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CSS-C/ EoW – limiti all’utilizzo dei combustibili alternativi

di Maurizio Sante Minichilli

Categoria: Rifiuti

L’individuazione delle risorse occorrenti a ridefinire la mappa del fabbisogno energetico nazionale, per allentare i perniciosi effetti della dipendenza estera (sopratutto legati all’importazione di gas), deve accettare una indispensabile (ed immediata) rivisitazione dei criteri con i quali attualmente vengono classificati i combustibili alternativi, la cui estromissione dal perimetro vincolistico della disciplina in materia di rifiuti, è stata nel corso degli anni fortemente limitata dal contesto normativo di riferimento, ed osteggiata dal regime vincolistico frapposto dagli Enti Locali in fase autorizzativa. Ripercorriamo insieme gli aspetti salienti della disciplina.

 

La Direttiva UE nr. 2008/98 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008, all’art. 6 c. 1, ha dettato i requisiti sulla base del quale un rifiuto diventa materia dopo essere stato sottoposto ad operazioni di recupero, incluso il riciclaggio (utilizzo per scopi specifici, mercato e domanda della sostanza, possesso requisiti tecnici e standards specifici, assenza di impatti negativi sull’ambiente e la salute umana). Esimendosi dal fissare criteri uniformi a livello comunitario, il legislatore comunitario ha demandato agli stati membri (art. 6/comma 4) la normazione applicativa dell’End of Waste.

 

Il D.Lgs. 205 del 3.12.2020 – aggiornato in ultimo dall’art. 34 c. 1 lett.ra a) della L. 108/2021 – ha recepito detta direttiva UE introducendo l’art. 184-ter e delegando il Ministero competente ad adottare uno o più decreti per la definizione dei criteri per la cessazione della qualifica del rifiuto, ivi inclusi i valori limiti delle sostanze inquinanti e tutti i possibili effetti negativi (da prevenire) sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto, una volta fuoriuscito dal perimetro della normativa ex D.Lgs. 152/2006.

 

Lo stesso decreto ha riscritto l’art. 183 D.Lgs. 152/2006 aggiornando la formulazione del CSS al comma 1 lett.ra cc): combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche
UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, e’ classificato come rifiuto speciale.”

 

Il Ministero dell’Ambiente, dando esecuzione al dettato normativo ex art. 184-ter TUA, ha adottato un primo regolamento contenente la disciplina per la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di C.S.S. (D.M. 14.02.2013 nr. 22) stabilendone le condizioni di utilizzo per gli impianti di cui all’art. 3/comma 1 lett.re b) – cementifici con capacità superiore a 500 ton/g di clinker – e c) – centrali termo-elettriche con potenza di combustione superiore a 50 MW -, seguito dal D.M. 20.03.2013 il quale ha modificato l’allegato X della parte Quinta D.Lgs. 152/2006 (Tutela aria e riduzione emissioni), prevedendo l’utilizzo di detto materiale con i limiti e le prescrizioni di cui al predetto DM 22/2013.

 

Detto decreto individua, in linea generale, in assenza di una disciplina comunitaria applicabile, i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, affiancato nella successiva evoluzione normativa dalla possibilità di procedere “caso per caso” in sede di autorizzazione, a definire i criteri dettagliati del processo di recupero (ex art. 184-ter c. 3 D.Lgs. 152/2006 come modificato dall’art. 14-bis c. 9 D.L. 101/2019 con in L. 128/2019) ovvero:

  1. materiali in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
  2. processi e tecniche di trattamento consentiti;
  3. criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotti applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
  4. requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuti, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
  5. requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

 

Per la produzione di CSS-C sono utilizzabili solamente i rifiuti urbani e speciali non pericolosi, con esclusione di quelli riportati nell’allegato 2 DM 22/2013 ritenuti idonei per la preparazione al riutilizzo o riciclaggio (ad es. oli usati, solventi organici, vetro, materiali da costruzioni, metalli ecc..), fermo restando la necessità di ottemperare, anche in relazione ai rifiuti in astratto ammissibili, al principio di gerarchia dei rifiuti.

 

Deve tenersi presente, in proposito, che il processo di produzione del CSS-C e, più in generale, del Combustibile Solido Secondario è sinergico alla raccolta differenziata dei rifiuti in quanto è prodotto con materiale non riciclabile il quale, altrimenti, verrebbe smaltito tramite conferimento in discarica (D1) o in termovalorizzazione (R1-D10).

