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Sintesi della Dir. (UE) 2024/1226 istitutiva dei reati euro-unitari per violazione delle misure di restrizione UE

di Giovanni Gullì

Categoria: Ecoreati

La Direttiva 2024/1226 del 24.04.2024 del Parlamento UE e Consiglio, definisce nuove ipotesi di reato e nuove sanzioni che gli Stati membri dovranno (entro il 20.05.2025) enucleare onde contrastare la potenziale violazione delle misure restrittive dell’Unione, anche considerando che la Dec. (UE) 2022/2332 del Consiglio (28.11.2022) riconosce la violazione delle misure restrittive dell’Unione come una sfera di criminalità rispondente ai criteri di cui all’art. 83, par. 1, del TFUE (1).

Un testo, quello della direttiva, che sembra a prima facie incidere su diversi livelli produttivi, commerciali e/o di matrice professionale e servizi, in quanto, per come si vedrà, pone risvolti (a solo titolo esemplificativo) circa la gestione di fondi di investimento, somme destinate a finanziamento di attività ricadenti in diversi settori, con incidenza sulla matrice dei reati presupposto in tema di “riciclaggio”.

Difatti, ex art. 18 rubricato “Modifica della direttiva (UE) 2018/1673 (2)” (Direttiva UE sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale) si dispone che:

“All’articolo 2, paragrafo 1, è aggiunta la lettera seguente:
«w) violazione delle misure restrittive dell’Unione.»”

Campo normativo che mira, quindi, a completare o ampliare la portata del pilastro di natura penale di matrice europea, anche perché nettamente collegato alla problematica della tracciabilità dei flussi finanziari (sotto diverse forme e modalità) legittimati a poter supportare, validamente, la creazione o l’incremento di diversificati comparti dell’imprenditoria; inserendo, quindi, un ulteriore tassello di valutazione in termini di operatività e di governance aziendale riferita al campo Due Diligence.

Il dominus corporis dei “Considerando”

Le incidenze su figure ricoprenti funzioni pubbliche e di natura professionale in diversi settori sono poste nel mirino di adeguata attenzione, in quanto anche queste, unitamente ai profili di soggetti privati e persone giuridiche, sono considerate come assoggettabili alle neo fattispecie che devono tradursi in “reati/delitti” da parte degli Stati Membri dell’UE.

L’analisi preliminare del testo rende abbastanza evidente come la portata di talune neo fattispecie si ponga con rilevante estensione in diversi settori produttivi, di servizi in genere, commerciali e di vendita, finanche di servizi professionali, tanto da indurre il Legislatore UE a definire alcuni esempi con estrema nettezza negli stessi “considerando” della direttiva in commento.

Pare utile citare:
• il Considerando (9) dove, ad esempio, si prevede che “La conclusione o il proseguimento di qualsiasi genere di operazione, comprese le operazioni finanziarie, nonché l’aggiudicazione o la prosecuzione dell’esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione che rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive 2009/81/CE, 2014/23/UE, 2014/24/UE o 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), con uno Stato terzo, organismi di uno Stato terzo o entità e organismi direttamente o indirettamente posseduti o controllati da uno Stato terzo o da organismi di uno Stato terzo, dovrebbero costituire reato, qualora il divieto o la restrizione di tale condotta costituisca una misura restrittiva dell’Unione.”;
• il Considerando (10) ove si dettaglia che “Le misure restrittive dell’Unione comprendono il divieto di commercio, importazione, esportazione, vendita, acquisto, trasferimento, transito o trasporto di beni o servizi. La violazione di tali divieti dovrebbe costituire reato, anche quando i beni sono importati o esportati da o verso un paese terzo al fine di trasferirli presso una destinazione in cui il divieto di importare, esportare, vendere, acquistare, trasferire, far transitare o trasportare tali merci costituisce una misura restrittiva dell’Unione. Anche la prestazione, diretta o indiretta, di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione, di assicurazione e di qualsiasi altro servizio connesso a tali beni o servizi dovrebbe costituire reato. A tal fine, la nozione di «beni» comprende i prodotti, quali la tecnologia e le attrezzature militari, i beni, i software e le tecnologie, che sono inclusi nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea adottato dal Consiglio il 20 febbraio 2023 o che sono elencati negli allegati I e IV del regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio. (4) ”

