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Stefano Maglia

End of Waste: facciamo il punto a giugno 2022

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

Siamo ormai a metà 2022 ed è il caso di fare il punto su tutto quello che sappiamo ed è recentemente cambiato sull’End of Waste.

1) La cessazione della qualifica di rifiuto (c.d. “end of waste”)

 

Il fine vita di un rifiuto è un tema che nel nostro Paese riveste una grande importanza, soprattutto da quando – a seguito della riforma operata dal Dlgs. 205/2010[1] – è stato introdotto, all’interno del Testo Unico Ambientale, l’art. 184-ter (dal contenuto sostanzialmente analogo all’art. 6 della Direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti).
Il termine end of waste (ovvero “cessazione della qualifica di rifiuto”) si riferisce ad un procedimento per il quale un rifiuto, dopo essere stato sottoposto ad un processo di recupero, perde la qualifica di rifiuto per acquisire quella di prodotto.
La definizione dei confini dell’ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti, che porta alla separazione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è più, è essenziale al fine di assicurare l’efficacia degli strumenti legislativi necessari al conseguimento degli obiettivi ambientali comunitari e di limitare i rischi per l’ambiente e la salute che possono derivare da una gestione non corretta degli scarti di produzione o di consumo[2].
In sostanza, la ratio della disciplina sull’end of waste è quella di stabilire criteri ambientali di “alto livello”, al fine di migliorare le prestazioni e le caratteristiche dei prodotti recuperati, aumentando, di conseguenza, la fiducia dei consumatori nei confronti di tali prodotti.

2) Disciplina normativa

 

Ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006, un rifiuto cessa di essere tale quando è sottoposto ad una operazione di recupero[3], – incluso il riciclaggio – e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle condizioni di cui alle lettere a), b), c) e d) stabilite al comma 1 del medesimo art. 184-ter.
I suddetti criteri devono essere adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina europea, ovvero – in mancanza di criteri comunitari – caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso decreti del Ministero della Transizione Ecologica[4].
I suddetti criteri, includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.
Ad oggi, i regolamenti che sono stati adottati a livello comunitario riguardano:

  • Regolamento 333/2011: ferro, acciaio e alluminio;
  • Regolamento 1179/2021: vetro;
  • Regolamento 715/2013: rame e leghe di rame.

 

I criteri nazionali adottati per la cessazione della qualifica di rifiuto riguardano:

  • DM 22/2013: combustibili Solidi Secondari (CSS)
  • DM 69/2018: conglomerati bituminosi;
  • DM 62/2019: prodotti assorbenti per la persona (PAP);
  • DM 78/2020: gomma vulcanizzata derivante da pneumatici fuori uso;
  • DM 188/2020: carta e cartone.

 

Peraltro, a norma del comma 3 dell’art. 184-ter, in mancanza di criteri specifici adottati tramite regolamenti europei o decreti nazionali, le autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero (di cui all’art. 208 – Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti – e al Titolo III bis – Autorizzazione Integrata Ambientale – del Dlgs. 152/2006) devono essere rilasciate o rinnovate nel rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 6 della Direttiva 2008/98/CE e sulla base di criteri dettagliati definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori, previo parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA o dell’ARPA territorialmente competente[5].
Per il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento di operazioni di recupero da parte dell’autorità competente, il richiedente dovrà predisporre un progetto di lavorazione dei rifiuti che – richiamando specifiche norme tecniche e gli standard previsti – attesti l’efficienza delle operazioni di recupero, ovvero la reale produzione di prodotti recuperati, secondo le caratteristiche commerciali del mercato.
I parametri di riferimento per l’autorità procedente sono rappresentati dalle norme tecniche e dagli standard esistenti e, in particolare, dalle norme tecniche UNI, documenti tecnici che, pur essendo di applicazione volontaria, costituiscono riferimenti certi per gli operatori (per quelle stabilite per il caso di specie si veda il paragrafo seguente).
In altri termini, i riferimenti normativi da individuare e applicare in materia di cessazione della qualifica di rifiuto, non sono costituiti tanto dalla legislazione vigente in materia di recupero di rifiuti (con procedura ordinaria o tramite procedure semplificate di cui ai Decreti Ministeriali 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161), ma da specifiche norme tecniche che individuino i requisiti minimi e gli standard tecnici che devono possedere i prodotti derivanti dalle operazioni di recupero diverse da quelle codificate nei due decreti citati.
Le condizioni che – ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006 – devono essere soddisfatte contestualmente per far sì che il rifiuto risultante dal processo di recupero non sia più da considerarsi come tale, in quanto oggettivamente divenuto un prodotto sono[6]:
a) La sostanza o l’oggetto sono destinati ad essere utilizzati per scopi specifici.

La possibilità di impiego degli output del processo di recupero deve essere attuale e non potenziale: in altri termini, la sostanza o l’oggetto devono poter essere utilizzabili in ambiti applicativi noti e preventivamente individuati, conosciuti e definibili.

In questo senso, il richiedente dovrà dare descrizione dettagliata degli usi ammessi per la sostanza o l’oggetto che cessa la qualifica di rifiuto, indicare le tipologie di processo produttivi in cui tale sostanza od oggetto viene utilizzata/o, le relative fasi e, se previste, le percentuali di sostituzione della materia prima.
b) Esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto.

L’esistenza di un mercato o una domanda dimostra che il bene derivante dal processo di recupero difficilmente sarà abbandonato o smaltito illegalmente, perché ritenuto utile da una pluralità di soggetti disposti ad acquistarlo.

A tal fine, dovrà essere data descrizione del mercato o della domanda esistenti per quella sostanza od oggetto (anche in relazione al mercato attuale) e dovranno essere descritti eventuali accordi con gli utilizzatori (allegando, ad esempio, contratti commerciali, ordini, ecc.).
c) La sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti.

L’output dell’operazione di recupero dovrà avere caratteristiche predeterminate (requisiti tecnici), essere in grado di garantire le prestazioni richieste in concrete condizioni di utilizzo o consumo (scopi specifici) ed essere conforme sia alla legislazione cogente applicabile (normativa) sia alle norme tecniche relative a quel tipo di bene (standard).

