Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
EoW è un prodotto intermedio e non il riciclo finale
di Massimo Medugno
Categoria: EoW
La recente risposta del Mase in materia
L’End of Waste è un prodotto intermedio, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, ma non è effettivamente il riciclo, che è l’attività con la quale si produce il bene finale.
Questa la sintesi della risposta del 17 novembre del MASE ad un interpello del 14 giugno scorso di Confindustria e che riguardava la nozione di EoW e l’autorizzazione all’uso dello stesso negli impianti industriali.
Il 2023 si chiude con questa chiara affermazione e cioè che l’EoW è un rifiuto che cessa di essere tale (a seguito di uno specifico iter amministrativo disciplinato da legge o atto amministrativo) per diventare una materia da utilizzare nei diversi processi.
A parere di chi scrive non si tratta di una novità, eppure alcuni principi vanno spesso “riaffermati”.
Infatti, secondo il Mase “Ai fini del calcolo, è quindi esplicitamente differenziato il processo di end of waste, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, dal processo produttivo volto alla produzione del bene; ne discende che la sostanza o l’oggetto che ha cessato di essere rifiuto va inteso quale prodotto intermedio rispetto ad un successivo ritrattamento finalizzato ad ottenere un prodotto finale.”
D’altro canto, a commento di ciò, deve essere ricordato l’art. 205 bis del Dlgs n. 156(206 (TU Ambiente) che prevede che, il peso dei rifiuti urbani riciclati sia calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto (che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità), siano immessi nell’operazione di riciclaggio con la quale sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze.
L’art. 205 bis fa riferimento alla Decisione n. 2019/1004 della Commissione, che all’articolo 1 essa ben chiarisce (il testo inglese è particolarmente chiaro), la netta distinzione concettuale tra materiali sottoposti a “preliminary treatment operation” e materiali “reprocessed in a given recycling operation into products” .
Quindi l’utilizzo dell’EoW (non essendo un rifiuto) non va autorizzato, ma viene conteggiato ai fini del riciclo per la produzione di un bene finale.
Art. 216 comma 8 septies
La risposta contiene un altro aspetto di grade interesse e cioè l’articolo 216, comma 8-septies, del TUA che disciplina la possibilità di utilizzare i rifiuti individuati nella Lista Verde (rifiuti, quindi, recuperabili) di cui al Regolamento (CE) n. 1013/2006 negli impianti industriali autorizzati con AIA, “nel rispetto del relativo Bat References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’Autorità ambientale competente. In tal caso, i rifiuti saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione”.
Il Mase, infatti, ricorda, che tale disposizione consente agli impianti autorizzati in AIA di integrare nel processo produttivo i rifiuti inclusi nella Lista Verde, ma non disciplinati nella predetta autorizzazione, prescrivendo il solo rispetto delle norme sul trasporto dei rifiuti e la compilazione del formulario identificativo. Conclude, quindi, che in considerazione di ciò non è applicabile la disciplina sull’EoW.
EoW: la definizione
Torniamo un attimo alla nozione di EoW. Secondo l’art. 184 ter (cessazione della qualifica di rifiuto) un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio (e la preparazione per il riutilizzo) e soddisfa i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana (comma 1)
L’articolo è stato inserito con il Dlgs 3 dicembre 2010 n. 205 che ha recepito la precedente Direttiva Ue in materia di rifiuti (la n. 98/2008). Si tratta del più noto “end o waste “(EoW, fine del rifiuto, e in questo capitolo, da ora in poi, così lo definiremo) nato in ambito comunitario e non dissimile dal sistema delle “materie prime secondarie”, ancora oggi in vigore in Italia sulla base del DM. 5.2.1998. Scopo dell’EoW è di facilitare l’utilizzazione di una sostanza o di un oggetto per scopi specifichi e nel rispetto della normativa e degli standard applicabili. Si tratta quindi di uno “strumento” e non di un “fine”.