La qualifica di CSS-C viene attestata dal produttore:

  • previa verifica delle prescrizioni di cui al DM 22/2013 ex art. 5 (impianto autorizzato in procedura ordinaria dotato di certificazione ambientale, ex UNI 15359 ovvero reg. EMAS), art. 6 (rifiuti urbani e NP esclusi quelli di cui all’all. 2), art. 7 (processo e tecnica di produzione di cui all’allegato 3 rif. UNI EN 15359) e 9 (adozione sistema di qualità certificato);
  • rispondenza alle caratteristiche di classificazione sulla base dei parametri (PC, Cl e Hg) e delle classi 1,2 e 3 con relative combinazioni elencate nella tabella 1 dell’Allegato 1.

 

Ciò in quanto la norma UNI EN 15359:2011 (oggi sostituita dalla UNI EN ISO 21640:2021) individua, a livello europeo, la classificazione del CSS sulla base dei valori limite assunti dai tre rilevanti parametri del combustibile, considerati strategici dal punto di vista ambientale, tecnologico e prestazionale/economico:

– valore medio del Potere calorifico inferiore – PCI (parametro commerciale)

– valore medio del contenuto di cloro (parametro di processo)

– valore della mediana e dell’80° percentile del contenuto di mercurio (parametro ambientale).

A seconda dei valori assunti, tali parametri ricadono in una delle classi, che vanno da 1 a 5, individuate dalla norma tecnica. La combinazione dei numeri delle classi dei tre parametri definisce il “codice classe” del CSS, che deve essere incluso nella specifica del combustibile.

 

Partendo quindi dalle suddette caratteristiche di classificazione e di specificazione proprie della UNI EN 15359, il DM 22/2013 ha stabilito i requisiti minimi affinché un CSS cessi la qualifica di rifiuto, introducendo stringenti limiti di classificazione e specificazione per il CSS-combustibile, a maggior salvaguardia ambientale rispetto a tutte le tipologie contemplate dalla norma tecnica.

Ad ogni buon conto, anche nella circostanza in cui l’End of Waste dovesse essere caratterizzato dalle non ottimali caratteristiche prestazionali richieste, il CSS-C, in sede di utilizzo è comunque soggetto alle medesime restrizioni normative previste per il co-incenerimento di un rifiuto qualsiasi ed in tal senso l’art. 13 del DM 22/2013 dispone che l’utilizzatore, ferme restando le più restrittive prescrizioni AIA, è soggetto alle pertinenti disposizioni del D.Lgs. 11.05.2005 n. 133, applicabili al co-incenerimento.

Pur con i vincoli stringenti della succitata normativa, il TAR Lazio (Sent. nr. 4226/2017) ha trovato modo di accogliere parzialmente il ricorso dell’immancabile associazione ambientalista, con riguardo alla declaratoria di nullità dell’art. 8 c. 6 D.M. 22/2013 (L’eventuale non conformità del lotto in relazione alle caratteristiche di specificazione di cui all’allegato 1 tabella 2, lascia impregiudicati gli effetti giuridici delle dichiarazioni di conformità emesse in relazione ai sottolotti di cui è costituito il predetto lotto). Il Giudice Amministrativo ha stigmatizzato (bontà sua) l’irragionevolezza di tale norma derivante dalla constatazione che ogni singolo lotto non può essere classificato diversamente dai sottolotti che lo compongono, e la conseguente contrarietà di tale assunto al principio di precauzione, disciplina vincolante in materia di tutela dell’ambiente e della salute tanto più in caso di trattamento e trasformazione di rifiuti.

 

E’ dovuto intervenire Palazzo Spada (C.d.S. Sent. 26.07.2021 n. 5535) per riformare il giudizio del TAR LAZIO rammentandogli quale sia l’attuale perimetro, per consolidata giurisprudenza interna ed europea, in cui si esplica il principio di precauzione che “non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fin a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata; la situazione di pericolo deve essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e deve incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo; sotto tale angolazione il principio di precauzione non consente ex se di attribuire ad un organo pubblico un potere di interdizione di un certo progetto o misura; in ogni caso il principio di precauzione affida alle autorità competenti il compito di prevenire il verificarsi o il ripetersi di danni ambientali, ma lascia alle stesse ampi margini di discrezionalità in ordine all’individuazione delle misure ritenute più efficaci, economiche ed efficienti in relazione a tutte le circostanze del caso concreto “ (C.d.S. Sez. IV sent. 3597 del 7.05.2021).