A tal fine, dovrà essere descritta la legislazione applicabile, quale, ad esempio:

  • le norme tecniche di prodotti internazionali riconosciute dall’UE o nazionali;
  • le normative nazionali specifiche (per esempio normativa sulle biomasse ecc.);
  • i criteri end of waste nazionali o europeo (se esistenti);
  • standard privati (accordi specifici con gli utilizzatori).

Una volta definita la normativa applicabile, dovrà essere fornita la documentazione che dimostri la rispondenza della sostanza/oggetto che cessa la qualifica di rifiuto con gli standard tecnici e dovrà essere predisposto, ove possibile, un confronto degli stessi con quelli riferiti alla materia prima sostituita.

Dovranno, inoltre, essere indicati gli standard ambientali eventualmente previsti dalla normativa tecnica di riferimento e, qualora la tipologia di rifiuti trattati possa comportare rischi diretti sulla salute umana, indicati gli standard sanitari.
d) L’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Dovrà essere fornita documentazione atta a dimostrare che la sostanza o l’oggetto non comportano impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana rispetto alla materia prima. A tal proposito, potranno essere valutate alternativamente:

  • descrizione qualitativa/quantitativa degli impatti ambientali e sanitari della sostanza, anche in base ai dati di letteratura;
  • valutazione di tali impatti attraverso il confronto delle caratteristiche ambientali e sanitarie della sostanza;
  • utilizzo di limiti derivanti da normative nazionali o europee, quando applicabili;
  • analisi di rischio in base agli utilizzi in relazione ai comparti ambientali.

 

Peraltro, a norma di quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 184-ter, in sede di rilascio dell’autorizzazione andranno valutati una serie di aspetti del processo di recupero, tra cui:
1) Materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero.

Il richiedente dovrà descrivere le tipologie di provenienza dei rifiuti da ammettere nell’impianto, i relativi codici EER, evidenziando la compatibilità per la produzione della sostanza o dell’oggetto che cessa la qualifica di rifiuto, sia dal punto di vista tecnico-prestazionale, che ambientale, in funzione dell’uso.

Ai fini della verifica della conformità, andranno, altresì, valutate le caratteristiche chimico-fisiche e merceologiche dei rifiuti ammessi al processo di recupero, anche con riferimento alle potenziali sostanze inquinanti presenti sulla base del processo di provenienza, tenendo conto dei requisiti finali (standard tecnici e ambientali) che devono essere posseduti dalla sostanza od oggetto che cessa la qualifica di rifiuto.
2) Processi e tecniche di trattamento consentiti.

Dovranno essere descritti dettagliatamente i processi e le tecniche di recupero e/o riciclaggio finalizzati alla produzione della sostanza od oggetto, includendo eventuali parametri di processo che devono essere monitorati al fine di garantire il raggiungimento degli standard tecnici e ambientali da parte di tale sostanza od oggetto.
3) Criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario.

Sarà necessario descrivere le specifiche tecniche e ambientali (di cui sopra) che la sostanza o l’oggetto che cessa la qualifica di rifiuto dovrà rispettare e se, pertinenti, altri aspetti, quali, ad esempio gli usi ammessi ecc.
4) Requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuti, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso.

Il richiedente dovrà descrivere il sistema di gestione, il quale deve contenere tutti gli elementi atti a certificare il processo di end of waste (attraverso la descrizione di tutto l’iter del rifiuto, dal suo conferimento nell’impianto di recupero fino alla produzione del prodotto finale) e dovrà essere fornita documentazione di tale sistema (comprensiva, ad esempio, di report periodici ecc.), che evidenzi, per ogni lotto, il rispetto delle condizioni e dei criteri di cessazione della qualifica di rifiuto.
5) Un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.

Dovrà essere presentato il modello di dichiarazione di conformità, ai sensi degli artt. 47 e 38 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 245, contenente tutte le informazioni tali che, per ogni lotto, sia attestato il rispetto delle condizioni e dei criteri sopra riportati[7].

La scheda di conformità dovrà contenere:

  • ragione sociale del produttore
  • caratteristiche della sostanza od oggetto che cessa la qualifica di rifiuto
  • quantificazione del lotto di riferimento
  • rapporti analitici di prova per il rispetto degli standard tecnici ambientali (e sanitari, ove previsti)

 

Infine, si segnala che il comma 5-bis dell’art. 184-ter – introdotto dal Dlgs. 116/2020 – stabilisce che “la persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati”.
A tal proposito, il Regolamento REACH n. 1907/2006/CE (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche), applicabile a tutte le sostanze chimiche fabbricate, importate, vendute o usate all’interno dell’Unione Europea, fornisce un quadro giuridico completo per la fabbricazione e l’uso delle sostanze chimiche in Europa. In base a quanto disposto dall’art. 184-ter, comma 5, in fase di istruttoria tecnica, sarà necessario valutare il rispetto della suddetta normativa, nel momento in cui l’azienda voglia immettere un prodotto sul mercato in quantità maggiore o uguale ad una tonnellata.

3) I criteri comunitari e nazionali

 

Il rispetto dei criteri contenuti nei regolamenti europei e nei decreti nazionali permette di dimostrare la sussistenza delle condizioni che consentono ad un processo di recupero di rifiuti di giungere a trasformare un rifiuto in prodotto. I criteri costituiscono, quindi, prescrizioni dettagliate volte ad assicurare che determinate operazioni di recupero conducano effettivamente alla generazione di prodotti (e non di altre tipologie di rifiuti), sia pur più facilmente trasformabili in prodotti mediante successivi trattamenti.
Nello specifico, i criteri stabiliscono quali rifiuti possono essere utilizzati come materiale dell’operazione di recupero e quali, invece, non possono essere impiegati perché comprometterebbero, o rischierebbero di compromettere, le caratteristiche dei prodotti che l’impianto intende generare[8].
Di seguito si riporta una breve analisi di alcuni dei principali criteri (europei e nazionali) previsti per i materiali che cessano di essere considerati rifiuti a seguito di un’operazione di recupero.

