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La Corte UE interviene sulla errata attribuzione del EER 191212 ai rifiuti urbani sottoposti a trattamento meccanico

di Maurizio Sante Minichilli

Categoria: Rifiuti

Tutto ha origine con il diniego opposto dalla Regione Veneto ad una notifica transfrontaliera, di 2000 ton. di rifiuti EER 191212, prodotti in Italia con trattamento R12 e destinati a recupero energetico R1 in impianto di recupero slovacco, motivato ai sensi dell’art. 12 del reg. UE 1013/2006 lett.re b) – la spedizione o il recupero previsto non è conforme alla legislazione nazionale relativa alla protezione dell’ambiente, all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica o alla tutela della salute pubblica per quanto riguarda le azioni nel paese che solleva obiezioni – e g) – il rapporto tra i rifiuti recuperabili e non recuperabili, il valore stimato dei materiali destinati al recupero finale o le spese di recupero e le spese dello smaltimento della parte non recuperabile non giustificano il recupero con riguardo a considerazioni economiche e/o ambientali -.

Il notificatore aveva formulato istanza di autorizzazione alla spedizione transfrontaliera dichiarando:

a) che il rifiuto era costituito da residuo a secco di rifiuti urbani, disidratato, vagliato, separato in impianto aerolico e balistico, separato con magnete a corrente parassita… (operazione di recupero R12);
b) la necessità di esportazione risiedeva nel fatto che sul territorio regionale gli impianti autorizzati al recupero del predetto CER non disponevano di spazi di ricevimento del rifiuti sufficienti a garantire il recupero né la continuità operativa degli impianti di produzione;
c) l’impianto di destino finale (cementeria estera) nella quale detto rifiuto sarebbe stato avviato a trattamento/recupero in co-combustione (operazione R1).

 

La Regione Veneto argomentava il suo diniego adducendo che i rifiuti prodotti dalla esportatrice istante sono urbani sottoposti a trattamento preliminare (R12) di triturazione, deferrizzazione e vagliatura, come previsto dal provvedimento autorizzativo, asserendo in tal guisa che gli scarti ed i sovvalli derivanti da attività di selezione meccanica dei rifiuti urbani, abitualmente identificati dal EER 191212 (ma non solo) mantengono, pur se sottoposti alle attività di pretrattamento, la qualifica di rifiuto urbano e come tali rientrano nel principio di autosufficienza stabilito dall’art. 182-bis comma 1 lett.re a) e b) D.Lgs. 152/2006 (in proposito rappresentando come vi fosse dichiarazione di disponibilità di 2 impianti di incenerimento R1 in Padova e Schio).

L’Ente richiamava, a corredo del suo dettato motivazionale di reiezione e rifacendosi al pronunciamento della sentenza C.d.S. nr. 5242/2014, l’uniforme orientamento interpretativo dell’Amministrazione Regionale di considerare i rifiuti urbani indifferenziati sottoposti a trattamento preliminare (operazione R12) comunque tenutari della qualifica di rifiuto urbano e come tali rientranti tra le tipologie di rifiuti tenute al rispetto dell’art. 182-bis TUA e dell’art. 16 direttiva 2008/98/CE, prescindendo dallo specifico contesto di avvio degli stessi a smaltimento (vincolo di autosufficienza) o al recupero energetico R1 (principio di prossimità).

Emblematica (ed opinabile) è l’asserzione per cui nessuna norma classifica espressamente i rifiuti con codice EER 191212 come speciali, mentre tale rifiuto se deriva da attività di pretrattamento di rifiuti urbani, benché possa essere considerato un nuovo prodotto, lo stesso in concreto non ha perduto le caratteristiche di rifiuto urbano.

La vicenda ha, inevitabilmente, trovato il suo epilogo dinnanzi alla Magistratura Amministrativa la quale in primo grado (TAR Veneto Sent. 15.11.2016 n. 1261), accogliendo il ricorso del notificatore contro l’Amministrazione Regionale, ha evidenziato come non sia possibile affermare in modo assiomatico che i rifiuti indifferenziati sottoposti ad operazione di trattamento preliminare (R12) mantengano la qualifica di rifiuto urbano, con le conseguenti restrizioni – di prossimità e vicinanza – di cui all’art. 182-bis TUA.

