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Discariche: il nuovo D.L.vo 121/2020 è già da smaltire?

di Anna Mezzanato

Categoria: Rifiuti

Ad oltre 20 anni dalla Direttiva discariche 1999/31/CE[1] e 17 dal D.L.vo di recepimento 36/2003[2] è entrata in vigore il 29 settembre 2020 la riforma sulla disciplina delle discariche operata dal D.L.vo 3 settembre 2020, n. 121[3].
 

Tale Decreto è stato adottato ai sensi della delega legislativa contenuta nell’articolo 15 della Legge 4 ottobre 2019, 117 (Legge di delegazione europea 2018), che reca specifici principi e criteri direttivi per il recepimento della suddetta Direttiva.
 

Tali principi e criteri direttivi, sulla base della Relazione tecnico finanziaria che accompagna l’atto in esame, perseguono un obiettivo più ambizioso rispetto alla mera attuazione della Direttiva europea e prevedono un complessivo riordino dei criteri di ammissibilità in discarica, l’adeguamento dei criteri di apertura e di chiusura al progresso tecnologico, la definizione delle modalità, dei criteri generali e degli obiettivi progressivi, anche in coordinamento con le Regioni, per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva.
 

Il Decreto, composto da tre articoli e otto Allegati, opera, quindi, una profonda riforma della disciplina in materia di conferimento di rifiuti in discarica, apportando numerose modifiche al D.L.vo 13 gennaio 2003, n. 36.
 

Oltre ad intervenire sul Decreto legislativo 36/2003 l’atto in esame abroga, assorbendo con modifiche, le disposizioni del Decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 settembre 2010[4], recante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, e le Linee guida ISPRA del 7 dicembre 2016, n. 145, recanti i criteri tecnici atti a stabilire quando il trattamento non è necessario ai fini dello smaltimento in discarica[5].
 

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Nuove finalità e ambito d’applicazione

 
Il D.L.vo 121/2020 attua una delle quattro Direttive facenti parte del cosiddetto “pacchetto sull’economia circolare”, basato su una migliore attuazione della gerarchia dei rifiuti mediante la riduzione progressiva dei conferimenti in discarica e la valorizzazione della prevenzione a monte dei rifiuti nonché delle operazioni di riciclaggio e il recupero.
 

Il Decreto in oggetto, modificando l’art. 1 (“Finalità”) del precedente Decreto n. 36/2003, prevede, infatti: “una progressiva riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti, in particolare di quelli idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, al fine di sostenere la transizione verso un’economia circolare […][6].
 

Coerentemente con le nuove finalità, all’art. 5 del D.L.vo 36/2003 è stato aggiunto il comma 4-bis, in base al quale “A partire dal 2030 è vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, ad eccezione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale conformemente all’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I criteri per la individuazione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale, nonché un elenco anche non esaustivo dei medesimi, sono definiti dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto adottato ai sensi dell’articolo 16-bis […]”.
 

È altresì stabilito che le Regioni dovranno modificare tempestivamente gli atti autorizzativi che consentono lo smaltimento in discarica dei rifiuti non ammessi, in modo tale da garantire che prima del 2030 i medesimi siano adeguati ai sopra citati divieti di smaltimento.
 

Parallelamente, il successivo art. 6 (Rifiuti non ammessi in discarica) del D.L.vo 36/2003 è stato modificato vietando lo smaltimento in discarica dei “rifiuti destinati a riciclaggio e recupero di altro tipo”, senza fare riferimento alla cadenza temporale del 2030 e al futuro Decreto ministeriale che dovrà indicare l’elenco non esaustivo di detti rifiuti.
 

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Da un lato, quindi, l’articolo 5, comma 4-bis prevede che sarà vietato a partire dal 2030 lo smaltimento dei rifiuti idonei al riciclaggio e altro recupero, dall’altro l’art. 6 rende da subito cogente tale divieto.
 

Considerata tale contraddizione, ci si chiede, quindi, a quale delle due disposizioni i gestori delle discariche debbano adempiere.
 

Peraltro, riuscire a dimostrare che per un rifiuto il conferimento in discarica rappresenti il miglior risultato ambientale risulta decisamente arduo.
 

