Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
La disciplina dei fanghi da depurazione si appresta a subire una consistente revisione ad opera della II bozza di decreto che, se e quando sarà approvata, sostituirà il D.L.vo 99/92 e l’art. 41 del D.L. 109/18 (conv. in L. 130/18 – Decreto Ponte Morandi). È noto e condiviso a tutti i livelli, infatti, che il D.L.vo 99/92 deve essere aggiornato, adeguandolo al progresso delle conoscenze scientifiche.
Il presupposto giuridico di questo intervento normativo è da ricercarsi nella Legge di Delegazione Europea 2018. Infatti, nonostante il c.d. “Pacchetto Circular Economy” non comprendesse la revisione della normativa in materia di fanghi, con l’art. 15 della L. 117/19 il Governo è stato delegato “adottare una nuova disciplina organica in materia di utilizzazione dei fanghi, anche modificando la disciplina stabilita dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi di conferimento in discarica …”.
Si rammenta che il termine di recepimento delle Direttive dedicate alla Circular Economy è previsto per il 5 luglio 2020.
Dopo la I bozza in circolazione a giugno 2019, la nuova versione datata dicembre 2019 è stata sostanzialmente rivista, a partire dalle premesse.
Punti fermi di partenza sono i seguenti:
la maggior parte dei fanghi di depurazione delle acque reflue è costituita da rifiuti riciclabili;
i fanghi con le migliori caratteristiche qualitative vanno prioritariamente destinati all’utilizzo agricolo;
il recupero e il riciclo di risorse dai fanghi di depurazione delle acque reflue va incentivato;
il collocamento in discarica deve essere considerato come un’opzione residuale.
Innanzitutto si chiarisce un discusso concetto: le concentrazioni soglia di contaminazione di cui al D.M. 1 marzo 2019, n. 46 relative ai suoli agricoli, e quelle della Tab. 1, dell’All. 5 alla Parte IV del D.L.vo 152/06, relative ai suoli destinati al verde pubblico, non sono applicabili direttamentealle matrici che vengono addizionate al terreno quali ad esempio fanghi di depurazione delle acque reflue o ammendanti e correttivi e altre tipologie di fertilizzanti da rifiuti. Queste, tutt’al più, possono essere utilizzate esclusivamente per valutare la qualità dei terreni anche al fine di verificare che l’utilizzo delle predette matrici (fanghi, ammendanti, correttivi, etc …) non causi nei terreni stessi il superamento delle predette concentrazioni soglia.
In secondo luogo, ci si sofferma sulla spinosa questione degli idrocarburi: il metodo di analisi degli idrocarburi C10-C40, applicato ai fanghi di depurazione delle acque reflue e ad altre matrici organiche quali ammendanti e correttivi, non risulta essere in grado di distinguere gli idrocarburi di origine minerale da quelli costituiti da grassi animali e vegetali e, pertanto, il risultato delle analisi potrebbe essere sovrastimato. IRSA-CNR sta studiando l’applicazione del predetto metodo di analisi ai fanghi e sta mettendo a punto un nuovo metodo che consenta di valutare effettivamente la sola quota di idrocarburi di origine minerale, ma tale nuovo metodo non è ancora disponibile.
Venendo all’articolazione della bozza, si segnala che essa è composta da 26 articoli (suddivisi in sette titoli) e 12 allegati tecnici.
Il provvedimento, applicabile ai fanghi prodotti dalla depurazione e dal trattamento delle acque reflue (art. 2), disciplina il loro utilizzo in agricoltura e in operazioni di recupero di materia o di energia, nonché la cessazione della qualifica di rifiuti (end of waste – EOW, art. 184-ter del D.L.vo 152/06) dei fertilizzanti e dei composti a base di fosforo ottenuti dal trattamento dei suddetti fanghi (art. 1).
Fondamentale è la nuova nozione di fanghi, differente rispetto a quella contenuta nella I bozza:
“fanghi: i rifiuti trattati e non trattati derivanti:
dai processi di depurazione delle acque reflue urbane di cui all’articolo 74, comma 1, lett. i) nonché delle acque reflue assimilate di cui all’articolo 101 commi 7 e 7-bis e dei rifiuti di cui all’articolo 110 della parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
dai processi di depurazione delle acque reflue industriali di cui all’articolo 74, comma 1, lett. h) della parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
dalle fosse settiche e da altri dispositivi analoghi per il trattamento delle acque reflue domestiche di cui all’articolo 74, comma 1, lett. g) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
dai processi di co-digestione di fanghi di cui alla lettera i, ii, iii e di rifiuti organici da raccolta differenziata con codice 200108, ivi compreso l’effluente della sua spremitura, 200201, 200302 laddove l’apporto complessivo di rifiuti urbani sia inferiore al 50% su base secca del totale dell’input all’impianto”.