Gli ultimi riferimenti aprono scenari rilevanti soprattutto in tema di “beni e prodotti a duplice uso” (cd. Dual-use military or civil), ovvero quei prodotti che nascono per rilevanza di utilizzo di difesa ma che possono essere utilizzati anche in settori strategici, così come regolati dagli Allegati I e IV del Regolamento (UE) 2021/821 (ad esempio, per il controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento intra-unionale di prodotti a duplice uso ovvero beni, software e tecnologie spesso utilizzati in settori quali automotive, impiantistica alimentare, informatica, gestione rifiuti, che possono essere utilizzati sia per applicazioni civili che militari).

Ma la portata dei Considerando non termina qui:
• al Considerando (12) l’UE mira a blindare ambiti finanziari e di servizi variegati, oggetto di potenziali azioni delittuose: “Le misure restrittive dell’Unione comprendono misure economiche e finanziarie settoriali relative alla prestazione di servizi diversi dai servizi finanziari. Tali servizi comprendono, tra l’altro, la prestazione di servizi di consulenza legale, servizi fiduciari, servizi di pubbliche relazioni, servizi di contabilità, revisione contabile, tenuta di libri contabili e consulenza fiscale, servizi di consulenza amministrativo-gestionale, servizi di consulenza informatica, servizi di radiodiffusione, servizi di architettura e ingegneria. La violazione di tali provvedimenti economici e finanziari settoriali dovrebbe costituire reato”;

• al Considerando (14) si delineano i confini tra dolo e colpa grave, nonché i limiti di non punibilità: “L’applicazione effettiva delle misure restrittive dell’Unione richiede norme minime comuni relative alle definizioni delle condotte criminose che violano tali misure. Gli Stati membri dovrebbero garantire che tali condotte costituiscano reato se dolose e in spregio di un divieto o di un obbligo che costituisce una misura restrittiva dell’Unione o che è stabilito in una disposizione nazionale che attua una misura restrittiva dell’Unione, qualora sia richiesta l’attuazione nazionale di tale misura. Alcune condotte dovrebbero costituire reato anche se commesse per grave negligenza. Per quanto riguarda i reati definiti dalla presente direttiva, il concetto di «grave negligenza» dovrebbe essere interpretato in conformità al diritto nazionale, tenendo conto della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Gli Stati membri dovrebbero poter decidere che le violazioni delle misure restrittive dell’Unione riguardanti fondi, risorse economiche, beni, servizi, operazioni o attività di valore inferiore a 10 000 EUR non costituiscono reato. L’esclusione di talune violazioni dall’ambito di applicazione della presente direttiva non incide sugli obblighi previsti negli atti che stabiliscono misure restrittive dell’Unione per garantire che le violazioni siano punibili con sanzioni penali o non penali effettive, proporzionate e dissuasive”;

• al Considerando (16) si richiama “Il mancato rispetto dell’obbligo di segnalazione alle autorità amministrative competenti previsto dagli atti che stabiliscono misure restrittive dell’Unione”;

• al Considerando (17) si richiama “L’applicazione effettiva delle misure restrittive dell’Unione richiede norme minime comuni relative alla definizione dei reati consistenti in condotte che violano o non soddisfano le specifiche condizioni previste dalle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti per lo svolgimento di determinate attività che, in assenza di una tale autorizzazione, rappresentano una violazione di un divieto o di una restrizione che costituiscono una misura restrittiva dell’Unione. Qualsiasi attività svolta in assenza di un’autorizzazione potrebbe essere considerata, a seconda delle circostanze del caso, una violazione delle misure restrittive dell’Unione consistenti nel congelamento di fondi o risorse economiche, in divieti di viaggio, embarghi sulle armi o altre misure economiche e finanziarie settoriali”;

