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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Cartellonistica non conforme alle prescrizioni AIA: sanzione amministrativa o penale?
di Federica Martini
Categoria: Rifiuti
La mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER e l’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi sono sottoposti a sanzione penale in quanto sussumibili nell’ipotesi di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b) del Dlgs. 152/2006.
Così la Corte di Cassazione Penale, Sez. III, con sentenza n. 7874 del 4 marzo 2022, ha confermato la condanna alla pena di 5.000 euro di ammenda – per il reato di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b), del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152[1] – nei confronti del titolare di un impianto esercente l’attività di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi per la violazione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), relativamente alla mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER, nonché all’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi (di cui al EER 13 08 02* – oli esauriti, altre emulsioni).
Nel caso di specie, il ricorrente contestava la qualificazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione in materia di apposizione della cartellonistica come attività di “gestione rifiuti” (in base alla quale era stato condannato nel giudizio di merito con una sanzione penale ai sensi del comma 3 dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006), ritenendo più corretta l’irrogazione di una sanzione amministrativa in applicazione del comma 2 della medesima disposizione.
In proposito, va premesso che l’Autorizzazione Integrata Ambientale (disciplinata nella Parte Seconda del Dlgs. 152/2006) è il provvedimento che autorizza l’esercizio di determinate installazioni industriali, le quali devono garantire la conformità ai requisiti stabiliti al Titolo III-bis della Parte Seconda del Dlgs. 152/2006, ai fini dell’individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle medesime (che sono elencate nell’Allegato VIII alla Parte Seconda). A tal fine, all’interno di tale autorizzazione sono inserite una serie di disposizioni e prescrizioni atte a ridurre al minimo l’inquinamento delle matrici ambientali e a conseguire un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
A tal riguardo, l’attuale formulazione dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006 (così come modificato dall’art. 7, comma 1, del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46[2]) prevede l’irrogazione di sanzioni amministrative o penali a seconda dell’oggetto della prescrizione violata.
In particolare, mentre il comma 2 dell’art. 29-quattuordecies statuisce che – salvo che il fatto costituisca reato – si applichi una sanzione amministrativa pecuniariada 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso dell’AIA, non ne osserva le prescrizioni (o quelle imposte dall’autorità), il comma 3 del medesimo articolo prevede (salvo che il fatto costituisca più grave reato) l’applicazione della sola pena dell’ammendada 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti del soggetto che, pur essendo in possesso dell’autorizzazione, non ne osserva le prescrizioni (o non rispetta quelle imposte dall’autorità competente) nel caso in cui l’inosservanza riguardi:
a) la violazione dei valori limite di emissione (rilevata durante i controlli previsti nell’AIA o nel corso di ispezioni ex art. 29-decies, commi 4 e 7, Dlgs. 152/2006), a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza e quantità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) la gestione dei rifiuti;
c) scarichi recapitati nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano ex art. 94 del Dlgs. 152/2006, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette.
In aggiunta a ciò, l’art. 29-quattuordecies, al comma 4, prevede la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni, qualora la violazione delle suddette prescrizioni sia relativa:
a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle Tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza del Dlgs. 152/2006 ;
c) ai casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria;
d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati[3].
Su questo tema, la Suprema Corte aveva già affermato che – in materia di reati ambientali – la condotta di chi, essendo in possesso dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, non ne osserva le prescrizioni costituisce illecito amministrativo solamente quando la violazione attiene a fattispecie diverse da quelle previste dai commi terzo e quarto dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006.[4]
Nello specifico – e, peraltro, già in alcune pronunce precedenti alla riforma operata dal Dlgs. 46/2014 – la Corte di Cassazione aveva stabilito che è chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 29-quattuordecies, il titolare di un’AIA che viole le prescrizioni imposte dal provvedimento, anche quando queste riguardano obblighi di segnalazione nelle zone di stoccaggio, non potendo, in alcun caso, tale inosservanza ritenersi circoscritta nell’ambito delle mere “irregolarità” amministrative, in quanto la violazione dell’offensività della condotta “è stata già preventivamente effettuata dal legislatore”[5].