Quindi, più tipologie possono contribuire ad accedere alle nuove disposizioni: dai fanghi che derivano dalla depurazione delle acque reflue urbane, industriali, assimilate, fino ai rifiuti oggetto di trattamento presso gli impianti di depurazione (art. 110), ai fanghi delle fosse settiche ed altresì a quelli derivanti dai processi di co-digestione di fanghi precedentemente citati e dei rifiuti organici da raccolta differenziata alle condizioni sopra espresse.
Tra le altre definizioni, si segnala la scomparsa di quella relativa al “gesso di defecazione” e la duplicazione dell’originaria definizione di “produttore” (“colui che produce fanghi di cui alla lettera a) e gessi di defecazione da fanghi di cui alla lettera e) del presente decreto” – I bozza) in “produttore iniziale” (“il soggetto che produce fanghi di cui alla lettera a) del presente decreto”) e “nuovo produttore” (“il soggetto autorizzato che effettua operazioni di trattamento sui fanghi di cui alla lettera a)”.
Quindi, nonostante sia stata espunta la nozione e la disciplina dei gessi da defecazione dalla nuova bozza (e ciò potrebbe apparire come un’apertura alla sua produzione ed al suo utilizzo), a ben guardare l’articolato ne impedisce l’uso reale (si vedano in particolare gli artt. 14, c. 2, lett. c) e j); art. 16, c. 1, lett. a) e m), e c. 3).
La norma dedicata agli obblighi dei produttori è stata completamente riscritta (art. 4), per cui è difficile poter operare un confronto tra la versione della I e quella della II bozza.
Per quanto d’interesse ai presenti fini, si fa notare come l’impianto della norma ruoti attorno al concetto che l’attività prevista possa essere attuata “per quanto economicamente e tecnicamente fattibile e sostenibile”: considerazione non di poco conto, anche sul pianto probatorio, in quanto gli investimenti del gestori del Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) coinvolgono milioni di euro.
Ad ogni buon conto, l’art. 4 chiede che i produttori iniziali provvedano a:
– mettere in atto sistemi e tecnologie volti al miglioramento della qualità del fango prodotto;
– operare il controllo sugli scarichi effettuati nella rete fognaria, non concedendo il nulla osta allo scarico in fognatura di acque reflue industriali o da attività di servizi, qualora tali acque reflue contengano sostanze pericolose che possano pregiudicare l’utilizzo agricolo dei fanghi prodotti;
– ottimizzare e completare il complessivo processo di trattamento dei fanghi, ivi inclusi l’incenerimento e l’essiccamento, anche mediante trasferimento degli stessi tra impianti gestiti nell’ambito del medesimo S.I.I.;
– mettere in atto sistemi di recupero del fosforo integrati alla filiera di trattamento delle acque reflue o dei fanghi, nonché dalle ceneri derivanti dall’incenerimento dei fanghi (non destinati all’utilizzo su suolo).
Resta fermo l’utilizzo del formulario di cui all’art. 193 e del registro di carico e scarico di cui all’art. 190: con riferimento a quest’ultimo, si anticipa che il modello verrà modificato per consentire l’acquisizione di nuove informazioni (quantitativi di fango prodotti e quelli forniti per uso agricolo; composizione e caratteristiche dei fanghi; tipo di trattamento impiegato; nomi e indirizzi dei destinatari dei fanghi; il tenore di sostanza secca dei fanghi).
Dopo gli articoli dedicati al riparto di competenze a livello istituzionale (art. 5 Stato; art. 6 Regioni; art. 7 Province; art. 8 ISPRA), il Tit. II detta disposizioni in merito all’utilizzo del fosforo da recupero, con particolare riguardo alla cessazione della qualifica di rifiuto (EOW, art. 184-ter del D.L.vo 152/06) dei composti a base di fosforo sia ottenuti dal trattamento delle acque reflue o dei fanghi, sia estratti dalle ceneri dell’incenerimento dei fanghi. A parte le condizioni descritte dalla norma che devono essere tutte rispettate per beneficiare del regime di favore previsto, gli artt. 9 e 10 prevedono espressamente che “al fine di favorire il recupero di altri nutrienti e di promuovere l’economia circolare, le Regioni possono autorizzare caso per caso, nel rispetto di quanto disciplinato dall’articolo 184 ter del decreto 3 aprile 2006, n. 152, la cessazione della qualifica di rifiuto di altri nutrienti … nonchè di altre sostanze utili al mercato”.
