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La materia dei rifiuti cimiteriali trova regolamentazione in due distinti provvedimenti normativi: da un lato, il DPR 13 luglio 2003, n. 254[1] ne offre una specifica disciplina sotto il profilo sanitario, dall’altro il D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152[2], che se ne occupa in via generale nella sua Parte IV, con riferimento alla gestione dei rifiuti tout court.
Per inquadrare la materia dei rifiuti cimiteriali, è opportuno partire dalla normativa speciale contenuta nel DPR 254/2003, il quale, nel disciplinare la gestione dei rifiuti sanitari, prevede un’articolata disciplina della gestione dei rifiuti cimiteriali, con esplicita esclusione dei rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali[3].
Nello specifico, l’art. 2 co. 1 lett. e) definisce i rifiuti da esumazione ed estumulazione come “i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione:
1) assi e resti delle casse utilizzate per la sepoltura;
2) simboli religiosi, piedini, ornamenti e mezzi di movimentazione della cassa (ad esempio maniglie);
3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari;
4) resti non mortali di elementi biodegradabili inseriti nel cofano;
5) resti metallici di casse (ad esempio zinco, piombo)”.
Mentre i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali sono definiti, alla lettera f), come:
“1) materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, terre di scavo, smurature e similari;
2) altri oggetti metallici o non metallici asportati prima della cremazione, tumulazione od inumazione”.
La distinzione non rileva ai fini dell’applicazione delle norme previste dal DPR 254/2003, le cui disposizioni, infatti, valgono indistintamente con riferimento ai rifiuti sanitari, ai rifiuti da esumazioni ed estumulazioni ed ai rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali.
Ciò che rileva, piuttosto, è il fatto che, in relazione alla classificazione di tali rifiuti come urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi e non pericolosi[4], fatte salve le disposizioni contenute nel DPR 254/2003, trovano applicazione le disposizioni del D.L.vo 152/2006: il DPR si pone, infatti, quale normativa speciale rispetto al D.L.vo 152/2006, la cui disciplina sulla gestione dei rifiuti è applicabile, comunque, in via complementare e sussidiaria.
Passando alla normativa generale, il D.L.vo 152/2006 tratta dei rifiuti cimiteriali all’art. 184 co. 2 lett. f), inserendo, espressamente, “i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e)[5]” nell’elenco dei rifiuti urbani.
Per quanto concerne l’individuazione del produttore dei rifiuti derivanti da esumazione ed estumulazione, il riferimento normativo è dato dall’art. 183 co. 1 lett. f) del D. L.vo 152/2006, che individua il produttore nel “soggetto la cui attività produce i rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale), o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Se ne deduce, a parere di chi scrive, che il produttore del rifiuto è sempre il soggetto “la cui attività” produce il rifiuto.
Ciò premesso, per quanto di interesse in questa sede, si ritiene di poter affermare, in accordo con la giurisprudenza formatasi al riguardo, che il rifiuto cimiteriale proveniente dall’esecuzione di una esumazione è attribuibile al Comune titolare dell’area cimiteriale nella quale esso è avvenuto. Si tratterebbe, infatti, di rifiuti preesistenti all’estumulazione stessa, in quanto già presenti nel momento in cui vi si procede, perché originati dalla sepoltura e dal processo di mineralizzazione della salma.
Quindi, in conclusione, in merito alla gestione dei rifiuti cimiteriali, risulta che dalla lettura combinata del dato normativo, costituito dalla disciplina specifica contenuta nel DPR 254/2003 e dalla disciplina generale in materia di rifiuti di cui al D.L.vo 152/2006, essi sono suddivisibili in rifiuti derivanti da operazioni di esumazione ed estumulazione e in rifiuti originati da altre attività cimiteriali.
Seppur la distinzione non rilevi ai fini dell’applicazione della disciplina contenuta nel citato DPR, essa assume, invero, importanza nel contesto del D.L.vo 152/2006, ai fini della classificazione di tali rifiuti. Alle due tipologie di rifiuti cimiteriali, infatti, corrisponde una diversa classificazione: sono urbani i primi, mentre sono speciali i secondi, con evidenti ripercussioni in termini di gestione.
Più precisamente si ritiene di poter affermare che – fermo restando che il produttore del rifiuto è sempre il soggetto “la cui attività” produce il rifiuto – il rifiuto cimiteriale proveniente dall’esecuzione di una esumazione/estumulazione è attribuibile al Comune titolare dell’area cimiteriale nella quale essa è avvenuta. Si tratterebbe, infatti, di rifiuti preesistenti all’esumazione/estumulazione stessa, in quanto già presenti nel momento in cui vi si procede, perché originati dalla sepoltura e dal processo di mineralizzazione della salma.
[1] Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.211 dell’11 settembre 2003 ed in vigore dal 26 settembre 2003.
