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I Criteri Ambientali Minimi nelle procedure di gara pubbliche
di Rosa Bertuzzi, Andrea Tedaldi
Categoria: Generalità
Il costo dei CAM per gli operatori economici e le stazioni appaltanti I criteri ambientali minimi (cd. CAM) hanno un costo che, al momento della progettazione di una procedura ad evidenza pubblica, deve essere debitamente considerato dalla stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara. È questo, in estrema sintesi, il principio che può ricavarsi dalla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 8088 del 27 novembre scorso [1]. Un principio tanto semplice quanto importante, che offre l’occasione per affrontare un tema, quello dell’applicazione del criteri ambientali minimi negli appalti banditi dalle Pubbliche Amministrazioni, di estrema attualità e di notevole interesse per gli operatori economici. I CAM, che – come si vedrà – hanno natura obbligatoria nei settori per i quali sono adottati, rappresentano infatti un’importante leva per l’“adeguamento verde” degli operatori economici che contrattano (o abbiano intenzione di contrattare) con le Pubbliche Amministrazioni, imponendo e valorizzando offerte che riducano gli impatti ambientali. Riferimenti normativi ed inquadramento generale. La norma di riferimento fondamentale in materia di CAM è l’art. 34 del d.lgs. 50/2016 (cd. Codice dei Contratti Pubblici). Ai sensi di tale disposizione “le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi… attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare [cd. MATTM]…”. Inoltre, “i criteri ambientali minimi definiti… [con decreto del MATTM], in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6”. Sempre l’art. 34 aggiunge poi che l’obbligo di attuazione dei CAM “si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”. Il Codice dei Contratti Pubblici prevede dunque l’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Obbligo, questo, che si estende a tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo [2]. La stazione appaltante non ha dunque discrezionalità in merito all’applicazione o meno dei CAM, specialmente a seguito della modifica apportata dall’art. 23 del d.lgs. 56/2017 (primo correttivo al Codice dei Contratti Pubblici) che ha esteso l’obbligo all’intero del valore del contratto e per tutti i CAM in vigore, superando la versione iniziale del Codice che ne prevedeva un’applicazione graduata nel tempo e con percentuali diverse a seconda delle categorie merceologiche interessate. Ad oggi sono stati adottati CAM per le seguenti categorie di forniture ed affidamenti: arredi per interni; arredo urbano; ausili per l’incontinenza; calzature da lavoro e accessori in pelle; carta; cartucce di inchiostro; nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici; acquisizione di sorgenti luminose e servizio di illuminazione pubblica; illuminazione, riscaldamento/raffrescamento per edifici; pulizia per edifici; gestione dei rifiuti urbani; ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari; sanificazione per le strutture sanitarie; stampanti; forniture di prodotti tessili; acquisizione dei veicoli adibiti al trasporto su strada; gestione del verde pubblico. Alcuni Criteri Ambientali Minimi sono inoltre in corso di revisione o di nuova adozione; fra questi ultimi, in particolare, si segnalano i CAM riferiti ai servizi di progettazione e ai lavori per la nuova costruzione e la manutenzione di strade, nonché i CAM relativi al servizio di trasporto pubblico. Struttura di base dei CAM. Indipendentemente dalle particolarità di ciascun decreto ministeriale, i Criteri Ambientali Minimi presentano una struttura di base simile e sono definiti per alcune o per tutte le fasi di definizione della procedura di gara. In tal senso, i CAM prevedono sia criteri di selezione dei candidati, ovvero requisiti di qualificazione soggettiva che devono essere necessariamente posseduti dagli operatori economici per partecipare alle procedure di gara (atti a provare la capacità tecnica del concorrente ad eseguire l’appalto recando i minori danni possibili all’ambiente) sia specifiche tecniche, ossia le caratteristiche di base richieste per lavori, servizi o forniture (ad esempio, l’obbligo che i progetti di nuovi edifici mantengano i profili morfologici esistenti). Possono inoltre essere previsti criteri premianti, ovvero requisiti volti a selezionare lavori/prodotti/servizi con prestazioni ambientali migliori di quelle garantite dalle specifiche tecniche, ai quali attribuire un punteggio tecnico ai fini dell’aggiudicazione secondo l’offerta al miglior rapporto qualità-prezzo (ad esempio, può essere premiato l’operatore che sia