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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Governance aziendale: significato, ruoli, modelli, obiettivi, esempi del governo d'impresa
di Stefano Maglia
Categoria: Responsabilità ambientali
Sempre più spesso sentiamo parlare di governance aziendale, terminologia che sta superando gli argini degli ambiti specialistici. Ma non è semplice comprendere subito di cosa si stia parlando, così come non è semplice padroneggiare il gergo che ruota attorno alla perfetta gestione di un’impresa. Sistema monistico o sistema dualistico, ESG (acronimo che sta per Environmental, Social, Governance) giusto per fare qualche esempio.
Nelle pagine che seguono cercheremo di dare una panoramica dell’argomento, partendo dalle definizioni di base – appunto: cos’è la governance aziendale – per andare a indagare tutti gli aspetti fondamentali di un modello integrato di gestione d’impresa.
Argomento che oggi, soprattutto dopo il crollo di alcune aziende importanti (su tutti basti ricordare il caso di Enron, fallita nel 2001), è di grande interesse per tutti gli imprenditori (un modello di responsabilità aziendale imprescindibile). Vedremo i modelli più importanti di governance, analizzeremo gli obiettivi e la struttura interna (ruoli, organi).
Capiremo anche in che modo scegliere il modello più adatto di corporate governance andando anche a ripercorrere il funzionamento di grandi aziende come Enel e Pirelli.
E ancora spiegheremo l’importanza di avere una buona strategia di governance aziendale e come questa sia fondamento dell’execution.
In conclusione, attenzione puntata sulla Governance Ambientale Aziendale, argomento che oggi è sotto l’attenzione di tutti e che rappresenta un valore aggiunto per tutte le imprese.
1. Governance aziendale: cos’è e quali sono i principali modelli
Iniziamo questo viaggio all’interno dei meccanismi della governance aziendale andando prima di tutto a definire il concetto generico di governance (termine informale per corporate governance), per determinare lo “spazio” nel quale ci muoveremo. Quando parliamo di governance aziendale, cosa intendiamo? In sostanza ci si riferisce all’insieme di regole che disciplinano la gestione e la direzione di una società o di un ente.
In sostanza, possiamo dire che una governance identifica il complesso di principi, meccanismi, regole e relazioni che disciplinano il governo di un’impresa.
L’obiettivo ultimo è l’efficacia strategica dell’impresa stessa. Per dirla con altre parole, è la struttura attraverso la quale vengono prese le decisioni aziendali di fondo e allo stesso tempo si determinano modalità e strumenti atti al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
In questo stesso ambito vengono ricondotte tutte le relazioni che intercorrono tra la direzione (incluso il consiglio di amministrazione) e diretti interessati come gli azionisti (shareholders) o generici portatori di interesse (stakeholders). Il concetto di “corporate governance” in italiano potreste trovarlo tradotto in diversi modi: governo d’impresa, governo societario o governanza.
Quando parliamo quindi di governo d’impresa ci riferiamo a diversi ambiti della vita d’azienda, che spaziano dai i processi con i quali le società sono dirette e controllate, ma anche le linee guida di governo societario o le tecniche di investimento basate sul possesso attivo, propriamente i fondi di corporate governance.
L’aspetto più importante da sottolineare è che la corporate governance include una serie di “regole” atte a esercitare e controllare l’autorità fiduciaria dell’impresa.
Ovviamente, all’interno di queste regole ci sono anche le leggi del paese in cui la società ha sede e non solo quelle interne alla stessa. Regole che includono tutte le relazioni implicate nel complesso sistema societario: i proprietari, manager, amministratori, dipendenti ecc. Infine, nel concetto di governance rientrano tutti i processi che hanno a che fare con i meccanismi di delega dell’autorità, ma anche la misurazione delle performance, le questioni legate alla sicurezza così come i reporting e la contabilità.
Volendo semplificare al massimo potremmo dire che fare governance significa darsi degli obiettivi, determinare il management, metodologie e processi aziendali e infine monitorare il tutto attraverso una serie di regole. Volendo attingere alla pratica terminologia anglosassone potremmo definire una governance un toolkit di norme e regolamenti.
2. I modelli di corporate governance (governo d’impresa)
A partire dal 2004 in Italia è possibile scegliere tra tre diversi modelli di corporate governance (governo d’impresa): modello tradizionale, modello monistico e modello dualistico. Andiamo a vederli nel dettaglio, per capire quali sono le differenze tra i tre sistemi. Con un occhio anche al modello giapponese.
2.1 Modello tradizionale Il sistema tradizionale, spesso definito anche sistema ordinario, è quello maggiormente diffuso proprio in Italia (scelto da circa l’80% delle imprese italiane). Prevede la presenza di un consiglio di amministrazione (che può essere rappresentato da un amministratore unico oppure, come suggerisce la terminologia, da un consiglio) e di un collegio sindacale con attività tra loro nettamente distinte. Il consiglio di amministrazione svolge chiaramente funzione amministrativa con il compito di rappresentare la società a terzi. Il collegio svolge invece attività di supervisione sull’operato dell’organo amministrativo.
2.2 Modello monistico Il sistema monistico, tipico di molte società di matrice anglosassone, prevede – come suggerito dal nome – un unico organo amministrativo il quale si occupa dell’amministrazione ma anche della fase di controllo. In sostanza, c’è un comitato per il controllo sulla gestione all’interno dello stesso consiglio di amministrazione. Comitato formato da amministratori in possesso di requisiti specifici quali la professionalità e l’indipendenza, ma anche e soprattutto onorabilità. Per quanto riguarda invece il controllo contabile, questo viene affidato a un revisore o una società esterni.
2.3 Modello dualistico Il sistema dualistico, usato molto spesso in Europa, soprattutto in Germania, si distingue nettamente dagli altri due. In questo caso l’amministrazione societaria è ripartita tra Consiglio di gestione e Consiglio di sorveglianza. A quest’ultimo sono attribuite mansioni che nel sistema ordinario sono invece attribuite all’assemblea dei soci. Una su tutte l’approvazione del bilancio di esercizio. Ulteriore compito del Consiglio di sorveglianza sarà quello di nominare il Consiglio di gestione, organo a cui spettano i principali compiti di gestione dell’impresa. Così come per il modello monistico, il controllo contabile è affidato a un organo esterno.
