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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Ai sensi dell’art. 300 della Parte VI, è danno ambientale, qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Sono specificate le seguenti quattro tipologie di danno:
– danno alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria;
– alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l’art. 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
– alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
– al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.
La disciplina si applica anche in caso di sola “minaccia imminente” di danno (ex art. 302, comma 7), ovvero quando si verifichi – con valutazione scientifica obiettiva – il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale, e ciò in aderenza al principio di precauzione richiamato espressamente all’art. 301.
Il TUA prevede l’alternativa tra l’azione risarcitoria in sede giudiziaria e l’ordinanza a contenuto risarcitorio ricorribile in via amministrativa, che può adottare il Ministero dell’Ambiente sulla base dei parametri fissati dagli articoli 311 comma 3, 312 e 314.
È fatta salva la disciplina delle azioni di prevenzione, descritte al Titolo II.
L’art. 305 stabilisce, infatti, che quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore[1] deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità competenti, ovvero comune, provincia e regione, nonché il prefetto competente. Egli ha inoltre l’obbligo di adottare immediatamente tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare e le necessarie misure di ripristino di cui all’art. 306. In caso di inerzia dell’obbligato il Ministro dell’Ambiente ha la facoltà di attuare le misure di ripristino, con diritto di rivalsa nei confronti di chi ha causato o concorso a causare le spese stesse.
[1] Tale definizione è ripresa nell’’art. 302 comma 4 – dalla Direttiva Comunitaria che intende con operatore: “qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un’attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere detta attività”. La nozione è ampia, tale da intendersi riferita a tutti coloro – privati e pubblici anche controllori – che verificano nell’ambito delle loro funzioni un episodio di danno ambientale, ciascuno secondo le proprie competenze. Del resto, come conferma il Procuratore generale della Corte dei Conti (relazione scritta presentata il 17 febbraio 2010, esiste la competenza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la lesione dei beni ambientali che coinvolge soggetti legati alla P.A. da rapporto di impiego o di servizio. Essa attiene innanzitutto alla responsabilità per danno indiretto, relativo all’esborso sostenuto dagli Enti pubblici per effetto di sentenze di altre giurisdizioni, ma la Corte dei conti, per i medesimi soggetti cui è imputabile un danno ambientale (art. 313 d.lg.vo 152/06), ha altresì competenza nei casi di responsabilità diretta, prima attribuiti al giudice ordinario, per il risarcimento in forma di equivalente patrimoniale, non solo verso lo Stato ma anche nei confronti dell’ente pubblico titolare dei beni pubblici.
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Definizione di danno ambientale
di Stefano Maglia
Ai sensi dell’art. 300 della Parte VI, è danno ambientale, qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Sono specificate le seguenti quattro tipologie di danno:
– danno alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria;
– alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l’art. 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
– alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
– al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.
La disciplina si applica anche in caso di sola “minaccia imminente” di danno (ex art. 302, comma 7), ovvero quando si verifichi – con valutazione scientifica obiettiva – il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale, e ciò in aderenza al principio di precauzione richiamato espressamente all’art. 301.
Il TUA prevede l’alternativa tra l’azione risarcitoria in sede giudiziaria e l’ordinanza a contenuto risarcitorio ricorribile in via amministrativa, che può adottare il Ministero dell’Ambiente sulla base dei parametri fissati dagli articoli 311 comma 3, 312 e 314.
È fatta salva la disciplina delle azioni di prevenzione, descritte al Titolo II.
L’art. 305 stabilisce, infatti, che quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore[1] deve comunicare senza indugio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità competenti, ovvero comune, provincia e regione, nonché il prefetto competente. Egli ha inoltre l’obbligo di adottare immediatamente tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di prevenzione necessarie da adottare e le necessarie misure di ripristino di cui all’art. 306. In caso di inerzia dell’obbligato il Ministro dell’Ambiente ha la facoltà di attuare le misure di ripristino, con diritto di rivalsa nei confronti di chi ha causato o concorso a causare le spese stesse.
[1] Tale definizione è ripresa nell’’art. 302 comma 4 – dalla Direttiva Comunitaria che intende con operatore: “qualsiasi persona, fisica o giuridica, pubblica o privata, che esercita o controlla un’attività professionale avente rilevanza ambientale oppure chi comunque eserciti potere decisionale sugli aspetti tecnici e finanziari di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere detta attività”. La nozione è ampia, tale da intendersi riferita a tutti coloro – privati e pubblici anche controllori – che verificano nell’ambito delle loro funzioni un episodio di danno ambientale, ciascuno secondo le proprie competenze. Del resto, come conferma il Procuratore generale della Corte dei Conti (relazione scritta presentata il 17 febbraio 2010, esiste la competenza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la lesione dei beni ambientali che coinvolge soggetti legati alla P.A. da rapporto di impiego o di servizio. Essa attiene innanzitutto alla responsabilità per danno indiretto, relativo all’esborso sostenuto dagli Enti pubblici per effetto di sentenze di altre giurisdizioni, ma la Corte dei conti, per i medesimi soggetti cui è imputabile un danno ambientale (art. 313 d.lg.vo 152/06), ha altresì competenza nei casi di responsabilità diretta, prima attribuiti al giudice ordinario, per il risarcimento in forma di equivalente patrimoniale, non solo verso lo Stato ma anche nei confronti dell’ente pubblico titolare dei beni pubblici.
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