Tale orientamento è stato confermato anche dalla più recente giurisprudenza che ha sottolineato che il legislatore – nel descrivere le condotte attribuibili al titolare di un’AIA – distingue tra l’inosservanza, in generale, di una qualsiasi prescrizioni (relativamente alla quale si applica la sola sanzione amministrativa pecuniaria) e le violazioni c.d. “qualificate”, penalmente rilevanti, tra cui rientrano quelle concernenti la gestione dei rifiuti, ovvero – ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera n), del Dlgs. 152/2006 – “la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari [..]”.
Con la sentenza in esame, dunque, la Suprema Corte ha ribadito che tra le prescrizioni “qualificate” sono ricomprese quelle riguardanti l’apposizione di etichettatura sui contenitori o di segnaletica nelle aree destinate al deposito dei rifiuti, proprio in quanto funzionali ad una “corretta informazione sulla natura e tipologia degli stessi per tutti coloro che con i medesimi vengono in contatto”[[6]] e che, di conseguenza, le condotte poste in essere dal ricorrente (ovvero la mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER e l’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi) sono sussumibili nell’ipotesi di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b) del Dlgs. 152/2006, in quanto complessivamente attinenti alla “gestione dei rifiuti” (e, come tali, sottoposte a sanzione penale).
Piacenza, 21 marzo 2022
[1] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, pubblicato sul S.O. n. 96 alla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006, ed entrato in vigore il 29 aprile 2006.
[2] Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46, Attuazione della Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), pubblicato sul S.O. n. 27 alla G.U. n. 72 del 27 marzo 2014, ed entrato in vigore il 11 aprile 2014.
[3] Art. 29-quattuordecies, commi 2, 3 e 4, Dlgs. 152/2006:
« 2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza:
a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) sia relativa alla gestione di rifiuti;
c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.
4. Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni qualora l’inosservanza sia relativa:
a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza;
c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa;
d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati.»
[4] Cass. Pen. Sez. III n. 40532 del 1 ottobre 2013 e Cass. Pen. Sez. III n. 17056 del 18 aprile 2019.
[5] Cass. Pen. Sez. III n. 4346 del 17 dicembre 2013.
[6] Così anche Cass. Pen. Sez. III n. 33033 del 25 settembre 2020.
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Cartellonistica non conforme alle prescrizioni AIA: sanzione amministrativa o penale?
di Federica Martini
La mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER e l’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi sono sottoposti a sanzione penale in quanto sussumibili nell’ipotesi di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b) del Dlgs. 152/2006.
Così la Corte di Cassazione Penale, Sez. III, con sentenza n. 7874 del 4 marzo 2022, ha confermato la condanna alla pena di 5.000 euro di ammenda – per il reato di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b), del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152[1] – nei confronti del titolare di un impianto esercente l’attività di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi per la violazione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), relativamente alla mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER, nonché all’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi (di cui al EER 13 08 02* – oli esauriti, altre emulsioni).
Nel caso di specie, il ricorrente contestava la qualificazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione in materia di apposizione della cartellonistica come attività di “gestione rifiuti” (in base alla quale era stato condannato nel giudizio di merito con una sanzione penale ai sensi del comma 3 dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006), ritenendo più corretta l’irrogazione di una sanzione amministrativa in applicazione del comma 2 della medesima disposizione.
In proposito, va premesso che l’Autorizzazione Integrata Ambientale (disciplinata nella Parte Seconda del Dlgs. 152/2006) è il provvedimento che autorizza l’esercizio di determinate installazioni industriali, le quali devono garantire la conformità ai requisiti stabiliti al Titolo III-bis della Parte Seconda del Dlgs. 152/2006, ai fini dell’individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle medesime (che sono elencate nell’Allegato VIII alla Parte Seconda). A tal fine, all’interno di tale autorizzazione sono inserite una serie di disposizioni e prescrizioni atte a ridurre al minimo l’inquinamento delle matrici ambientali e a conseguire un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
A tal riguardo, l’attuale formulazione dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006 (così come modificato dall’art. 7, comma 1, del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46[2]) prevede l’irrogazione di sanzioni amministrative o penali a seconda dell’oggetto della prescrizione violata.