In argomento, di grande interesse sono poi gli artt. 13 e 14, che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto – EOW – degli ammendanti e dei correttivi ottenuti dai fanghi.
Si tratta di due disposizioni nuove rispetto alla I bozza, perché in origine l’art. 13 era dedicato cessazione della qualifica di rifiuto dei fanghi e l’art. 14 alle disposizioni generali in materia di utilizzo agronomico dei fanghi e dei gessi di defecazione.
Anche in questi due casi, le norme prevedono una serie di condizioni che devono essere tutte oggetto di rigoroso rispetto al fine di beneficiare del regime favorevole ivi previsto.
Rappresenta un’ulteriore novità la disposizione che ammette l’utilizzo inagricoltura, silvicolturae nelle attività diripristino del paesaggio dei fanghi al fine di produrre un effetto concimante o ammendante o correttivo del terreno (art. 15), previo rispetto delle condizioni dettagliatamente descritte nel testo della norma. L’utilizzo agronomico dei fanghi costituisce un’operazione di recupero dei rifiuti ed è autorizzata come operazione R10 dell’All. C alla Parte IV del D.L.vo 152/06.
Strettamente connessa alla sopraccitata previsione è quella (art. 19) che ammette l’utilizzo di determinate tipologie di fanghi per la realizzazione dello strato superficiale di ripristino ambientale delle discariche chiuse e la realizzazione dello strato superficiale di ripristini ambientali e rimodellamento morfologico di aree escavate. La norma precisa che i fanghi non potranno essere utilizzati tout court, ma esclusivamente in miscela con il terreno vegetale, non più di una volta nello stesso sito e che la miscela dei fanghi con il terreno dovrà rispettare le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (C.S.C.) di cui al D.L.vo 152/06 per la specifica destinazione d’uso.
Rispetto alla I bozza hanno, poi, subìto alcune modifiche le norme recanti i divieti di utilizzo dei fanghi nei terreni (art. 16), l’autorizzazione e condizioni per l’utilizzo dei fanghi in attività agricole proprie o di terzi (art. 17), le competenze delle regioni (art. 18).
A fronte dell’eliminazione dell’originaria disposizione recante l’analisi preventiva dei terreni e dei fanghi e di quella dedicata al solo registro di carico e scarico, è stata riscritta nella II bozza la norma (art. 21) che individua altre forme di gestione finalizzate al recupero di quei fanghi che non possono essere utilizzati sul suolo, ma possono essere utilmente impiegati in altre operazioni di recupero, sempreché siano autorizzate dalle regioni ai sensi dell’art. 208 della Parte IV o ai sensi della Parte II del D.L.vo 152/06, come ad esempio produzione di biocarburanti e di biopolimeri, incenerimento e co-incenerimento, recupero di materia nell’industria delle costruzioni per la preparazione di malte, argilla espansa e altri materiali, nonché tecniche di trattamento come la pirolisi umida, la digestione anaerobica, etc …
In più punti della bozza (art. 13, c. 1, lett. l; art. 14, c. 1, lett. l; art. 15, c. 1, lett. f; art. 17, c. 5, lett. a; art. 19, c. 4), è previsto che “la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei fanghi avviene secondo i criteri riportati nell’allegato 6”: in maniera insolita, le previsioni inerenti la raccolta, il deposito temporaneo, lo stoccaggio ed il trasporto sono contenute non in una disposizione dell’articolato, bensì in un allegato.
In buona sostanza, l’All. 6 afferma che le operazioni di stoccaggio dei fanghi negli impianti di depurazione delle acque reflue che li hanno prodotti, nonché nei successivi impianti di trattamento sono autorizzate ai sensi della vigente normativa sui rifiuti di cui alla Parte IV del D.L.vo 152/06, ivi compreso il deposito temporaneo dei fanghi nel sito di produzione, che deve essere effettuato secondo le modalità di cui all’articolo 183, c. 1, lettera bb).
Le operazioni di raccolta e trasporto dei fanghi sono effettuate anch’ esse ai sensi della Parte IV, ad opera di ditte iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
La raccolta e il trasporto dovranno necessariamente rispettare le disposizioni di cui agli artt. 190 e 193 del D.L.vo 152/06.