Nel caso di specie i valori limiti della Tab. 2 all. 1 DM 22/2013, espressi come media/mediana dei singoli parametri, sono riportati quale ulteriore precauzione per l’EoW, dal momento che la norma tecnica UNI EN 15359 non prevede tali limiti disponendo solo che le concentrazioni di metalli e semi-metalli vengano indicati in sede di fornitura. Trattandosi di parametri merceologici, senza alcun impatto sull’ambiente, la modulazione dei controlli disciplinati dai commi 5 e 6 dell’art. 8 risulta essere conforme al principio di proporzionalità.

Del resto, volendo seguire l’assunto del TAR Lazio, considerati i tempi necessari per effettuare le analisi relative alla tabella 2 dell’allegato 1, la non concessione della qualifica di EoW al CSS-C prodotto in mancanza degli esiti delle predette analisi, comporterebbe evidenti problematiche di sovrastoccaggio e movimentazione su quantitativi ingenti in attesa di verifiche.

 

Ragion per cui nell’impostazione del DM 22/2013, la dichiarazione di conformità ai fini della qualifica come CSS-C, presupponendo tutte le altre condizioni di cautela e di garanzia ambientale previste dal regolamento (cfr. art. 8 c. 1 lett.ra a), è emessa sulla base dei requisiti di classificazione, che incidono sulla qualificazione del prodotto finale, tenendo conto dei tre parametri ritenuti essenziali dal punto di vista commerciale di processo ed ambientale. Tali caratteristiche debbono essere necessariamente verificate su ogni sottolotto di produzione giornaliera. Quelle di specificazione (All. 1 tab. 2) vanno verificate solo su ogni sottolotto solamente nella fase iniziale di messa a regime dell’impianto e, successivamente, su base di un lotto di produzione di dimensione non superiore a 1.500 ton.

Il Comitato di Vigilanza e Controllo c/o il MITE (istituito ai sensi dell’art. 15 DM 22/2013 per il monitoraggio nella produzione ed utilizzazione del CSS-C), nell’illustrare le attività svolte negli anni 2019-2020 (relaz. 25.02.2021) sottopone una raffigurazione, tutt’altro che lusinghiera, degli attuali impieghi presso i cementifici nazionali (le centrali elettriche non pervenute), con un quantitativo complessivo nell’anno 2020 di 26.882 ton. (il cui 96% nelle 3 centrali Italcementi di Matera, Buzzi di Vernasca ed Italsacci di Cagnano Amiterno) su un totale di 130.000 t. autorizzate. Nulla a che vedere con gli inarrivabili livelli dei ns. partner europei, in primis la Germania, la cui produzione di RDF (il ns. equivalente di CSS) è stata di 8,7 mln/ton. (4,1 mln/t da urbani e 4,6 mln/ton. rifiuti speciali) di cui:

  • 5,4 mln/ton. avviata ad incenerimento (termovalorizzazione e recupero energetico),
  • 3,3 mln/ton. di RDF di cui 0,5 mln/ton. di SBS (il ns. CSS-C) destinati per il 67% nei cementifici ed il restante 33% in sostituzione del carbone per la produzione di energia elettrica (International Energy Agency – Bioenergy – Task 36:2020:01)

 

A detta dello stesso Comitato, l’utilizzo dei combustibili alternativi contenenti biomassa è il principale mezzo a disposizione dell’industria del cemento per abbattere le proprie emissioni di CO2, con un risparmio quantificato in 150.000 TEP annui. Ad oggi la media performante di emissione CO2i a livello europeo è stato definito in misura pari a 693 kgCO2/t clinker per il periodo 2021-2025, quando per gli impianti italiani si attesta ad 845 kgCO2/t, proprio a causa dell’insufficiente sostituzione del carbon coke con il CSS-C.

Il Comitato nell’evidenziare le criticità riguardo il ritardato/limitato utilizzo di CSS nei cementifici (dichiarazione di conformità su sottolotti di produzione giornaliera ed ostacolo delle autorità preposte ad esperire il VIA in quanto modifica sostanziale) propone le seguenti modifiche:

  1. aggiornamento della definizione di lotto e sottolotto di cui all’art. 3 c. 1 lett. f) ed h) richiamati ai successivi artt. 7 ed 8 del DM 22/2013, mediante una loro unificazione ed inglobamento nella dichiarazione di conformità con i risultati sulle caratteristiche di specificazione;
  2. aggiornamento normativa la quale, non considerando l’impiego di CSS-C in sostituzione del combustibile fossile una variante sostanziale, ne disponga la non assoggettabilità a VIA.