3.1 Il Regolamento Europeo sui rottami metallici

Il Regolamento 2011/333/UE[9] definisce i criteri che determinano quando i rottami di ferro, acciaio e alluminio, cessano di essere considerati rifiuti.
I) I criteri per i rottami di ferro e acciaio

I rottami di ferro e acciaio cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore, sono soddisfatte contemporaneamente tutte le seguenti condizioni (art. 3):
a) I rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri elencati al punto 2 dell’Allegato I al Regolamento (Rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero).

In particolare, è previsto che possono essere utilizzati come materiale dell’operazione di recupero solo i rifiuti contenenti ferro o acciaio recuperabile.

Non possono, invece, essere utilizzati:

– i rifiuti pericolosi (a meno che non si dimostri che sono stati applicati i processi e le tecniche elencati al punto 3 per eliminare tutte le caratteristiche di pericolo);

– limatura, scaglie e polveri contenenti fluidi (quali oli o emulsioni oleose);

– fusti e contenitori, tranne le apparecchiature provenienti da veicoli fuori uso, che contengono o hanno contenuto oli o vernici.
b) I rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità ai criteri di cui al punto 3 dell’Allegato I (Processi e tecniche di trattamento). In particolare, è stabilito che:

Al punto 3.3. dell’Allegato I sono poi previste specifiche prescrizioni per i rifiuti contenenti elementi pericolosi.
c) I rottami di ferro e acciaio ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano le specifiche di cui al punto 1 dell’Allegato I (Qualità dei rottami ottenuti dall’operazione di recupero), ovvero:

In aggiunta a ciò, è stabilito che i rottami non devono contenere ossido di ferro in eccesso (tranne le normali quantità dovute allo stoccaggio all’aperto di rottami preparati), né presentare – ad occhio nudo – emulsioni oleose, oli, lubrificanti o grassi (tranne quantità trascurabili che non danno luogo a gocciolamento).

Infine, è stabilito che i rottami di ferro e acciaio:

non devono presentare alcuna delle caratteristiche di pericolo previste nell’Allegato III (Caratteristiche di pericolo per i rifiuti) della Direttiva 2008/98/CE[10];

– devono rispettare i limiti di concentrazione fissati nella Decisione 2000/532/CE[11];

non devono superare i valori di cui all’Allegato IV del Regolamento 2004/850/CE[12].

Talli disposizioni, tuttavia, non valgono per le caratteristiche dei singoli elementi presenti nelle leghe di ferro e acciaio.
II) I criteri per i rottami di alluminio

I rottami di alluminio, inclusi i rottami di leghe di alluminio, cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore da un altro detentore, sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni (art. 4):
a) I rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato II.

In particolare, è previsto che possono essere utilizzati solo rifiuti contenenti alluminio o leghe di alluminio recuperabili, mentre restano esclusi – come nell’ipotesi precedente dei rottami di ferro e acciaio – i rifiuti pericolosi (tranne nel caso in cui si dimostri che, per eliminare tutte le caratteristiche di pericolo, sono stati applicati le tecniche e i processi di cui al punto 3 dell’Allegato II), e i rifiuti quali limatura, sceglie e polveri contenenti fluidi e fusti e contenitori (tranne le apparecchiature provenienti da veicoli fuori uso) che contengono o hanno contenuto oli o vernici.
b) I rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato II;

Anche in questo caso, sono riprese le specifiche già previste per i rottami di ferro e acciaio, ovvero:


Al punto 3.2. dell’Allegato II sono poi previste le specifiche per i rifiuti contenenti elementi pericolosi.
c) I rottami di alluminio ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato II.

Tale paragrafo, nello specifico, stabilisce che i rottami devono essere suddivisi per categorie, in base alle specifiche del cliente, alle specifiche settoriali o ad una norma, per poter essere utilizzati direttamente nella produzione di sostanze od oggetto metallici mediante raffinazione o rifusione.

Per quanto riguarda la percentuale di materiali estranei, sono previsti i seguenti limiti:

Inoltre, viene specificato che i rottami di alluminio e leghe di alluminio, oltre a dover essere esenti – alla vista, da oli – emulsioni oleose, lubrificanti o grassi (salvo quantità trascurabili che non comportano gocciolamento), non devono contenere polivinilcloruro (PVC) sotto forma di rivestimenti, vernici, materie plastiche.
Infine, vengono richiamate le medesime disposizioni previste per i rottami di ferro e acciaio relativamente all’assenza di caratteristiche di pericoloso, al rispetto dei limiti di concentrazione di cui alla Decisione 2000/532/CE e ai valori di cui al Regolamento 2004/850/CE. Tali disposizioni, tuttavia, non valgono per le caratteristiche dei singoli elementi presenti nelle leghe di alluminio.
In aggiunta ai requisiti sopra descritti ai paragrafi I) e II), per entrambe le tipologie di rottami (ovvero sia per i rottami di ferro e acciaio che per i rottami di alluminio – inclusi i rottami di leghe di alluminio), sono previste due ulteriori condizioni, ossia:
i) Una dichiarazione di conformità per ciascuna partita di rottami metallici redatta – conformemente al modello di cui all’Allegato III – dal produttore o importatore di rottami, contenente, tra l’altro, i dati anagrafici del produttore/importatore, la conformità della partita ai requisiti stabiliti ai punto 2 degli Allegati I e II, il peso della partita in tonnellate, un certificato attestante la prova della radioattività[13]

Il produttore/importatore deve:

trasmettere tale dichiarazione al detentore successivo della partita di rottami metallici;

conservare una copia di tale dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti qualora la richiedano.
ii) L’applicazione – da parte del produttore – di un sistema di gestione della qualità (accertato periodicamente da un organismo esterno preposto alla valutazione di conformità) atto a dimostrare la conformità dei rottami ai criteri previsti dagli artt. 3 e 4. Tale sistema dovrà documentare, tra l’altro, i seguenti aspetti:

– controllo di accettazione dei rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero;

– monitoraggio dei processi e delle tecniche di trattamento;

– monitoraggio della qualità dei rottami metallici ottenuti (comprensivo di campionamento e analisi);

– efficacia del monitoraggio delle radiazioni;

– osservazioni dei clienti sulla qualità dei rottami metallici;

– registrazione dei risultati dei controlli effettuati.
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3.2 Il Regolamento Europeo sui rottami di vetro

Il Regolamento 2012/1179/UE[14] definisce i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti.