dotato di una struttura di progettazione con almeno un professionista accreditato dagli organismi di certificazione energetico-ambientale). Peraltro, nell’esercizio della sua discrezionalità amministrativa, la stazione appaltante potrebbe valorizzare tutti o solo alcuni dei criteri premianti indicati nel decreto ministeriale, ovvero prevederne di ulteriori in base alla specificità di ciascuna procedura di gara (ad esempio, potrebbe valorizzare l’utilizzo di materiali locali nella costruzione di un edificio, in armonia con il contesto storico-edilizio in cui tale edificio va ad integrarsi). Le clausole contrattuali forniscono poi indicazioni per dare esecuzione all’affidamento o alla fornitura nel modo migliore dal punto di vista ambientale. Il progetto predisposto dalla stazione appaltante deve dunque essere già elaborato nel rispetto dei CAM e i criteri premianti, eventualmente richiesti quali elementi di valutazione delle offerte, devono essere rapportati a tale progetto. Le specifiche tecniche di progetto (le quali possono essere documentate già in sede di gara, a seconda di quanto richiesto dalla stazione appaltante, tramite autocertificazione, allegazione di certificazione o risultati di prove, presentazione di campioni, etc.), nonché le eventuali migliorie offerte dal concorrente dovranno, ben inteso, poi essere concretamente applicate nell’esecuzione dell’appalto. Da qui l’importanza di un attento controllo (invero non semplice) da parte della stazione appaltante, sia in fase di aggiudicazione che in fase esecutiva, imponendo – in caso di violazione delle specifiche tecniche progettuali o di non applicazione delle migliorie offerte in sede di gara – la sostituzione del servizio/bene, applicando penali o (in casi estremi) risolvendo il contratto. Ostacolo per le piccole e medie imprese. Nel prevedere criteri ambientali molto “spinti”, è stato sollevato da più parti che i CAM rappresenterebbero un ostacolo alla partecipazione alle procedure di gara da parte delle micro e piccole imprese. Tale ostacolo, in particolare, si manifesterebbe in relazione al settore dell’edilizia con riguardo ai Criteri Ambientali Minimi adottati con DM MATTM dell’11 ottobre 2017 (“Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici”). Proprio per tale motivo, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha elaborato uno schema di linee guida, in consultazione fino al 29 novembre scorso, con l’obiettivo di contemperare il principio del favor partecipationis, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese, con il principio della tutela ambientale. Anzitutto, tale schema precisa quali punti del DM dell’11 ottobre 2017 sono obbligatori e quali facoltativi. Chiarisce inoltre che la stazione appaltante non è obbligata a utilizzare solo i materiali, le lavorazioni o le componenti indicati nel DM dell’11 ottobre 2017, ma può fare ricorso sia a materiali e componenti con prestazioni ambientali superiori a quelle dei CAM, sia ad altri materiali e componenti non indicati nel decreto ministeriale. L’aspetto, però, forse più importante è la precisazione che le specifiche tecniche di progetto e gli eventuali criteri premianti dovrebbero essere, per così dire, soppesati e ragionevoli, non dovendosi chiedere gli operatori “l’impossibile”. In tal senso, compito della stazione appaltante è effettuare un’attenta analisi di mercato, con l’obiettivo di verificare la disponibilità dei materiali con le caratteristiche richieste e la distanza dal cantiere degli impianti di produzione di tali materiali. Siffatta analisi può essere utilizzata anche nella definizione dei criteri premianti. Inoltre, altro elemento di grande rilievo, strettamente collegato alla sentenza del Consiglio di Stato citata in premessa, è il riconoscimento che i CAM hanno un costo, il quale deve essere tenuto in debita considerazione nella definizione della base d’asta. È infatti “… opportuno che i prezzi delle lavorazioni inseriti nel computo metrico siano determinati tenendo conto della specifica richiesta dei criteri medesimi. Ciò può essere realizzato o utilizzando prezziari regionali aggiornati con voci di prezzo inerenti l’applicazione degli stessi o, in assenza di un prezzario regionale adeguato nel senso sopra indicato, mediante l’elaborazione di prezzi ad hoc sulla base anche di analisi comparative con altri prezzari”. Obbligatorietà dei CAM. Se, come da ultimo precisato anche dall’ANAC in relazione al settore dell’edilizia, i Criteri Ambientali Minimi dovrebbero essere applicati (sia in sede progettuale sia nella definizione degli eventuali criteri premianti) in modo ragionevole e secondo un’attenta analisi che coinvolga il mercato di