2.4 Modello giapponese Ben diverso è il modello di governance tipico delle imprese giapponesi. In questo caso le aziende raccolgono una parte significativa del loro capitale attraverso le banche o altre istituzioni finanziarie. Il coinvolgimento economico è così alto che i finanziatori pretendono quindi di avere un ruolo importante all’interno della direzione aziendale. A nominare il Consiglio di Amministrazione e il Presidente, quindi, sono sia gli azionisti sia le principali banche.
3. Gli obiettivi della governance aziendale
Quali sono gli obiettivi della governance aziendale? Trasparenza, responsabilità, sicurezza, correttezza.
Ora che abbiamo definito l’ambito di azione di una governance, andiamo a vedere nel dettaglio quali sono gli obiettivi che si questa si prefigge. Il primo è senza dubbio quello di garantire la trasparenza in merito all’attività imprenditoriale.
Un’azienda con una governance efficace è tenuta a divulgare informazioni specifiche – così come eventuali politiche rilevanti – con grande chiarezza e puntualità. Informazioni che devono essere comprensibili e accessibili soprattutto per gli azionisti, per i creditori o per ogni altro stakeholder coinvolto.
Non meno importante della trasparenza è la responsabilità, prerequisito necessario per ottenere prestazioni di alto livello e sostenibili. Ogni azienda deve essere gestita in modo corretto e secondo una linea che ne curi gli interessi. Interessi che – ovviamente – sono anche quelli degli azionisti e degli stakeholder.
Un altro obiettivo determinante di una corporate governance è la sicurezza. In termini di privacy negli ultimi anni si sono fatti molti passi in avanti, dopotutto. Per sicurezza qui intendiamo proteggere tutte quelle informazioni personali appartenenti ad azionisti e clienti, affinché non vengano divulgate o risultino accessibili a persone non autorizzate.
Ma lo stesso vale per tutto quello che riguarda l’attività commerciale dell’azienda. Ogni informazione deve essere tutelata e messa al sicuro con grande attenzione. Ne vale della fiducia degli investitori. Davanti a una fuga di dati sensibili le conseguenze sono sempre poco piacevoli e spesso si traducono in un mancato interesse a immettere nuovi capitali nell’azienda.
Chiudiamo, ma non è una classifica di importanza, con la correttezza. L’azienda deve trattare gli interessi degli azionisti e di qualunque altro soggetto che conduce con essa operazioni, in modo imparziale. Al di fuori dell’aspetto commerciale, obiettivo di un governo societario è quello di rappresentare un modello di integrità e fornire pari opportunità in fase di selezione del personale, senza fare distinzioni su base razziale, religiosa o di orientamento sessuale.
Quattro principi che rappresentano il cardine di un progetto più esteso: trasparenza, responsabilità, sicurezza, correttezza. Insieme contribuiscono alla credibilità dell’impresa.
4. Quali organi possiamo distinguere all’interno di una governance?
Ora che abbiamo definito il concetto di “corporate governance” e ne abbiamo tracciato gli ambiti di azione e gli obiettivi, andiamo a vedere quali sono i ruoli che si distinguono all’interno di essa. Quali organi possiamo distinguere in un governo d’azienda? I soggetti in gioco sono principalmente quattro: organo di supervisione strategica, organo di gestione e organo di controllo, intermediario.
Andiamo nel dettaglio e analizziamoli a uno a uno, così da mettere in evidenza con chiarezza quali sono i compiti e le funzioni svolte da ciascuno.
4.1 L’organo di supervisione strategica Si tratta dell’organo con maggiori responsabilità dell’intera azienda. Ha il compito di individuare gli obiettivi e definire le linee strategiche adeguate per il loro raggiungimento. Ma ha anche l’incarico, non secondario, di analizzare i profili di rischi dell’impresa, di approvare quindi la struttura organizzativa e di definire i processi produttivi nonché determinare l’erogazione dei servizi. L’organo di supervisione strategica ha anche l’onere di analizzare l’assetto degli organi di controllo e, in ultima istanza, la valutazione dei flussi informativi.
4.2 L’organo di gestione Se l’organo di supervisione strategica ha il compito di indicare le linee da seguire, è l’organo di gestione che ha il compito di mettere in pratica quando stabilito, verificando costantemente l’adeguatezza dei processi in corso. È un organo con finalità attuative. Tra i vari compiti, ha anche quello di definire i flussi informativi e determinare le responsabilità interne.
4.3 L’organo di controllo Ricopre un ruolo molto importante, perché ha il compito di monitorare ogni processo e rivelare eventuali irregolarità e violazioni normative. Proprio per questo motivo l’organo di controllo lavora a stretto contatto con tutte le unità operative che si occupano di controllo all’interno dell’azienda, tra le quali ovviamente il controllo di sicurezza.
4.4 Intermediario come accennato il compito dell’intermediario è quelli di garantire un’equilibrata e corretta ripartizione tra i compiti di tutti gli organi della governance e di definire le norme statuarie e le pratiche organizzative per prevenire eventuali effetti pregiudizievoli sulla gestione aziendale.
5. In che modo scegliere il modello di corporate governance?
Tra le varie opzioni che abbiamo illustrato, come scegliere il modello di corporate governance più adatto alla propria impresa? La scelta verrà fatta sulla base di alcuni elementi fondamentali, tra i quali le caratteristiche della società e il contesto in cui la stessa opera.
Chi è che decide la tipologia di governanza della società? È competenza dell’assemblea straordinaria optare per il modello specifico di governance e la decisione una volta maturata dovrà essere inserita all’interno dello statuto. Chiaramente, la scelta in questione non è di poco conto e influirà notevolmente sulla gestione complessiva dell’impresa. Decisione che di solito viene effettuata ricorrendo a una consulenza in grado di fornire un supporto qualificato all’organizzazione.