Anche gli articoli concernenti il registro informatico di produzione e utilizzazione (art. 22), le sanzioni (art. 23), le disposizioni transitorie (art. 25) e persino le abrogazioni (art. 26) sono stati modificati.
Non si può non soffermarsi, seppur brevemente, sull’apparato sanzionatorio, in quanto contiene sia sanzioni amministrative, sia penali: l’utilizzo in agricoltura dei fanghi in violazione dei divieti previsti è sanzionato con l’arresto fino a 2 anni o l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro (contravvenzione oblazionabile), ma se si tratta di fanghi classificati come pericolosi allora si applica la pena dell’arresto fino a 3 anni. Similmente, lo stesso regime si applica a chi utilizza i fanghi per ripristini ambientali violando le disposizioni previste.
Tutte le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento dei fanghi restano soggette alle sanzioni penali previste dalla Parte IV del D.L.vo 152/06, alla quale si rimanda (art. 256 – gestione non autorizzata, art. 258, c. 4 – trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario e predisposizione di un certificato di analisi falso, art. 259 – traffico illecito, art. 260 – attività organizzate per il traffico illecito).
Sanzioni amministrative pecuniarie, invece, sono previste per l’inottemperanza alla tenuta del registro informatico ed il mancato adeguamento a tale obbligo comporta persino la sanzione accessoria della revoca dell’autorizzazione.
Corre l’obbligo di far notare come non tutte le previsioni siano destinate ad entrare in vigore allo stesso tempo. Infatti, è previsto che esse si applichino trascorsi i tradizionali 15 giorni (vacatio legis) dall’entrata in vigore del presente decreto, ad esclusione di quanto segue:
– art. 15 c. 1 lett. e), ovvero sottoposizione dei fanghi ai trattamenti di cui all’All. 11: entro 3 anni;
– disposizioni relative all’accreditamento delle metodiche analitiche da parte dei laboratori pubblici e privati: entro 5 anni.
Si segnala che – correttamente – il provvedimento mantiene valide le autorizzazioni vigenti:
– per il recupero del fosforo, che si conformano alle disposizioni entro 2 anni dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi per la preparazione degli ammendanti, che si conformano alle disposizioni entro 1 anno dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi per la preparazione dei correttivi, che si conformano alle disposizioni entro 18 mesi dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi in agricoltura, che si conformano alle disposizioni entro 18 mesi dall’entrata in vigore.
Resta inteso che sono fatte salve le norme regionali vigenti più restrittive.
Infine, a far data dall’entrata in vigore del decreto, saranno abrogati sia il D.L.vo 99/92, sia l’art. 41 del D.L. 109/2018 conv. in L. 130/2018 (Decreto Ponte Morandi).
Per completezza, si ritiene utile citare perlomeno il titolo degli allegati, soprattutto di quelli tecnici:
– All. 1: caratterizzazione di base dei fanghi
– All. 2: fosforo da recupero
– All. 3: elenco dei fanghi e dei rifiuti eventualmente trattati in codigestione insieme ai primi, ammessi agli utilizzi di cui ai titoli II, III, IV, e V del presente decreto
– All. 4: caratteristiche dei fanghi per l’utilizzo nella preparazione degli ammendanti
– All. 5: cadenza analisi periodiche dei fanghi
– All. 6: criteri per la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei fanghi
– All. 7: qualità dei fanghi da utilizzare per la preparazione dei correttivi
– All. 8: qualità dei fanghi destinati all’utilizzo agronomico
– All. 9: Parte A – qualità dei terreni; Parte B – metodi di campionamento ed analisi dei terreni
– All. 10: quantità massime ammissibili di fanghi per l’utilizzazione agronomica
– All. 11: trattamenti dei fanghi
– All. 12: caratteristiche di qualità dei fanghi per l’utilizzo nei ripristini ambientali
Tempistica:
Entro quando?
Chi?
Che cosa?