riferimento, resta fermo che i CAM sono obbligatori. Orbene, di fronte a percentuali di applicazione dei CAM ancora molto basse (al Nord e al Sud Italia dichiarano di non applicarli mai rispettivamente il 61,4% e il 50,9% delle Amministrazioni comunali [3]), occorre interrogarsi sulla legittimità di bandi di gara che non tengono in considerazione i Criteri Ambientali Minimi di riferimento. In generale e in estrema sintesi, per ricorrere davanti al giudice amministrativo, non assume rilevanza la sola esigenza che l’Amministrazione adotti atti legittimi, ma occorre che il ricorrente dimostri di trovarsi in una situazione di “interesse legittimo”, leso dall’azione amministrativa, specifico e differenziato rispetto alla generalità dei cittadini. Ebbene, siccome l’art. 34 del d.lgs. 50/2016 e i CAM sono posti a tutela dell’ambiente, si potrebbero (almeno in astratto) ipotizzare azioni legali da parte di associazioni ambientaliste o altri portatori di interessi diffusi. A livello di singolo operatore economico, poi, la questione potrebbe essere risolta applicando per analogia la giurisprudenza formatasi in merito alla contestazione per mancata applicazione del criterio qualità/prezzo quale criterio di aggiudicazione. Al riguardo, si deve ormai ritenere che l’operatore del settore che non ha presentato domanda di partecipazione ad una gara non è legittimato a contestare le clausole (ancorché palesemente illegittime) del relativo bando che non rivestano nei suoi confronti portata immediatamente escludente, tali da precudergli con certezza la possibilità di partecipazione. Proprio su questo specifico tema, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4 del 26 aprile 2018 [5], ha infatti stabilito che “le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura”. Ne risulta pertanto che le clausole di un bando di gara che si pongono in contrasto o non applicano i CAM potrebbero essere impugnate solo unitamente al provvedimento di aggiudicazione ad un altro concorrente, laddove per effetto della loro applicazione sia stato concretamente leso l’interesse legittimo dell’operatore ricorrente. Ancora sui costi dei CAM. Se, come visto, i CAM sono obbligatori e richiedono agli operatori economici notevoli sforzi di adeguamento ed investimenti, le stazioni appaltanti – nel definire la base d’asta per l’acquisto di un lavoro, di un servizio o di una fornitura – devono considerare anche i costi legati all’applicazione dei CAM. In tal senso, con la sentenza n. 8088 del 27 novembre scorso, citata in premessa, il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima la previsione, come prezzo a base d’asta, di un importo uguale a quello della identica gara bandita alcuni anni prima, anteriormente all’adozione dei CAM di riferimento. Ciò, appunto, in quanto l’adeguamento ai Criteri Ambientali Minimi comporta un costo per gli operatori economici, costo che deve essere adeguatamente remunerato, anche nella prospettiva dei concorrenti i quali devono poter coprire i costi del lavoro/servizio/fornitura oggetto dell’appalto e conseguire un utile dalla propria attività di impresa. Né, come ulteriormente precisato dal Consiglio di Stato, l’Amministrazione può giustificarsi adducendo difficoltà nella quantificazione del costo del servizio a causa della mancanza di parametri di riferimento. Ecco allora che, per limitarsi all’ambito dei lavori, la mancata o insufficiente implementazione, nel sistema regionale dei prezziari, degli oneri derivanti dall’applicazione dei CAM può risultare un notevole problema (su cui comunque le stazioni appaltanti non possono far leva per “autogiustificarsi”), al quale dovrebbe essere data al più presto soluzione. Piacenza, 19 febbraio 2020 [1] Sentenza disponibile in www.giustizia-amministrativa.it [2] L’estensione dei CAM anche ai contratti sottosoglia si ricava, oltre che direttamente dall’art. 34, comma 3 del d.lgs. 50/2016, anche dall’art. 36, comma 1 del medesimo d.lgs. 50/2016 il quale dispone che “l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42…”. [3] Criteri ambientali minimi, vengono applicati?, I numeri del Green Public Procurement in Italia, in www.tuttoambiente.it [4] Sentenza disponibile in www.giustizia-amministrativa.it
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I Criteri Ambientali Minimi nelle procedure di gara pubbliche
di Rosa Bertuzzi, Andrea Tedaldi
Il costo dei CAM per gli operatori economici e le stazioni appaltanti
I criteri ambientali minimi (cd. CAM) hanno un costo che, al momento della progettazione di una procedura ad evidenza pubblica, deve essere debitamente considerato dalla stazione appaltante nella determinazione dell’importo a base di gara.