Le novità introdotte con la Direttiva 2018/851
Il nuovo Dlgs n. 116/2020 introduce due modifiche significative al testo dell’art. 184 ter del Dlgs 152/2006.
La prima è al comma 1 dell’articolo richiamato, ove le parole “e la preparazione per il riutilizzo” sono soppresse (per questo, sopra, sono state messe tra parentesi). Un intervento in linea con l’impianto della norma che riguarda il recupero dei rifiuti e non il riutilizzo.
Con la seconda modifica dopo il comma 5 è stato aggiunto il seguente: “5-bis. La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto.” Pertanto, chi immette l’EoW dovrà valutarne la conformità rispetto al Reach, la normativa europea sulle sostanze chimiche.
L’adozione dei criteri generali per la cessazione della qualifica di rifiuto: il caso per caso
Come noto la Sentenza n. 01229/2018 del 28 febbraio determinava, di fatto, un blocco nel rilascio delle autorizzazioni caso per caso da parte delle competenti autorità a livello regionale, non essendo appunto previsti dei criteri generali e non essendo stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva n. 851/2018 e, in particolare, l’art. 6.
Il 31 ottobre 2019 la Camera dei Deputati convertiva in legge il DL n. 101/2019 (c.d. DL “Crisi Aziendali”, Atto Camera 2203), il cui art. 14 bis (“Cessazione della qualifica di rifiuto”, introdotto in sede di conversione) sbloccava il “caso per caso” per le autorizzazioni End of Waste.
L’art. 14 bis riproduce, nella sostanza, l’art. 6 della Direttiva 851/2018, ma non solo. Infatti, esso modifica l’art. 184 ter del Dlg n. 152/2006, sostituendo il comma 3, ma aggiunge ex novo i commi dal 3 bis al 3 septies. I commi 1- 3 modificano il vecchio comma 3 dell’art. 184 ter citato, anticipando il recepimento nella normativa italiana dell’art. 6 della Direttiva n. 851/2018. Questa era stata la richiesta delle associazioni di categoria, oltre che di gran parte di quelle ambientaliste.
Ma l’art. 14 bis non recepisce soltanto l’art. 6 della Direttiva, ma aggiunge delle “novità” dal comma 3 bis in poi, che costituiscono un’innovazione (e di difformità) rispetto al testo della citata Direttiva 851. Li ricordiamo in sintesi.
Secondo il comma 3 bis le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunicheranno all’ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto richiedente. Dovranno essere comunicate secondo le stesse modalità anche le autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore della legge (comma 9).
Il successivo comma 3 ter prevede l’introduzione di un meccanismo di “controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti …agli atti autorizzatori rilasciati” che può essere attivato da ISPRA o dalle agenzie regionali competenti, sentita l’autorità competente.
Al comma 3 ter, si prevede che il procedimento di controllo si concluda entro sessanta giorni e che entro quindici giorni dalla conclusione di questo, ISPRA (o l’agenzia regionale delegata) comunichi l’esito al Ministero dell’Ambiente. In quest’attività dovrà essere assicurato armonizzazione, efficacia e omogeneità dei controlli nel rispetto dei principi indicati dalla legge n. 132/2016 che ha istituito il sistema nazionale per la protezione ambientale e ha disciplinato l’ISPRA. Il Ministero ha sessanta giorni di tempo per adottare le proprie conclusioni e trasmetterle all’autorità competente (comma 3 quater). Esso avvia il procedimento per l’adeguamento dell’impianto, disponendo, in caso di inottemperanza, la revoca dell’autorizzazione e dando tempestiva comunicazione al Ministero della conclusione del procedimento. Se il procedimento non risulta avviato o concluso, entro centottanta giorni dalla comunicazione all’autorità competente, il Ministero può provvedere in via sostitutiva (comma 3 quinquies).
