esclusioni previste per i materiali esplosivi in disuso, e quindi sottoposti alla norma quadro sui rifiuti, i “rifiuti da articoli pirotecnici” da intendersi come: “i rifiuti prodotti dall’accensione di pirotecnici di qualsiasi specie e gli articoli pirotecnici che abbiano cessato il periodo della loro validità, che siano in disuso o che non siano più idonei ad essere impiegati per il loro fine originario”. Per gli articoli pirotecnici è stato introdotto un nuovo regime di responsabilità estesa del produttore del prodotto.
Semplificazioni e nuovi adempimenti
Confermati gli esoneri dall’obbligo di emissione del formulario e di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali non solo per i rifiuti da assistenza sanitaria domiciliare ma anche per quella “svolta al di fuori delle strutture sanitarie di riferimento”.
Il regime di favore previsto per la manutenzione delle reti fognarie è stato esteso anche alle fosse settiche e ai bagni mobili, ma è stato disposto l’obbligo di utilizzare un nuovo documento di trasporto per automezzo e percorso di raccolta. Il modello sarà adottato con deliberazione dell’Albo nazionale gestori ambientali e si aggiungerà alla nutrita serie di documenti previsti per il trasporto di rifiuti. Solo per citarne alcuni: FIR ordinario, FIR per micro-raccolta di rifiuti di metalli, DDT semplificato per i RAEE ritirati con il criterio uno contro uno, DDT per il trasporto dei RAEE di piccolissime dimensioni.
Novità anche per le autorizzazioni degli impianti mobili, per la sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile e, come da tradizione, anche richiami alla futura opportunità di introdurre sistemi di restituzione con cauzione e sistemi di riutilizzo degli imballaggi.
Curiosa, inoltre, la disposizione che introduce l’obbligo di acquisto di pneumatici ricostruiti, già vigente da vent’anni (Legge 28 dicembre 2001 n. 448) e mai rispettato, per una quota almeno pari al 30 per cento del totale dei fabbisogni delle pubbliche amministrazioni. Nel caso in cui la norma non sia rispettata è previsto che la procedura sia annullata solo per la parte – evidentemente inesistente – “riservata all’acquisto di pneumatici ricostruiti”.
Disposta, infine, la ripubblicazione dell’allegato D – Elenco dei rifiuti. C’è da augurarsi che questa volta il risultato della complessa attività di copia e incolla delle voci dell’elenco europeo sia stato controllato.
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