È questo, in estrema sintesi, il principio che può ricavarsi dalla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 8088 del 27 novembre scorso [1]. Un principio tanto semplice quanto importante, che offre l’occasione per affrontare un tema, quello dell’applicazione del criteri ambientali minimi negli appalti banditi dalle Pubbliche Amministrazioni, di estrema attualità e di notevole interesse per gli operatori economici. I CAM, che – come si vedrà – hanno natura obbligatoria nei settori per i quali sono adottati, rappresentano infatti un’importante leva per l’“adeguamento verde” degli operatori economici che contrattano (o abbiano intenzione di contrattare) con le Pubbliche Amministrazioni, imponendo e valorizzando offerte che riducano gli impatti ambientali.
Riferimenti normativi ed inquadramento generale. La norma di riferimento fondamentale in materia di CAM è l’art. 34 del d.lgs. 50/2016 (cd. Codice dei Contratti Pubblici).
Ai sensi di tale disposizione “le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi… attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare [cd. MATTM]…”.
Inoltre, “i criteri ambientali minimi definiti… [con decreto del MATTM], in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6”. Sempre l’art. 34 aggiunge poi che l’obbligo di attuazione dei CAM “si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”.
Il Codice dei Contratti Pubblici prevede dunque l’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Obbligo, questo, che si estende a tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo [2].
La stazione appaltante non ha dunque discrezionalità in merito all’applicazione o meno dei CAM, specialmente a seguito della modifica apportata dall’art. 23 del d.lgs. 56/2017 (primo correttivo al Codice dei Contratti Pubblici) che ha esteso l’obbligo all’intero del valore del contratto e per tutti i CAM in vigore, superando la versione iniziale del Codice che ne prevedeva un’applicazione graduata nel tempo e con percentuali diverse a seconda delle categorie merceologiche interessate.
Ad oggi sono stati adottati CAM per le seguenti categorie di forniture ed affidamenti: arredi per interni; arredo urbano; ausili per l’incontinenza; calzature da lavoro e accessori in pelle; carta; cartucce di inchiostro; nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici; acquisizione di sorgenti luminose e servizio di illuminazione pubblica; illuminazione, riscaldamento/raffrescamento per edifici; pulizia per edifici; gestione dei rifiuti urbani; ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari; sanificazione per le strutture sanitarie; stampanti; forniture di prodotti tessili; acquisizione dei veicoli adibiti al trasporto su strada; gestione del verde pubblico.
Alcuni Criteri Ambientali Minimi sono inoltre in corso di revisione o di nuova adozione; fra questi ultimi, in particolare, si segnalano i CAM riferiti ai servizi di progettazione e ai lavori per la nuova costruzione e la manutenzione di strade, nonché i CAM relativi al servizio di trasporto pubblico.
Struttura di base dei CAM. Indipendentemente dalle particolarità di ciascun decreto ministeriale, i Criteri Ambientali Minimi presentano una struttura di base simile e sono definiti per alcune o per tutte le fasi di definizione della procedura di gara.
In tal senso, i CAM prevedono sia criteri di selezione dei candidati, ovvero requisiti di qualificazione soggettiva che devono essere necessariamente posseduti dagli operatori economici per partecipare alle procedure di gara (atti a provare la capacità tecnica del concorrente ad eseguire l’appalto recando i minori danni possibili all’ambiente) sia specifiche tecniche, ossia le caratteristiche di base richieste per lavori, servizi o forniture (ad esempio, l’obbligo che i progetti di nuovi edifici mantengano i profili morfologici esistenti).