Ai sensi dell’art. 3 del citato regolamento, i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti allorché, all’atto della cessione dal produttore ad un altro detentore, sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) I rottami ottenuti dall’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 1 dell’Allegato I.

Il punto 1 dell’Allegato I, dopo aver affermato che i rottami di vetro devono soddisfare le specifiche stabilite dal cliente, le specifiche settoriali o una norma per uso diretto nella produzione di sostanze od oggetti di vetro mediante rifusione in impianti di produzione del vetro, prevede ulteriori disposizioni per la qualità dei rottami di vetro ottenuti dall’operazione di recupero, ovvero:

Così come per i rottami metallici, è previsto che i rottami di vetro:

– non devono presentare caratteristiche di pericolo di cui all’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE;

– devono rispettare i limiti di concentrazione previsti dalla Decisione 2000/532/CE;

– non devono superare i valori di cui all’Allegato IV del Regolamento 2004/850/CE.
b) I rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero soddisfano i criteri di cui al punto 2 dell’Allegato I.

In particolare, per questo tipo di operazione possono essere utilizzati esclusivamente i rifiuti recuperabili dalla raccolta del vetro per imballaggio, del vetro piano o del vasellame privo di piombo[15].

Non possono, invece, essere utilizzati né i rifiuti pericolosi, né i rifiuti che contengono vetro provenienti da rifiuti solidi urbani indifferenziati o da rifiuti di strutture sanitarie.
c) I rifiuti utilizzati come materiali dell’operazione di recupero sono stati trattati in conformità dei criteri di cui al punto 3 dell’Allegato I.

Circa i processi e le tecniche di trattamento, è prescritto che i rifiuti contenenti vetro devono essere raccolti, separati, trasformati e – successivamente – tenuti permanentemente divisi da altri rifiuti. Inoltre, devono essere contemplati tutti i trattamenti quali frantumazione, cernita, separazione, pulizia, necessari per preparare il rottame di vetro per uso diretto (attraverso rifusione) nella produzione di sostanze di vetro od oggetti.
d) Così come previsto per i rottami metallici – il produttore (o importatore) deve redigere, per ciascuna partita di rottami di vetro, una dichiarazione di conformità (in base al modello di cui all’Allegato II) e deve applicare un sistema di gestione atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui all’articolo 3.
e) I rottami di vetro sono destinati alla produzione di sostanze od oggetti di vetro mediante processi di rifusione.
3.3. Il decreto carta e cartone

Il 24 febbraio 2021 è entrato in vigore il Decreto Ministeriale n. 188 del 22 settembre 2020[16] recante la disciplina end of waste per carta e cartone, finalizzato a stabilire “i criteri specifici nel rispetto del quali i rifiuti di carta e cartone cessano di essere qualificati come tali ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184-ter del Dlgs. 152/2006”[17].

L’art. 3 del suddetto decreto stabilisce che – ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006 – all’esito di operazioni di recupero effettuate esclusivamente in conformità alle disposizioni della norma UNI EN 643:2014[18], i rifiuti di carta e cartone cessano di essere qualificati come rifiuti e sono qualificati come carta e cartone recuperati se risultano conformi ai requisiti tecnici di cui all’Allegato 1.

Nello specifico, l’Allegato 1 stabilisce che la carta e il cartone recuperati devono risultare conformi ai requisiti indicati nella seguente tabella:

Sia con riferimento ai materiali proibiti che ai componenti non cartacei, la tabella soprariportata fa espresso riferimento alle disposizioni della UNI EN 643:2014 (tranne nel caso di rifiuti organici, poiché tale norma tecnica considerati i rifiuti organici – compresi gli alimenti – come materiali proibiti. Il nuovo decreto end of waste, invece, tollera la presenza di rifiuti organici – compresi gli alimenti – per un valore limite inferiore allo 0,1% nella carta e cartone recuperati. La norma, tuttavia, non specifica se la matrice organica alimentare debba necessariamente coincidere con quella “ragionevolmente presente” nella componente cartacea (es. residui di frutta nel tetrapack contenente succo di frutta) oppure se il rifiuto organico possa avere anche altra provenienza. A parere di chi scrive, parrebbe quindi sufficiente che venga rispettata la soglia di tollerabilità per i rifiuti organici indicata nella tabella.
Sempre nell’Allegato 1 è stabilito che per la produzione di carta e cartone recuperati sono ammessi i seguenti rifiuti, che dovranno essere oggetto di verifiche in ingresso[19]:

a) 15 01 01 imballaggi di carta e cartone;

b) 15 01 05 imballaggi compositi;

c) 15 01 06 imballaggi in materiali misti;

d) 20 01 01 carta e cartone;

e) 19 12 01 carta e cartone prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata di rifiuti urbani e speciali;

f) 03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati, limitatamente ai rifiuti provenienti dalle attività di trasformazione dei prodotti a base cellulosica.