Non sono altresì ammessi in discarica tutti gli altri tipi di rifiuti che non soddisfano i criteri di ammissibilità stabiliti a norma dell’articolo 7 e dell’Allegato 6 al D.L.vo 121/2020 e i rifiuti individuati dai codici EER riportati nell’elenco di cui alla tabella 2 dell’Allegato 3 del Decreto 121/2020.
 

La lettera c) dell’articolo 1 del D.L.vo 121/2020 interviene sull’articolo 3 del D.L.vo 36/2003, aggiornando l’ambito di applicazione del Decreto in linea con la Direttiva (UE) 2018/850. In particolare, si sopprime la lettera d) del comma 2 dell’articolo 3 vigente, che esclude dall’ambito applicativo della normativa sulle discariche il deposito di terra non inquinata ai sensi del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 del Ministro dell’Ambiente, o di rifiuti inerti non pericolosi derivanti dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall’esercizio di cave. Parallelamente, è stato riscritto il comma 3 della norma novellata, prevedendo ora che, fermo restando che i rifiuti devono essere depositati in modo tale da impedire qualsiasi inquinamento ambientale o danni alla salute umana, è esclusa dall’ambito di applicazione del D.L.vo n. 36, la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive sulla terraferma, vale a dire i rifiuti derivanti dalle attività di prospezione, estrazione, compresa la fase di sviluppo preproduzione, trattamento e stoccaggio di minerali, e dallo sfruttamento delle cave, prevedendo, rispetto al testo vigente, che ciò avviene laddove tale gestione rientri nell’ambito di applicazione del D.L.vo n. 117 del 2008 (recante la Attuazione della Direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE).
 
 

Nuovi criteri di ammissibilità/non ammissibilità dei rifiuti in discarica

 
La lettera g), art. 1 del D.L.vo 121/2020 modifica, invece, la disciplina relativa ai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica di cui all’art. 7 del D.L.vo n. 36 del 2003, ai sensi del quale i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento, salvo specifici casi indicati.
 

La modifica mira a specificare le categorie di rifiuti per i quali non sia richiesto il trattamento prima della collocazione in discarica. A tal fine, la nuova disposizione fa rinvio all’Allegato 8, che definisce i criteri tecnici da applicare per stabilire quando il trattamento non sia necessario ai fini del conferimento in discarica per i rifiuti da raccolta differenziata, le modalità e la frequenza della misurazione dell’indice IRDP (Indice Respirometrico Dinamico Potenziale, che consente di misurare il grado di decomposizione di una sostanza organica facilmente biodegradabile) e delle analisi merceologiche sui rifiuti.
 

I metodi di campionamento ed analisi sono individuati dall’Allegato 6, strutturato in tre paragrafi, dedicati rispettivamente a: metodo di campionamento e analisi dei rifiuti urbani biodegradabili; analisi degli eluati e dei rifiuti; campionamento ed analisi dei rifiuti contenenti amianto.
 

Tali attività di campionamento e analisi devono essere svolte da persone ed istituzioni “indipendenti e qualificate, tramite laboratori accreditati”. I relativi oneri sono a carico del gestore della discarica o del detentore dei rifiuti.
 

Infine, la novella all’art. 7 prevede che alle operazioni di smaltimento in discarica di rifiuti contenenti o contaminati da inquinati organici persistenti si applichi quanto previsto dal Regolamento (UE) n. 2019/1021[7], relativo agli inquinanti organici persistenti (POP).
 
 

Caratterizzazione di base e verifica di conformità

 

I nuovi articoli dal 7-bis al 7-octies, introdotti nel D.L.vo 36/2003 per effetto dell’articolo 1, lettera h) del D.L.vo 121/2020, inseriscono talune disposizioni già recate dal D.M. 27 settembre 2010, riportante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica.
 

Segnatamente, l’articolo 7-bis disciplinante la caratterizzazione di base, riprendendo i contenuti nell’art. 2 dell’abrogato D.M. 27 settembre 2010, prevede che, al fine di determinare l’ammissibilità dei rifiuti in ciascuna categoria di discarica, il produttore dei rifiuti è tenuto ad effettuare la caratterizzazione di base di ciascuna tipologia di rifiuti conferiti in discarica, da svolgere in corrispondenza del primo conferimento e ripetuta ad ogni variazione significativa del processo che origina i rifiuti e, comunque, almeno una volta l’anno.
 