• al Considerando (18), si pone accento sulle professioni legali: “I professionisti legali, quali definiti dagli Stati membri, dovrebbero essere soggetti alla presente direttiva e all’obbligo di segnalare la violazione delle misure restrittive dell’Unione quando forniscono servizi nel contesto di attività professionali, come i servizi legali, finanziari e commerciali. Esiste un evidente rischio che i servizi di tali professionisti legali siano utilizzati impropriamente allo scopo di violare le misure restrittive dell’Unione. Dovrebbero tuttavia essere previste esenzioni dall’obbligo di comunicare informazioni ricevute da, o ottenute al riguardo di, uno dei loro clienti nel corso dell’esame della posizione giuridica di tale cliente o nell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento. Tale consulenza legale dovrebbe pertanto restare protetta dall’obbligo di segreto professionale, tranne nei casi in cui il professionista legale partecipi intenzionalmente alla violazione delle misure restrittive dell’Unione, laddove la consulenza legale sia fornita a fin di violazione delle misure restrittive dell’Unione o il professionista legale sappia che il cliente chiede consulenza legale al fine di violare le misure restrittive dell’Unione”;

• al Considerando (23) il richiamo è netto alla disciplina dei cd. “reati presupposto”, in quanto: “Dato che anche le persone giuridiche sono oggetto di misure restrittive dell’Unione, anch’esse dovrebbero essere ritenute responsabili per i reati connessi alla violazione delle misure restrittive dell’Unione ai sensi della presente direttiva. […] Al fine di conseguire gli obiettivi della presente direttiva, gli Stati membri la cui legislazione prevede la responsabilità penale delle persone giuridiche dovrebbero assicurare che la loro legislazione preveda tipi e livelli di sanzioni penali effettive, dissuasive e proporzionate ai sensi della presente direttiva. Al fine di conseguire gli obiettivi della presente direttiva, gli Stati membri la cui legislazione nazionale non prevede la responsabilità penale delle persone giuridiche dovrebbero assicurare che la loro legislazione preveda tipi e livelli di sanzioni non penali effettive, dissuasive e proporzionate ai sensi della presente direttiva. […] Gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di definire i livelli massimi di sanzioni come percentuale del fatturato globale totale della persona giuridica interessata o come importi fissi. Gli Stati membri dovrebbero decidere quale di queste due opzioni preferiscono utilizzare nel recepimento della presente direttiva”;

• alla determinazione dei reati presupposto e dei delitti che si chiede di inserire negli ordinamenti nazionali, si collega, altresì, la definizione delle circostanze aggravanti d’ordine comune, descritte nel Considerando (27): “[…] La nozione di circostanze aggravanti dovrebbe essere intesa come la presenza di fatti che consentono al giudice di pronunciare, per lo stesso reato, una condanna più severa rispetto a quella normalmente inflitta in assenza di tali fatti, oppure come la possibilità di trattare più reati cumulativamente al fine di aumentare il livello della sanzione. Conformemente al pertinente diritto nazionale, gli Stati membri dovrebbero garantire che almeno una delle seguenti circostanze possa essere considerata una circostanza aggravante: se il reato è stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale quale definita nella decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio; se il reato riguardava documenti falsi o contraffatti; se il reato è stato commesso da un fornitore di servizi professionale in violazione dei suoi obblighi professionali; se il reato è stato commesso da un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni, vale a dire qualsiasi funzionario che ricopra un incarico formale nell’Unione, negli Stati membri o in paesi terzi, o un’altra persona che eserciti una funzione pubblica; se il reato ha generato benefici finanziari rilevanti o si prevedeva che li generasse, o se ha consentito di evitare spese rilevanti, direttamente o indirettamente; se l’autore del reato ha distrutto prove, minacciato o influenzato i testimoni o i denuncianti; o se la persona fisica o giuridica è stata precedentemente condannata in via definitiva. […] (5) “