Ai rifiuti sopra elencati devono in ogni caso rimanere esclusi quelli provenienti da raccolta indifferenziata.
A tal proposito, il sistema di controllo dei rifiuti in ingresso dovrà rispettare precisi obblighi minimi espressamente indicati, tra i quali:

– l’accettazione dei rifiuti da parte di personale con appropriato livello di formazione e addestramento;

– l’esame della documentazione di corredo del carico dei rifiuti in ingresso per accertare la presenza di eventuali contaminazioni da sostanze pericolose e l’adozione di ulteriori opportune misure di monitoraggio attraverso il campionamento e le analisi;

– il controllo visivo del carico di rifiuti in ingresso e controlli supplementari (anche analitici) a campione ogniqualvolta l’analisi della documentazione e/o il controllo visivo indichino tale necessità;

– pesatura e registrazione dei dati relativi al carico in ingresso;

– stoccaggio dei rifiuti in area dedicata;

– procedura scritta per la gestione, la tracciabilità e la rendicontazione delle non conformità;

– quantificazione e registrazione dei dati relativi al carico in ingresso;

– analisi merceologica da prevedere almeno con cadenza annuale nel piano di gestione qualità.
Oltre agli obblighi sopra elencati, dovranno essere rispettate una serie di misure specifiche. In particolare, l’Allegato 1 prevede che l’accertamento di conformità ai requisiti richiamati nell’art. 3, comma 1 (e indicati specificatamente alla lettera a) dell’Allegato 1) – effettuato da un organismo certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001:2015[20] – dovrà avere luogo con cadenza almeno semestrale e comunque al variare delle caratteristiche di qualità dei rifiuti in ingresso. Inoltre, il prelievo dei campioni dovrà avvenire secondo le metodiche definite dalla norma UNI 10802:2013[21].
Il rispetto dei criteri di cui all’art. 3, comma 1, dovrà essere attestato dal produttore di carta e cartone recuperati tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (ex art. 47 D.P.R. 445/2000[22]) redatta al termine del processo produttivo di ciascun lotto (utilizzando il modello disponibile all’Allegato 3 del Decreto 188/2020) e inviata con modalità telematiche all’autorità competente e all’agenzia di protezione ambientale territorialmente competente. Tale dichiarazione dovrà essere conservata presso l’impianto di produzione o pressa la sede legale, anche in formato elettronico, per metterla a disposizione dell’autorità di controllo che la richieda.
Con riguardo al campionamento, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti di cui all’art. 3, il produttore dovrà conservare per un anno[23], presso l’impianto di recupero o presso la sede legale, un campione di carta e cartone recuperati (prelevato – come sopra riportato – in conformità alla norma UNI 10802 e sulla base di quanto disposto dall’Allegato 1, lettera b)), conservato in modo tale da garantire la non alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche di carta e cartone recuperati prelevati e da consentire la ripetizione delle analisi.
Il produttore di carta e cartone recuperati dovrà, inoltre, applicare un sistema di gestione della qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001, certificato da un organismo accreditato ai sensi della normativa vigente, atto a dimostrare il rispetto dei requisiti di cui al decreto in esame. Il manuale della qualità dovrà essere comprensivo:

– di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità alla norma UNI EN ISO 643:2014;

– del piano di campionamento.
Infine, relativamente agli scopi specifici di utilizzabilità, l’art. 4 del D.M. 188/2020 – richiamando l’Allegato 2 – stabilisce che la carta e il cartone recuperati sono utilizzabili nella manifattura di carta e cartone ad opera dell’industria cartaria oppure in altre industrie che li utilizzano come materia prima (e che seguono lo standard UNI EN ISO 643:2014).
3.3.1. Il regime transitorio del decreto end of waste carta e cartone

Il regime transitorio delineato dall’art. 7 del D.M. 188/2020 prevede che i produttori di carta recuperata debbano presentare domanda di aggiornamento delle loro autorizzazioni al recupero entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 23 agosto 2021), ai fini dell’adeguamento ai requisiti indicati dal dettame normativo.

Il secondo comma dell’art. 7 dispone, inoltre, che:

«2. Nelle more dell’adeguamento di cui al comma 1, i materiali che risultano in esito alle procedure di recupero già autorizzate possono essere utilizzati, per gli scopi specifici di cui all’articolo 4, se presentano caratteristiche conformi ai criteri di cui all’articolo 3, attestati mediante dichiarazione di conformità ai sensi dell’articolo 5».

Da quanto sopra riportato, si evince che gli impianti precedentemente autorizzati, potranno continuare ad operare, durante questo periodo transitorio, producendo materiale conforme alle specifiche tecniche richieste dal decreto in esame e a fronte dell’emissione di una dichiarazione di conformità (ai sensi dell’art. 5 del medesimo decreto). Tale disposizione consente, in sostanza, agli operatori di disporre del tempo necessario al fine di adeguare la propria attività senza interruzione dell’operatività.
A fronte di tale disposizione, Assocarta, Unirima e il Consorzio Comieco, hanno diramato una Circolare del 24 febbraio 2021, contenente alcuni chiarimenti circa le modalità di gestione della carta recuperata durante il periodo transitorio disciplinato dal D.M. 188/2020.

In particolare, il documento – che, pur rappresentando un valido strumenti orientativo per gli operatori del settore, non ha valore normativo – specifica che:

«– fintanto che l’impianto non ha modificato il proprio processo produttivo continuerà a produrre secondo le procedure già autorizzate e dovrà indicare sui documenti di trasporto che si tratta di “materia prima seconda costituita da carta e cartone conforme alle norme di cui al D.M. 5 febbraio 1998”;

successivamente alla richiesta di aggiornamento della propria autorizzazione (che comunque deve avvenire entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè entro il 23 agosto 2021) potrà cominciare a produrre secondo i nuovi criteri indicati dall’articolo 3 e dovrà indicare sui documenti di trasporto che si tratta di “carta recuperata ai sensi del D.M. 188/2020”, redigendo una dichiarazione di conformità per ogni lotto;

decorsi 180 giorni ed in assenza di una domanda di aggiornamento l’impresa non avrà titolo per garantire la cessazione della qualifica di rifiuto della carta e cartone trattati e dovrà gestirli come un rifiuto a tutti gli effetti.»