 

Il TAR Veneto ha aggiunto, con una necessaria quanto evidente tautologia, che i rifiuti contrassegnati con il codice EER 191212 debbano essere qualificati come speciali (e non urbani) sulla base dello stesso codice assegnato agli stessi richiamando, a tal proposito, il chiaro indirizzo di Palazzo Spada (ex ultimis C.d.S. n. 2812/2006) il quale ha statuito che “il n. 19 non individua rifiuti urbani bensì quelli considerati “speciali” ai sensi dell’art. 183 comma 1 lett. cc) D.Lgs. 152/2006, per i quali non valgono i principi di autosufficienza e di limitazione territoriale, diversamente dai rifiuti urbani.” In tal senso è la stessa Regione Veneto, nell’ambito del P.R.G.R. – adottato con D.C.R. n. 30/2015 – ad affermare che “La gestione dei rifiuti speciali non può essere assoggettata a vincoli territoriali (bacinizzazione prevista per legge a cui invece sono soggetti i rifiuti urbani) bensì soggiace al libero mercato”.

 

 

La Regione Veneto ha impugnato dinnanzi al C.d.S. la sentenza TAR Veneto summenzionata, adducendo, tra gli altri motivi di censura della delibazione, che la classificazione di un rifiuto EER 191212 proveniente da impianto di trattamento (nel caso di specie TMB) non è dirimente per la sua qualificazione come “speciale”, dovendosi attribuire tale requisito solo a quei rifiuti che abbiamo subito una sostanziale trasformazione durante il processo di lavorazione, secondo le migliori tecnologie disponibili (B.A.T.) ed adducendo un triplice ordine di censure:

a) la modifica 2008 TUA dell’art. 184 che ha eliminato la lett.ra n) la quale conteneva “i rifiuti speciali derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani”
b) la ratio di tale soppressione è da imputarsi al fatto che la selezione meccanica non altera la composizione del rifiuto ma serve unicamente ad agevolare l’attività successiva di recupero e smaltimento;
c) per la spedizione transfrontaliera soggetta ad autorizzazione preventiva, il punto 33 delle premesse recita” ai fini dell’applicazione del regolamento UE 1013/2006, i rifiuti urbani non differenziati di cui all’art. 3, rimangono rifiuti urbani non differenziati anche quando sono stati soggetti ad un’operazione di trattamento che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà” e di conseguenza le autorità competenti devono assicurare che il recupero energetico dei RUI avvenga negli impianti più prossimi al luogo di produzione, come prevede l’art. 182-bis TUA;
d) la classificazione di cui all’art. 184 TUA (rifiuto speciale), prescinde dal codice attribuito ai sensi dell’all. D), il quale individua una attribuzione tecnica e non normativa; ed invero non esiste una correlazione univoca tra EER e classificazione urbano o speciale dal momento che non tutti i n. 20 sono urbani e non tutti i n. 19 sono speciali e, nel caso di specie il 191212 assume la proprietà (tecnica e fisica) di rifiuto speciale all’esito di un effettivo trattamento meccanico che ne abbia sostanzialmente alterato la proprietà (come recita il punto 33 delle premesse Direttiva 2008/98/UE).

Il C.d.S., con ordinanza n. 5639/2018 ha disposto un accertamento peritale dei rifiuti di natura documentale stante l’impossibilità di verificarli in situ, all’esito del quale il verificatore ha riscontrato la non sostanziale modifica della composizione chimica fisica dei rifiuti post trattamento meccanico, tale da giustificarne la variazione della sua proprietà da urbano a speciale.

 

Palazzo Spada, con sentenza parziale e non definitiva nr. 4162/2020 ha ritenuto sussistenti i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla C.G.U.E. ai sensi dell’art. 267/comma 3 TFUE (competenza pregiudiziale sulla validità ed interpretazione degli atti compiuti da Istituzioni, Organi od Organismi dell’Unione) individuando il tema centrale da porre al vaglio della predetta Corte Europea nella qualificazione dei rifiuti speciali EER 191212 risultanti dal trattamento meccanizzato, e la conseguente applicazione dei principi di autosufficienza, prossimità o, in alternativa, libera circolazione all’interno dei paesi dell’Unione in presenza delle tesi contrapposte sostenute:

– dal notificatore (validata dal TAR) il quale asserisce che il trattamento meccanico dei rifiuti, originariamente urbani, comporta la loro riclassificazione in speciali, perché trasformati in un prodotto nuovo e diverso (e quindi soggetti al principio della libera circolazione);

– dall’Ente di Spedizione autorizzante il quale esclude che la semplice operazione (meccanica) preliminare ne modifichi la natura urbana, in quanto l’allegato D della parte IV D.Lgs. 152/2006 non costituisce una proposizione normativa e prevede capitoli trasversali, non esistendo una correlazione univoca tra EER e classificazione di rifiuto urbano o speciale, con la conseguenza che non è esclusivamente urbano tutto ciò che è classificato con il n. 20 EER ed il n. 19 non comprende solo ed esclusivamente rifiuti speciali. Precisamente sostiene la Regione Veneto che il codice EER 191212, attribuibile a rifiuti prodotti da impianti di trattamento meccanico, sia che in origine fossero urbani oppure speciali, va correttamente indicato a valle, con l’avvenuta ed effettiva trasformazione del rifiuto rispetto alle sue originarie caratteristiche, anche in coerenza con il punto 33 delle premesse Direttiva 2008/98/CE.