Possono inoltre essere previsti criteri premianti, ovvero requisiti volti a selezionare lavori/prodotti/servizi con prestazioni ambientali migliori di quelle garantite dalle specifiche tecniche, ai quali attribuire un punteggio tecnico ai fini dell’aggiudicazione secondo l’offerta al miglior rapporto qualità-prezzo (ad esempio, può essere premiato l’operatore che sia dotato di una struttura di progettazione con almeno un professionista accreditato dagli organismi di certificazione energetico-ambientale). Peraltro, nell’esercizio della sua discrezionalità amministrativa, la stazione appaltante potrebbe valorizzare tutti o solo alcuni dei criteri premianti indicati nel decreto ministeriale, ovvero prevederne di ulteriori in base alla specificità di ciascuna procedura di gara (ad esempio, potrebbe valorizzare l’utilizzo di materiali locali nella costruzione di un edificio, in armonia con il contesto storico-edilizio in cui tale edificio va ad integrarsi).
Le clausole contrattuali forniscono poi indicazioni per dare esecuzione all’affidamento o alla fornitura nel modo migliore dal punto di vista ambientale.
Il progetto predisposto dalla stazione appaltante deve dunque essere già elaborato nel rispetto dei CAM e i criteri premianti, eventualmente richiesti quali elementi di valutazione delle offerte, devono essere rapportati a tale progetto.
Le specifiche tecniche di progetto (le quali possono essere documentate già in sede di gara, a seconda di quanto richiesto dalla stazione appaltante, tramite autocertificazione, allegazione di certificazione o risultati di prove, presentazione di campioni, etc.), nonché le eventuali migliorie offerte dal concorrente dovranno, ben inteso, poi essere concretamente applicate nell’esecuzione dell’appalto. Da qui l’importanza di un attento controllo (invero non semplice) da parte della stazione appaltante, sia in fase di aggiudicazione che in fase esecutiva, imponendo – in caso di violazione delle specifiche tecniche progettuali o di non applicazione delle migliorie offerte in sede di gara – la sostituzione del servizio/bene, applicando penali o (in casi estremi) risolvendo il contratto.
Ostacolo per le piccole e medie imprese. Nel prevedere criteri ambientali molto “spinti”, è stato sollevato da più parti che i CAM rappresenterebbero un ostacolo alla partecipazione alle procedure di gara da parte delle micro e piccole imprese. Tale ostacolo, in particolare, si manifesterebbe in relazione al settore dell’edilizia con riguardo ai Criteri Ambientali Minimi adottati con DM MATTM dell’11 ottobre 2017 (“Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici”).
Proprio per tale motivo, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha elaborato uno schema di linee guida, in consultazione fino al 29 novembre scorso, con l’obiettivo di contemperare il principio del favor partecipationis, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese, con il principio della tutela ambientale.
Anzitutto, tale schema precisa quali punti del DM dell’11 ottobre 2017 sono obbligatori e quali facoltativi. Chiarisce inoltre che la stazione appaltante non è obbligata a utilizzare solo i materiali, le lavorazioni o le componenti indicati nel DM dell’11 ottobre 2017, ma può fare ricorso sia a materiali e componenti con prestazioni ambientali superiori a quelle dei CAM, sia ad altri materiali e componenti non indicati nel decreto ministeriale.
L’aspetto, però, forse più importante è la precisazione che le specifiche tecniche di progetto e gli eventuali criteri premianti dovrebbero essere, per così dire, soppesati e ragionevoli, non dovendosi chiedere gli operatori “l’impossibile”.
In tal senso, compito della stazione appaltante è effettuare un’attenta analisi di mercato, con l’obiettivo di verificare la disponibilità dei materiali con le caratteristiche richieste e la distanza dal cantiere degli impianti di produzione di tali materiali. Siffatta analisi può essere utilizzata anche nella definizione dei criteri premianti.
Inoltre, altro elemento di grande rilievo, strettamente collegato alla sentenza del Consiglio di Stato citata in premessa, è il riconoscimento che i CAM hanno un costo, il quale deve essere tenuto in debita considerazione nella definizione della base d’asta.
È infatti “… opportuno che i prezzi delle lavorazioni inseriti nel computo metrico siano determinati tenendo conto della specifica richiesta dei criteri medesimi. Ciò può essere realizzato o utilizzando prezziari regionali aggiornati con voci di prezzo inerenti l’applicazione degli stessi o, in assenza di un prezzario regionale adeguato nel senso sopra indicato, mediante l’elaborazione di prezzi ad hoc sulla base anche di analisi comparative con altri prezzari”.