Esiste un’opzione a priori preferibile? Tra le opzioni dianzi analizzate possiamo con sicurezza affermare che il modello di governo d’azienda ordinario sia quello che garantisce maggiore stabilità proprio perché c’è una netta distinzione tra la funzione di controllo e quella di amministrazione societaria. Come abbiamo avuto modo di vedere, per esempio, nel modello dualistico viene concessa una incidenza minore ai soci, visto che la gestione del tutto è nelle mani di manager autonomi. Sicuramente c’è maggiore flessibilità nel sistema monistico, proprio in virtù di una maggiore sinergia tra l’organo di controllo e quello amministrativo.
6. Enel e Pirelli: esempi di governo d’impresa
Senza la pretesa di dare un quadro completo delle aziende in questione, andiamo a vedere in che modo sono organizzate alcune imprese di grande spessore internazionale, come Enel e Pirelli.
6.1 Enel Enel s.p.a. (Ente Nazionale per l’energia Elettrica) è una delle aziende più grandi e strutturate a livello internazionale, con un fatturato (2021) di oltre 88 miliardi di euro e quasi settantamila dipendenti in tutto il mondo. Proprio per il suo spessore mondiale è interessante andare a indagare il modello di governance attuato.
Il modello di governo d’azienda di Enel prevede un ruolo fondamentale per l’Assemblea. Questa ha la responsabilità di adottare le decisioni più rilevanti, come per esempio la nomina degli organi sociali e l’approvazione del bilancio annuale fino alla ripartizione dell’utile netto.
Al Consiglio di amministrazione è invece affidata la gestione della società e tutte le attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. Il Consiglio di Amministrazione, ai sensi del Codice Civile, ha delegato parte dei poteri all’Amministratore e ha quindi nominato quattro Comitati interni con funzioni consultive e propositive.
In sostanza, abbiamo due figure con ruoli nettamente separate, l’Amministratore delegato e il Presidente, che possono agire per conto della Società. Inoltre, il Collegio Sindacale è responsabile della vigilanza sul rispetto da parte della Società della legge e dello statuto.
6.2 Pirelli Anche la Pirelli & C. S.p.A. è un’azienda di respiro internazionale, anche se lavora su cifre ben diverse rispetto a Enel. Il fatturato (2020) si è attestato a 4.300 milioni di euro, con oltre 30.000 dipendenti in tutto il mondo.
Pirelli, come la maggior parte delle imprese italiane, adotta il modello di governance tradizionale, il sistema comunemente definito ordinario.
Il sistema di corporate governance della Pirelli si basa su alcuni elementi principali come la funzione centrale del Consiglio di amministrazione (composto da quindici persone), responsabile delle strategie e della supervisione delle attività di business dell’azienda; In Pirelli hanno un ruolo centrale gli Amministratori Indipendenti (i quali rappresentano la maggioranza del CdA).
La società si distingue per un efficace sistema di controllo interno e un sistema proattivo (diretto a prevenire situazioni problematiche) di gestione dei rischi.
Per quanto riguarda le remunerazioni, si adotta un sistema di incentivazione, specialmente per i dirigenti associati a target economici (medio e lungo termine) con l’intento evidente di allineare gli interessi del management con quelli degli shareholders.
L’obiettivo prioritario della governance Pirelli è quello di creare valore sostenibile, abbinando il tutto a solidi principi di comportamento per l’esecuzione di operazioni con parti correlate.
Il Consiglio ha altresì istituito cinque comitati interni con il compito di consigliare e svolgere attività analitiche, in ottemperanza al Codice di Autodisciplina.
7. L’importanza di avere una buona strategia di governance aziendale
Ma quanto è importante per un’azienda (soprattutto di spessore sovranazionale, ma non solo) avere una buona strategia di governo aziendale? Lo abbiamo già visto, ma è opportuno ripetere i punti cardine: l’obiettivo principale di una corporate governance è quello di istituire un sistema di regole per un’azienda (sia politiche che pratiche) tenendo sempre a mente i principi base, tra i quali spicca la responsabilità.
Ogni componente del governo d’impresa è responsabile nei confronti degli altri. Parliamo degli azionisti come del Consiglio di amministrazione, del team di gestione esecutiva così come i dipendenti della società. Tutti, nessuno escluso. La corporate governance fa in modo che tutti gli anelli che compongono la catena siano responsabili.
Responsabilità che deriva anche dal fatto che il Consiglio di amministrazione deve segnalare regolarmente le principali informazioni finanziarie agli azionisti, seguendo il principio base di trasparenza del governo societario.
Una serie di principi che non devono mai essere disattesi, rischio il fallimento dell’azienda e relativo danno per tutte le parti in causa (compresi gli azionisti). In apertura abbiamo portato come esempio il fallimento della Enron Corporation, causata da una serie di comportamenti scorretti e poco limpidi da parte dei suoi dirigenti (sottrazione illegale di fondi dalla società).
Una catena di responsabilità mancate che alla fine si è riversata sugli azionisti, ignari fino all’ultimo dei debiti della società. Una buona strategia di governance è il miglior strumento di tutela per tutti.
8. La “governance” come fondamento della “execution”
Fin troppo spesso si tende a identifica la governance aziendale con il Consiglio d’Amministrazione dell’impresa. Ma non è così.
Mentre nelle imprese quotate in borsa la governance è uno strumento in mano agli azionisti e agli investitori per controllare e valutare gli organi amministrativi, nelle imprese non quotate è invece uno strumento della leadership aziendale per amministrare e guidare l’organizzazione verso la propria visione.
Un modo per ridurre i rischi e mantenere una relazione buona e proficua con tutti gli stakeholder.
Ci sono due aspetti (soprattutto nelle piccole e medie imprese) che non possono essere separati. Non possiamo sostenere che il governo d’azienda sia un compito degli amministratori, così come non possiamo affermare che la fase di execution aziendale spetti ai manager. In molti casi i due aspetti rimangono insieme, nelle mani del leader d’impresa.
Ma cosa intendiamo quando parliamo di execution aziendale? Con execution aziendale ci riferiamo alla capacità di raggiungere gli obiettivi aziendali. Il compito principale dell’execution è quello di trasformare gli obiettivi (determinati dalla governance) in azione.