L’ISPRA, annualmente, redigerà una relazione sui controlli effettuati nel corso dell’anno e la comunica al Ministero entro il 31 dicembre (comma 3 sexies).
Molto importante, quanto previsto dal successivo comma 8: le autorizzazioni per le quali è in corso il rinnovo o che risultano scadute, ma per le quali sia stata presentata un’istanza di rinnovo entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, sono fatte salve e rinnovate, fatti salvi gli obblighi di aggiornamento.
Le contraddizioni della normativa nazionale rispetto al quadro comunitario
Il Dlgs n. 116/2020 non interviene sull’art. 14 bis della Legge n. 128/2019 che ha sbloccato il caso per caso per le autorizzazioni End of Waste.
Si ricorderà che lo stesso prevede che le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunichino all’Ispra i nuovi provvedimenti autorizzati e, quindi, introduce un meccanismo di “controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti” che può essere attivato da Ispra o dalle agenzie regionali competenti, sentita l’autorità competente. La norma sull’EoW è di derivazione comunitaria, ma ovviamente in Italia è stata resa molto più complessa del dettato originale. Una simile sovrastruttura normativa in materia di autorizzazioni non è prevista neanche per le autorizzazioni delle discariche e dei termovalorizzatori. Così, di fatto, si determina un ostacolo sulla strada dell’Economia Circolare.
Ricordiamo che secondo la Direttiva Rifiuti n. 851/2018 la Commissione monitora l’evoluzione dei criteri nazionali per la cessazione della qualifica di rifiuto negli Stati membri e valuta la necessità di sviluppare a livello di Unione criteri su tale base.
A tale fine e ove appropriato, la Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire i criteri dettagliati sull’applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti.
In ogni caso, tali criteri dettagliati garantiscano un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Essi includono: – materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero; – processi e tecniche di trattamento consentiti – criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario; – requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; – un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
La direttiva, quindi, fissa dei criteri che gli Stati membri devono rispettare e che a loro volta dovrebbero essere rispettati dalle autorità regionali nei provvedimenti in materia autorizzativa di loro competenza.
Semmai ci fosse la necessità di intervenire la Commissione potrà farlo con atti ad hoc in cui “tiene conto dei criteri pertinenti stabiliti dagli Stati membri a norma del paragrafo 3 e adotta come punto di partenza quelli più rigorosi e più protettivi dal punto di vista ambientale”.
La Commissione, quindi, si riserva di intervenire nei confronti degli Stati membri ma, ovviamente, in maniera rigorosa. Come può fare un’amministrazione centrale con le regioni, che sono entrambi espressione dello “Stato membro”.
La mancata fissazione di criteri a livello di Ue legittima, ovviamente, “gli Stati membri possono stabilire criteri dettagliati sull’applicazione (…) a determinati tipi di rifiuti”. Tali criteri dettagliati tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell’oggetto e soddisfano i requisiti di cui sopra.
In questo caso gli Stati membri notificano alla Commissione tali criteri. E laddove non siano stati stabiliti criteri né a livello di Unione o né a livello nazionale gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni e criteri stabiliti dall’art. 6 della Direttiva. Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti.
Un caso pratico
Il Ministro dell’Ambiente ha firmato il 24 settembre 2020 il decreto ministeriale che regolamenta l’EoW (End of Waste, fine del rifiuto) per la carta e cartone. L’EoW non è una novità in assoluto per l’Italia in quanto il sistema delle Materie Prime Secondarie (istituito con il DM 5.2.1998) risponde alla stessa logica. L’EOW carta si pone in continuità con la disciplina MPS, aggiornando dopo 22 anni la disciplina alla luce della normativa comunitaria e degli standard merceologici attuali. Il testo del decreto ci indica quale siano le attività essenziali del gestore di impianti autorizzati al recupero di carta e cartoni e cioè la selezione di carta e cartoni ammessi (codici 15 01 01, 15 01 05, 15 01 06, 20 01 01, 19 12 01, 03 03 08) esclusi quelli che provengano da indifferenziato, e la rimozione di qualsiasi materiale estraneo ai rifiuti di carta e cartone secondo i parametri riportati nella tabella che segue (Allegato 1 al decreto).