La caratterizzazione di base determina le caratteristiche dei rifiuti attraverso la raccolta di tutte le informazioni necessarie per lo smaltimento finale in condizioni di sicurezza ed è obbligatoria per qualsiasi tipo di rifiuto. Le prescrizioni in materia di caratterizzazione sono stabilite ed illustrate nell’Allegato 5.
 

Se le caratteristiche di base di una tipologia di rifiuti dimostrano che gli stessi soddisfano i criteri di ammissibilità per una categoria di discarica, tali rifiuti sono considerati ammissibili nella corrispondente categoria. La mancata conformità ai criteri comporta l’inammissibilità dei rifiuti a tale categoria.
 

Il gestore è inoltre tenuto a conservare i dati richiesti per un periodo di cinque anni.
 

L’articolo 7-ter prevede che i rifiuti giudicati ammissibili in una determinata categoria di discarica, in base alla caratterizzazione prevista dall’articolo 7-bis, siano successivamente sottoposti alla verifica di conformità per stabilire se possiedono le caratteristiche della relativa categoria e se soddisfano i criteri di ammissibilità previsti. La verifica di conformità è effettuata dal gestore sulla base dei dati forniti dal produttore in esito alla fase di caratterizzazione con la medesima frequenza prevista. Il gestore utilizza una o più delle determinazioni analitiche impiegate per la caratterizzazione di base, che devono comprendere almeno un test di cessione per lotto; si prevede siano utilizzati i metodi di campionamento e analisi di cui all’Allegato 6, che reca norme sul campionamento e le analisi.
 

I nuovi articoli 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies e art. 7-septies recano i criteri di ammissibilità dei rifiuti a specifiche categorie di discariche.
 

Rispettivamente, l’art. 7-quater riguarda le discariche per rifiuti inerti, l’art. 7-quinques le discariche per rifiuti non pericolosi, l’art. 7-septies per i rifiuti pericolosi e l’art. 7-sexies disciplina i criteri di ammissibilità alle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi (discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile; discariche per rifiuti in gran parte organici da suddividersi in discariche considerate bioreattori con recupero di biogas e discariche per rifiuti organici pretrattati; discariche per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas).
 

In sintesi, si riformulano e aggiornano i criteri di ammissibilità nelle discariche già previsti dall’articolo 5 del D.M. 27 settembre 2010.
 

Come si evince dalla Relazione illustrativa, si tratta di punti qualificanti del Decreto in oggetto, in quanto il complessivo riordino dei criteri di ammissibilità in discarica è una delle esplicite previsioni recate nella delega data dal legislatore ai sensi dell’articolo 15 della legge di delegazione europea 2018.
 

Nello specifico, l’art. 7-quinques, riprendendo i contenuti dell’art. 6 del D.M. succitato, disciplina l’ammissione e lo smaltimento in discarica dei rifiuti non pericolosi, ponendo alcuni limiti e divieti al riguardo, e disciplinando ai commi 1 e 5 anche i rifiuti pericolosi ma stabili e non reattivi.
 

Il comma 1 dell’articolo 7-quinquies prevede l’ammissione in discarica di rifiuti non pericolosi urbani, o di altra origine che però soddisfino i nuovi criteri di ammissione delineati dal D.L.vo 121/2020, nonché dei rifiuti pericolosi ma stabili e non reattivi.
 

Il comma 2 dell’articolo in oggetto consente di smaltire nelle discariche per rifiuti non pericolosi, senza caratterizzazione analitica, i rifiuti urbani classificati non pericolosi in sede di elenco europeo dei rifiuti, appartenente al capitolo 20.
 

Il comma 3 dell’articolo 7-quinquies precisa che i rifiuti non pericolosi di cui al comma 2 e i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che sono ammessi in discarica devono essere collocati in aree diverse fra loro.
 

Il comma 4 dell’articolo 7-quinquies dispone che, fatte salve le deroghe previste dal nuovo all’articolo 16-ter del D.L.vo n. 36/2003[8], saranno smaltiti nelle discariche per i rifiuti non pericolosi quei rifiuti che rientrano nei limiti della tabella 5-bis dell’Allegato 4 e che, sottoposti a test di cessione di cui all’Allegato 6, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 5-a dell’Allegato 4.
 