Tutto questo permette all’azienda di ottenere determinati obiettivi come essere pronta e reattiva alle richieste del mercato, raggiungere i target prefissati con rapidità e individuare processi e strumenti con i quali lavorare. Elementi che oggi sono determinanti soprattutto nella gestione delle piccole e medie imprese, laddove si riscontrano con maggiore frequenza determinate situazioni quali la commistione tra proprietà e governo (in Italia l’amministratore è spesso anche azionista), consigli di amministrazione perlopiù informali, assenza di consiglieri esterni alla famiglia/proprietà, poca chiarezza dei ruoli.
Per poter lavorare e ottenere una valida execution aziendale diventa quindi indispensabile lavorare con attenzione al modo in cui l’azienda deve essere controllata. Ed ecco che torniamo al concetto di governance come base per l’execution.
Un buon sistema di execution può fare la differenza. Sono celebri i casi di execution mirabile, quando questa è nelle mani della mente strategica dell’azienda (Steve Jobs su tutti, alla Apple). In altri casi, non è detto che il risultato possa essere ugualmente soddisfacente, soprattutto se l’execution aziendale è nelle mani di un direttore generale.
Nelle imprese italiane il Direttore generale non è il proprietario dell’azienda. A volte è un dirigente, altre è un consulente esterno. In molti di questi casi, il direttore generale può essere facilmente identificato come il “nemico” di una buona ed efficace execution.
Per quale motivo? Le motivazioni principali sono essenzialmente due: esiste un disallineamento tra Direttore Generale e vision aziendale (disallineamento che, come potete immaginare, non riguardava Jobs) e il direttore potrebbe non avere tutti gli strumenti necessari per gestire in modo completo tutti gli aspetti di una corretta e soddisfacente execution.
Questo è il motivo principale che sta portando, sempre più spesso, a prediligere la presenza di una “direzione” generale, un sistema di gestione più elastico e che può senz’altro assicurare maggiore visione complessiva e un maggior numero di competenze.
Non una persona, ma un metodo di lavoro che può fare la differenza.
In che modo una execution efficace porta beneficio all’azienda? Chiudiamo andando a sintetizzare brevemente i benefici di un’ottima execution aziendale. Una buona execution facilita il raggiungimento degli obiettivi aziendali, soprattutto creando un collegamento ottimale tra le strategie dell’azienda (che spesso possono risultare poco chiare) e l’operatività che si svolge nel quotidiano.
Aiuta a motivare i dipendenti e a farli sentire parte di un progetto (progetti che verranno portati a termine nei tempi prestabiliti). Chiarezza, condivisione, metodo e rigore sono altri valori che una buona execution porta all’evidenza di tutti. Crea un sistema di gestione che diventerà un valore aggiunto dell’azienda.
9. Governance Ambientale Aziendale
Chiudiamo questo lungo articolo dedicato alla governance aziendale, toccando uno degli argomenti più caldi degli ultimi anni: la tutela dell’ambiente. Andiamo a vedere cosa si intente quindi quando parliamo di governance ambientale aziendale, un concetto di governance più esteso e con un’attenzione che va oltre gli interessi d’azienda.
“[…] essere molto più proattivi per essere ancor più una guida nei confronti delle aziende, verso un sistema di organizzazione dell’impresa che abbia non solo una percezione dei rischi ambientali sempre più importante e consapevole, ma che sia anche orientata verso un percorso di effettiva sostenibilità. […]” (Intervista Prof. Maglia – TuttoAmbiente spa)
Negli ultimi anni, lo abbiamo già detto, le questioni ambientali hanno portato all’evoluzione delle tematiche ESG. La ricerca ha evidenziato un legame positivo tra le tematiche ESG e la performance finanziaria o la creazione di valore delle imprese. Un dato che, pure volendo, non può certamente essere più trascurato. E per fortuna anche gli organi politici spingono con insistenza in questa direzione.
Gli investitori oggi pongono molta attenzione ai fattori ESG e i relativi punteggi di responsabilità sociale delle aziende e così hanno potuto decidere di investire i propri soldi in aziende più sicure, evitando rischi inutili o imprese con pratiche commerciali discutibili.
9.1 Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di ESG? L’acronimo ESG fa riferimento ai tre cardini principali del nuovo concetto di governo aziendale: Environmental (ambiente), Social (società) e Governance. E ognuno di questi “pilastri” fa riferimento a un insieme peculiare di criteri legati all’impegno ambientale ma anche ai valori aziendali come la trasparenza e la responsabilità.
Possiamo leggere i valori ESG come un punteggio di “credito sociale” che matura l’azienda, una sorta di biglietto da visita a beneficio degli investitori, dove si evidenzia il livello di rischio.
Ovviamente, questo “punteggio” non si basa solo sulla capacità dell’azienda di generare introiti, ma anche e soprattutto su valori fondamentali come il rispetto dell’ambiente e una buona corporate governance.
In sostanza, andiamo incontro a quel concetto (già attivo dagli anni Sessanta) di investimento socialmente responsabile (Socially Responsible Investing) e che ha ripreso vigore negli ultimi anni, a partire dal 2004, con l’invito di Kofi Annan (allora Segretario Generale delle Nazioni Unite), rivolto a cinquanta CEO delle principali istituzioni finanziarie mondiali, a integrare determinati valori nei loro processi aziendali.
Oggi, a distanza di quasi venti anni gli asset ESG globali (benché non tutti si possano ricondurre facilmente in un’analisi finanziaria di un’impresa) rappresentano circa il 30% della totalità.
9.2 In Italia c’è poca attenzione: il modello 231 In Italia dobbiamo ancora fare qualche passo perché spesso certi aspetti vengono visti come un impedimento e non come un valore aggiunto. L’esempio più lampante è quello del Modello Organizzativo 231. Lo hanno adottato ancora in pochi, quando è invece uno dei sistemi migliori (e più importanti) per organizzare l’azienda.
Un’azienda non organizzata in modo efficace non può pensare di avere un futuro nel campo ambientale. L’organizzazione (e la gestione dei rischi) diventa fondamentale soprattutto in periodi di particolari difficoltà (recentemente molte aziende hanno avuto problemi nella reperibilità delle materie prime), quando si devono coniugare esigenze commerciali con necessità ambientali.
