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Europa impreparata ad affrontare i rischi climatici – allarmismo o verità?
di Verdiana De Leoni
Categoria: Sviluppo sostenibile
Ormai sembra quasi che ci siamo assuefatti, abituati ogni giorno a sentir parlare di crisi – crisi sociale, crisi economica, crisi alimentare, crisi climatica. Eppure proprio ora non dovremmo fermare i nostri sforzi facendo finta di avere ancora tempo per cambiare…tempo per migliorare, tempo per invertire la rotta…tempo.
Ma non abbiamo più tempo.
Il tempo a disposizione ce lo siamo giocato mandando avanti modelli economici lineari non sostenibili e adesso siamo chiamati ad agire, ad adattarci alle conseguenze che la crisi climatica ci impone di affrontare.
Secondo la European Environmental Agency, nel primo rapporto di “valutazione europea dei rischi climatici” pubblicato lo scorso Marzo 2024 – European Climate Risk Assessment (EUCRA) – il vecchio continente è il luogo che sta registrando più eventi climatici estremi. I rischi climatici stanno mettendo a rischio la sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche nonché la stabilità economica e la sicurezza dei cittadini e molti di questi rischi, in base a quanto riportato nella valutazione dell’EEA, hanno già raggiunto livelli critici.
Ma siamo davvero al punto di non ritorno?
Se non agiamo con interventi urgenti e decisivi la risposta potrebbe essere affermativa.
Nonostante i numerosi sforzi che l’Unione Europea sta compiendo verso la transizione, le nostre politiche e gli interventi di adattamento rimangono passi indietro rispetto alla velocità con cui i rischi legati alla crisi climatica avanzano sul nostro territorio.
L’Europa è il continente che si sta scaldando più velocemente al mondo e le ondate di calore, la siccità, gli incendi, le alluvioni che prima erano eventi climatici relativamente rari nel nostro amato clima mediterraneo, sono oggi molto frequenti e hanno impatti sempre più gravi non solo sull’ambiente ma anche sulle nostre economie e società. La crisi climatica e i rischi legati alla crisi climatica possono avere un effetto moltiplicatore a cascata di rischi e crisi già esistenti.
Diversi rischi identificati all’interno del report hanno già raggiunto livelli critici e necessitano di un intervento immediato altrimenti per la fine del secolo potremmo raggiungere livello di rischio inaccettabili e catastrofici e potrebbe davvero essere troppo tardi per vedere interventi significativi nelle nostre economie per adattarsi.
Alcune regioni d’Europa sono aree in cui si concentrano più rischi climatici. Soprattutto l’Europa meridionale è a rischio con ondate di calore estremo e periodi di siccità sempre più frequenti e in periodi dell’anno imprevedibili, numerosi incendi boschivi e la scarsità idrica che influiscono sulle produzioni agricole, i lavori all’aria aperta e la salute umana. Per non parlare poi delle regioni costiere a bassa quota soggette al rischio di inondazioni, erosione costiera e infiltrazioni di acqua salata.
Sintesi dei risultati
L’assessment valuta 36 diversi principali rischi climatici raggruppandoli 5 grandi gruppi: 1) ecosistemi 2) food 3) economia e finanza 4) infrastrutture 5) salute. Tutti i rischi identificati vengono valutati dal punto di vista a) della gravità del rischio b) dell’orizzonte temporale delle politiche (lead time and decision horizon) c) della prontezza, efficacia delle politiche d) attribuzione del rischio.
Per oltre la metà dei rischi climatici individuati e analizzati già oggi, al momento della valutazione, sono necessari interventi più incisivi; molti dei rischi climatici hanno infatti già raggiunto livelli critici e se non vengono adottate azioni forti e decise oggi, la maggior parte dei rischi climatici identificati potrebbe raggiungere livelli critici o addirittura catastrofici entro la fine di questo secolo.