• senza dimenticare quanto contenuto nel Considerando (15), ove si pone il più classico degli esempi di elusione delle misure restrittive, come caso principe ed indice per l’EU di frequenti casistiche di forma elusiva. Si descrive che: “Un esempio di condotta che elude le misure restrittive dell’Unione e che è sempre più diffusa è la pratica, da parte di persone, entità e organismi designati, di utilizzare, trasferire a terzi o cedere in altro modo fondi o risorse economiche direttamente o indirettamente posseduti, detenuti o controllati da tali persone, entità o organismi designati al fine di occultare tali fondi o risorse economiche. Inoltre, la pratica di fornire informazioni false o fuorvianti, tra cui informazioni pertinenti ma incomplete, allo scopo di occultare il fatto che una persona o entità designata o un organismo designato è il titolare effettivo o il beneficiario finale di fondi o di risorse economiche soggetti a misure restrittive dell’Unione costituisce anch’essa un’elusione di tali misure restrittive. Pertanto, tale condotta che elude le misure restrittive dell’Unione dovrebbe costituire reato a norma della presente direttiva.”;

• infine, nel Considerando (29) si evidenzia anche come “Il congelamento di fondi e di risorse economiche imposto dalle misure restrittive dell’Unione è di natura amministrativa. In quanto tale, dovrebbe essere distinto dalle misure di congelamento di natura penale di cui alla direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) […]”.

La portata, quindi, appare di ampio respiro, soprattutto per quanto riguarda gli stessi servizi d’ordine professionale (di consulenza ed altro), rispetto ai quali (fatta pur salva ogni norma sul segreto professionale, disciplinata negli stessi Stati Membri) pare si sia voluto tracciare esplicitamente una netta e decisa rilevanza sanzionatoria verso condotte professionali potenzialmente elusive delle norme imposte. Invero, nel citato Considerando (18) (ma la voce d’interesse è poi collegabile anche ad altre professioni) si pone netto riferimento ai “casi in cui il professionista legale partecipi intenzionalmente alla violazione delle misure restrittive dell’Unione, laddove la consulenza legale sia fornita a fin di violazione delle misure restrittive dell’Unione o il professionista legale sappia che il cliente chiede consulenza legale al fine di violare le misure restrittive dell’Unione”.

Un modo, per così dire, di tracciare (forse si sentiva l’effettiva esigenza? – SIC!!!) quella linea di confine insuperabile in ogni ambito di consulenza ed azione professionale, la quale deve svolgersi, sempre e comunque, nel primario rispetto delle norme etiche e cogenti dell’ordinamento, onde a sua volta rappresentare un monito di chiarezza e di esempio virtuoso ed indiscutibile, principalmente per le stesse figure imprenditoriali e non solo.

Tuttavia, sarà comunque da verificare (e ciò vale per ogni singola professione interessata, si veda ugualmente il Considerando 12 riferito ad ogni altra professione di rilievo nei settori economici, d’architettura ed ingegneristici) il concreto modus operandi delle enucleate fattispecie di reato e soprattutto di quella relativa al “mancato rispetto dell’obbligo, che costituisce una misura restrittiva dell’Unione, di fornire alle autorità amministrative competenti informazioni riguardanti fondi o risorse economiche congelati o informazioni detenute su fondi o risorse economiche nel territorio degli Stati membri, appartenenti a persone, entità o organismi designati o da essi posseduti, detenuti o controllati, e che non sono stati congelati, qualora tali informazioni siano state ottenute nell’esercizio dei doveri d’ufficio”; invero, informazioni di tal guisa, se apprese durante l’esercizio professionale di consulenza di natura tecnica, scientifica, economica o altro, certamente sarebbero ricadenti sotto l’alveo di obblighi di comunicazione di non semplice definizione e/o concretizzazione.