 

V’è da dire che Regione Lombardia, con la D.G.R. nr. 4344 del 22.02.2021 (forte di una mozione di indirizzo del C.R. nr. 1388 del 22.09.2020), ha precorso i tempi approvando un atto di indirizzo in merito alla classificazione degli interventi di modifica connessi all’utilizzo del C.S.S. di cui al D.M. 22/2021 negli impianti di produzione cemento. In buona sostanza il provvedimento (che in realtà deve considerarsi a tutti gli effetti una norma regionale in tema di autorizzazione per l’esercizio di attività gestione rifiuti) stabilisce che non debbano ritenersi variante sostanziale, e quindi soggetta alla comunicazione ex art. 29-nonies comma 1 D.Lgs. 152/2006, tutti quegli interventi i quali non implicano un incremento della capacità produttiva degli impianti di produzione cemento, ma esclusivamente l’utilizzo o l’incremento di CSS in luogo di altro prodotto per la combustione, riconducibile al paragr. 4.2. lett. e) dell’allegato 1 D.G.R. 4268/2021 (modifica o sostituzione di apparecchiature/materie prime che non comporti aumento di potenzialità o modifica delle attività autorizzate ma che comunque un effetto sull’ambiente).

Sotto il profilo squisitamente tecnico, faccio rilevare che la sostituzione di un combustibile alternativo a quello tradizionale o di altra matrice, potrebbe comportare una prevedibile modifica del quadro di emissivo.

 

L’intento sarebbe anche meritevole di considerazione, ma lo strumento adottato è a dir poco improprio, considerando che così facendo la Regione Lombardia (e le altre che forse lo seguiranno) vanno ad occupare un perimetro di legislazione nazionale ambientale sul quale lo Stato ha competenza in via esclusiva, con inevitabili ed ormai usuali ricorsi del Governo alla Consulta.

Nel rassegnare le conclusioni non posso esimermi da formulare una serie di riflessioni:

  • le tiepide modifiche indicate dal comitato CSS c/o il MITE non andranno a spiegare quegli effetti di incremento auspicati in quanto l’impianto normativo rimane stringente, sopratutto per quanto concerne le specifiche tecniche previste per la produzione di CSS-C, in primis la norma tecnica UNI 15359:2011 oggi sostituita dalla UNI EN ISO 21640:2021. Basti pensare alla difficoltà di poter condividere un protocollo di campionamento ed analisi della massa rappresentativa del lotto caratterizzato (sopratutto in contraddittorio tra produttore, organi di controllo e non di rado autorità giudiziaria);
  • per semplificare l’EoW, sarebbe necessario agire sull’unico tema che il DM 22/2013 avrebbe dovuto dirimere, ovvero quello delle emissioni in atmosfera, specificando quali sono i limiti del Q.R.E., e le migliori tecnologie possibili (Best Available Technologies) per conseguire i risultati di salubrità e protezione dell’ambiente. Quello che avviene nel processo sottostante (fermo restando i parametri assegnati), risulta secondario allorquando non vengano peggiorati i livelli emissivi, rispetto alle attività in essere ed ai combustibili fossili già impiegati;
  • se vogliamo che l’energia rappresenti, oggi come mai, una questione di sicurezza nazionale, dobbiamo ritenere assoggettabile a piena e riserva di legge (con buona pace degli slanci ideologici ambientalisti di regioni ed enti locali), tutte le questioni attinenti alle fonti di approvvigionamento, ivi inclusi i combustibili alternativi. In conseguenza dovrà esserci un’unica disciplina nazionale che spieghi degli effetti cogenti (anche in termini di VIA e/o modifiche sostanziali) riguardo la produzione ed utilizzazione di combustibili alternativi;
  • le centrali di produzione energia elettrica con impiego di fonti fossili, sono il grande assente di questa partita (se si esclude l’esperienza isolata della centrale elettrica Enel in Fusina – Ecoprogetto gruppo Veritas) nonostante possano (e debbano) giocare un ruolo primario nella riconversione e riqualificazione di quegli impianti compatibili, le cui linee di combustione e trattamento termico, necessitano sostanzialmente di veder potenziate le proprie linee di trattamento ed abbattimento fumi post combustione;
  • nei paesi dell’UE, specialmente quelli a maggiore dipendenza con il gas russo, è già partita la corsa alla riconversione delle proprie centrali elettriche, a cui farà seguito (permanendo la ns. inerzia) una inevitabile accentuazione dei flussi migratori transfrontalieri di CSS, a tariffe già oggi competitive rispetto agli attuali costi interni di smaltimento/recupero energetico.

 

Attendiamo (senza troppe illusioni) segnali da parte del Governo e del Ministero dell’Ambiente di una drastica (se non ora quando ?) e coraggiosa inversione di tendenza.

 

Piacenza, 7 aprile 2022

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