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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
La recente pubblicazione del Decreto 13 Ottobre 2016, n.264 da parte del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti” ha reso ancora più attuale la discussione in merito alla possibilità di utilizzare in sottoprodotti utilizzabili da altre industrie o filiere industriali favorendo lo sviluppo del concetto di economia circolare, evitando un estensiva e ingiustificata applicazione della normativa in materia di rifiuti.
La nozione di “sottoprodotto” viene introdotta dalla Corte europea di Giustizia che, in ripetute sentenze, ne dà un quadro definitorio ad iniziare proprio dalle modalità produttive. All’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea segue un altro passo fondamentale, ovvero la Comunicazione interpretativa in materia di rifiuti e di sottoprodotti (datata 21 febbraio 2007 COM 2007/59) che, benché antecedente alla Direttiva del 2008, è ancora attuale ed offre ancora materiali, spunti di confronto e di riflessione.
Con la Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti trova ingresso nella normativa comunitaria la nozione di “sottoprodotto”. L’art. 5 della predetta Direttiva stabilisce le condizioni affinché determinate sostanze suscettibili di un utilizzo economico possano essere reintrodotte nel ciclo economico senza la necessità di essere sottoposte alle operazioni di trattamento previste per i rifiuti.
L’art. 5 elenca le condizioni alle quali una sostanza o un oggetto può essere considerato un sottoprodotto. Tali condizioni sono da intendersi esaustive e cumulative. L’art. 5, comma 1, costituisce una norma immediatamente operativa inteso nel senso che, una volta recepita nell’ordinamento nazionale, mette a disposizione una vera e propria definizione della nozione di sottoprodotto.
Il fatto che “il legislatore comunitario” abbia optato per includere nella nuova direttiva la una specifica nozione è funzionale all’esigenza di fornire certezza giuridica.
L’obiettivo del Decreto, chiaramente indicato nell’art. 1, comma 1 è quello di disincentivare l’impiego di materiali che, seppure residuali, possono essere utilmente impiegati nello stesso o in altro ciclo produttivo, nel rispetto dell’ambiente e della salute.
Il Regolamento n.264, quindi, entrato in vigore a partire dal 2 marzo 2017, costituisce uno degli strumenti a supporto degli operatori, delle Amministrazioni e degli organi di controllo per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente al fine di qualificare un residuo di produzione come sottoprodotto.
Peraltro, la base giuridica del decreto non può che riguardare “ misure per stabilire criteriqualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano consideratisottoprodotti e non rifiuti” (art. 184 bis, comma 2).
In questo senso il richiamo dell’allegato 1 nell’art.1, comma 3 ne individua certamente il campo di applicazione senza, tuttavia, contenere (né potrebbe contenere) un “elenco” di sottoprodotti, dovendo essere rimessa comunque, la valutazione del rispetto dei criteri indicati, ad una valutazione “in concreto”.
Come precisato nell’articolo 1, comma 2 del decreto, infatti, “i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze e devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all’impiego nello stesso processo o in uno successivo”.
Chiarito il campo di applicazione e che comunque il decreto non individua un elenco l’articolo 4, comma 2 del decreto prevede che nel regolamento siano indicate “alcune modalità con cui provare la sussistenza delle circostanze di cui al comma 1, fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel presente decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto. Resta fermo l’obbligo di rispettare i requisiti di impiego e di qualità previsti dalle pertinenti normative di settore”.
La disposizione è chiara nell’escludere l’effetto vincolante del sistema probatorio disciplinato dal decreto, precisando, che, fermo restando l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni, le modalità di prova indicate non sono esaustive e non sono esclusive.
In questo senso il richiamo alla Comunicazione interpretativa in materia di rifiuti e di sottoprodotti (datata 21 febbraio 2007 COM 2007/59) che, benché antecedente alla Direttiva del 2008, è ancora lo strumento principe per operare in quest’ambito.
Sarebbe peraltro auspicabile che associazioni ed enti adottassero, per i rispettivi ambiti di competenza, linee guida settoriali che assoggettate a forme opportune di consultazione pubblica e di relativa pubblicità, potrebbero anch’esse offrire un’opportuna guida per i rispettivi settori.
Di questo argomento si tratterà approfonditamente nell’ambito dei seguenti corsi di formazione:
Rifiuti: novità e criticità Sottoprodotti, Albo, Classificazione, Miscelazione, Discariche, Assimilazione, Responsabilità, SISTRI, Economia Circolare
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Elogio del sottoprodotto
di Massimo Medugno
La recente pubblicazione del Decreto 13 Ottobre 2016, n.264 da parte del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti” ha reso ancora più attuale la discussione in merito alla possibilità di utilizzare in sottoprodotti utilizzabili da altre industrie o filiere industriali favorendo lo sviluppo del concetto di economia circolare, evitando un estensiva e ingiustificata applicazione della normativa in materia di rifiuti.