Obbligatorietà dei CAM. Se, come da ultimo precisato anche dall’ANAC in relazione al settore dell’edilizia, i Criteri Ambientali Minimi dovrebbero essere applicati (sia in sede progettuale sia nella definizione degli eventuali criteri premianti) in modo ragionevole e secondo un’attenta analisi che coinvolga il mercato di riferimento, resta fermo che i CAM sono obbligatori.
Orbene, di fronte a percentuali di applicazione dei CAM ancora molto basse (al Nord e al Sud Italia dichiarano di non applicarli mai rispettivamente il 61,4% e il 50,9% delle Amministrazioni comunali [3]), occorre interrogarsi sulla legittimità di bandi di gara che non tengono in considerazione i Criteri Ambientali Minimi di riferimento.
In generale e in estrema sintesi, per ricorrere davanti al giudice amministrativo, non assume rilevanza la sola esigenza che l’Amministrazione adotti atti legittimi, ma occorre che il ricorrente dimostri di trovarsi in una situazione di “interesse legittimo”, leso dall’azione amministrativa, specifico e differenziato rispetto alla generalità dei cittadini.
Ebbene, siccome l’art. 34 del d.lgs. 50/2016 e i CAM sono posti a tutela dell’ambiente, si potrebbero (almeno in astratto) ipotizzare azioni legali da parte di associazioni ambientaliste o altri portatori di interessi diffusi.
A livello di singolo operatore economico, poi, la questione potrebbe essere risolta applicando per analogia la giurisprudenza formatasi in merito alla contestazione per mancata applicazione del criterio qualità/prezzo quale criterio di aggiudicazione. Al riguardo, si deve ormai ritenere che l’operatore del settore che non ha presentato domanda di partecipazione ad una gara non è legittimato a contestare le clausole (ancorché palesemente illegittime) del relativo bando che non rivestano nei suoi confronti portata immediatamente escludente, tali da precudergli con certezza la possibilità di partecipazione.
Proprio su questo specifico tema, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4 del 26 aprile 2018 [5], ha infatti stabilito che “le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura”.
Ne risulta pertanto che le clausole di un bando di gara che si pongono in contrasto o non applicano i CAM potrebbero essere impugnate solo unitamente al provvedimento di aggiudicazione ad un altro concorrente, laddove per effetto della loro applicazione sia stato concretamente leso l’interesse legittimo dell’operatore ricorrente.
Ancora sui costi dei CAM. Se, come visto, i CAM sono obbligatori e richiedono agli operatori economici notevoli sforzi di adeguamento ed investimenti, le stazioni appaltanti – nel definire la base d’asta per l’acquisto di un lavoro, di un servizio o di una fornitura – devono considerare anche i costi legati all’applicazione dei CAM.
In tal senso, con la sentenza n. 8088 del 27 novembre scorso, citata in premessa, il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima la previsione, come prezzo a base d’asta, di un importo uguale a quello della identica gara bandita alcuni anni prima, anteriormente all’adozione dei CAM di riferimento.
Ciò, appunto, in quanto l’adeguamento ai Criteri Ambientali Minimi comporta un costo per gli operatori economici, costo che deve essere adeguatamente remunerato, anche nella prospettiva dei concorrenti i quali devono poter coprire i costi del lavoro/servizio/fornitura oggetto dell’appalto e conseguire un utile dalla propria attività di impresa.
Né, come ulteriormente precisato dal Consiglio di Stato, l’Amministrazione può giustificarsi adducendo difficoltà nella quantificazione del costo del servizio a causa della mancanza di parametri di riferimento.
Ecco allora che, per limitarsi all’ambito dei lavori, la mancata o insufficiente implementazione, nel sistema regionale dei prezziari, degli oneri derivanti dall’applicazione dei CAM può risultare un notevole problema (su cui comunque le stazioni appaltanti non possono far leva per “autogiustificarsi”), al quale dovrebbe essere data al più presto soluzione.
Piacenza, 19 febbraio 2020
[1] Sentenza disponibile in www.giustizia-amministrativa.it
[2] L’estensione dei CAM anche ai contratti sottosoglia si ricava, oltre che direttamente dall’art. 34, comma 3 del d.lgs. 50/2016, anche dall’art. 36, comma 1 del medesimo d.lgs. 50/2016 il quale dispone che “l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42…”.
[3] Criteri ambientali minimi, vengono applicati?, I numeri del Green Public Procurement in Italia, in www.tuttoambiente.it
[4] Sentenza disponibile in www.giustizia-amministrativa.it
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