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Come superare il “circular divide” nella gestione dei rifiuti (anche per quelli da riciclo)
di Massimo Medugno
Categoria: Rifiuti
Le numerose innovazioni al sistema di gestione dei rifiuti conseguenza del recepimento delle Direttive dell’Unione europea, hanno reso necessario una riorganizzazione del sistema delle competenze dello Stato e degli enti territoriali.
E, infatti, il decreto di recepimento introduce con l’art. 2, comma 1, l’art.198 bis, intitolato “Programma nazionale per la gestione dei rifiuti”.
Il Programma nazionale dovrà definire i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome devono attenersi nella elaborazione dei Piani regionali disciplinati dal successivo art. 199 (art. 198, comma 1).
Ovviamente, detto Piano nazionale sarà assoggettato a VAS (art. 198 comma 1).
In questo modo il nuovo art. 198 bis è pienamente rispondente alla sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio (C 305-2018) riguardante l’art.35 dello Sblocca Italia
L’articolo 35 del decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 133 dalla legge dell’11 novembre 2014, n. 164 prevedeva che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, dovessero individuare a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale.
La Corte di Giustizia, a seguito di una domanda di pronunzia pregiudiziale sull’art. 35 citato, fissa due principi importanti:
una normativa nazionale che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura, rientra nella nozione di ‘piani e programmi’ e deve essere soggetta a VAS;
una normativa nazionale che preveda infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale non è contrasto con il diritto comunitario, purché tale normativa sia compatibile con le altre disposizioni di detta direttiva che prevedono obblighi più specifici, ad esempio con il principio di gerarchia.
Insomma, secondo la Corte di Giustizia (e quindi il diritto comunitario) una programmazione nazionale per la gestione dei rifiuti non è contraria al diritto comunitario, né di per di sé sovverte il principio di gerarchia comunitario.
Quello previsto dal decreto legislativo di recepimento, ad esempio, prevede la ricognizione dell’impiantistica a livello per tipologia di impianti e regione, l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore e un piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale.
Per quanto concerne l’Economia si evidenziano i seguenti contenuti riportati nel comma 3:
lett c): l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi stessi;
lett f) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macro-aree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale;
lett f -bis) l’individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l’economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;
Basterà per colmare la mancanza di infrastrutture per la gestione dei rifiuti a cui stiamo assistendo in questi anni?
Certamente, la previsione di introdurre e articolare un Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è una scelta molto forte.
Una scelta che viene confermata dal comma 2 dell’art. 2 dello schema di decreto che modifica della lett l) dell’art. 199 che riguarda i piani regionali e che prevede che i criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, avvengano proprio nel rispetto dell’art. 198 bis e cioè nella Programma nazionale per la gestione dei rifiuti.
Il rapporto, incentrato sulla gestione dei rifiuti urbani, dettaglia infatti che “rispetto ai nuovi obiettivi ambientali stabiliti nel nuovo pacchetto di economia circolare al 2035 – 65% di raccolta differenziata e 10% di conferimento in discarica – la situazione regionale italiana presenta un forte “circular divide” con regioni settentrionali che hanno già raggiunto gli obiettivi comunitari e regioni meridionali che presentano gravi ritardi.
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Come superare il “circular divide” nella gestione dei rifiuti (anche per quelli da riciclo)
di Massimo Medugno
Le numerose innovazioni al sistema di gestione dei rifiuti conseguenza del recepimento delle Direttive dell’Unione europea, hanno reso necessario una riorganizzazione del sistema delle competenze dello Stato e degli enti territoriali.
E, infatti, il decreto di recepimento introduce con l’art. 2, comma 1, l’art.198 bis, intitolato “Programma nazionale per la gestione dei rifiuti”.
Il Programma nazionale dovrà definire i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome devono attenersi nella elaborazione dei Piani regionali disciplinati dal successivo art. 199 (art. 198, comma 1).
Ovviamente, detto Piano nazionale sarà assoggettato a VAS (art. 198 comma 1).
In questo modo il nuovo art. 198 bis è pienamente rispondente alla sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio (C 305-2018) riguardante l’art.35 dello Sblocca Italia
L’articolo 35 del decreto-legge del 12 settembre 2014, n. 133 dalla legge dell’11 novembre 2014, n. 164 prevedeva che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, dovessero individuare a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale.
La Corte di Giustizia, a seguito di una domanda di pronunzia pregiudiziale sull’art. 35 citato, fissa due principi importanti:
Insomma, secondo la Corte di Giustizia (e quindi il diritto comunitario) una programmazione nazionale per la gestione dei rifiuti non è contraria al diritto comunitario, né di per di sé sovverte il principio di gerarchia comunitario.
Quello previsto dal decreto legislativo di recepimento, ad esempio, prevede la ricognizione dell’impiantistica a livello per tipologia di impianti e regione, l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore e un piano nazionale di comunicazione e conoscenza ambientale.
Per quanto concerne l’Economia si evidenziano i seguenti contenuti riportati nel comma 3:
lett c): l’adozione di criteri generali per la redazione di piani di settore concernenti specifiche tipologie di rifiuti, incluse quelle derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi, finalizzati alla riduzione, il riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi stessi;
lett f) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi, i relativi fabbisogni impiantistici da soddisfare, anche per macro-aree, tenendo conto della pianificazione regionale, e con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale;
lett f -bis) l’individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l’economia circolare e di misure che ne possano promuovere ulteriormente il loro riciclo;
Basterà per colmare la mancanza di infrastrutture per la gestione dei rifiuti a cui stiamo assistendo in questi anni?
Certamente, la previsione di introdurre e articolare un Programma nazionale per la gestione dei rifiuti è una scelta molto forte.
Una scelta che viene confermata dal comma 2 dell’art. 2 dello schema di decreto che modifica della lett l) dell’art. 199 che riguarda i piani regionali e che prevede che i criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, avvengano proprio nel rispetto dell’art. 198 bis e cioè nella Programma nazionale per la gestione dei rifiuti.
La scarsità di impianti in Italia a servizio della corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti è cosa nota e l’ultimo report del Centro di economia e regolazione dei servizi, dell’industria e del settore pubblico (Cesisp) dell’Università Milano-Bicocca ci conferma che sono anche mal distribuiti. Tanto che nell’ottica Ue dell’economia circolare, c’è il forte rischio che in alcuni territori ci sia una sovracapacità e in altre il deserto impiantistico o quasi.
Il rapporto, incentrato sulla gestione dei rifiuti urbani, dettaglia infatti che “rispetto ai nuovi obiettivi ambientali stabiliti nel nuovo pacchetto di economia circolare al 2035 – 65% di raccolta differenziata e 10% di conferimento in discarica – la situazione regionale italiana presenta un forte “circular divide” con regioni settentrionali che hanno già raggiunto gli obiettivi comunitari e regioni meridionali che presentano gravi ritardi.
Piacenza, 18 settembre 2020
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