4) Materiali di dragaggio e materiali contenuti in fertilizzanti (cenni)

 

Per completezza, si segnala che la cessazione dalla qualifica di rifiuto dei materiali di dragaggio è disciplinata dall’art. 184-quater del Dlgs. 152/06, introdotto dall’art. 14, comma 8, lett. b-ter) del D.L. 24 giugno 2014, n. 91[24] convertito in L. 11 agosto 2014, n. 116[25] e modificato dal D.L. 10 settembre 2021, n. 121[26] convertito nella Legge 9 novembre 2021, n. 156[27].
La versione della norma, pertanto, vigente è la seguente:

Art. 184-quater (Utilizzo di dragaggio)

1.“I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all’esito delle operazioni di recupero, che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati rispettando i seguenti requisiti e condizioni:

a) non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte quarta, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo;

b) è certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell’ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall’uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

2.Al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, i materiali di dragaggio destinati all’utilizzo in un sito devono essere sottoposti a test di cessione secondo le metodiche e i limiti di cui all’Allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L’autorità competente può derogare alle concentrazioni limite di cloruri e di solfati qualora i materiali di dragaggio siano destinati ad aree prospicenti il litorale e siano compatibili con i livelli di salinità del suolo e della falda.

3.Il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell’utilizzatore, la tipologia e la quantità dei materiali oggetto di utilizzo, le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e l’attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformità è presentata all’autorità competente per il procedimento di recupero e all’ARPA nel cui territorio è localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell’inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.

4.Entro trenta giorni dalla comunicazione della dichiarazione di cui al comma 3, l’autorità competente per il procedimento di recupero verifica il rispetto dei requisiti e delle procedure disciplinate dal presente articolo e qualora rilevi difformità o violazioni degli stessi ordina il divieto di utilizzo dei materiali di cui al comma 1 che restano assoggettati al regime dei rifiuti.

5.I materiali che cessano di essere rifiuti ai sensi dei commi 1 e 2 durante la movimentazione sono accompagnati dalla comunicazione di cui al comma 3 e dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286.

5-bis. Al fine di promuovere investimenti a favore di progetti di economia circolare, di favorire l’innovazione tecnologica e di garantire la sicurezza del trasporto marittimo, le amministrazioni competenti possono autorizzare, previa caratterizzazione, eventualmente anche per singole frazioni granulometriche, dei materiali derivanti dall’escavo di fondali di aree portuali e marino-costiere condotta secondo la disciplina vigente in materia, di cui all’articolo 109 del presente decreto legislativo e all’articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e salvo le ulteriori specificazioni tecniche definite ai sensi del comma 5-ter del presente articolo, il riutilizzo dei predetti materiali in ambienti terrestri e marino-costieri anche per singola frazione granulometrica ottenuta a seguito di separazione con metodi fisici.

5-ter. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro della transizione ecologica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sono adottate le norme tecniche che disciplinano le opzioni di riutilizzo dei sedimenti di dragaggio e di ogni loro singola frazione granulometrica secondo le migliori tecnologie disponibili.”

Questa norma, se da un lato non ha inciso sul restante impianto normativo (nozione di rifiuto – esclusioni – end of waste), dall’altro si colloca quale norma speciale all’interno di disposizioni generali preesistenti (art. 184-ter).

L’art. 184-ter, nello specifico, richiede che i materiali di dragaggio siano sottoposti ad operazioni di recupero (che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione), soddisfino una serie di requisiti e siano utilizzati in conformità a determinate condizioni, differenti a seconda che il materiale di dragaggio sia utilizzato in un sito o direttamente all’interno di un ciclo produttivo.

Nonostante il momento in cui i materiali di dragaggio cessano di essere rifiuti non sia previsto con precisione dalla norma, si ritiene che esso sia da collocarsi ad esito della dimostrazione che il recupero è stato completato (e quindi i valori limite sono rispettati, il test di cessione è stato effettuato, etc …) e che, pertanto, i materiali possiedono i requisiti richiesti per il successivo utilizzo.

Qualora difetti anche uno solo di questi requisiti (ad esempio, superamento dei valori delle concentrazioni soglia di contaminazione – CSC, oppure mancata effettuazione del test di cessione), non può dirsi completata la procedura di recupero prevista dall’art. 184-quater e, quindi, quei materiali non hanno cessato la loro qualifica e rimangono rifiuti – con tutto ciò che ne consegue in termini di gestione non autorizzata, trasporto senza iscrizione all’Albo e relativo regime di responsabilità ai sensi della Parte IV del D.L.vo 152/06.
Si segnala, da ultimo, anche il Regolamento (UE) 2019/1009[28] del 5 giugno 2019 recante norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE che, pur non potendo definirsi un Regolamento End of Waste a tutti gli effetti, definisce all’art. 19 i criteri in conformità dei quali un materiale che costituisce un rifiuto ai sensi della Direttiva 2008/08/CE, a seguito di una operazione di recupero, può cessare di essere un rifiuto (End of Waste) se contenuto in un prodotto fertilizzante conforme.

L’art. 19 del Regolamento così recita:

Art. 19 – (Cessazione della qualifica di rifiuto)

“Il presente regolamento definisce criteri in conformità dei quali un materiale che costituisce un rifiuto secondo la definizione di cui alla direttiva 2008/98/CE può cessare di essere un rifiuto se contenuto in un prodotto fertilizzante dell’UE conforme. In tali casi l’operazione di recupero ai sensi del presente regolamento viene eseguita prima che il materiale cessi di essere un rifiuto e il materiale è ritenuto conforme alle condizioni di cui all’articolo 6 di tale direttiva e si considera pertanto che abbia cessato di essere un rifiuto dal momento in cui è stata redatta la dichiarazione UE di conformità.

5) Il REcer

 