Sui delitti e sulle pene: tra “dettami quadro di fattispecie” e “limiti minimi dei massimi edittali”

Nel dettaglio, la Direttiva appena approvata ha l’obiettivo di stabilire “norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in caso di violazione delle misure restrittive dell’Unione”, garantendo:
– effettiva applicazione delle misure restrittive dell’Unione, integrità del mercato dell’Unione, con un elevato livello di sicurezza nello spazio UE secondo canoni di libertà, sicurezza e giustizia;
– effettiva applicazione delle predette misure con sanzioni di matrice “penali e non penali effettive, proporzionate e dissuasive”, da applicare sia per casi di violazioni che per inadempienza agli obblighi di segnalazione;
– sanzioni dirette e mirate anche alla sola pratica di “elusione” delle misure in questione, anche magari con potenziali risvolti di condotte omissive e non solo commissive.
Ebbene, se da un lato l’art. 2 definisce taluni ambiti di applicazione per fondi, risorse economiche e congelamento fondi ed altro, l’art. 3 impone agli Stati Membri di creare nuovi reati secondo “fattispecie quadro” dirette alla violazione di obblighi di cui alle misure restrittive dell’UE.

Dunque, ex art. 3, si mira ad identificare determinate condotte (commissive ed omissive, ovviamente analizzabili alla luce dell’art. 40 c.p. italiano – SIC!) che se dolosamente dirette alla violazione
“di un divieto o di un obbligo che costituisce una misura restrittiva dell’Unione […] costituiscano reato:

a. mettere direttamente o indirettamente a disposizione di una persona, entità od organismo designati, o a vantaggio di questi, fondi o risorse economiche, in violazione di un divieto che costituisce una misura restrittiva dell’Unione;
b. omettere di congelare fondi o risorse economiche appartenenti a una persona, entità od organismo designati, o da questi posseduti, detenuti o controllati, in violazione di un obbligo che costituisce una misura restrittiva dell’Unione;
c. consentire a persone fisiche designate l’ingresso o il transito nel territorio di uno Stato membro, in violazione di un divieto che costituisce una misura restrittiva dell’Unione;
d. concludere o portare avanti operazioni con uno Stato terzo, organismi di uno Stato terzo o entità od organismi direttamente o indirettamente posseduti o controllati da uno Stato terzo o da organismi di uno Stato terzo, compresa l’aggiudicazione o la prosecuzione dell’esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione, qualora il divieto o la restrizione di tale condotta costituisca una misura restrittiva dell’Unione;
e. commerciare, importare, esportare, vendere, acquistare, trasferire, far transitare o trasportare beni, come pure fornire servizi di intermediazione, assistenza tecnica o altri servizi connessi a tali beni, qualora il divieto o la restrizione di tale condotta costituisca una misura restrittiva dell’Unione;
f. prestare servizi finanziari o svolgere attività finanziarie, qualora il divieto o la restrizione di tale condotta costituisca una misura restrittiva dell’Unione;
g. prestare servizi diversi da quelli di cui alla lettera f), qualora il divieto o la restrizione di tale condotta costituisca una misura restrittiva dell’Unione;
h. eludere una misura restrittiva dell’Unione nei seguenti modi:
i. con l’utilizzo, il trasferimento a terzi o la cessione in altro modo di fondi o di risorse economiche direttamente o indirettamente posseduti, detenuti o controllati da una persona, entità od organismo designati, e che sono congelati in virtù di una misura restrittiva dell’Unione, allo scopo di occultare tali fondi o risorse economiche;
ii. con la comunicazione di informazioni false o fuorvianti allo scopo di occultare il fatto che una persona o entità designata o un organismo designato sia il titolare effettivo o il beneficiario finale di fondi o di risorse economiche che dovranno essere congelati in virtù di una misura restrittiva dell’Unione;
iii. con il mancato rispetto, da parte di una persona fisica o di un rappresentante di un’entità od organismo designati, dell’obbligo, che costituisce una misura restrittiva dell’Unione, di segnalare alle autorità amministrative competenti fondi o risorse economiche ad essi appartenenti o da essi posseduti, detenuti o controllati nella giurisdizione di uno Stato membro;
iv. con il mancato rispetto dell’obbligo, che costituisce una misura restrittiva dell’Unione, di fornire alle autorità amministrative competenti informazioni riguardanti fondi o risorse economiche congelati o informazioni detenute su fondi o risorse economiche nel territorio degli Stati membri, appartenenti a persone, entità o organismi designati o da essi posseduti, detenuti o controllati, e che non sono stati congelati, qualora tali informazioni siano state ottenute nell’esercizio dei doveri d’ufficio;
i) con la violazione o il mancato rispetto delle condizioni previste dalle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti per lo svolgimento di attività che, in assenza di tale autorizzazione, rappresentano una violazione di un divieto o di una restrizione che costituisce una misura restrittiva dell’Unione.”