Dov’è scritto?
entro 1 anno dall’entrata in vigore del decreto
i produttori iniziali
effettuano una caratterizzazione di base dei fanghi al fine di determinare le concentrazioni dei parametri indicati nell’allegato 1 parte A.
art. 4, c. 8
entro 18 mesi dall’entrata in vigore del decreto
i produttori iniziali
comunicano gli esiti della caratterizzazione di base al registro di produzione e utilizzazione.
art. 8, c. 9
entro 2 anni dall’entrata in vigore del decreto
le analisi
sono effettuate da laboratori pubblici o privati accreditati da Accredia rispetto a tutti i metodi standardizzati da adottare.
art. 8, c. 12
entro 6 anni dall’entrata in vigore del decreto
le Regioni
mettono in atto tutte le misure necessarie affinché il trattamento e l’utilizzo dei fanghi avvenga prevalentemente all’interno della regione che li ha prodotti.
art. 6, c. 2
entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto
le Regioni
si dotano di un registro informatico di produzione e utilizzazione dei fanghi predisposto in maniera armonizzata a livello nazionale.
art. 22, c. 1
entro 3 anni dall’entrata in vigore del decreto
i produttori iniziali o i nuovi produttori
sottopongono i fanghi ad almeno dei trattamenti di cui all’All. 11.
art. 25, c. 1, lett. b)
entro 5 anni dall’entrata in vigore del decreto
i laboratori pubblici e privati
procedono all’accreditamento delle metodiche analitiche (nelle more, operano secondo la norma ISO 17025.2).
Categorie
Nuova bozza Decreto fanghi: prime osservazioni
di Miriam Viviana Balossi
La disciplina dei fanghi da depurazione si appresta a subire una consistente revisione ad opera della II bozza di decreto che, se e quando sarà approvata, sostituirà il D.L.vo 99/92 e l’art. 41 del D.L. 109/18 (conv. in L. 130/18 – Decreto Ponte Morandi). È noto e condiviso a tutti i livelli, infatti, che il D.L.vo 99/92 deve essere aggiornato, adeguandolo al progresso delle conoscenze scientifiche.
Il presupposto giuridico di questo intervento normativo è da ricercarsi nella Legge di Delegazione Europea 2018. Infatti, nonostante il c.d. “Pacchetto Circular Economy” non comprendesse la revisione della normativa in materia di fanghi, con l’art. 15 della L. 117/19 il Governo è stato delegato “adottare una nuova disciplina organica in materia di utilizzazione dei fanghi, anche modificando la disciplina stabilita dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi di conferimento in discarica …”.
Si rammenta che il termine di recepimento delle Direttive dedicate alla Circular Economy è previsto per il 5 luglio 2020.
Dopo la I bozza in circolazione a giugno 2019, la nuova versione datata dicembre 2019 è stata sostanzialmente rivista, a partire dalle premesse.
Punti fermi di partenza sono i seguenti:
Ciò premesso, si osservano importanti affermazioni che – dopo le numerose sentenze e delibere regionali intervenute sull’argomento (si veda in merito S. MAGLIA – L. MAESTRI, Emergenza fanghi in agricoltura: dalle puntate precedenti alle prospettive future) – meritano di essere riprese.
Innanzitutto si chiarisce un discusso concetto: le concentrazioni soglia di contaminazione di cui al D.M. 1 marzo 2019, n. 46 relative ai suoli agricoli, e quelle della Tab. 1, dell’All. 5 alla Parte IV del D.L.vo 152/06, relative ai suoli destinati al verde pubblico, non sono applicabili direttamente alle matrici che vengono addizionate al terreno quali ad esempio fanghi di depurazione delle acque reflue o ammendanti e correttivi e altre tipologie di fertilizzanti da rifiuti. Queste, tutt’al più, possono essere utilizzate esclusivamente per valutare la qualità dei terreni anche al fine di verificare che l’utilizzo delle predette matrici (fanghi, ammendanti, correttivi, etc …) non causi nei terreni stessi il superamento delle predette concentrazioni soglia.
In secondo luogo, ci si sofferma sulla spinosa questione degli idrocarburi: il metodo di analisi degli idrocarburi C10-C40, applicato ai fanghi di depurazione delle acque reflue e ad altre matrici organiche quali ammendanti e correttivi, non risulta essere in grado di distinguere gli idrocarburi di origine minerale da quelli costituiti da grassi animali e vegetali e, pertanto, il risultato delle analisi potrebbe essere sovrastimato. IRSA-CNR sta studiando l’applicazione del predetto metodo di analisi ai fanghi e sta mettendo a punto un nuovo metodo che consenta di valutare effettivamente la sola quota di idrocarburi di origine minerale, ma tale nuovo metodo non è ancora disponibile.
Venendo all’articolazione della bozza, si segnala che essa è composta da 26 articoli (suddivisi in sette titoli) e 12 allegati tecnici.
