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L’ End of Waste dopo la sentenza del Consiglio di Stato n.1229 pubblicata il 28 febbraio 2018

di Paola Bologna

Categoria: Rifiuti

Qualificare un materiale come End of Waste (letteralmente “fine del rifiuto”), significa porlo al di fuori della categoria “rifiuto”, con la conseguenza che potrà essere gestito come una qualsiasi merce, non essendo più soggetto alle norme in materia di tracciabilità e/o autorizzazione preventiva al trasporto ed alla gestione attualmente vigenti con riferimento ai rifiuti.

 

In pieno accordo con la normativa comunitaria attualmente vigente, nonché con il c.d. pacchetto delle direttive “rifiuti ed economia circolare” definito nel dicembre 2017 e tendente a massimizzare la conversione della gestione dei materiali dal modello “dalla culla alla tomba” al modello “dalla culla alla culla” di cui l’EoW è testata d’angolo, il testo unico ambientale prevede già dal 2010 che la qualifica di EoW possa essere riconosciuta caso per caso attraverso il rilascio, da parte delle Regioni competenti, di autorizzazioni ordinarie o AIA all’esercizio di operazioni di recupero, laddove non sia stato adottato per il materiale considerato uno specifico regolamento comunitario o un decreto ministeriale nazionale di settore (o meglio detto di filiera).

 

La norma di riferimento è il combinato disposto degli articoli 208, 211 (per le autorizzazioni ordinarie) e dell’articolo 29 e seguenti (per l’Autorizzazione Integrata Ambientale), che attribuiscono alle Regioni la competenza ad adottare (su istanza degli interessati) i provvedimenti autorizzativi degli impianti di recupero rifiuti, e dell’art. 184 ter del d.lgs.n.152/2006, che stabilisce i criteri verificati i quali un rifiuto sottoposto ad un’operazione di recupero cessa di essere tale.

Tali criteri sono adottati nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto (prodotto con l’operazione di recupero) è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per la sostanza o l’oggetto ottenuto con il recupero; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti (compreso il regolamento c.d. REACH); d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto prodotto con l’operazione di recupero non porterà impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana (art. 184 ter comma 1 TUA).

L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri stabiliti conformemente alle predette condizioni (art. 184 ter comma 2 TUA).

 

Con la circolare 1° luglio 2016 prot. 10045, anche il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si è fatto promotore della divulgazione presso le Regioni dei contenuti dell’art. 184 ter d.lgs.n.152/2006, al fine di sottolineare le competenze regionali in tema di EoW in sede di rilascio della autorizzazioni ordinarie (art.208 -2011) ed AIA (art. 29 ss),[1] competenze attribuite loro non dalla circolare ministeriale (che non è fonte del diritto),[2] ma direttamente dalla legge statale in accordo con la vigente normativa comunitaria.[3]

 

Il rilascio caso delle autorizzazioni comprensive del riconoscimento dell’EoW a norma della citata normativa ha subito un brusco arresto con la pubblicazione in data 28 febbraio 2018 della sentenza del Consiglio di Stato n. 1229.

Ne è derivata una situazione di grave precarietà per tutte le imprese già autorizzate all’EoW in base alla normativa in commento, nonché per quelle in procinto di proporre la relativa domanda o in attesa dell’emissione del provvedimento finale dell’iter amministrativo già regolarmente instaurato.

La pronuncia del Giudice Amministrativo è stata immeditamente criticata dalle singole imprese, dalle loro rappresentanze, nonchè dalle Regioni in qualità di enti competenti al rilascio delle autorizzazioni ambientali e sulle quali ha inciso maggiormente.

 

Particolare menzione merita l’approvazione da parte della Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome dell’Ordine del Giorno “End of Waste” avvenuta lo scroso 19 aprile 2018, con cui la Conferenza stessa “chiede al Governo di promuovere la seguente integrazione al Codice dell’Ambiente:<<all’art. 184 – ter del d.lgs.n.152/2006 inserire il seguente comma: 6. Per ciascuna tipologia di rifiuto, fino alla data di entrata in vigore del relativo decreto di cui al comma 2, i criteri specifici di cui al comma 1 possono essere stabiliti dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano per il singolo caso, nel rispetto delle condizioni ivi indicate, tramite autorizzazioni rilasciate ai sens degli articoli 208,209 e 211, nonché ai sensi del titolo l/l-bis della parte seconda del decreto legislativo n.152 del 2006. Restano ferme le autorizzazioni già rilasciate, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi degli articoli 208, 209, 211, nonché ai sensi del titolo l/l-bis della parte seconda del decreto legislativo n.152/2006, ove conformi alle condizioni di cui al comma 1>>”.

 

Se da un lato l’approvazione del detto Ordine del Giorno testimonia l’indirizzo unanime delle Regioni come del tutto favorevole alla conferma dell’efficacia dell’individuazione caso per caso ex art. 184 ter TUA da parte delle Regioni stesse dei criteri EoW con il rilascio delle autorizzazioni ordinarie o AIA al recupero, dall’altro rischia di sminuire tutti i numerosi, validi e fondati elementi di contestazione della sentenza in commento.