Una buona organizzazione permetterà all’azienda di mostrare in che modo i residui dell’attività non diventino rifiuti, ma possano essere trasformati in sottoprodotti. Il vantaggio è immediato e doppio: risparmio (recupero materie prime) e incremento del valore sul mercato.
Il tutto, ovviamente, nell’ottica di un futuro sostenibile e senza dover andare incontro a problemi legati al greenwashing (problema molto evidente, ultimamente, soprattutto per multinazionali che lavorano con il petrolio).
9.3 Rischi e comunicazione: ecco dove deve lavorare una governance efficace Abbiamo parlato a fondo dell’importanza di una buona governance per definire e infine – con l’execution – raggiungere gli obiettivi aziendali.
Ma ci sono due aspetti che ancora oggi troppo spesso sono sottovalutati, ma che in ottica di governance ambientale aziendale assumono un ruolo sempre più importante: la questione legata ai rischi e la capacità (e necessità) di una buona e puntuale comunicazione verso gli stakeholders.
Aspetti importanti per tutte le aziende che vogliano attuare una governance efficace e attrarre con successo gli investitori. In passato si tendeva a investire solo dove si percepiva un guadagno economico.
Ma le cose sono molto cambiate, sia per la spinta dei privati che dei governi, e c’è molta attenzione alla sostenibilità. Principi accentuali anche dall’emergenza Covid, con numerosi fondi per la ripresa anche in funzione di una maggiore attenzione ai cambiamenti climatici.
Tra l’altro, c’è la sensazione che tutte queste norme possano prima o poi diventare obbligatorie e questo significa che già da ora è opportuno applicare strategie specifiche nell’organizzazione della propria impresa, per non rimanere tagliati fuori più avanti, o trovarsi in grande difficoltà.
Una recente analisi condotta dal CFA Institute (Chartered Financial Analyst) ha mostrato come l’85% degli investitori ha preso in considerazione i fattori ESG nel momento di effettuare il proprio investimento. Una notevole crescita (oltre il 10%) rispetto solamente a due o tre anni fa.
Altre analisi molto recenti dimostrano come le società con un’ottima governance ambientale aziendale tendano ad andare oltre le aspettative (overperformance), soprattutto quando si focalizzano con attenzione sui quegli indicatori ESG rilevanti per il loro sviluppo finanziario.
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Governance aziendale: significato, ruoli, modelli, obiettivi, esempi del governo d'impresa
di Stefano Maglia
Sempre più spesso sentiamo parlare di governance aziendale, terminologia che sta superando gli argini degli ambiti specialistici. Ma non è semplice comprendere subito di cosa si stia parlando, così come non è semplice padroneggiare il gergo che ruota attorno alla perfetta gestione di un’impresa. Sistema monistico o sistema dualistico, ESG (acronimo che sta per Environmental, Social, Governance) giusto per fare qualche esempio.
Nelle pagine che seguono cercheremo di dare una panoramica dell’argomento, partendo dalle definizioni di base – appunto: cos’è la governance aziendale – per andare a indagare tutti gli aspetti fondamentali di un modello integrato di gestione d’impresa.
Argomento che oggi, soprattutto dopo il crollo di alcune aziende importanti (su tutti basti ricordare il caso di Enron, fallita nel 2001), è di grande interesse per tutti gli imprenditori (un modello di responsabilità aziendale imprescindibile). Vedremo i modelli più importanti di governance, analizzeremo gli obiettivi e la struttura interna (ruoli, organi).
Capiremo anche in che modo scegliere il modello più adatto di corporate governance andando anche a ripercorrere il funzionamento di grandi aziende come Enel e Pirelli.
E ancora spiegheremo l’importanza di avere una buona strategia di governance aziendale e come questa sia fondamento dell’execution.
In conclusione, attenzione puntata sulla Governance Ambientale Aziendale, argomento che oggi è sotto l’attenzione di tutti e che rappresenta un valore aggiunto per tutte le imprese.
1. Governance aziendale: cos’è e quali sono i principali modelli
Iniziamo questo viaggio all’interno dei meccanismi della governance aziendale andando prima di tutto a definire il concetto generico di governance (termine informale per corporate governance), per determinare lo “spazio” nel quale ci muoveremo. Quando parliamo di governance aziendale, cosa intendiamo? In sostanza ci si riferisce all’insieme di regole che disciplinano la gestione e la direzione di una società o di un ente.
In sostanza, possiamo dire che una governance identifica il complesso di principi, meccanismi, regole e relazioni che disciplinano il governo di un’impresa.
L’obiettivo ultimo è l’efficacia strategica dell’impresa stessa. Per dirla con altre parole, è la struttura attraverso la quale vengono prese le decisioni aziendali di fondo e allo stesso tempo si determinano modalità e strumenti atti al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
In questo stesso ambito vengono ricondotte tutte le relazioni che intercorrono tra la direzione (incluso il consiglio di amministrazione) e diretti interessati come gli azionisti (shareholders) o generici portatori di interesse (stakeholders). Il concetto di “corporate governance” in italiano potreste trovarlo tradotto in diversi modi: governo d’impresa, governo societario o governanza.
Quando parliamo quindi di governo d’impresa ci riferiamo a diversi ambiti della vita d’azienda, che spaziano dai i processi con i quali le società sono dirette e controllate, ma anche le linee guida di governo societario o le tecniche di investimento basate sul possesso attivo, propriamente i fondi di corporate governance.
L’aspetto più importante da sottolineare è che la corporate governance include una serie di “regole” atte a esercitare e controllare l’autorità fiduciaria dell’impresa.
Ovviamente, all’interno di queste regole ci sono anche le leggi del paese in cui la società ha sede e non solo quelle interne alla stessa. Regole che includono tutte le relazioni implicate nel complesso sistema societario: i proprietari, manager, amministratori, dipendenti ecc. Infine, nel concetto di governance rientrano tutti i processi che hanno a che fare con i meccanismi di delega dell’autorità, ma anche la misurazione delle performance, le questioni legate alla sicurezza così come i reporting e la contabilità.