Possono essere fatti presso l’impianto di produzione dell’EoW controlli supplementari, anche analitici, a campione, su formaldeide e fenoli, ogniqualvolta l’analisi della documentazione e/o il controllo visivo indichino tale necessità.
Aspetto importante il produttore di carta e cartone recuperati dovrà applicare un sistema di gestione della qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001 certificato da un organismo accreditato ai sensi della normativa vigente, atto a dimostrare il rispetto dei requisiti di cui al presente regolamento.
Il manuale della qualità deve essere comprensivo:
a) di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità alla norma UNI EN 643; b) del piano di campionamento.
Secondo la lettera a) dell’art. 184 ter comma 1), l’EOW carta e cartone deve essere destinato a essere utilizzato per scopi specifici, una condizione che è ben chiarita dal decreto che all’art. 4, e poi in Allegato 2, che indica a questo proposito la manifattura di carta e cartone ad opera dell’industria cartaria (ed eventualmente altre industrie che utilizzino lo standard UNI EN 643). Secondo l’art. 205 bis del Dlgs n. 116/2020 (che ha recepito la direttiva rifiuti 851) proprio al momento dell’immissione nel ciclo industriale verrà misurato l’obiettivo di riciclaggio.
Tutto ciò ha un senso perché esiste un mercato per tale EoW (la seconda condizione indicata dalla lett b) dell’art. 184 ter, comma 1), mercato che solo in Italia è rappresentato da circa 7 milioni di tonnellate di materiale raccolto ogni anno, tra raccolta urbana e industriale (numeri un po’ diversi da quelli indicati dal Ministero dell’Ambiente nel suo Comunicato Stampa).
Ovviamente la sostanza e l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti (art. 184 ter, comma 1 lett c). In questo il decreto è chiaro e fa, più volte, espresso riferimento alla norma UNI EN 643 per quanto concerne i materiali proibiti e i componenti non cartacei. Unica e sensibile differenza rispetto alla norma UNI EN 643 (in corso di revisione su questo punto) è l’indicazione di una tolleranza per i rifiuti organici compresi gli alimenti (inferiore 0,1%) necessaria per tener conto della realtà operativa.
L’art. 1 del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 213 “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, di attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 modifica l’articolo 183, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 all’articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha apportato le seguenti modificazioni: a) al comma 3-sexies, le parole «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio»; b) al comma 3-septies, dopo le parole «registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate» è inserita la seguente: «(RECER)».
Per effetto di queste, la cadenza annuale, per presentare la relazione dell’Ispra sulle verifiche ed i controlli effettuati, non sarà più entro il 31 dicembre ma entro il 31 gennaio.
Inoltre il “registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate” viene normativamente identificato con la sigla “RECER”.
Categorie
EoW è un prodotto intermedio e non il riciclo finale
di Massimo Medugno
La recente risposta del Mase in materia
L’End of Waste è un prodotto intermedio, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, ma non è effettivamente il riciclo, che è l’attività con la quale si produce il bene finale.
Questa la sintesi della risposta del 17 novembre del MASE ad un interpello del 14 giugno scorso di Confindustria e che riguardava la nozione di EoW e l’autorizzazione all’uso dello stesso negli impianti industriali.
Il 2023 si chiude con questa chiara affermazione e cioè che l’EoW è un rifiuto che cessa di essere tale (a seguito di uno specifico iter amministrativo disciplinato da legge o atto amministrativo) per diventare una materia da utilizzare nei diversi processi.
A parere di chi scrive non si tratta di una novità, eppure alcuni principi vanno spesso “riaffermati”.