 

La rimessione alla CGUE da parte del C.d.S. è stata disposta in quanto la decisione della controversia afferisce l’interpretazione, e conseguente applicazione, di norme euro-unitarie le quali, nelle difese contrapposte delle parti, risultano essere in palese antinomia ragione per cui la Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sulle seguenti questioni di diritto:

– il rifiuto urbano indifferenziato sottoposto a trattamento meccanico (operazione R12 di cui all’allegato C) può vedersi assegnato, all’esito della lavorazione, il codice EER 191212, sebbene l’operazione la lavorazione effettuata non abbia sostanzialmente alterato le proprietà originarie dei rifiuto;

– ai fini dell’applicazione del reg. UE 1013/2006 sono legittime le obiezioni sollevate dal Paese di Spedizione del rifiuto (con destino altro paese intra UE per operazione R1) in tema di corretta applicazione della Direttiva 2008/98/UE per quanto concerne:

a) principio di protezione della salute umana e dell’ambiente (art. 13) dovendo gli stati membri adottare misure appropriate per la creazione di una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento e/o recupero rifiuti urbani non differenziati, provenienti dalla raccolta domestica;
b) sulla base di quanto stabilito dall’art. 16/comma 2, gli Stati Membri possono limitare le spedizioni di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia stato accertato che dette modalità non sono coerenti con i loro piani di gestione;
c) il punto 33 delle premesse ovvero la conservazione della qualifica di rifiuto urbano sottoposto ad operazione di trattamento che non ne alteri sostanzialmente le proprietà;

– come dev’essere intesa la disciplina euro-unitaria relativamente ai rifiuti speciali EER 191212 provenienti da impianto di trattamento meccanico (R12) da destinare a spedizione transfrontaliera, allorquando questi provengano, prima, del trattamento da rifiuti urbani indifferenziati;

– criteri di prevalenza del Catalogo Europeo Rifiuti rispetto alle previsioni di cui al punto 33 delle premesse ed all’art. 16 della Direttiva 2008/98/UE.

Incardinata dinnanzi all’VIII Sezione della CGUE la causa C-315/2020 è stata decisa con sentenza dell’11.11.2021 il cui dispositivo così di seguito può riassumersi:

a) l’autorità competente di spedizione, ai sensi dell’art. 11/comma 1 lett. i) – principio di autosufficienza e prossimità – può opporsi ad una spedizione di rifiuti urbani non differenziati che, a seguito di un trattamento meccanico ai fini del loro recupero energetico, non ne ha tuttavia sostanzialmente alterato le proprietà originali;
b) la normativa per la classificazione EER 191212 è rinvenibile dall’elenco dei rifiuti contenuto in allegato alla decisione Commissione 2000/532/CE del 3.05.2000 che sostituisce la decisione 94/3/CE, la quale istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’art. 1 lett. a) della Direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’art. 1, paragrafo 4 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla decisione Commissione 2014/955/UE del 18.12.2014.

 

 

Cosa stabilisce, in buona sostanza, il Giudice Europeo:

– la normativa transfrontaliera (reg. UE 1013/2006) e la direttiva 2008/98, il cui obiettivo è quello di ridurre al minimo gli impatti negativi della produzione e gestione dei rifiuti, indicano delle prescrizioni rafforzate in tema di rifiuti urbani non differenziati (art. 3/par. 5) equiparando le disposizioni a quelle di smaltimento, facendone conseguire l’applicabilità di quanto all’art. 11/comma 1 lett. i), anche allorquando il destino della spedizione sia il recupero;

– già in fase di lavori preparatori al reg. UE 1013/2006 il legislatore si è prefissato l’intento di limitare allo stretto necessario le spedizioni dei rifiuti provenienti dalla raccolta domestica, per indurre gli Stati Membri a farsi carico autonomamente della soluzione (sia esso smaltimento che recupero) dei rifiuti provenienti dalla raccolta domestica, imponendo loro (art. 16 Dir. UE 2008/98) di allestire una rete integrata ed adeguata di impianti di trattamento rifiuti urbani non differenziati, facendo ricorso alle migliori tecnologie disponibili (BAT) ed allestendo impianti appropriati più vicini al luogo in cui vengono prodotti;

– ne consegue che le autorità di spedizione possono legittimamente invocare il principio di prossimità ed autosufficienza per negare una spedizione transfrontaliera;