Il provvedimento, applicabile ai fanghi prodotti dalla depurazione e dal trattamento delle acque reflue (art. 2), disciplina il loro utilizzo in agricoltura e in operazioni di recupero di materia o di energia, nonché la cessazione della qualifica di rifiuti (end of waste – EOW, art. 184-ter del D.L.vo 152/06) dei fertilizzanti e dei composti a base di fosforo ottenuti dal trattamento dei suddetti fanghi (art. 1).
Fondamentale è la nuova nozione di fanghi, differente rispetto a quella contenuta nella I bozza:
“fanghi: i rifiuti trattati e non trattati derivanti:
Quindi, più tipologie possono contribuire ad accedere alle nuove disposizioni: dai fanghi che derivano dalla depurazione delle acque reflue urbane, industriali, assimilate, fino ai rifiuti oggetto di trattamento presso gli impianti di depurazione (art. 110), ai fanghi delle fosse settiche ed altresì a quelli derivanti dai processi di co-digestione di fanghi precedentemente citati e dei rifiuti organici da raccolta differenziata alle condizioni sopra espresse.
Tra le altre definizioni, si segnala la scomparsa di quella relativa al “gesso di defecazione” e la duplicazione dell’originaria definizione di “produttore” (“colui che produce fanghi di cui alla lettera a) e gessi di defecazione da fanghi di cui alla lettera e) del presente decreto” – I bozza) in “produttore iniziale” (“il soggetto che produce fanghi di cui alla lettera a) del presente decreto”) e “nuovo produttore” (“il soggetto autorizzato che effettua operazioni di trattamento sui fanghi di cui alla lettera a)”.
Quindi, nonostante sia stata espunta la nozione e la disciplina dei gessi da defecazione dalla nuova bozza (e ciò potrebbe apparire come un’apertura alla sua produzione ed al suo utilizzo), a ben guardare l’articolato ne impedisce l’uso reale (si vedano in particolare gli artt. 14, c. 2, lett. c) e j); art. 16, c. 1, lett. a) e m), e c. 3).
La norma dedicata agli obblighi dei produttori è stata completamente riscritta (art. 4), per cui è difficile poter operare un confronto tra la versione della I e quella della II bozza.
Per quanto d’interesse ai presenti fini, si fa notare come l’impianto della norma ruoti attorno al concetto che l’attività prevista possa essere attuata “per quanto economicamente e tecnicamente fattibile e sostenibile”: considerazione non di poco conto, anche sul pianto probatorio, in quanto gli investimenti del gestori del Servizio Idrico Integrato (S.I.I.) coinvolgono milioni di euro.
Ad ogni buon conto, l’art. 4 chiede che i produttori iniziali provvedano a:
– mettere in atto sistemi e tecnologie volti al miglioramento della qualità del fango prodotto;
– operare il controllo sugli scarichi effettuati nella rete fognaria, non concedendo il nulla osta allo scarico in fognatura di acque reflue industriali o da attività di servizi, qualora tali acque reflue contengano sostanze pericolose che possano pregiudicare l’utilizzo agricolo dei fanghi prodotti;
– ottimizzare e completare il complessivo processo di trattamento dei fanghi, ivi inclusi l’incenerimento e l’essiccamento, anche mediante trasferimento degli stessi tra impianti gestiti nell’ambito del medesimo S.I.I.;
– mettere in atto sistemi di recupero del fosforo integrati alla filiera di trattamento delle acque reflue o dei fanghi, nonché dalle ceneri derivanti dall’incenerimento dei fanghi (non destinati all’utilizzo su suolo).
Resta fermo l’utilizzo del formulario di cui all’art. 193 e del registro di carico e scarico di cui all’art. 190: con riferimento a quest’ultimo, si anticipa che il modello verrà modificato per consentire l’acquisizione di nuove informazioni (quantitativi di fango prodotti e quelli forniti per uso agricolo; composizione e caratteristiche dei fanghi; tipo di trattamento impiegato; nomi e indirizzi dei destinatari dei fanghi; il tenore di sostanza secca dei fanghi).