Ma vediamo nel dettaglio come si presentano i 5 macro gruppi analizzati:
Ecosistemi: in questo gruppo quasi tutti i rischi analizzati richiedono interventi urgenti o comunque più incisivi – in particolare gli ecosistemi marini e costieri sono valutati particolarmente gravi. “poiché gli ecosistemi rendono molteplici servizi alle popolazioni, questi rischi hanno un elevato potenziale di ricaduta su altri settori fra cui la produzione agricola e alimentare, la salute, le infrastrutture e l’economia.”
Food: il caldo eccessivo e la siccità già stanno mettendo a dura prova la produzione agricola dell’Europa meridionale ma non solo, anche l’Europa centrale inizia ad essere colpita da ondate di calore improvvise e siccità che interferiscono con le coltivazioni. Quest’ultima in particolare, se prolungata, minaccia significativamente le nostre colture impattando sulla sicurezza alimentare ma anche sull’approvvigionamento di acqua potabile.
Economia e finanza: numerosi, se non tutti i rischi climatici interessano anche l’economia e il sistema finanziario europeo. Pensiamo a come gli eventi climatici estremi possono causare aumenti nei premi assicurativi, svalutazioni di proprietà con conseguente impatto sui mutui, incrementi della spesa pubblica e del costo dei prestiti. Già oggi i “costi delle inondazioni e degli incendi degli ultimi anni costituiscono già una seria minaccia per la sostenibilità del Fondo di solidarietà dell’UE. L’aggravamento degli impatti climatici può inoltre ampliare il vuoto assicurativo tra la copertura da parte delle assicurazioni private e le perdite effettive rendendo più vulnerabili le famiglie a basso reddito.”
Infrastrutture: gli eventi metereologici estremi sempre più frequenti aumentano i rischi per le infrastrutture e i servizi critici in Europa fra cui: energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni. “nell’Europa meridionale il caldo e la siccità sono all’origine di rischi concreti per la produzione, la distribuzione e la domanda di energia. Anche gli edifici ad uso residenziale devono essere adattati all’aumento delle temperature.”
Salute: il calore estremo è il rischio climatico più grave per la salute umana assieme alla scarsità di acqua potabile e indubbiamente è il rischio che richiede interventi più urgenti in quanto le temperature medie sono ormai in continua crescita. Le fasce di popolazione più a rischio sono i lavoratori all’aria aperta, gli anziani e le persone che vivono in zone con un forte effetto di “isola di calore urbano” in abitazioni strutturalmente non adeguate a mitigare le temperature.
Conclusioni
È indubbio che a livello globale, e soprattutto in Europa, sono stati compiuti notevoli progressi nelle diverse discipline che ruotano attorno alla scienza del clima e soprattutto nell’identificazione dei rischi climatici e delle possibili azioni di mitigazione e adattamento a quest’ultimi. Ma ancora non basta. Il report parla chiaro, nonostante gli sforzi siamo ancora indietro soprattutto nell’utilizzo, nell’applicazione pratica delle possibili soluzioni individuate – siamo consapevoli che una possibile soluzione ai rischi individuati ad esempio per la salute ma non solo, potrebbe “risiedere in un passaggio, anche parziale, dalle proteine di origine animale a quelle di origine vegetale ottenute da piante coltivate in modo sostenibile, che permetterebbe di ridurre il consumo di acqua in agricoltura e la dipendenza da mangimi importati” ma ancora la dieta mediterranea si basa per lo più sull’utilizzo di proteine animali.
“Molti settori sui quali fare leva per ridurre i rischi climatici a carico della salute esulano dalle politiche sanitarie tradizionali, come la pianificazione urbana, le normative edilizie e quelle sul lavoro” ma siamo ancora indietro – la nuova Direttiva europea “case green” è sicuramente un altro passo nella giusta direzione ma il problema è il tempo.
Se vogliamo preservare i nostri ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi garantendo la sostenibilità dei meccanismi di solidarietà come il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea, il momento di agire è oggi, non domani, non nel 2030, ma OGGI.