Infatti, secondo il Mase “Ai fini del calcolo, è quindi esplicitamente differenziato il processo di end of waste, che concorre alla quantificazione dei rifiuti riciclati, dal processo produttivo volto alla produzione del bene; ne discende che la sostanza o l’oggetto che ha cessato di essere rifiuto va inteso quale prodotto intermedio rispetto ad un successivo ritrattamento finalizzato ad ottenere un prodotto finale.”
D’altro canto, a commento di ciò, deve essere ricordato l’art. 205 bis del Dlgs n. 156(206 (TU Ambiente) che prevede che, il peso dei rifiuti urbani riciclati sia calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti a tutte le necessarie operazioni di controllo, cernita e altre operazioni preliminari, per eliminare i materiali di scarto (che non sono interessati dal successivo ritrattamento e per garantire un riciclaggio di alta qualità), siano immessi nell’operazione di riciclaggio con la quale sono effettivamente ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze.
L’art. 205 bis fa riferimento alla Decisione n. 2019/1004 della Commissione, che all’articolo 1 essa ben chiarisce (il testo inglese è particolarmente chiaro), la netta distinzione concettuale tra materiali sottoposti a “preliminary treatment operation” e materiali “reprocessed in a given recycling operation into products” .
Quindi l’utilizzo dell’EoW (non essendo un rifiuto) non va autorizzato, ma viene conteggiato ai fini del riciclo per la produzione di un bene finale.
Art. 216 comma 8 septies
La risposta contiene un altro aspetto di grade interesse e cioè l’articolo 216, comma 8-septies, del TUA che disciplina la possibilità di utilizzare i rifiuti individuati nella Lista Verde (rifiuti, quindi, recuperabili) di cui al Regolamento (CE) n. 1013/2006 negli impianti industriali autorizzati con AIA, “nel rispetto del relativo Bat References, previa comunicazione da inoltrare quarantacinque giorni prima dell’avvio dell’attività all’Autorità ambientale competente. In tal caso, i rifiuti saranno assoggettati al rispetto delle norme riguardanti esclusivamente il trasporto dei rifiuti e il formulario di identificazione”.
Il Mase, infatti, ricorda, che tale disposizione consente agli impianti autorizzati in AIA di integrare nel processo produttivo i rifiuti inclusi nella Lista Verde, ma non disciplinati nella predetta autorizzazione, prescrivendo il solo rispetto delle norme sul trasporto dei rifiuti e la compilazione del formulario identificativo. Conclude, quindi, che in considerazione di ciò non è applicabile la disciplina sull’EoW.
EoW: la definizione
Torniamo un attimo alla nozione di EoW.
Secondo l’art. 184 ter (cessazione della qualifica di rifiuto) un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto ad un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio (e la preparazione per il riutilizzo) e soddisfa i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana (comma 1)
L’articolo è stato inserito con il Dlgs 3 dicembre 2010 n. 205 che ha recepito la precedente Direttiva Ue in materia di rifiuti (la n. 98/2008).
Si tratta del più noto “end o waste “(EoW, fine del rifiuto, e in questo capitolo, da ora in poi, così lo definiremo) nato in ambito comunitario e non dissimile dal sistema delle “materie prime secondarie”, ancora oggi in vigore in Italia sulla base del DM. 5.2.1998.
Scopo dell’EoW è di facilitare l’utilizzazione di una sostanza o di un oggetto per scopi specifichi e nel rispetto della normativa e degli standard applicabili.
Si tratta quindi di uno “strumento” e non di un “fine”.
Le novità introdotte con la Direttiva 2018/851
Il nuovo Dlgs n. 116/2020 introduce due modifiche significative al testo dell’art. 184 ter del Dlgs 152/2006.
La prima è al comma 1 dell’articolo richiamato, ove le parole “e la preparazione per il riutilizzo” sono soppresse (per questo, sopra, sono state messe tra parentesi).
Un intervento in linea con l’impianto della norma che riguarda il recupero dei rifiuti e non il riutilizzo.