Volendo semplificare al massimo potremmo dire che fare governance significa darsi degli obiettivi, determinare il management, metodologie e processi aziendali e infine monitorare il tutto attraverso una serie di regole.
Volendo attingere alla pratica terminologia anglosassone potremmo definire una governance un toolkit di norme e regolamenti.
2. I modelli di corporate governance (governo d’impresa)
A partire dal 2004 in Italia è possibile scegliere tra tre diversi modelli di corporate governance (governo d’impresa): modello tradizionale, modello monistico e modello dualistico. Andiamo a vederli nel dettaglio, per capire quali sono le differenze tra i tre sistemi. Con un occhio anche al modello giapponese.
2.1 Modello tradizionale
Il sistema tradizionale, spesso definito anche sistema ordinario, è quello maggiormente diffuso proprio in Italia (scelto da circa l’80% delle imprese italiane). Prevede la presenza di un consiglio di amministrazione (che può essere rappresentato da un amministratore unico oppure, come suggerisce la terminologia, da un consiglio) e di un collegio sindacale con attività tra loro nettamente distinte. Il consiglio di amministrazione svolge chiaramente funzione amministrativa con il compito di rappresentare la società a terzi. Il collegio svolge invece attività di supervisione sull’operato dell’organo amministrativo.
2.2 Modello monistico
Il sistema monistico, tipico di molte società di matrice anglosassone, prevede – come suggerito dal nome – un unico organo amministrativo il quale si occupa dell’amministrazione ma anche della fase di controllo. In sostanza, c’è un comitato per il controllo sulla gestione all’interno dello stesso consiglio di amministrazione. Comitato formato da amministratori in possesso di requisiti specifici quali la professionalità e l’indipendenza, ma anche e soprattutto onorabilità. Per quanto riguarda invece il controllo contabile, questo viene affidato a un revisore o una società esterni.
2.3 Modello dualistico
Il sistema dualistico, usato molto spesso in Europa, soprattutto in Germania, si distingue nettamente dagli altri due. In questo caso l’amministrazione societaria è ripartita tra Consiglio di gestione e Consiglio di sorveglianza. A quest’ultimo sono attribuite mansioni che nel sistema ordinario sono invece attribuite all’assemblea dei soci. Una su tutte l’approvazione del bilancio di esercizio. Ulteriore compito del Consiglio di sorveglianza sarà quello di nominare il Consiglio di gestione, organo a cui spettano i principali compiti di gestione dell’impresa. Così come per il modello monistico, il controllo contabile è affidato a un organo esterno.
2.4 Modello giapponese
Ben diverso è il modello di governance tipico delle imprese giapponesi. In questo caso le aziende raccolgono una parte significativa del loro capitale attraverso le banche o altre istituzioni finanziarie. Il coinvolgimento economico è così alto che i finanziatori pretendono quindi di avere un ruolo importante all’interno della direzione aziendale. A nominare il Consiglio di Amministrazione e il Presidente, quindi, sono sia gli azionisti sia le principali banche.
3. Gli obiettivi della governance aziendale
Quali sono gli obiettivi della governance aziendale? Trasparenza, responsabilità, sicurezza, correttezza.
Ora che abbiamo definito l’ambito di azione di una governance, andiamo a vedere nel dettaglio quali sono gli obiettivi che si questa si prefigge. Il primo è senza dubbio quello di garantire la trasparenza in merito all’attività imprenditoriale.
Un’azienda con una governance efficace è tenuta a divulgare informazioni specifiche – così come eventuali politiche rilevanti – con grande chiarezza e puntualità. Informazioni che devono essere comprensibili e accessibili soprattutto per gli azionisti, per i creditori o per ogni altro stakeholder coinvolto.
Non meno importante della trasparenza è la responsabilità, prerequisito necessario per ottenere prestazioni di alto livello e sostenibili. Ogni azienda deve essere gestita in modo corretto e secondo una linea che ne curi gli interessi. Interessi che – ovviamente – sono anche quelli degli azionisti e degli stakeholder.
Un altro obiettivo determinante di una corporate governance è la sicurezza. In termini di privacy negli ultimi anni si sono fatti molti passi in avanti, dopotutto. Per sicurezza qui intendiamo proteggere tutte quelle informazioni personali appartenenti ad azionisti e clienti, affinché non vengano divulgate o risultino accessibili a persone non autorizzate.
Ma lo stesso vale per tutto quello che riguarda l’attività commerciale dell’azienda. Ogni informazione deve essere tutelata e messa al sicuro con grande attenzione. Ne vale della fiducia degli investitori. Davanti a una fuga di dati sensibili le conseguenze sono sempre poco piacevoli e spesso si traducono in un mancato interesse a immettere nuovi capitali nell’azienda.
Chiudiamo, ma non è una classifica di importanza, con la correttezza. L’azienda deve trattare gli interessi degli azionisti e di qualunque altro soggetto che conduce con essa operazioni, in modo imparziale. Al di fuori dell’aspetto commerciale, obiettivo di un governo societario è quello di rappresentare un modello di integrità e fornire pari opportunità in fase di selezione del personale, senza fare distinzioni su base razziale, religiosa o di orientamento sessuale.
Quattro principi che rappresentano il cardine di un progetto più esteso: trasparenza, responsabilità, sicurezza, correttezza. Insieme contribuiscono alla credibilità dell’impresa.
4. Quali organi possiamo distinguere all’interno di una governance?
Ora che abbiamo definito il concetto di “corporate governance” e ne abbiamo tracciato gli ambiti di azione e gli obiettivi, andiamo a vedere quali sono i ruoli che si distinguono all’interno di essa. Quali organi possiamo distinguere in un governo d’azienda? I soggetti in gioco sono principalmente quattro: organo di supervisione strategica, organo di gestione e organo di controllo, intermediario.
Andiamo nel dettaglio e analizziamoli a uno a uno, così da mettere in evidenza con chiarezza quali sono i compiti e le funzioni svolte da ciascuno.