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Europa impreparata ad affrontare i rischi climatici – allarmismo o verità?
di Verdiana De Leoni
Ormai sembra quasi che ci siamo assuefatti, abituati ogni giorno a sentir parlare di crisi – crisi sociale, crisi economica, crisi alimentare, crisi climatica. Eppure proprio ora non dovremmo fermare i nostri sforzi facendo finta di avere ancora tempo per cambiare…tempo per migliorare, tempo per invertire la rotta…tempo.
Ma non abbiamo più tempo.
Il tempo a disposizione ce lo siamo giocato mandando avanti modelli economici lineari non sostenibili e adesso siamo chiamati ad agire, ad adattarci alle conseguenze che la crisi climatica ci impone di affrontare.
Secondo la European Environmental Agency, nel primo rapporto di “valutazione europea dei rischi climatici” pubblicato lo scorso Marzo 2024 – European Climate Risk Assessment (EUCRA) – il vecchio continente è il luogo che sta registrando più eventi climatici estremi. I rischi climatici stanno mettendo a rischio la sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche nonché la stabilità economica e la sicurezza dei cittadini e molti di questi rischi, in base a quanto riportato nella valutazione dell’EEA, hanno già raggiunto livelli critici.
Ma siamo davvero al punto di non ritorno?
Se non agiamo con interventi urgenti e decisivi la risposta potrebbe essere affermativa.
Nonostante i numerosi sforzi che l’Unione Europea sta compiendo verso la transizione, le nostre politiche e gli interventi di adattamento rimangono passi indietro rispetto alla velocità con cui i rischi legati alla crisi climatica avanzano sul nostro territorio.
L’Europa è il continente che si sta scaldando più velocemente al mondo e le ondate di calore, la siccità, gli incendi, le alluvioni che prima erano eventi climatici relativamente rari nel nostro amato clima mediterraneo, sono oggi molto frequenti e hanno impatti sempre più gravi non solo sull’ambiente ma anche sulle nostre economie e società. La crisi climatica e i rischi legati alla crisi climatica possono avere un effetto moltiplicatore a cascata di rischi e crisi già esistenti.
Diversi rischi identificati all’interno del report hanno già raggiunto livelli critici e necessitano di un intervento immediato altrimenti per la fine del secolo potremmo raggiungere livello di rischio inaccettabili e catastrofici e potrebbe davvero essere troppo tardi per vedere interventi significativi nelle nostre economie per adattarsi.
Alcune regioni d’Europa sono aree in cui si concentrano più rischi climatici. Soprattutto l’Europa meridionale è a rischio con ondate di calore estremo e periodi di siccità sempre più frequenti e in periodi dell’anno imprevedibili, numerosi incendi boschivi e la scarsità idrica che influiscono sulle produzioni agricole, i lavori all’aria aperta e la salute umana. Per non parlare poi delle regioni costiere a bassa quota soggette al rischio di inondazioni, erosione costiera e infiltrazioni di acqua salata.
Sintesi dei risultati
L’assessment valuta 36 diversi principali rischi climatici raggruppandoli 5 grandi gruppi: 1) ecosistemi 2) food 3) economia e finanza 4) infrastrutture 5) salute. Tutti i rischi identificati vengono valutati dal punto di vista a) della gravità del rischio b) dell’orizzonte temporale delle politiche (lead time and decision horizon) c) della prontezza, efficacia delle politiche d) attribuzione del rischio.
Per oltre la metà dei rischi climatici individuati e analizzati già oggi, al momento della valutazione, sono necessari interventi più incisivi; molti dei rischi climatici hanno infatti già raggiunto livelli critici e se non vengono adottate azioni forti e decise oggi, la maggior parte dei rischi climatici identificati potrebbe raggiungere livelli critici o addirittura catastrofici entro la fine di questo secolo.