Dopo gli articoli dedicati al riparto di competenze a livello istituzionale (art. 5 Stato; art. 6 Regioni; art. 7 Province; art. 8 ISPRA), il Tit. II detta disposizioni in merito all’utilizzo del fosforo da recupero, con particolare riguardo alla cessazione della qualifica di rifiuto (EOW, art. 184-ter del D.L.vo 152/06) dei composti a base di fosforo sia ottenuti dal trattamento delle acque reflue o dei fanghi, sia estratti dalle ceneri dell’incenerimento dei fanghi. A parte le condizioni descritte dalla norma che devono essere tutte rispettate per beneficiare del regime di favore previsto, gli artt. 9 e 10 prevedono espressamente che “al fine di favorire il recupero di altri nutrienti e di promuovere l’economia circolare, le Regioni possono autorizzare caso per caso, nel rispetto di quanto disciplinato dall’articolo 184 ter del decreto 3 aprile 2006, n. 152, la cessazione della qualifica di rifiuto di altri nutrienti … nonchè di altre sostanze utili al mercato”.
In argomento, di grande interesse sono poi gli artt. 13 e 14, che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto – EOW – degli ammendanti e dei correttivi ottenuti dai fanghi.
Si tratta di due disposizioni nuove rispetto alla I bozza, perché in origine l’art. 13 era dedicato cessazione della qualifica di rifiuto dei fanghi e l’art. 14 alle disposizioni generali in materia di utilizzo agronomico dei fanghi e dei gessi di defecazione.
Anche in questi due casi, le norme prevedono una serie di condizioni che devono essere tutte oggetto di rigoroso rispetto al fine di beneficiare del regime favorevole ivi previsto.
Rappresenta un’ulteriore novità la disposizione che ammette l’utilizzo in agricoltura, silvicoltura e nelle attività di ripristino del paesaggio dei fanghi al fine di produrre un effetto concimante o ammendante o correttivo del terreno (art. 15), previo rispetto delle condizioni dettagliatamente descritte nel testo della norma. L’utilizzo agronomico dei fanghi costituisce un’operazione di recupero dei rifiuti ed è autorizzata come operazione R10 dell’All. C alla Parte IV del D.L.vo 152/06.
Strettamente connessa alla sopraccitata previsione è quella (art. 19) che ammette l’utilizzo di determinate tipologie di fanghi per la realizzazione dello strato superficiale di ripristino ambientale delle discariche chiuse e la realizzazione dello strato superficiale di ripristini ambientali e rimodellamento morfologico di aree escavate. La norma precisa che i fanghi non potranno essere utilizzati tout court, ma esclusivamente in miscela con il terreno vegetale, non più di una volta nello stesso sito e che la miscela dei fanghi con il terreno dovrà rispettare le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (C.S.C.) di cui al D.L.vo 152/06 per la specifica destinazione d’uso.
Rispetto alla I bozza hanno, poi, subìto alcune modifiche le norme recanti i divieti di utilizzo dei fanghi nei terreni (art. 16), l’autorizzazione e condizioni per l’utilizzo dei fanghi in attività agricole proprie o di terzi (art. 17), le competenze delle regioni (art. 18).
A fronte dell’eliminazione dell’originaria disposizione recante l’analisi preventiva dei terreni e dei fanghi e di quella dedicata al solo registro di carico e scarico, è stata riscritta nella II bozza la norma (art. 21) che individua altre forme di gestione finalizzate al recupero di quei fanghi che non possono essere utilizzati sul suolo, ma possono essere utilmente impiegati in altre operazioni di recupero, sempreché siano autorizzate dalle regioni ai sensi dell’art. 208 della Parte IV o ai sensi della Parte II del D.L.vo 152/06, come ad esempio produzione di biocarburanti e di biopolimeri, incenerimento e co-incenerimento, recupero di materia nell’industria delle costruzioni per la preparazione di malte, argilla espansa e altri materiali, nonché tecniche di trattamento come la pirolisi umida, la digestione anaerobica, etc …
In più punti della bozza (art. 13, c. 1, lett. l; art. 14, c. 1, lett. l; art. 15, c. 1, lett. f; art. 17, c. 5, lett. a; art. 19, c. 4), è previsto che “la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei fanghi avviene secondo i criteri riportati nell’allegato 6”: in maniera insolita, le previsioni inerenti la raccolta, il deposito temporaneo, lo stoccaggio ed il trasporto sono contenute non in una disposizione dell’articolato, bensì in un allegato.
In buona sostanza, l’All. 6 afferma che le operazioni di stoccaggio dei fanghi negli impianti di depurazione delle acque reflue che li hanno prodotti, nonché nei successivi impianti di trattamento sono autorizzate ai sensi della vigente normativa sui rifiuti di cui alla Parte IV del D.L.vo 152/06, ivi compreso il deposito temporaneo dei fanghi nel sito di produzione, che deve essere effettuato secondo le modalità di cui all’articolo 183, c. 1, lettera bb).
