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Stefano Maglia

I fanghi di processo sono materia prima

di Massimo Medugno

Categoria: Rifiuti

 

Torniamo ad occuparci della vexata quaestio sulla natura dei fanghi prendendo in considerazione la risposta del MASE, protocollato in uscita con n. 0104942 del 6 giugno 2024.

Il Quesito è questo:

 

Si chiede di chiarire, nel caso in oggetto, quale sia, rispetto alle differenti posizioni rappresentate dalla Regione Lazio e da Assocarta come su esposte, il regime giuridico pertinente al riutilizzo nel processo produttivo della cartiera dei fanghi primari generati dal trattamento di depurazione delle acque reflue della cartiera stessa, tenuto conto dell’elevato contenuto di fibre nei fanghi; si richiede in particolare di chiarire se tale attivita integri una operazione di recupero R3, di cui all’Allegato C alla parte quarta del D.Lgs. n. 152/06, nella misura in cui i fanghi primari in questione costituiscano rifiuti”

 

Il quesito verte, quindi, sulla classificazione del processo di re immissione dei fanghi primari nel processo produttivo, e in particolare se esso debba essere classificato come un riutilizzo (di materia prima), o viceversa debba essere classificato come un riciclo (di rifiuto).
 
L’interpello presenta una particolarità. Riporta due posizioni, quella della Regione Lazio e l’altra di Assocarta.

 

Posizione Regione Lazio. Gli uffici regionali, però, rilevano che il trattamento chimico fisico che genera i “fanghi primari” ha caratteristiche intrinseche sostanzialmente diverse (non trattandosi di mera filtrazione), non è parte integrante del processo produttivo e che esso non è alimentato solo dalle cosiddette “acque bianche”, ma anche da altre acque di processo, da acque sanitarie e da acque meteoriche (in pratica da acque reflue). Pertanto, pur concordando sulla opportunità di reimmettere i fanghi nel processo per ridurre la quantità di rifiuti da smaltire (anche in un’ottica di economia circolare), ritengono più corretto considerare tale operazione un riciclo.
 
Posizione Assocarta. L’associazione propone di assimilare ai fanghi di tali processi i “fanghi primari” generati dal trattamento chimico-fisico posto a valle, considerando che in entrambi i casi i fanghi hanno un elevato contenuto di fibre (ed altri componenti comunque riutilizzabili nel ciclo cartario) , e che possono essere reimmessi nel processo in maniera consistente sia dal punto di vista economico (non determinando alcuna volontà del gestore di disfarsi dei fanghi) sia dal punto di vista tecnico (non determinando alcun obbligo di smaltirli altrove). Inoltre tale reimmissione non ha alcuna contrindicazione sulle caratteristiche del prodotto finito (cartoncino).

 

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In via preliminare il MASE rileva che:

  • “pur facendo riferimento ad un caso esemplare, il quesito riveste carattere generale e non solo con riferimento all’industria cartaria, anche in considerazione del recente forte impulso che hanno avuto le politiche volte a promuovere soluzioni di economia circolare” (p. 2);
  • Non riguardano competenze dirette della scrivente Direzione generale lo sviluppo di considerazioni inerenti:
    1. individuazione di obbligo o volontà del gestore di disfarsi dei fanghi primari;
    2. – qualificazione della miscela “acque bianche, altre acque di processo, acque sanitarie, acque meteoriche” come acque reflue ai sensi dell’articolo 184, comma 3 del D.Lgs, 152/06, ovvero acque di processo;
    3. – valutazioni della circostanza che, in uscita dallo stadio di trattamento fisico-chimico, il trattamento dei flussi liquidi non può considerarsi concluso (essendo previsti a valle, tra l’altro, processi di trattamento biologico e poi il conferimento a un depuratore consortile), risultando conseguentemente tali flussi liquidi soggetti alla disciplina degli scarichi, e non a quella dei rifiuti
  • In base alle competenze di questa Direzione, peraltro, è possibile fornire un contributo su altri aspetti che si ritengono comunque sufficienti a formulare una risposta al quesito” (p. 6).


 
Quindi il MASE conclude come segue:

 

Si condivide la lettura, supportata anche delle Conclusioni sulle BAT comunitarie, che il trattamento fisico di sole “acque bianche” generi fanghi che costituiscono una materia prima direttamente riutilizzabile. Tale lettura, come peraltro previsto nelle stesse Conclusioni sulle BAT, non può essere sempre e comunque estesa ai “fanghi primari” generati da trattamenti chimico-fisici su flussi costituiti anche da altro genere di effluenti. A riguardo “l’elevato contenuto di fibre nei fanghi” è una informazione che, se pure commercialmente utile, non appare sufficiente a caratterizzare tali fanghi da un punto di vista ambientale. Pertanto, ove l’autorità competente non abbia evidenza, in fase istruttoria o attraverso controlli, che le caratteristiche di tali fanghi primari sono ambientalmente corrispondenti a quelle dei fanghi prodotti dal trattamento fisico di sole acque bianche, assimilabili come detto a materie prime, appare ragionevole che applichi alla relativa gestione, volta al riutilizzo, condizioni autorizzative particolarmente rigorose, al limite corrispondenti a quelle pertinenti in caso di recupero di rifiuti”.

 

Secondo il MASE il fatto che i processi di depurazione primaria siano differenti da quelli effettuabili a piè di impianto sulle acque bianche e che non vengano condotti nella medesima unità di produzione, sarebbe concettualmente irrilevante dal punto di vista della disciplina IPPC se il risultato finale atteso (ovvero le caratteristiche dei fanghi) fosse il medesimo.

 

 

Infatti, “mentre nei fanghi generati da trattamento fisico di acque bianche non è ragionevole attendersi alcuna contaminazione da parte di sostanze non già presenti nella materia prima, nei fanghi primari è sensato in linea di principio temere la significativa presenza di altro genere di sostanze che, effettuando sistematicamente e senza controllo il reimpiego dei fanghi, potranno uscire dallo stabilimento come parte del prodotto finito. Pertanto, a prescindere dalla classificazione o meno di tali fanghi quali rifiuti, appare ragionevole che l’autorizzazione adotti misure di cautela per il loro reimpiego, non richieste per il riutilizzo dei fanghi generati dal trattamento fisico delle acque bianche, se la presenza di altri flussi in ingesso sia ritenuta significativa. Spetta pertanto all’autorità competente verificare caso per caso se la presenza di altre acque di processo, di acque sanitarie e di acque meteoriche sia del tutto marginale, per quantità e contenuto inquinante, o viceversa possa potenzialmente determinare un effetto rilevante sulle caratteristiche dei fanghi.”

 

Il MASE condivide la lettura, supportata anche delle Conclusioni sulle BAT comunitarie, che il trattamento fisico di sole “acque bianche” generi fanghi che costituiscono una materia prima direttamente riutilizzabile e che tale “status” può essere esteso ad altri flussi marginali per quantità e contenuto.

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