Neo delitti, questi, tutti da definire (ex art. 4) anche nelle forme enucleabili di “Istigazione, favoreggiamento, concorso e tentativo”.

All’art. 5 si dispone, poi, che gli Stati prevedano per le persone fisiche pene “efficaci, proporzionate e dissuasive:
a) i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera h), punti iii) e iv), siano punibili con una pena massima di almeno un anno di reclusione quando coinvolgono fondi o risorse economiche di un valore pari ad almeno 100 000 EUR alla data in cui è stato commesso il reato;
b) i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b) e lettera h), punti i) e ii), siano punibili con una pena massima di almeno cinque anni di reclusione quando coinvolgono fondi o risorse economiche di un valore pari ad almeno 100 000 EUR alla data in cui è stato commesso il reato;
c) i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), siano punibili con una pena massima di almeno tre anni di reclusione.
d) i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere da d) a g) e lettera i), siano punibili con una pena massima di almeno cinque anni di reclusione quando coinvolgono beni, servizi, operazioni o attività di un valore pari ad almeno 100 000 EUR alla data in cui è stato commesso il reato;
e) qualora il reato di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), coinvolga prodotti inclusi nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea o prodotti a duplice uso di cui agli allegati I e IV del regolamento (UE) 2021/821, esso sia punibile con una pena massima di almeno cinque anni di reclusione a prescindere dal valore dei prodotti in questione.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la soglia di 100 000 EUR o più possa essere raggiunta attraverso una serie di reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e da d) a i), che sono connessi e dello stesso tipo, qualora tali reati siano commessi dallo stesso autore.”

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Ed ancora, come pene accessorie dovrebbero prevedersi:
a) sanzioni pecuniarie proporzionate alla gravità della condotta e alle circostanze personali, finanziarie e di altra natura della persona fisica interessata;
b) il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all’esercizio delle attività che hanno condotto al reato pertinente;
c) l’interdizione dall’esercizio, in seno a una persona giuridica, di una posizione preminente dello stesso tipo utilizzato per commettere il reato;
d) divieti temporanei di candidarsi a cariche pubbliche;
e) laddove vi sia un pubblico interesse, previa valutazione caso per caso, la pubblicazione integrale o parziale della decisione giudiziaria relativa al reato commesso e alle sanzioni o misure imposte, nella quale possono figurare i dati personali delle persone condannate solo in casi eccezionali debitamente giustificati.

Di rilievo risulta la sanzione accessoria richiamata alla lett. c), in quanto ben ricollegabile alle nostre disposizioni codicistiche sostanziali, di cui agli artt. 32-bis e 19 c.p.

Quanto, invece, alle persone giuridiche, l’art. 6 prevede ipotesi di “responsabilità derivante dalla commissione di reati” (dunque, paventandosi un incremento dei reati presupposto in riferimento a violazioni delle misure restrittive UE nel contesto del D.Lgs. 231/2001), nei seguenti termini:
“di cui agli articoli 3 e 4 quando siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica interessata, individualmente o in quanto parte di un organo di tale persona giuridica, in virtù:
a) del potere di rappresentanza della persona giuridica;
b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica;
o
c) del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili qualora la mancata supervisione o il mancato controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di un reato di cui all’articolo 3, paragrafo 4, a vantaggio di tale persona giuridica.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non preclude l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che commettano, incitino o siano complici dei reati di cui agli articoli 3 e 4.”