La nozione di “sottoprodotto” viene introdotta dalla Corte europea di Giustizia che, in ripetute sentenze, ne dà un quadro definitorio ad iniziare proprio dalle modalità produttive. All’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea segue un altro passo fondamentale, ovvero la Comunicazione interpretativa in materia di rifiuti e di sottoprodotti (datata 21 febbraio 2007 COM 2007/59) che, benché antecedente alla Direttiva del 2008, è ancora attuale ed offre ancora materiali, spunti di confronto e di riflessione.
Con la Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti trova ingresso nella normativa comunitaria la nozione di “sottoprodotto”. L’art. 5 della predetta Direttiva stabilisce le condizioni affinché determinate sostanze suscettibili di un utilizzo economico possano essere reintrodotte nel ciclo economico senza la necessità di essere sottoposte alle operazioni di trattamento previste per i rifiuti.
L’art. 5 elenca le condizioni alle quali una sostanza o un oggetto può essere considerato un sottoprodotto. Tali condizioni sono da intendersi esaustive e cumulative. L’art. 5, comma 1, costituisce una norma immediatamente operativa inteso nel senso che, una volta recepita nell’ordinamento nazionale, mette a disposizione una vera e propria definizione della nozione di sottoprodotto.
Il fatto che “il legislatore comunitario” abbia optato per includere nella nuova direttiva la una specifica nozione è funzionale all’esigenza di fornire certezza giuridica.
L’obiettivo del Decreto, chiaramente indicato nell’art. 1, comma 1 è quello di disincentivare l’impiego di materiali che, seppure residuali, possono essere utilmente impiegati nello stesso o in altro ciclo produttivo, nel rispetto dell’ambiente e della salute.
Il Regolamento n.264, quindi, entrato in vigore a partire dal 2 marzo 2017, costituisce uno degli strumenti a supporto degli operatori, delle Amministrazioni e degli organi di controllo per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente al fine di qualificare un residuo di produzione come sottoprodotto.
Peraltro, la base giuridica del decreto non può che riguardare “ misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti” (art. 184 bis, comma 2).
In questo senso il richiamo dell’allegato 1 nell’art.1, comma 3 ne individua certamente il campo di applicazione senza, tuttavia, contenere (né potrebbe contenere) un “elenco” di sottoprodotti, dovendo essere rimessa comunque, la valutazione del rispetto dei criteri indicati, ad una valutazione “in concreto”.
Come precisato nell’articolo 1, comma 2 del decreto, infatti, “i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze e devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all’impiego nello stesso processo o in uno successivo”.
Chiarito il campo di applicazione e che comunque il decreto non individua un elenco l’articolo 4, comma 2 del decreto prevede che nel regolamento siano indicate “alcune modalità con cui provare la sussistenza delle circostanze di cui al comma 1, fatta salva la possibilità di dimostrare, con ogni mezzo ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel presente decreto, o che soddisfano criteri differenti, che una sostanza o un oggetto derivante da un ciclo di produzione non è un rifiuto, ma un sottoprodotto. Resta fermo l’obbligo di rispettare i requisiti di impiego e di qualità previsti dalle pertinenti normative di settore”.
La disposizione è chiara nell’escludere l’effetto vincolante del sistema probatorio disciplinato dal decreto, precisando, che, fermo restando l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni, le modalità di prova indicate non sono esaustive e non sono esclusive.
In questo senso il richiamo alla Comunicazione interpretativa in materia di rifiuti e di sottoprodotti (datata 21 febbraio 2007 COM 2007/59) che, benché antecedente alla Direttiva del 2008, è ancora lo strumento principe per operare in quest’ambito.
Sarebbe peraltro auspicabile che associazioni ed enti adottassero, per i rispettivi ambiti di competenza, linee guida settoriali che assoggettate a forme opportune di consultazione pubblica e di relativa pubblicità, potrebbero anch’esse offrire un’opportuna guida per i rispettivi settori.
Di questo argomento si tratterà approfonditamente nell’ambito dei seguenti corsi di formazione:
Rifiuti: novità e criticità
Sottoprodotti, Albo, Classificazione, Miscelazione, Discariche, Assimilazione, Responsabilità, SISTRI, Economia Circolare
FIRENZE, 16/06/2017
RIVALTA (PC), 12/07/2017
Relatori: Stefano Maglia, Miriam Viviana Balossi, Giulia Guagnini, Jonathan Sozzi
Piacenza, 10.05.2017
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