Si noti che la tabella 5a dell’Allegato 4 reca i limiti di concentrazione dell’eluato per l’accettabilità dei rifiuti pericolosi stabili non reattivi in discariche per rifiuti non pericolosi.
 

Si tratta senz’altro di un errato richiamo in quanto la tabella recante i limiti di concentrazione dell’eluato dei rifiuti non pericolosi è la 5, rubricata “limiti di concentrazione dell’eluato per l’accettabilità in discariche per rifiuti non pericolosi” e non la 5a.
 

L’errato riferimento alla tabella 5a non prevede peraltro le deroghe (contenute nella tabella 5) per il parametro DOC (carbonio organico disciolto), già previsto nel D.M. 27 settembre 2010.
 

L’articolo 7-sexies, relativo alle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi, attribuisce alle Autorità territorialmente competenti l’individuazione dei criteri di ammissibilità, caso per caso, in base al tipo di sottocategoria.
 

I criteri saranno stabiliti tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti in questione, delle valutazioni di rischio connesso alle emissioni della discarica e dell’idoneità del sito, secondo le modalità indicate nell’Allegato 7. In tale Allegato sono specificate le informazioni relative ai rifiuti che devono essere incluse nella domanda di autorizzazione per le sottocategorie di discariche di rifiuti non pericolosi nonché i criteri di valutazione del rischio.
 

Le autorità territorialmente competenti, in base al comma 4, potranno inoltre autorizzare discariche mono-dedicate per i rifiuti non pericolosi originati da operazioni di messa in sicurezza d’emergenza e da bonifiche dei siti inquinati, in base ai parametri previsti dal codice dell’ambiente.
 

Infine, l’articolo 7-octies riporta i criteri di ammissibilità in depositi sotterranei.
 

Domanda di autorizzazione e procedura di ammissione in discarica

 

La lettera i), comma 1 dell’art. 1 del D.L.vo 121/2020 interviene sull’articolo 8 del D.L.vo 36/2003 relativo alle domande di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio delle discariche. Le modifiche apportate riguardano i dati e le informazioni che dovranno contenere le domande di autorizzazione di discariche di nuova realizzazione (successive all’entrata in vigore del D.L.vo 121/2020) nonché di nuovi lotti di discariche esistenti.
 

In particolare, viene riformulata l’indicazione della capacità totale della discarica al fine di prevedere che questa sia determinata tenendo conto degli strati di copertura giornalieri. La norma ancora vigente fa invece riferimento all’assestamento dei rifiuti e alla perdita di massa dovuta alla trasformazione in biogas.
 

La descrizione del sito dovrà prevedere l’identificazione dei terreni, degli ammassi rocciosi presenti nell’area e dello schema di circolazione idrica del sottosuolo. Viene inoltre specificato che l’indagine stratigrafica che correda la descrizione del sito dovrà essere accompagnata anche dal prelievo di campioni e relative prove di laboratorio. L’indicazione dei metodi previsti per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, dovrà inoltre riferirsi anche alle acque superficiali, all’acqua di falda, al terreno di fondazione e all’aria.
 

Sempre all’art. 8 è previsto che la domanda di autorizzazione contenga tra le informazioni anche gli accorgimenti progettuali atti a garantire la stabilità dei manufatti e del terreno di fondazione con riferimento alle varie fasi dell’opera, facendo riferimento anche agli stati limite d’uso previsti dalle norme tecniche vigenti in materia di campo statico e sismico.
 

Viene specificato che il piano di sorveglianza e controllo è redatto secondo i criteri del nuovo Allegato 2. Quest’ultimo stabilisce, tra l’altro, le modalità di gestione e le procedure minime di sorveglianza e controllo nella fase operativa e post operativa di una discarica.
 

Il Decreto in esame sostituisce l’articolo 11 D.L.vo 36/2003 sulle procedure di ammissione in discarica. In base alla nuova formulazione, il nuovo articolo disciplina le modalità di verifica in loco e di procedure di ammissione. Esso individua le operazioni da seguire, la documentazione da presentare, gli obblighi del gestore, le modalità e la frequenza dei campionamenti.
 

