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Stefano Maglia

Disequilibrio sanzionatorio ambientale dopo la riforma degli ecoreati e della c.d. 231 ambiente

di Stefano Maglia

Categoria: Responsabilità ambientali

Senza scomodare i padri del diritto penale e alcune fondamentali pronunce della Corte Costituzionale degli anni ’80, vorrei prendere spunto da quanto prevede la fondamentale Direttiva 2008/99/CE del 19 novembre 2008 in tema di “Tutela penale dell’ambiente”, ed in particolare da quanto viene esplicitamente espresso nell’art 5: “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”.

La prima riflessione concerne il contenuto di quei richiamati artt. 3 e 4. Il primo (“Infrazioni”) obbliga “ciascuno stato ad adoperarsi affinchè le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati”. Sottolineo non tanto l’elenco delle attività ivi riportate (ed ancor più esplicitate nell’allegato alla Direttiva) ma il “rivoluzionario” riferimento all’elemento soggettivo per la qualificazione come reati, elemento che viene ulteriormente espresso nell’articolo successivo (il 4) che prevede una punizione penale anche in caso di favoreggiamento ed istigazione a commettere tali reati. Su questo punto non v’è chi non veda il sostanziale inadempimento e disinteresse del nostro ordinamento giuridico.

Per quanto concerne poi il fatto che le sanzioni in materia ambientale nel nostro ordinamento siano “efficaci, proporzionate e dissuasive”...

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