Ma vediamo nel dettaglio come si presentano i 5 macro gruppi analizzati:
Ecosistemi: in questo gruppo quasi tutti i rischi analizzati richiedono interventi urgenti o comunque più incisivi – in particolare gli ecosistemi marini e costieri sono valutati particolarmente gravi. “poiché gli ecosistemi rendono molteplici servizi alle popolazioni, questi rischi hanno un elevato potenziale di ricaduta su altri settori fra cui la produzione agricola e alimentare, la salute, le infrastrutture e l’economia.”
Food: il caldo eccessivo e la siccità già stanno mettendo a dura prova la produzione agricola dell’Europa meridionale ma non solo, anche l’Europa centrale inizia ad essere colpita da ondate di calore improvvise e siccità che interferiscono con le coltivazioni. Quest’ultima in particolare, se prolungata, minaccia significativamente le nostre colture impattando sulla sicurezza alimentare ma anche sull’approvvigionamento di acqua potabile.
Economia e finanza: numerosi, se non tutti i rischi climatici interessano anche l’economia e il sistema finanziario europeo. Pensiamo a come gli eventi climatici estremi possono causare aumenti nei premi assicurativi, svalutazioni di proprietà con conseguente impatto sui mutui, incrementi della spesa pubblica e del costo dei prestiti. Già oggi i “costi delle inondazioni e degli incendi degli ultimi anni costituiscono già una seria minaccia per la sostenibilità del Fondo di solidarietà dell’UE. L’aggravamento degli impatti climatici può inoltre ampliare il vuoto assicurativo tra la copertura da parte delle assicurazioni private e le perdite effettive rendendo più vulnerabili le famiglie a basso reddito.”
Infrastrutture: gli eventi metereologici estremi sempre più frequenti aumentano i rischi per le infrastrutture e i servizi critici in Europa fra cui: energia, acqua, trasporti, telecomunicazioni. “nell’Europa meridionale il caldo e la siccità sono all’origine di rischi concreti per la produzione, la distribuzione e la domanda di energia. Anche gli edifici ad uso residenziale devono essere adattati all’aumento delle temperature.”
Salute: il calore estremo è il rischio climatico più grave per la salute umana assieme alla scarsità di acqua potabile e indubbiamente è il rischio che richiede interventi più urgenti in quanto le temperature medie sono ormai in continua crescita. Le fasce di popolazione più a rischio sono i lavoratori all’aria aperta, gli anziani e le persone che vivono in zone con un forte effetto di “isola di calore urbano” in abitazioni strutturalmente non adeguate a mitigare le temperature.
Conclusioni
È indubbio che a livello globale, e soprattutto in Europa, sono stati compiuti notevoli progressi nelle diverse discipline che ruotano attorno alla scienza del clima e soprattutto nell’identificazione dei rischi climatici e delle possibili azioni di mitigazione e adattamento a quest’ultimi. Ma ancora non basta. Il report parla chiaro, nonostante gli sforzi siamo ancora indietro soprattutto nell’utilizzo, nell’applicazione pratica delle possibili soluzioni individuate – siamo consapevoli che una possibile soluzione ai rischi individuati ad esempio per la salute ma non solo, potrebbe “risiedere in un passaggio, anche parziale, dalle proteine di origine animale a quelle di origine vegetale ottenute da piante coltivate in modo sostenibile, che permetterebbe di ridurre il consumo di acqua in agricoltura e la dipendenza da mangimi importati” ma ancora la dieta mediterranea si basa per lo più sull’utilizzo di proteine animali.
“Molti settori sui quali fare leva per ridurre i rischi climatici a carico della salute esulano dalle politiche sanitarie tradizionali, come la pianificazione urbana, le normative edilizie e quelle sul lavoro” ma siamo ancora indietro – la nuova Direttiva europea “case green” è sicuramente un altro passo nella giusta direzione ma il problema è il tempo.
Se vogliamo preservare i nostri ecosistemi, limitare l’esposizione umana al calore, proteggere la popolazione e le infrastrutture da inondazioni e incendi boschivi garantendo la sostenibilità dei meccanismi di solidarietà come il Fondo di Solidarietà dell’Unione Europea, il momento di agire è oggi, non domani, non nel 2030, ma OGGI.
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