In particolare, mentre il comma 2 dell’art. 29-quattuordecies statuisce che – salvo che il fatto costituisca reato – si applichi una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che, pur essendo in possesso dell’AIA, non ne osserva le prescrizioni (o quelle imposte dall’autorità), il comma 3 del medesimo articolo prevede (salvo che il fatto costituisca più grave reato) l’applicazione della sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti del soggetto che, pur essendo in possesso dell’autorizzazione, non ne osserva le prescrizioni (o non rispetta quelle imposte dall’autorità competente) nel caso in cui l’inosservanza riguardi:
a) la violazione dei valori limite di emissione (rilevata durante i controlli previsti nell’AIA o nel corso di ispezioni ex art. 29-decies, commi 4 e 7, Dlgs. 152/2006), a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza e quantità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) la gestione dei rifiuti;
c) scarichi recapitati nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano ex art. 94 del Dlgs. 152/2006, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette.
In aggiunta a ciò, l’art. 29-quattuordecies, al comma 4, prevede la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni, qualora la violazione delle suddette prescrizioni sia relativa:
a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle Tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza del Dlgs. 152/2006 ;
c) ai casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria;
d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati[3].
Su questo tema, la Suprema Corte aveva già affermato che – in materia di reati ambientali – la condotta di chi, essendo in possesso dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, non ne osserva le prescrizioni costituisce illecito amministrativo solamente quando la violazione attiene a fattispecie diverse da quelle previste dai commi terzo e quarto dell’art. 29-quattuordecies del Dlgs. 152/2006.[4]
Nello specifico – e, peraltro, già in alcune pronunce precedenti alla riforma operata dal Dlgs. 46/2014 – la Corte di Cassazione aveva stabilito che è chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 29-quattuordecies, il titolare di un’AIA che viole le prescrizioni imposte dal provvedimento, anche quando queste riguardano obblighi di segnalazione nelle zone di stoccaggio, non potendo, in alcun caso, tale inosservanza ritenersi circoscritta nell’ambito delle mere “irregolarità” amministrative, in quanto la violazione dell’offensività della condotta “è stata già preventivamente effettuata dal legislatore”[5].
Tale orientamento è stato confermato anche dalla più recente giurisprudenza che ha sottolineato che il legislatore – nel descrivere le condotte attribuibili al titolare di un’AIA – distingue tra l’inosservanza, in generale, di una qualsiasi prescrizioni (relativamente alla quale si applica la sola sanzione amministrativa pecuniaria) e le violazioni c.d. “qualificate”, penalmente rilevanti, tra cui rientrano quelle concernenti la gestione dei rifiuti, ovvero – ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera n), del Dlgs. 152/2006 – “la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari [..]”.
Con la sentenza in esame, dunque, la Suprema Corte ha ribadito che tra le prescrizioni “qualificate” sono ricomprese quelle riguardanti l’apposizione di etichettatura sui contenitori o di segnaletica nelle aree destinate al deposito dei rifiuti, proprio in quanto funzionali ad una “corretta informazione sulla natura e tipologia degli stessi per tutti coloro che con i medesimi vengono in contatto”[[6]] e che, di conseguenza, le condotte poste in essere dal ricorrente (ovvero la mancanza dell’apposita cartellonistica con indicazione dei codici EER e l’errato stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi) sono sussumibili nell’ipotesi di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lettera b) del Dlgs. 152/2006, in quanto complessivamente attinenti alla “gestione dei rifiuti” (e, come tali, sottoposte a sanzione penale).
Piacenza, 21 marzo 2022
[1] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, pubblicato sul S.O. n. 96 alla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006, ed entrato in vigore il 29 aprile 2006.
[2] Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 46, Attuazione della Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), pubblicato sul S.O. n. 27 alla G.U. n. 72 del 27 marzo 2014, ed entrato in vigore il 11 aprile 2014.
[3] Art. 29-quattuordecies, commi 2, 3 e 4, Dlgs. 152/2006:
« 2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza:
a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa;
b) sia relativa alla gestione di rifiuti;
c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.
4. Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni qualora l’inosservanza sia relativa:
a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza;
c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa;
d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati.»
[4] Cass. Pen. Sez. III n. 40532 del 1 ottobre 2013 e Cass. Pen. Sez. III n. 17056 del 18 aprile 2019.
[5] Cass. Pen. Sez. III n. 4346 del 17 dicembre 2013.
[6] Così anche Cass. Pen. Sez. III n. 33033 del 25 settembre 2020.
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