Il comma 7 definisce i compiti del gestore, aggiornando il riferimento alla normativa richiamata dal vigente decreto legislativo n. 36/2003. Tra i compiti del gestore vi sono:

  1. controllare la documentazione relativa ai rifiuti (formulario o documenti di trasporto transfrontaliero ex Regolamento UE 1013/2006);
  2. verificare la conformità delle caratteristiche dei rifiuti ai criteri di ammissibilità
  3. annotare nel registro di carico e scarico dei rifiuti tutte le caratteristiche dei rifiuti depositati. Nel caso di rifiuti pericolosi il registro dovrà contenere apposita documentazione o una mappatura che consenta di individuare la zona della discarica dove sono smaltiti tali rifiuti;
  4. sottoscrivere le copie del formulario di identificazione;
  5. comunicare alla Regione e alla Provincia competente la mancata ammissione dei rifiuti in discarica, ferma l’applicazione delle disposizioni previste dal citato regolamento (CE) n. 1013/2006.

 

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Chiusura e gestione post-operativa delle discariche

 

La lettera n), art. 1 del D.L.vo 121/2020 modifica l’articolo 12 del D.L.vo 36/2003 relativo alle procedure di chiusura della discarica, inserendo il rinvio alla lettera f-bis dell’articolo 8. In particolare, prevede che la procedura di chiusura possa essere attuata solo dopo aver verificato la conformità della morfologia della discarica e tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 8, comma 1, lettere c) e) e f-bis) che riguarda gli accorgimenti progettuali previsti per la stabilità in base alle norme tecniche vigenti.
 

La lettera o), art.1 del D.L.vo 121/2020 modifica, invece, l’articolo 13 relativo alla gestione operativa e post-operativa, al fine di attuare le disposizioni di delega previste dall’articolo 15, comma 1, lettera c) della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
 

È stato, infatti, inserito il comma 6-bis, secondo cui “La fine del periodo di gestione post-operativa deve essere proposta dal gestore e deve essere ampiamente documentata con una valutazione del responsabile tecnico sull’effettiva assenza di rischio della discarica, con particolare riguardo alle emissioni da essa prodotte (percolato e biogas). In particolare, deve essere dimostrato che possono ritenersi trascurabili gli assestamenti della massa di rifiuti e l’impatto ambientale (anche olfattivo) delle emissioni residue di biogas. Per quanto riguarda il percolato deve essere dimostrato che il potere inquinante del percolato estratto è trascurabile, ovvero che per almeno due anni consecutivi la produzione del percolato è annullata.
 

Tali valutazioni debbono essere effettuate attraverso apposita analisi di rischio effettuata ai sensi dell’Allegato 7 al presente decreto. Deve inoltre essere verificato il mantenimento di pendenze adeguate al fine di consentire il deflusso superficiale diffuso delle acque meteoriche[9].
 

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Errori e refusi del Decreto: l’appello di FISE Assoambiente

 

Rispetto al Decreto in esame non si sono fatte attendere le osservazioni delle Associazioni di categoria delle imprese operanti in tale settore.
 

I principali rilievi mossi dalle imprese riguardano perlopiù i possibili impatti tecnici e gestionali conseguenti all’errato riferimento alla tabella 5a dell’Allegato 4 di cui al comma 4 dell’art. 7-quinques, come sopra evidenziato.
 

A fronte delle numerose segnalazioni, giovedì 10 settembre u.s., FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica) ha presentato appello al Ministero dell’Ambiente, chiedendo di intervenire urgentemente per correggere le disposizioni fra loro in antinomia e gli errati riferimenti: “Al fine di evitare importanti criticità nello smaltimento in discarica dei rifiuti che attualmente non trovano altri sbocchi, chiediamo un urgente intervento da parte del Ministero dell’Ambiente sul nuovo Decreto, sia a livello normativo (con la correzione di alcuni refusi e di disposizioni non coordinate tra loro), sia a livello di indirizzo verso le Regioni al fine di definire eventuali ordinanze volte a superare le criticità evidenziate”.
 