Dal 30 settembre 2021 è pienamente operativo il c.d. “REcer”, ossia il registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni al recupero dei rifiuti[29], che nasce a seguito dell’emanazione del Decreto del Ministero dell’Ambiente (ora Ministero della Transizione Ecologica) del 21 aprile 2020[30], al fine di garantire il rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità delle autorizzazioni stabiliti dall’art. 184-ter, comma 3-septies, del Dlgs. 152/2006.
In tale registro dovranno confluire le autorizzazioni ordinarie rilasciate e gli esiti delle procedure semplificate concluse per lo svolgimento di operazioni di recupero da cui derivano materiali end of waste, nonché le autorizzazioni end of waste “caso per caso”.
Il REcer è organizzato in due sezioni: una prima (denominata sezione “Autorizzazioni ordinarie”) è destinata a raccogliere i provvedimenti rilasciati ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 e del Titolo III-bis della Parte II del Dlgs. 152/2006, mentre una seconda (denominata sezione “Procedure semplificate”) è destinata a raccogliere gli esiti delle procedure semplificate concluse ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006.
I dati raccolti in tale registro riguarderanno: l’anagrafica dell’ente che ha emesso l’autorizzazione e dell’impianto autorizzato, gli estremi dell’autorizzazione, informazioni sui codici EER dei rifiuti autorizzati, sulle caratteristiche del rifiuto in ingresso, sulle operazioni di recupero autorizzate, sulle tecniche e i processi di trattamento nonché sulle caratteristiche e materie prima di prodotto ottenuti.
Il REcer è, peraltro, “interoperabile” con il Catasto dei rifiuti di cui all’art. 189 del Dlgs. 152/2006 e con il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI) disciplinati dall’art. 188-bis del Dlgs. 152/2006 di cui si attende ancora la piena operatività. A tal proposito, nel documento del MiTE “Strategia nazionale per l’economia circolare” del 30 settembre 2021 viene precisato che: «I REcer e il RENTRI sono il punto d’incontro tra la transizione ecologica e digitale e costituiscono la base per la modernizzazione della gestione integrata dei rifiuti, indispensabile per una definizione della strategia nazionale per l’economia circolare efficiente e condivisa. Sono anche il punto d’incontro tra le esigenze della pubblica amministrazione (controllo, tracciabilità, legalità) e delle imprese (semplificazione, snellimento delle procedure e certezza delle norme.»
I dati del REcer saranno resi disponibili alle amministrazioni pubbliche lo richiedano al fine dello svolgimento dei propri compiti istituzionali e saranno messi a disposizione delle autorità competenti che ne facciano richiesta anche al fine di essere valutati nell’istruttoria dei procedimenti finalizzati al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006. In ultimo, i dati del registro nazionale potranno essere utilizzate dal MiTE per le istruttorie tecniche, volte a definire i criteri specifici per la cessazione della qualifica di rifiuto, nonché per richiedere ad ISPRA l’attivazione di specifici procedimenti di controllo ai sensi dell’art. 184-ter, comma 3, del Dlgs. 152/2006.
Dal 30 settembre 2021, dunque, le autorità competente (Regioni o enti da esse demandati) dovranno comunicare – al momento del rilascio – mediante il portale REcer, i nuovi provvedimenti autorizzatori emessi, riesaminati e rinnovati, nonché gli esiti delle procedure semplificate avviate per l’inizio delle operazioni di recupero di rifiuti. Dalla stessa data, l’ISPRA dovrebbe trasmettere con le stesse modalità tutte le autorizzazioni end of waste “caso per caso” raccolte.
Per quanto attiene alle autorizzazioni già vigenti sul territorio nazionale, il MiTE ha precisato che “sarà avviato il flusso di importazione delle autorizzazioni pregresse in caso ad ISPRA e dovranno essere definite modalità per il caricamento da parte di tutti gli enti, via interoperabilità a partire dalle linee guida AgID (Agenzia per l’Italia Digitale).

6) Uno sguardo al futuro

 

Gli schemi di nuovi decreti nazionali end of waste attualmente in iter sono:

– Rifiuti inerti non pericolosi da spazzamento stradale (già notificato alla Commissione Europea)[31].

– Rifiuti inerti da costruzione e demolizione (già notificato alla Commissione europea lo scorso 14 marzo 2022).

– Rifiuti di gesso provenienti dalla demolizione del cartongesso e del gesso per la produzione di manufatti in gesso recuperato.

– Rifiuti di vetroresina e vetro sanitario.

– Rifiuti di pulper di cartiera.

Oli vegetali esausti.

– Rifiuti di plastiche miste.

Fanghi provenienti dalla frazione organica dei rifiuti.

Ceneri d’altoforno e residui da acciaieria.

– Rifiuti di pile e accumulatori per la produzione di pastello di piombo.

– Scarti tessili.

Piacenza, 06-06-2022
[1] Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consigli del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, pubblicato in G.U. n. 288 del 10 dicembre 2010 ed entrato in vigore il 25 dicembre 2010.
[2] S. Maglia, Gestione Ambientale, 2019, Edizioni Tutto Ambiente: “[..] Per evitare qualsiasi possibilità di elusione della normativa sui rifiuti si deve giungere quanto prima a bandire dall’ordinamento giuridico nozioni quali quelle di “materie prime secondarie”, “materie secondarie”, situate in un’area grigia collocata tra rifiuti e prodotti. Le “materie secondarie”, infatti, nell’ordinamento nazionale si configuravano come prodotti sub conditione: nel caso in cui non venissero effettivamente e oggettivamente impiegate ritornavano a dover essere qualificate come rifiuti. Meglio, allora, optare con decisione in favore del nuovo criterio: non è più rifiuto solo ciò che è oggettivamente divenuto un prodotto”.
[3] A tal proposito, ai sensi dell’art. 184-ter, comma 2, Dlgs. 152/2006, l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni stabilite dal comma 1 del suddetto articolo.
[4] Circolare MATTM n. 10045 del 1 luglio 2016: Disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto – Applicazione dell’articolo 184-ter del Dlgs. 152/2006: «[..] Sono individuate tre modalità di definizione dei criteri di EoW, gerarchicamente ordinate. I criteri di cui ai regolamento europei prevalgono, nell’ambito del loro rispettivo campo di applicazione, sui criteri definiti con i decreti ministeriali, laddove abbiano ad oggetto le stesse tipologie di rifiuti. A loro volta, i criteri definiti con i decreti ministeriali prevalgono, salvo uno specifico regime transitorio stabilito dal rispettivo decreto ministeriale, sui criteri che le Regioni – o gli enti da queste delegati – definiscono in fase di autorizzazione ordinaria di impianti di recupero dei rifiuti, sempre che i rispettivi decreti ministeriali abbiano ad oggetto le medesime tipologie di rifiuti. In via residuale, le Regioni – o gli enti da queste individuati – possono, in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista agli articoli 208, 209 e 211, e quindi anche in regione di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), definire criteri EoW previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma 1 dell’articolo 184-ter, rispetto ai rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei succitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali.»
[5] Tale parere è stato introdotto dall’art. 34, comma 1, lettera a), del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108.