Le operazioni di raccolta e trasporto dei fanghi sono effettuate anch’ esse ai sensi della Parte IV, ad opera di ditte iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
La raccolta e il trasporto dovranno necessariamente rispettare le disposizioni di cui agli artt. 190 e 193 del D.L.vo 152/06.
Anche gli articoli concernenti il registro informatico di produzione e utilizzazione (art. 22), le sanzioni (art. 23), le disposizioni transitorie (art. 25) e persino le abrogazioni (art. 26) sono stati modificati.
Non si può non soffermarsi, seppur brevemente, sull’apparato sanzionatorio, in quanto contiene sia sanzioni amministrative, sia penali: l’utilizzo in agricoltura dei fanghi in violazione dei divieti previsti è sanzionato con l’arresto fino a 2 anni o l’ammenda da 5.000 a 50.000 euro (contravvenzione oblazionabile), ma se si tratta di fanghi classificati come pericolosi allora si applica la pena dell’arresto fino a 3 anni. Similmente, lo stesso regime si applica a chi utilizza i fanghi per ripristini ambientali violando le disposizioni previste.
Tutte le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento dei fanghi restano soggette alle sanzioni penali previste dalla Parte IV del D.L.vo 152/06, alla quale si rimanda (art. 256 – gestione non autorizzata, art. 258, c. 4 – trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario e predisposizione di un certificato di analisi falso, art. 259 – traffico illecito, art. 260 – attività organizzate per il traffico illecito).
Sanzioni amministrative pecuniarie, invece, sono previste per l’inottemperanza alla tenuta del registro informatico ed il mancato adeguamento a tale obbligo comporta persino la sanzione accessoria della revoca dell’autorizzazione.
Corre l’obbligo di far notare come non tutte le previsioni siano destinate ad entrare in vigore allo stesso tempo. Infatti, è previsto che esse si applichino trascorsi i tradizionali 15 giorni (vacatio legis) dall’entrata in vigore del presente decreto, ad esclusione di quanto segue:
– art. 15 c. 1 lett. e), ovvero sottoposizione dei fanghi ai trattamenti di cui all’All. 11: entro 3 anni;
– disposizioni relative all’accreditamento delle metodiche analitiche da parte dei laboratori pubblici e privati: entro 5 anni.
Si segnala che – correttamente – il provvedimento mantiene valide le autorizzazioni vigenti:
– per il recupero del fosforo, che si conformano alle disposizioni entro 2 anni dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi per la preparazione degli ammendanti, che si conformano alle disposizioni entro 1 anno dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi per la preparazione dei correttivi, che si conformano alle disposizioni entro 18 mesi dall’entrata in vigore;
– per il recupero dei fanghi in agricoltura, che si conformano alle disposizioni entro 18 mesi dall’entrata in vigore.
Resta inteso che sono fatte salve le norme regionali vigenti più restrittive.
Infine, a far data dall’entrata in vigore del decreto, saranno abrogati sia il D.L.vo 99/92, sia l’art. 41 del D.L. 109/2018 conv. in L. 130/2018 (Decreto Ponte Morandi).
Per completezza, si ritiene utile citare perlomeno il titolo degli allegati, soprattutto di quelli tecnici:
– All. 1: caratterizzazione di base dei fanghi
– All. 2: fosforo da recupero
– All. 3: elenco dei fanghi e dei rifiuti eventualmente trattati in codigestione insieme ai primi, ammessi agli utilizzi di cui ai titoli II, III, IV, e V del presente decreto
– All. 4: caratteristiche dei fanghi per l’utilizzo nella preparazione degli ammendanti
– All. 5: cadenza analisi periodiche dei fanghi
– All. 6: criteri per la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei fanghi
– All. 7: qualità dei fanghi da utilizzare per la preparazione dei correttivi
– All. 8: qualità dei fanghi destinati all’utilizzo agronomico
– All. 9: Parte A – qualità dei terreni; Parte B – metodi di campionamento ed analisi dei terreni
– All. 10: quantità massime ammissibili di fanghi per l’utilizzazione agronomica
– All. 11: trattamenti dei fanghi
– All. 12: caratteristiche di qualità dei fanghi per l’utilizzo nei ripristini ambientali
Tempistica:
Entro quando?
Piacenza, 21 gennaio 2020
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