A che risulti, la prima Regione ad intervenire in tal senso è stata la Regione Umbria, la quale con propria ordinanza (n. 58 del 30 settembre 2020), adottata ai sensi dell’art. 191 del D.L.vo 152/06, al fine di evitare la situazione emergenziale di blocco della gestione rifiuti, ordina ai gestori delle discariche il rispetto di quanto disciplinato all’art.1 dell’ordinanza:
 

“1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 16 ter del D.Lgs. del 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), nelle discariche per rifiuti non pericolosi sono smaltiti rifiuti non pericolosi che rispettano i limiti indicati nella tabella 5-bis dell’Allegato 4 del D.Lgs. 36/2003, e che, sottoposti a test di cessione di cui all’Allegato 6 dello stesso decreto legislativo, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 5 dell’Allegato 4.

  1. I gestori delle discariche sono tenuti al rispetto di quanto disciplinato al comma 1, in

deroga a quanto disciplinato dall’art. 7-quinquies, comma 4 del D.Lgs. 36/2003”.

Le disposizioni di tale ordinanza avranno efficacia fino al 31 dicembre 2020, e la sua durata è reiterabile ai sensi dell’art. 191, comma 4 del D.L.vo 152/2006.
 

Oltre all’errore di cui all’art. 7-quinques, comma 4, si segnalano ulteriori incongruenze:

– la lettera r) dell’art. 1 del D.L.vo 121/2020, aggiungendo all’art. 17 del D.L.vo 36/2003 il comma 7-bis, prevede che “i limiti di cui alla tabella 5, nota lettera h dell’Allegato 4” [limiti di concentrazione nell’eluato relativi ai fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane], ai sensi dell’art. 7-quinquies, comma 4, si applicano a partire dal 1 gennaio 2024”.

A comprova del refuso o errore materiale sopra citato, si fa notare che il riferimento, ivi operato, alla tabella 5 dell’Allegato 4 non trova corrispondenza con il citato art. 7-quinques, comma 4, che invece rimanda erroneamente alla tabella 5a dell’Allegato 4.

Inoltre, l’art. 7-quinques, comma 4, non prevede alcuna deroga o proroga temporale.

– Come sopra indicato, l’art. 5 del D.L.vo 36/2003, modificato dal Decreto 121/2020, prevede che a partire dal 2030 sarà vietato lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o ad altro recupero, tranne i rifiuti per cui lo smaltimento in discarica rappresenta il miglior risultato ambientale (i quali verranno elencati non esaustivamente tramite futuro D.M.). Contemporaneamente, il nuovo art. 6 dispone l’immediato divieto di conferimento in discarica dei rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, senza alcun rimando al precedente articolo o ad un termine temporale per l’applicabilità.

– Da ultimo, si rileva che la nota (*) ai limiti di PCDD/PCDF di cui alle tabelle 3; 5-bis, 6-bis dell’Allegato 4 fanno riferimento ai fattori di equivalenza “di cui alla tabella 1 dell’Allegato P”. Nel Decreto 121/2020 non è tuttavia presente alcun Allegato P.

 

Queste in sintesi le principali criticità rilevate dal comparto produttivo e dagli scriventi, che ci auguriamo vengano comprese e corrette dal Legislatore.

 

Piacenza, 2 ottobre 2020.

 

[1] Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti. Pubblicata sulla GUCE L 182 del 16 luglio 1999.

[2] Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Pubblicato sulla GU n. 59 del 12 marzo 2003.

[3]Attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”. Pubblicato sulla G.U. n. 228 del 14 settembre 2020.

[4] Decreto 27 settembre 2010, Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005. Pubblicato sulla GU n. 281 del 1° dicembre 2010.

[5] Si segnala, tuttavia, che a norma dell’art. 2 (Abrogazioni e disposizioni transitorie) del D.L.vo 121/2020, i limiti previsti nella tabella 5, nota lettera a) dell’art. 6 del D.M. 27 settembre 2010 continuano ad applicarsi fino al 1 gennaio 2014.

[6] La disposizione attua quanto disposto dalla Direttiva 2018/850/UE, che all’articolo 5, comma 3-bis, dispone “3-bis. Gli Stati membri si adoperano per garantire che, entro il 2030, tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica, a eccezione dei rifiuti per i quali il collocamento in discarica produca il miglior risultato ambientale conformemente all’articolo 4 della direttiva 2008/98/CE.”.