Sul punto, per conoscenza, si segnala che la Regione Lombardia ha pubblicato sul B.U. n. 39 del 28 settembre 2021, il D.d.s. 23 settembre 2021, n. 12584, recante “Approvazione indicazioni relative all’applicazione dell’art. 184-ter a seguito delle modifiche apportate con D.L. 77/2021 e Legge di Conversione n. 108 del 28 luglio 2021”, con cui la Regione ha fornito indicazioni sulle autorizzazioni end of waste, nonché indicazioni sulle modalità di coinvolgimento di ARPA e di rilascio del parere al fine di: assicurare standard elevati ed omogenei sul territorio di tutela dell’ambiente e della salute; fornire supporto alle autorità competenti e favorire la semplificazione dei procedimenti; dare un quadro di riferimento certo e comune agli operatori, al fine di favorire una gestione dei rifiuti maggiormente circolare con la piena applicazione dell’istituto. Al presente atto, la Regione Lombardia ha allegato il modello di dichiarazione di conformità per i prodotti derivanti dagli impianti di recupero che realizzano la cessazione della qualifica di rifiuto.
[6] S. Maglia, Gestione Ambientale, 2019, Edizioni TuttoAmbiente.
[7] A questo proposito, si segnala che la mancanza della conformità ai criteri di “end of waste” stabiliti dall’autorizzazione comporta, per il detentore, l’obbligo di gestire il prodotto del trattamento come un rifiuto ai sensi della Parte IV del Dlgs. 152/2006.
[8] S. Maglia, P. Pipere, L. Prati, L. Benedusi, Gestione Ambientale, IV Edizione, 2021, Edizioni TuttoAmbiente.
[9] Regolamento (UE) n. 333/2011 del 31 marzo 2011 recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio.
[10] Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti.
[11] Decisione della Commissione del 3 maggio 2000 che istituisce un elenco di rifiuti.
[12] Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa agli inquinanti organici persistenti.
[13] Con riferimento alla radioattività, il punto 1.5. degli Allegati I e II prevede:

“Radioattività: non è necessario intervenire secondo le norme nazionali e internazionali in materia di procedure di monitoraggio e intervento applicabili ai rottami metallici radioattivi.

Questa disposizione lascia impregiudicate le norme di base sulla protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da adottare negli atti che rientrano nel capo III, del trattato Euratom, in particolare la direttiva 96/29/Euratom del Consiglio.
[14] Regolamento (UE) n. 1179/2012 della Commissione del 10 dicembre 2012 recante i criteri che determinano quando i rottami di vetro cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio.
[15] Il punto 2.1. prevede, inoltre, che i rottami di vetro provenienti dalla raccolta di materiale riciclabile possono involontariamente contenere piccole quantità di altri tipi di vetro.
[16] Decreto 22 settembre 2020, n. 188, Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da carte e cartone, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, pubblicato in G.U. n. 33 del 9 febbraio 2021 ed entrato in vigore il 24 febbraio 2021.
[17] A tal proposito, si noti che – a livello europeo – il considerando 18 della Direttiva 2018/851/UE stabilisce che “è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di stabilire criteri dettagliati per la cessazione della qualifica di rifiuti. In tale contesto, i criteri specifici volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale dovrebbero essere considerati almeno per gli aggregati, i rifiuti di carta, i pneumatici e i rifiuti tessili”. In considerazione di ciò, ci si chiede se alla luce di una futura emanazione di un regolamento end of waste di matrice europea, potrà verificarsi un potenziale conflitto con le disposizioni emanate a livello nazionale.
[18] Norma UNI EN 643:2014, Carta e cartone – Lista europea delle qualità unificate di carta e cartone da riciclare.
[19] Si noti che tra i rifiuti ammessi alla lavorazione negli impianti di recupero non è contemplato lo scarto di pulper (EER 03 03 07), descritto come “scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone”.
[20] UNI EN ISO 9001:2015, Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti.
[21] UNI 10802:2013, Rifiuti – Campionamento manuale, preparazione del campione ed analisi degli eluati.
[22] Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
[23] Il periodo di conservazione del campione di cui all’art. 5, comma 3, è ridotto a 6 mesi per le imprese registrati ai sensi del Regolamento (CE) n. 1221/2009 (EMAS) e per le imprese in possesso della certificazione ambientale UNI EN ISO 14001 rilasciata da un organismo accreditato ai sensi della normativa vigente.
[24] Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.

Pubblicato in G.U. n. 144 del 24 giugno 2014.
[25] Pubblicato sul S.O. n. 72 alla G.U. 20 agosto 2014, n. 192.
[26] Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali. Pubblicato su G.U. n. 217 del 10 settembre 2021 e in vigore dall’11 settembre 2021.
[27] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, recante disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali. Pubblicato sulla G.U. n. 267 del 09 novembre 2021 e in vigore dal 10 novembre 2021.
[28] Regolamento (UE) 2019/1009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE, che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 e che abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003.
[29] Il REcer utilizza, per il suo funzionamento, la piattaforma telematica “Monitorpiani” (https://scrivaniarecer.monitorpiani.it), istituito dal Ministero dell’Ambiente presso l’Albo Gestori Ambientali e avviata con l’obiettivo di creare un punto di accesso unico alle informazioni, inserite dal Ministero e validate dalle Regioni, sui piani regionali di gestione dei rifiuti.
[30] Decreto 21 aprile 2020, Modalità di organizzazione e di funzionamento del registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e degli esiti delle procedure semplificate concluse per lo svolgimento di operazioni di recupero, pubblicato in G.U. n. 142 del 5 giugno 2020.
[31] Notifica 2020/427/I – Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto della componente inerte non pericolosa dei rifiuti da spazzamento stradale ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. https://ec.europa.eu/growth/tools-databases/tris/index.cfm/it/index.cfm/search/?trisaction=search.detail&year=2020&num=427&mLang=IT

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