4.1 L’organo di supervisione strategica
Si tratta dell’organo con maggiori responsabilità dell’intera azienda. Ha il compito di individuare gli obiettivi e definire le linee strategiche adeguate per il loro raggiungimento. Ma ha anche l’incarico, non secondario, di analizzare i profili di rischi dell’impresa, di approvare quindi la struttura organizzativa e di definire i processi produttivi nonché determinare l’erogazione dei servizi. L’organo di supervisione strategica ha anche l’onere di analizzare l’assetto degli organi di controllo e, in ultima istanza, la valutazione dei flussi informativi.
4.2 L’organo di gestione
Se l’organo di supervisione strategica ha il compito di indicare le linee da seguire, è l’organo di gestione che ha il compito di mettere in pratica quando stabilito, verificando costantemente l’adeguatezza dei processi in corso. È un organo con finalità attuative. Tra i vari compiti, ha anche quello di definire i flussi informativi e determinare le responsabilità interne.
4.3 L’organo di controllo
Ricopre un ruolo molto importante, perché ha il compito di monitorare ogni processo e rivelare eventuali irregolarità e violazioni normative. Proprio per questo motivo l’organo di controllo lavora a stretto contatto con tutte le unità operative che si occupano di controllo all’interno dell’azienda, tra le quali ovviamente il controllo di sicurezza.
4.4 Intermediario
come accennato il compito dell’intermediario è quelli di garantire un’equilibrata e corretta ripartizione tra i compiti di tutti gli organi della governance e di definire le norme statuarie e le pratiche organizzative per prevenire eventuali effetti pregiudizievoli sulla gestione aziendale.
5. In che modo scegliere il modello di corporate governance?
Tra le varie opzioni che abbiamo illustrato, come scegliere il modello di corporate governance più adatto alla propria impresa? La scelta verrà fatta sulla base di alcuni elementi fondamentali, tra i quali le caratteristiche della società e il contesto in cui la stessa opera.
Chi è che decide la tipologia di governanza della società? È competenza dell’assemblea straordinaria optare per il modello specifico di governance e la decisione una volta maturata dovrà essere inserita all’interno dello statuto. Chiaramente, la scelta in questione non è di poco conto e influirà notevolmente sulla gestione complessiva dell’impresa. Decisione che di solito viene effettuata ricorrendo a una consulenza in grado di fornire un supporto qualificato all’organizzazione.
Esiste un’opzione a priori preferibile? Tra le opzioni dianzi analizzate possiamo con sicurezza affermare che il modello di governo d’azienda ordinario sia quello che garantisce maggiore stabilità proprio perché c’è una netta distinzione tra la funzione di controllo e quella di amministrazione societaria. Come abbiamo avuto modo di vedere, per esempio, nel modello dualistico viene concessa una incidenza minore ai soci, visto che la gestione del tutto è nelle mani di manager autonomi.
Sicuramente c’è maggiore flessibilità nel sistema monistico, proprio in virtù di una maggiore sinergia tra l’organo di controllo e quello amministrativo.
6. Enel e Pirelli: esempi di governo d’impresa
Senza la pretesa di dare un quadro completo delle aziende in questione, andiamo a vedere in che modo sono organizzate alcune imprese di grande spessore internazionale, come Enel e Pirelli.
6.1 Enel
Enel s.p.a. (Ente Nazionale per l’energia Elettrica) è una delle aziende più grandi e strutturate a livello internazionale, con un fatturato (2021) di oltre 88 miliardi di euro e quasi settantamila dipendenti in tutto il mondo. Proprio per il suo spessore mondiale è interessante andare a indagare il modello di governance attuato.
Il modello di governo d’azienda di Enel prevede un ruolo fondamentale per l’Assemblea. Questa ha la responsabilità di adottare le decisioni più rilevanti, come per esempio la nomina degli organi sociali e l’approvazione del bilancio annuale fino alla ripartizione dell’utile netto.
Al Consiglio di amministrazione è invece affidata la gestione della società e tutte le attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. Il Consiglio di Amministrazione, ai sensi del Codice Civile, ha delegato parte dei poteri all’Amministratore e ha quindi nominato quattro Comitati interni con funzioni consultive e propositive.
In sostanza, abbiamo due figure con ruoli nettamente separate, l’Amministratore delegato e il Presidente, che possono agire per conto della Società. Inoltre, il Collegio Sindacale è responsabile della vigilanza sul rispetto da parte della Società della legge e dello statuto.
6.2 Pirelli
Anche la Pirelli & C. S.p.A. è un’azienda di respiro internazionale, anche se lavora su cifre ben diverse rispetto a Enel. Il fatturato (2020) si è attestato a 4.300 milioni di euro, con oltre 30.000 dipendenti in tutto il mondo.
Pirelli, come la maggior parte delle imprese italiane, adotta il modello di governance tradizionale, il sistema comunemente definito ordinario.
Il sistema di corporate governance della Pirelli si basa su alcuni elementi principali come la funzione centrale del Consiglio di amministrazione (composto da quindici persone), responsabile delle strategie e della supervisione delle attività di business dell’azienda; In Pirelli hanno un ruolo centrale gli Amministratori Indipendenti (i quali rappresentano la maggioranza del CdA).
La società si distingue per un efficace sistema di controllo interno e un sistema proattivo (diretto a prevenire situazioni problematiche) di gestione dei rischi.
Per quanto riguarda le remunerazioni, si adotta un sistema di incentivazione, specialmente per i dirigenti associati a target economici (medio e lungo termine) con l’intento evidente di allineare gli interessi del management con quelli degli shareholders.
L’obiettivo prioritario della governance Pirelli è quello di creare valore sostenibile, abbinando il tutto a solidi principi di comportamento per l’esecuzione di operazioni con parti correlate.
Il Consiglio ha altresì istituito cinque comitati interni con il compito di consigliare e svolgere attività analitiche, in ottemperanza al Codice di Autodisciplina.
7. L’importanza di avere una buona strategia di governance aziendale
Ma quanto è importante per un’azienda (soprattutto di spessore sovranazionale, ma non solo) avere una buona strategia di governo aziendale? Lo abbiamo già visto, ma è opportuno ripetere i punti cardine: l’obiettivo principale di una corporate governance è quello di istituire un sistema di regole per un’azienda (sia politiche che pratiche) tenendo sempre a mente i principi base, tra i quali spicca la responsabilità.