Tale prescrizione va letta in combinato disposto con l’ottavo considerando della medesima Direttiva: “(8) Al fine di garantire la corretta applicazione della gerarchia dei rifiuti, è opportuno adottare misure appropriate per applicare, a partire dal 2030, le restrizioni sul collocamento in discarica a tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o a altro recupero di energia o di materia. Tali restrizioni non si applicano nei casi in cui si possa dimostrare che i rifiuti non sono adatti al riciclaggio o ad altro recupero e che il collocamento in discarica garantirebbe il miglior risultato ambientale complessivo, in linea con la gerarchia dei rifiuti di cui alla direttiva 2008/98/CE”.

[7] Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 relativo agli inquinanti organici persistenti. Pubblicato sulla GUE n. L 169/45 del 25 giugno 2019.

[8] Il nuovo art. 16-ter (Deroghe), inserito a norma dell’art.1, lettera q) del D.L.vo 121/2020, prevede che: “1. Sono ammessi valori limite più elevati per i parametri specifici fissati agli articoli 7-quater , 7-quinquies , 7-septies e 7-octies del presente decreto qualora: a) sia effettuata una valutazione di rischio, secondo le modalità di cui all’Allegato 7, con particolare riguardo alle emissioni della discarica, che, tenuto conto dei limiti per i parametri specifici previsti dal presente decreto, dimostri che non esistono pericoli per l’ambiente in base alla valutazione dei rischi;

  1. b) l’autorità territorialmente competente conceda un’autorizzazione presa, caso per caso, per rifiuti specifici per la singola discarica, tenendo conto delle caratteristiche della stessa discarica e delle zone limitrofe;
  2. c) fino al 30 giugno 2022, i valori limite autorizzati per la specifica discarica non superino, per più del triplo, quelli specificati per la corrispondente categoria di discarica e, limitatamente al valore limite relativo al parametro TOC nelle discariche per rifiuti inerti, il valore limite autorizzato non superi, per più del doppio, quello specificato per la corrispondente categoria di discarica;

c-bis) a partire dal 1° luglio 2022 i valori limite autorizzati per la specifica discarica non superino, per più del doppio, quelli specificati per la corrispondente categoria di discarica e, limitatamente al valore limite relativo al parametro Toc nelle discariche per rifiuti inerti, il valore limite autorizzato non superi, per più del 50 per cento, quello specificato per la corrispondente categoria di discarica.

  1. In presenza di concentrazioni elevate di metalli nel fondo naturale dei terreni circostanti la discarica, l’autorità territorialmente competente può stabilire limiti più elevati coerenti con tali concentrazioni.
  2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai seguenti parametri:
  3. a) carbonio organico disciolto (DOC) di cui alle tabelle 2, 5a e 6 dell’Allegato 4;
  4. b) Btex e olio minerale di cui alla tabella 4 dell’allegato 4;
  5. c) PCB di cui alla tabella 3 dell’Allegato 4;
  6. d) carbonio organico totale (TOC) e PH nelle discariche per rifiuti non pericolosi che smaltiscono rifiuti pericolosi stabili e non reattivi;
  7. e) carbonio organico totale (TOC) nelle discariche per rifiuti pericolosi.
  8. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, nell’ambito degli obblighi di relazione sull’attuazione della direttiva 1999/31/CE, previsti dall’articolo 15 della medesima direttiva, invia alla Commissione europea una relazione sul numero annuale di autorizzazioni concesse in virtù del presente articolo, sulla base delle informazioni ricevute dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’ambiente 4 agosto 1998, n. 372. La relazione è elaborata in base al questionario adottato con la decisione 2000/738/CE del 17 novembre 2000 della Commissione.”

[9] Si segnala che, a norma dell’art. 2 (Abrogazioni e disposizioni transitorie) del D.L.vo 121/2020, le modifiche introdotte dalle suddette lettere n) e o), art. 1 del D.L.vo 121/2020 si applicano alle discariche di nuova realizzazione, nonché alla realizzazione di nuovi lotti delle discariche esistenti le cui domande di autorizzazione siano state presentate dopo la data dell’entrata in vigore del Decreto in commento.

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