“b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali”.
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Come gestire i rifiuti cimiteriali?
di Alessandra Corrù
La materia dei rifiuti cimiteriali trova regolamentazione in due distinti provvedimenti normativi: da un lato, il DPR 13 luglio 2003, n. 254[1] ne offre una specifica disciplina sotto il profilo sanitario, dall’altro il D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152[2], che se ne occupa in via generale nella sua Parte IV, con riferimento alla gestione dei rifiuti tout court.
Per inquadrare la materia dei rifiuti cimiteriali, è opportuno partire dalla normativa speciale contenuta nel DPR 254/2003, il quale, nel disciplinare la gestione dei rifiuti sanitari, prevede un’articolata disciplina della gestione dei rifiuti cimiteriali, con esplicita esclusione dei rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali[3].
Nello specifico, l’art. 2 co. 1 lett. e) definisce i rifiuti da esumazione ed estumulazione come “i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione:
Mentre i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali sono definiti, alla lettera f), come:
La distinzione non rileva ai fini dell’applicazione delle norme previste dal DPR 254/2003, le cui disposizioni, infatti, valgono indistintamente con riferimento ai rifiuti sanitari, ai rifiuti da esumazioni ed estumulazioni ed ai rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali.
Ciò che rileva, piuttosto, è il fatto che, in relazione alla classificazione di tali rifiuti come urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi e non pericolosi[4], fatte salve le disposizioni contenute nel DPR 254/2003, trovano applicazione le disposizioni del D.L.vo 152/2006: il DPR si pone, infatti, quale normativa speciale rispetto al D.L.vo 152/2006, la cui disciplina sulla gestione dei rifiuti è applicabile, comunque, in via complementare e sussidiaria.
Passando alla normativa generale, il D.L.vo 152/2006 tratta dei rifiuti cimiteriali all’art. 184 co. 2 lett. f), inserendo, espressamente, “i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e)[5]” nell’elenco dei rifiuti urbani.
Per quanto concerne l’individuazione del produttore dei rifiuti derivanti da esumazione ed estumulazione, il riferimento normativo è dato dall’art. 183 co. 1 lett. f) del D. L.vo 152/2006, che individua il produttore nel “soggetto la cui attività produce i rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale), o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Se ne deduce, a parere di chi scrive, che il produttore del rifiuto è sempre il soggetto “la cui attività” produce il rifiuto.
Ciò premesso, per quanto di interesse in questa sede, si ritiene di poter affermare, in accordo con la giurisprudenza formatasi al riguardo, che il rifiuto cimiteriale proveniente dall’esecuzione di una esumazione è attribuibile al Comune titolare dell’area cimiteriale nella quale esso è avvenuto. Si tratterebbe, infatti, di rifiuti preesistenti all’estumulazione stessa, in quanto già presenti nel momento in cui vi si procede, perché originati dalla sepoltura e dal processo di mineralizzazione della salma.
Quindi, in conclusione, in merito alla gestione dei rifiuti cimiteriali, risulta che dalla lettura combinata del dato normativo, costituito dalla disciplina specifica contenuta nel DPR 254/2003 e dalla disciplina generale in materia di rifiuti di cui al D.L.vo 152/2006, essi sono suddivisibili in rifiuti derivanti da operazioni di esumazione ed estumulazione e in rifiuti originati da altre attività cimiteriali.
Seppur la distinzione non rilevi ai fini dell’applicazione della disciplina contenuta nel citato DPR, essa assume, invero, importanza nel contesto del D.L.vo 152/2006, ai fini della classificazione di tali rifiuti. Alle due tipologie di rifiuti cimiteriali, infatti, corrisponde una diversa classificazione: sono urbani i primi, mentre sono speciali i secondi, con evidenti ripercussioni in termini di gestione.
Più precisamente si ritiene di poter affermare che – fermo restando che il produttore del rifiuto è sempre il soggetto “la cui attività” produce il rifiuto – il rifiuto cimiteriale proveniente dall’esecuzione di una esumazione/estumulazione è attribuibile al Comune titolare dell’area cimiteriale nella quale essa è avvenuta. Si tratterebbe, infatti, di rifiuti preesistenti all’esumazione/estumulazione stessa, in quanto già presenti nel momento in cui vi si procede, perché originati dalla sepoltura e dal processo di mineralizzazione della salma.
[1] Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.211 dell’11 settembre 2003 ed in vigore dal 26 settembre 2003.
[2] Norme in materia ambientale.
Pubblicato sul S.O. alla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 ed in vigore dal 29 aprile 2006.
[3] Art. 1, comma 5, lett f) del DPR 254/2003.
[4] Art. 4 co. 1 del DPR 254/2003.
[5] Art. 184 co.2 del D.L.vo 152/2006:
“b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali”.
Piacenza, 2 dicembre 2019
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