Per quanto attiene sanzioni e pene, principalmente, si dispone che gli Stati (ex art. 7):
“adottano le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 6 sia passabile di sanzioni o misure penali o non penali effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possono comprendere anche altre sanzioni o misure penali o non penali quali:
a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico;
b) l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni;
c) l’interdizione di esercitare un’attività commerciale;
d) il ritiro dei permessi e delle autorizzazioni all’esercizio delle attività che hanno portato al reato pertinente;
e) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
f) provvedimenti giudiziari di scioglimento;
g) la chiusura dei locali usati per commettere il reato;
h) laddove vi sia un pubblico interesse, la pubblicazione integrale o parziale della decisione giudiziaria relativa al reato commesso e alle sanzioni o misure imposte, fatte salve le norme in materia di tutela della vita privata e di protezione dei dati personali.”

Ed ancora, si prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile
“ai sensi dell’articolo 6 dei reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, sia passabile di sanzioni pecuniarie penali o non penali, il cui importo sia proporzionato alla gravità delle condotte e alla situazione individuale, finanziaria e di altro tipo della persona giuridica interessata. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il livello massimo di tali sanzioni pecuniarie non sia inferiore:
a) per i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera h), punti iii) e iv):
i. all’1 % del fatturato globale totale della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente quello in cui è stato commesso il reato o nell’esercizio finanziario precedente la decisione di irrogare la sanzione pecuniaria;
o
ii. a un importo corrispondente a 8 000 000 EUR;
b) per i reati di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a g), lettera h), punti i) e ii), e lettera i):
i. al 5 % del fatturato globale totale della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente quello in cui è stato commesso il reato o nell’esercizio finanziario precedente la decisione di irrogare la sanzione pecuniaria;
o
ii. a un importo corrispondente a 40 000 000 EUR.

Gli Stati membri possono stabilire norme per i casi in cui non sia possibile determinare l’importo della sanzione pecuniaria sulla base del fatturato globale totale della persona giuridica nell’esercizio finanziario precedente a quello in cui è stato commesso il reato o nell’esercizio finanziario precedente alla decisione di imporre la sanzione pecuniaria.”

Sul punto, si evidenzia, ancora una volta, il netto richiamo alle modalità sanzionatorie d’ordine pecuniario di cui ad altri provvedimenti UE di recente approvazione, soprattutto su tematiche ambientali, sociali e di governance.

Altro tratto interessante è, poi, il riferimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, in quanto nel dettaglio si dispone che debbano trattarsi come fattispecie aggravanti (art. 8) se:

a) il reato è stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale quale definita dalla decisione quadro 2008/841/GAI;
b) il reato ha comportato l’uso di documenti falsi o contraffatti da parte dell’autore del reato;
c) il reato è stato commesso da un fornitore di servizi professionale in violazione dei suoi obblighi professionali;
d) il reato è stato commesso da un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni o da un’altra persona nell’esercizio di una funzione pubblica;
e) il reato ha generato o si prevedeva che generasse benefici finanziari rilevanti, o ha consentito di evitare spese rilevanti, direttamente o indirettamente, nella misura in cui tali benefici o spese possano essere determinati;
f) l’autore del reato ha distrutto prove o minacciato i testimoni o i denuncianti;
g) la persona fisica o giuridica è stata condannata con sentenza passata in giudicato per reati di cui agli articoli 3 e 4.

Mentre, per circostanze attenuanti (art. 9) rilevano profili collaborativi di accertamento, ovvero se:
a) l’autore del reato fornisce alle autorità competenti informazioni che altrimenti esse non sarebbero state in grado di ottenere, aiutandole a identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato;
b) l’autore del reato fornisce alle autorità competenti informazioni che altrimenti esse non sarebbero state in grado di ottenere, aiutandole a reperire prove.