Con la seconda modifica dopo il comma 5 è stato aggiunto il seguente: “5-bis. La persona fisica o giuridica che utilizza, per la prima volta, un materiale che ha cessato di essere considerato rifiuto e che non è stato immesso sul mercato o che immette un materiale sul mercato per la prima volta dopo che cessa di essere considerato rifiuto, provvede affinché il materiale soddisfi i pertinenti requisiti ai sensi della normativa applicabile in materia di sostanze chimiche e prodotti collegati. Le condizioni di cui al comma 1 devono essere soddisfatte prima che la normativa sulle sostanze chimiche e sui prodotti si applichi al materiale che ha cessato di essere considerato un rifiuto.”
Pertanto, chi immette l’EoW dovrà valutarne la conformità rispetto al Reach, la normativa europea sulle sostanze chimiche.
L’adozione dei criteri generali per la cessazione della qualifica di rifiuto: il caso per caso
Come noto la Sentenza n. 01229/2018 del 28 febbraio determinava, di fatto, un blocco nel rilascio delle autorizzazioni caso per caso da parte delle competenti autorità a livello regionale, non essendo appunto previsti dei criteri generali e non essendo stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva n. 851/2018 e, in particolare, l’art. 6.
Il 31 ottobre 2019 la Camera dei Deputati convertiva in legge il DL n. 101/2019 (c.d. DL “Crisi Aziendali”, Atto Camera 2203), il cui art. 14 bis (“Cessazione della qualifica di rifiuto”, introdotto in sede di conversione) sbloccava il “caso per caso” per le autorizzazioni End of Waste.
L’art. 14 bis riproduce, nella sostanza, l’art. 6 della Direttiva 851/2018, ma non solo.
Infatti, esso modifica l’art. 184 ter del Dlg n. 152/2006, sostituendo il comma 3, ma aggiunge ex novo i commi dal 3 bis al 3 septies.
I commi 1- 3 modificano il vecchio comma 3 dell’art. 184 ter citato, anticipando il recepimento nella normativa italiana dell’art. 6 della Direttiva n. 851/2018.
Questa era stata la richiesta delle associazioni di categoria, oltre che di gran parte di quelle ambientaliste.
Ma l’art. 14 bis non recepisce soltanto l’art. 6 della Direttiva, ma aggiunge delle “novità” dal comma 3 bis in poi, che costituiscono un’innovazione (e di difformità) rispetto al testo della citata Direttiva 851.
Li ricordiamo in sintesi.
Secondo il comma 3 bis le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunicheranno all’ISPRA i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto richiedente. Dovranno essere comunicate secondo le stesse modalità anche le autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore della legge (comma 9).
Il successivo comma 3 ter prevede l’introduzione di un meccanismo di “controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti …agli atti autorizzatori rilasciati” che può essere attivato da ISPRA o dalle agenzie regionali competenti, sentita l’autorità competente.
Al comma 3 ter, si prevede che il procedimento di controllo si concluda entro sessanta giorni e che entro quindici giorni dalla conclusione di questo, ISPRA (o l’agenzia regionale delegata) comunichi l’esito al Ministero dell’Ambiente. In quest’attività dovrà essere assicurato armonizzazione, efficacia e omogeneità dei controlli nel rispetto dei principi indicati dalla legge n. 132/2016 che ha istituito il sistema nazionale per la protezione ambientale e ha disciplinato l’ISPRA.
Il Ministero ha sessanta giorni di tempo per adottare le proprie conclusioni e trasmetterle all’autorità competente (comma 3 quater). Esso avvia il procedimento per l’adeguamento dell’impianto, disponendo, in caso di inottemperanza, la revoca dell’autorizzazione e dando tempestiva comunicazione al Ministero della conclusione del procedimento.
Se il procedimento non risulta avviato o concluso, entro centottanta giorni dalla comunicazione all’autorità competente, il Ministero può provvedere in via sostitutiva (comma 3 quinquies).