– inoltre, pur considerando il punto 33 delle premesse Direttiva UE 2008/98, ai fini dell’applicazione del reg. UE 1013/2006, per giurisprudenza comunitaria costante senza alcun valore giuridico vincolante e tale da derogare alle disposizioni normative successive, detti contenuti forniscono elementi di interpretazione utili a chiarire la volontà dell’autore medesimo, e quindi i rifiuti urbani sottoposti a trattamento meccanico ai fini del loro recupero energetico, allorquando ciò non comporti una sostanziale alterazione della materia, non possono essere classificati con il codice EER 191212, ma rientrano nell’accezione di rifiuti urbani non differenziati provenienti dalla raccolta domestica, conservando sostanzialmente il codice EER 200301, dipendendo la classificazione dalla natura sostanziale e non formale del rifiuto.

 

Mi sovvengono brevi considerazioni, sopratutto a seguito di un commento pubblicato il 10.12.2021 su lex ambiente dal titolo “una sentenza esplosiva” ?, la cui prospettazione, che ovviamente non condivido, lascia intendere come in numerosi casi il trattamento meccanico dei rifiuti indifferenziati in realtà non determini la sostanziale modifica della proprietà dello stesso e quindi, suffragati dal responso del legislatore comunitario, l’attribuzione del codice EER 191212 altro non sia che un artificio formale per consentire la libera circolazione dei rifiuti urbani indifferenziati destinati a smaltimento e/o recupero energetico, in barba ai principi ed ai vincoli di autosufficienza e prossimità.

In primo luogo la CGUE non chiarisce, né è tenuta a farlo, quale sia il discrimine per applicare il considerando nr. 33 Dir. UE 2008/98, ovvero quando i rifiuti urbani non differenziati permangono tali pur essendo stati sottoposti ad operazione di trattamento che non ne abbia sostanzialmente alterato le proprietà.

La sentenza nella sua prolissa argomentazione non fa altro che richiamare il dettato normativo comunitario (anche con una certa sufficienza tautologica) senza tuttavia esprimere alcun giudizio interpretativo sull’effettivo perimetro applicativo del conflitto giuridico chiamato a dirimere.

In buona sostanza è l’autorità di spedizione che ha addotto a fondamento del suo diniego la supposta inadeguatezza del trattamento meccanico del rifiuto indifferenziato e quindi la sua non corretta codifica come speciale EER 191212. Nessuna sentenza esplosiva ma solo un rimando ad una norma comunitaria, la quale tuttavia in altri Stati membri, a differenza del nostro, viene interpretata con maggiore pragmatismo.

 

Ad avviso dello scrivente non spetta al giurista (tantomeno al Giudice) stabilire quanto un rifiuto indifferenziato è idoneamente sottoposto a trattamento in modo tale da alterarne la sua proprietà. Le operazioni di trattamento (nel caso di specie R12) sono debitamente autorizzate all’esito di un vaglio istruttorio di qualificati organi tecnici regionali (ARTA, comitato VIA ecc..) i quali considerano la bontà del processo rappresentato in sede di istanza ai fini del rilascio, ivi compresa la sua congruità tecnologica ed impiantistica (vagli, rotori, deferrizzatori, lettori ottici e balistici ecc..) al fine di poter idoneamente trattare un rifiuto urbano indifferenziato.

Del resto non mi capacito come possa un legislatore ambientale (ormai affetto da incontrollabile bulimia codificatrice) normare persino le modalità di svolgimento delle operazioni di trattamento per individuare il discrimine scaturente dal considerato nr. 33 Dir. 2008/98 UE.

Se parliamo di proprietà fisica dei materiali (non chimica dal momento che ciò non riguarda operazioni le trattamento meccanico) è sufficiente prendere a riferimento le nozioni scientifiche (non giuridiche) di massa volumica (rapporto tra massa e volume) e capacità termica complessiva.

Bene, se un rifiuto urbano indifferenziato (con una massa iniziale) a fine processo di lavorazione ha ridotto la sua massa in conseguenza dell’eliminazione della sua frazione organica, è stato sottoposto a deferrizzazione e successiva estrazione delle componenti plastiche nobili, grazie a lettori ottici e balistici, aumentato il potere calorico grazie alla sottrazione di componente umida, non vedo come possa essere considerato ancora urbano indifferenziato solo in ragione di una distorta interpretazione della normativa comunitaria.

Auspichiamo necessari ed indispensabili chiarimenti da parte del MITE sul cui tavolo tale ennesima esegesi ambientale potrà trovare una sensata ed equilibrata composizione.

 

Piacenza, 3 febbraio 2022

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