 

Gli operatori del settore, infatti, piuttosto che chiedere la modifica della normativa vigente (e dunque ammettere implicitamente la sua incompletezza e/o farragginosità) dovrebbero insistere per pretenderne l’applicazione rebus sic statibus, affermandone invece la compiutezza e confermando dunque la sua piena e legittima applicazione anche con riferimento alle autorizzazioni già rilasciate, soggette a rinnovo o in fase di rilascio.

 

In particolare, uno dei principali elementi utili a contestare la sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2018 risiede proprio nell’argomento principale utilizzato dalla stessa per riformare la sentenza della terza sezione del TAR Veneto n. 1422/2016.

Il Collegio giudicante ha ritenuto, infatti, di annullare l’autorizzazione al recupero di rifiuti comprensiva del riconoscimento EoW rilasciata dall’ente territoriale ex art. 211 in applicazione dell’art. 184 ter TUA, sulla base dell’assunto per il quale la Direttiva UE 98/2008 attribuirebbe esclusivamente agli Stati membri (e dunque in Italia solo al Ministero dell’Ambiente) il potere di regolamentare l’EoW, con la conseguenza che sarebbe riservata al MATTM la possibilità di indicare i criteri caso per caso per la verifica della cessazione della qualifica di rifiuto.

In realtà, lo Stato membro Italia (proprio in adempimento della Direttiva 98/2008) ha validamente individuato nelle Regioni (attribuendo loro anche potestà di delegare la competenza attribuita) l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni ordinarie ed AIA per gli impianti di recupero rifiuti, attribuendo loro in questo modo anche la competenza (per gli stessi impianti) all’individuazione caso per caso dei criteri EoW di cui all’art. 184 ter d.lgs.n.152/2006.

In altre parole, come le Regioni hanno la competenza di imporre tutte le altre prescrizioni generalmente contenute nelle autorizzazioni ordinarie e/o AIA che rilasciano, laddove richiesto dal proponente, individuano caso per caso ex art. 184 ter del TUA anche i criteri EoW.

In forza dell’art. 2909 c.c.[4] e della costante giurisprudenza del Consiglio di Stato sui limiti soggettivi del giudicato amministrativo, inoltre, il provvedimento giurisdizionale in commento si applica eslclusivamente alle Parti in causa (in questo caso Regione Veneto e Contarina S.p.A.), in quanto ha annullato un provvedimento di autorizzazione riferito esclusivamente all’impianto di Contarina S.p.A. e non un provvedimento rivolto a destinatari indeterminati ed indeterminabili,[5] con la conseguenza che, esso non è opponibile a soggetti terzi estranei, né aventi causa di Regione Veneto e Contarina S.p.A..

In conclusione, perché l’EoW continui a rappresentare il presente virtuoso del sistema di gestione dei rifiuti attualmente adottato in Italia, è necessario ragionare ed agire tutti de jure condito e non de jure condendo.

 

Piacenza, 19.06.2018

 

[1] “(…) le Regioni – o gli enti da queste individuati – possono, in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista dagli articoli 208-209 e 211, e quindi anche in regime di autorizzazione integrata ambientale (AIA), definire i criteri EoW previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma 1 dell’art. 184 ter rispetto a rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei succitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali” (cfr. circolare MATTM n.10045 del 1° luglio 2017).

[2] “La circolare è un atto interno che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante per il giudice penale e per i suoi stessi destinatari, non potendo in ogni caso porsi in contrasto con l’evidenza del dato normativo (…). Essa non vincola nemmeno gli uffici gerarchicamente sotto ordinati della stessa amministrazione ai quali non è vietato disattenderla senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall’ufficio possa essere ritenuto illegittimo per violazione della circolare” (Cass. Penale Sez. III, 13 giugno 2012 n.26170).

[3] “La circolare interpretativa di una disposizione di legge è atto interno finalizzato ad indirizzare uniformemente l’azione degli organi amministrativi, privo di effetti esterni cosicchè, non essendo considerabile atto presupposto del provvedimento lesivo, non sussiste l’onere della sua impugnazione” (Consiglio di Stato, sez. V, n.2268 del 30 aprile 2014).

[4] Art.2909 c.c. – Cosa giudicata. L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.

[5] Ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, n.5459 del 18.11.2013: “Si deve ritenere che il principio di efficacia erga omnes delle pronunce del giudice amministrativo trovi applicazione solo nelle ipotesi in cui si tratti dell’annullamento di atti normativi secondari o amministrativi generali, ossia atti rivolti a destinatari indeterminati ed indeterminabili a priori; soltanto in tali casi, infatti, l’efficacia delle decisioni giurisdizionali si sottrae ai limiti soggettivi del giudicato amministrativo”.

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