L’ISPRA, annualmente, redigerà una relazione sui controlli effettuati nel corso dell’anno e la comunica al Ministero entro il 31 dicembre (comma 3 sexies).
Molto importante, quanto previsto dal successivo comma 8: le autorizzazioni per le quali è in corso il rinnovo o che risultano scadute, ma per le quali sia stata presentata un’istanza di rinnovo entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, sono fatte salve e rinnovate, fatti salvi gli obblighi di aggiornamento.
Le contraddizioni della normativa nazionale rispetto al quadro comunitario
Il Dlgs n. 116/2020 non interviene sull’art. 14 bis della Legge n. 128/2019 che ha sbloccato il caso per caso per le autorizzazioni End of Waste.
Si ricorderà che lo stesso prevede che le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunichino all’Ispra i nuovi provvedimenti autorizzati e, quindi, introduce un meccanismo di “controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti” che può essere attivato da Ispra o dalle agenzie regionali competenti, sentita l’autorità competente.
La norma sull’EoW è di derivazione comunitaria, ma ovviamente in Italia è stata resa molto più complessa del dettato originale.
Una simile sovrastruttura normativa in materia di autorizzazioni non è prevista neanche per le autorizzazioni delle discariche e dei termovalorizzatori.
Così, di fatto, si determina un ostacolo sulla strada dell’Economia Circolare.
Ricordiamo che secondo la Direttiva Rifiuti n. 851/2018 la Commissione monitora l’evoluzione dei criteri nazionali per la cessazione della qualifica di rifiuto negli Stati membri e valuta la necessità di sviluppare a livello di Unione criteri su tale base.
A tale fine e ove appropriato, la Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire i criteri dettagliati sull’applicazione uniforme delle condizioni di cui al paragrafo 1 a determinati tipi di rifiuti.
In ogni caso, tali criteri dettagliati garantiscano un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e agevolano l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Essi includono:
– materiali di rifiuto in entrata ammissibili ai fini dell’operazione di recupero;
– processi e tecniche di trattamento consentiti
– criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall’operazione di recupero in linea con le norme di prodotto applicabili, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se necessario;
– requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, compresi il controllo della qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso;
– un requisito relativo alla dichiarazione di conformità.
La direttiva, quindi, fissa dei criteri che gli Stati membri devono rispettare e che a loro volta dovrebbero essere rispettati dalle autorità regionali nei provvedimenti in materia autorizzativa di loro competenza.
Semmai ci fosse la necessità di intervenire la Commissione potrà farlo con atti ad hoc in cui “tiene conto dei criteri pertinenti stabiliti dagli Stati membri a norma del paragrafo 3 e adotta come punto di partenza quelli più rigorosi e più protettivi dal punto di vista ambientale”.
La Commissione, quindi, si riserva di intervenire nei confronti degli Stati membri ma, ovviamente, in maniera rigorosa.
Come può fare un’amministrazione centrale con le regioni, che sono entrambi espressione dello “Stato membro”.
La mancata fissazione di criteri a livello di Ue legittima, ovviamente, “gli Stati membri possono stabilire criteri dettagliati sull’applicazione (…) a determinati tipi di rifiuti”.
Tali criteri dettagliati tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana della sostanza o dell’oggetto e soddisfano i requisiti di cui sopra.
In questo caso gli Stati membri notificano alla Commissione tali criteri. E laddove non siano stati stabiliti criteri né a livello di Unione o né a livello nazionale gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni e criteri stabiliti dall’art. 6 della Direttiva. Gli Stati membri possono rendere pubbliche tramite strumenti elettronici le informazioni sulle decisioni adottate caso per caso e sui risultati della verifica eseguita dalle autorità competenti.