Una “Giurisdizione UE” di coordinata o coordinabile impostazione

Ebbene, prima di affrontare un ultimo aspetto di considerevole riflessione, pare utile rilevare come la Direttiva richieda (al netto di ogni concordanza nazionale dei singoli Paesi Membri) interventi in tema di “Strumenti investigativi” (ex art. 13 – mirate integrazioni in punto di utilizzo di “strumenti investigativi speciali”), “Coordinamento e cooperazione tra le autorità competenti di uno Stato membro” (ex art. 15), “Cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri, la Commissione, Europol, Eurojust e la Procura europea” (ex art. 16), “Statistiche” (ex art. 17) da sottoporre a “Valutazione, relazione e revisione” (ex art. 19), nonché specifiche indicazioni su “Termini di prescrizione” (ex art. 11) con un minimo di 5 anni sia per commissione di reato che per esecuzione sentenze e su provvedimenti di “Confisca e congelamento” (ex art. 10) anche di matrice special-preventiva secondo quanto disposto dalla Dir. 2014/42/UE.

Come anticipato, quanto imposto dall’art. 12 in tema di “Giurisdizione” di certo pone necessità di riflessioni future, circa l’organizzazione dell’ambito giudiziario.

Difatti, gli Stati Membri devono inserire norme circa
“la propria giurisdizione per i reati di cui agli articoli 3 e 4 nei casi seguenti:
a) il reato è stato commesso in tutto o in parte sul proprio territorio;
b) il reato è stato commesso a bordo di una nave o di un aeromobile immatricolato nello Stato membro interessato o battente la sua bandiera;
o
c) l’autore del reato è un suo cittadino.”

E fin qui, l’ambito sembra quantomeno coordinabile con le nostre disposizioni interne.

Tuttavia, risultano di estrema rilevanza le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo, ove si statuisce che:
“2. Uno Stato membro informa la Commissione in merito alla decisione di estendere la propria giurisdizione a uno o più reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio quando:
a) l’autore del reato risiede abitualmente nel proprio territorio;
b) l’autore del reato è un suo funzionario che agisce nelle sue funzioni ufficiali;
c) il reato è stato commesso a vantaggio di una persona giuridica che ha sede nel proprio territorio;
o
d) il reato è stato commesso a vantaggio di una persona giuridica in relazione ad attività economiche esercitate interamente o parzialmente sul proprio territorio.
3. Qualora uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 rientri nella giurisdizione di più Stati membri, questi cooperano per determinare quale Stato membro sia tenuto a svolgere il procedimento penale. Se del caso la questione è deferita a Eurojust conformemente all’articolo 12 della decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio.”

Disposizioni, queste, che certamente necessiteranno di non pochi adeguamenti d’ordine sostanziale e processuale, in ciascun ordinamento nazionale.

Difatti, strutturare competenze per territorio e conflitti di giurisdizione, secondo uno schema di cooperazione anche nella determinazione dello Stato procedente, ovvero ancora meccanismi di deferimenti ad organi dell’Eurojust, certamente vedrà impegnati i Legislatori nazionali su più fronti ermeneutici e di modulazione normativa in ambiti processual-penalistici.

Sfide in sede Ue che sembrano, dunque, seguire una pregressa strada ampiamente tracciata, da analizzarsi secondo attuali schemi analitici, onde prevederne futuri ambiti applicativi e risvolti concreti.

Note normative
(1) GU L 308 del 29.11.2022, pag. 18.
(2) GU L 284 del 12.11.2018.
(3) Direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GU L 216 del 20.8.2009, pag. 76);
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1);
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65);
Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).
(4) Elenco comune delle attrezzature militari dell’Unione europea adottato dal Consiglio il 20 febbraio 2023, in GU C 72 del 28.2.2023, pag. 2;
Regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021, che istituisce un regime dell’Unione di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso (GU L 206 dell’11.6.2021, pag. 1).
(5) Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42).
(6) Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 39).

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