Un caso pratico
Il Ministro dell’Ambiente ha firmato il 24 settembre 2020 il decreto ministeriale che regolamenta l’EoW (End of Waste, fine del rifiuto) per la carta e cartone.
L’EoW non è una novità in assoluto per l’Italia in quanto il sistema delle Materie Prime Secondarie (istituito con il DM 5.2.1998) risponde alla stessa logica.
L’EOW carta si pone in continuità con la disciplina MPS, aggiornando dopo 22 anni la disciplina alla luce della normativa comunitaria e degli standard merceologici attuali.
Il testo del decreto ci indica quale siano le attività essenziali del gestore di impianti autorizzati al recupero di carta e cartoni e cioè la selezione di carta e cartoni ammessi (codici 15 01 01, 15 01 05, 15 01 06, 20 01 01, 19 12 01, 03 03 08) esclusi quelli che provengano da indifferenziato, e la rimozione di qualsiasi materiale estraneo ai rifiuti di carta e cartone secondo i parametri riportati nella tabella che segue (Allegato 1 al decreto).
Possono essere fatti presso l’impianto di produzione dell’EoW controlli supplementari, anche analitici, a campione, su formaldeide e fenoli, ogniqualvolta l’analisi della documentazione e/o il controllo visivo indichino tale necessità.
Aspetto importante il produttore di carta e cartone recuperati dovrà applicare un sistema di gestione della qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001 certificato da un organismo accreditato ai sensi della normativa vigente, atto a dimostrare il rispetto dei requisiti di cui al presente regolamento.
Il manuale della qualità deve essere comprensivo:
a) di procedure operative per il controllo delle caratteristiche di conformità alla norma UNI EN 643;
b) del piano di campionamento.
Secondo la lettera a) dell’art. 184 ter comma 1), l’EOW carta e cartone deve essere destinato a essere utilizzato per scopi specifici, una condizione che è ben chiarita dal decreto che all’art. 4, e poi in Allegato 2, che indica a questo proposito la manifattura di carta e cartone ad opera dell’industria cartaria (ed eventualmente altre industrie che utilizzino lo standard UNI EN 643).
Secondo l’art. 205 bis del Dlgs n. 116/2020 (che ha recepito la direttiva rifiuti 851) proprio al momento dell’immissione nel ciclo industriale verrà misurato l’obiettivo di riciclaggio.
Tutto ciò ha un senso perché esiste un mercato per tale EoW (la seconda condizione indicata dalla lett b) dell’art. 184 ter, comma 1), mercato che solo in Italia è rappresentato da circa 7 milioni di tonnellate di materiale raccolto ogni anno, tra raccolta urbana e industriale (numeri un po’ diversi da quelli indicati dal Ministero dell’Ambiente nel suo Comunicato Stampa).
Ovviamente la sostanza e l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti (art. 184 ter, comma 1 lett c). In questo il decreto è chiaro e fa, più volte, espresso riferimento alla norma UNI EN 643 per quanto concerne i materiali proibiti e i componenti non cartacei.
Unica e sensibile differenza rispetto alla norma UNI EN 643 (in corso di revisione su questo punto) è l’indicazione di una tolleranza per i rifiuti organici compresi gli alimenti (inferiore 0,1%) necessaria per tener conto della realtà operativa.
L’art. 1 del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 213 “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, di attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 modifica l’articolo 183, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 all’articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha apportato le seguenti modificazioni:
a) al comma 3-sexies, le parole «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «31 gennaio»;
b) al comma 3-septies, dopo le parole «registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate» è inserita la seguente: «(RECER)».
Per effetto di queste, la cadenza annuale, per presentare la relazione dell’Ispra sulle verifiche ed i controlli effettuati, non sarà più entro il 31 dicembre ma entro il 31 gennaio.
Inoltre il “registro nazionale per la raccolta delle autorizzazioni rilasciate e delle procedure semplificate” viene normativamente identificato con la sigla “RECER”.
Torna all'elenco completo
© Riproduzione riservata