Ogni componente del governo d’impresa è responsabile nei confronti degli altri. Parliamo degli azionisti come del Consiglio di amministrazione, del team di gestione esecutiva così come i dipendenti della società. Tutti, nessuno escluso. La corporate governance fa in modo che tutti gli anelli che compongono la catena siano responsabili.
Responsabilità che deriva anche dal fatto che il Consiglio di amministrazione deve segnalare regolarmente le principali informazioni finanziarie agli azionisti, seguendo il principio base di trasparenza del governo societario.
Una serie di principi che non devono mai essere disattesi, rischio il fallimento dell’azienda e relativo danno per tutte le parti in causa (compresi gli azionisti). In apertura abbiamo portato come esempio il fallimento della Enron Corporation, causata da una serie di comportamenti scorretti e poco limpidi da parte dei suoi dirigenti (sottrazione illegale di fondi dalla società).
Una catena di responsabilità mancate che alla fine si è riversata sugli azionisti, ignari fino all’ultimo dei debiti della società. Una buona strategia di governance è il miglior strumento di tutela per tutti.
8. La “governance” come fondamento della “execution”
Fin troppo spesso si tende a identifica la governance aziendale con il Consiglio d’Amministrazione dell’impresa.
Ma non è così.
Mentre nelle imprese quotate in borsa la governance è uno strumento in mano agli azionisti e agli investitori per controllare e valutare gli organi amministrativi, nelle imprese non quotate è invece uno strumento della leadership aziendale per amministrare e guidare l’organizzazione verso la propria visione.
Un modo per ridurre i rischi e mantenere una relazione buona e proficua con tutti gli stakeholder.
Ci sono due aspetti (soprattutto nelle piccole e medie imprese) che non possono essere separati. Non possiamo sostenere che il governo d’azienda sia un compito degli amministratori, così come non possiamo affermare che la fase di execution aziendale spetti ai manager. In molti casi i due aspetti rimangono insieme, nelle mani del leader d’impresa.
Ma cosa intendiamo quando parliamo di execution aziendale?
Con execution aziendale ci riferiamo alla capacità di raggiungere gli obiettivi aziendali. Il compito principale dell’execution è quello di trasformare gli obiettivi (determinati dalla governance) in azione.
Tutto questo permette all’azienda di ottenere determinati obiettivi come essere pronta e reattiva alle richieste del mercato, raggiungere i target prefissati con rapidità e individuare processi e strumenti con i quali lavorare.
Elementi che oggi sono determinanti soprattutto nella gestione delle piccole e medie imprese, laddove si riscontrano con maggiore frequenza determinate situazioni quali la commistione tra proprietà e governo (in Italia l’amministratore è spesso anche azionista), consigli di amministrazione perlopiù informali, assenza di consiglieri esterni alla famiglia/proprietà, poca chiarezza dei ruoli.
Per poter lavorare e ottenere una valida execution aziendale diventa quindi indispensabile lavorare con attenzione al modo in cui l’azienda deve essere controllata. Ed ecco che torniamo al concetto di governance come base per l’execution.
Un buon sistema di execution può fare la differenza. Sono celebri i casi di execution mirabile, quando questa è nelle mani della mente strategica dell’azienda (Steve Jobs su tutti, alla Apple). In altri casi, non è detto che il risultato possa essere ugualmente soddisfacente, soprattutto se l’execution aziendale è nelle mani di un direttore generale.
Nelle imprese italiane il Direttore generale non è il proprietario dell’azienda. A volte è un dirigente, altre è un consulente esterno. In molti di questi casi, il direttore generale può essere facilmente identificato come il “nemico” di una buona ed efficace execution.
Per quale motivo?
Le motivazioni principali sono essenzialmente due: esiste un disallineamento tra Direttore Generale e vision aziendale (disallineamento che, come potete immaginare, non riguardava Jobs) e il direttore potrebbe non avere tutti gli strumenti necessari per gestire in modo completo tutti gli aspetti di una corretta e soddisfacente execution.
Questo è il motivo principale che sta portando, sempre più spesso, a prediligere la presenza di una “direzione” generale, un sistema di gestione più elastico e che può senz’altro assicurare maggiore visione complessiva e un maggior numero di competenze.
Non una persona, ma un metodo di lavoro che può fare la differenza.
In che modo una execution efficace porta beneficio all’azienda?
Chiudiamo andando a sintetizzare brevemente i benefici di un’ottima execution aziendale. Una buona execution facilita il raggiungimento degli obiettivi aziendali, soprattutto creando un collegamento ottimale tra le strategie dell’azienda (che spesso possono risultare poco chiare) e l’operatività che si svolge nel quotidiano.
Aiuta a motivare i dipendenti e a farli sentire parte di un progetto (progetti che verranno portati a termine nei tempi prestabiliti). Chiarezza, condivisione, metodo e rigore sono altri valori che una buona execution porta all’evidenza di tutti. Crea un sistema di gestione che diventerà un valore aggiunto dell’azienda.
9. Governance Ambientale Aziendale
Chiudiamo questo lungo articolo dedicato alla governance aziendale, toccando uno degli argomenti più caldi degli ultimi anni: la tutela dell’ambiente. Andiamo a vedere cosa si intente quindi quando parliamo di governance ambientale aziendale, un concetto di governance più esteso e con un’attenzione che va oltre gli interessi d’azienda.
“[…] essere molto più proattivi per essere ancor più una guida nei confronti delle aziende, verso un sistema di organizzazione dell’impresa che abbia non solo una percezione dei rischi ambientali sempre più importante e consapevole, ma che sia anche orientata verso un percorso di effettiva sostenibilità. […]” (Intervista Prof. Maglia – TuttoAmbiente spa)
Negli ultimi anni, lo abbiamo già detto, le questioni ambientali hanno portato all’evoluzione delle tematiche ESG. La ricerca ha evidenziato un legame positivo tra le tematiche ESG e la performance finanziaria o la creazione di valore delle imprese. Un dato che, pure volendo, non può certamente essere più trascurato.
E per fortuna anche gli organi politici spingono con insistenza in questa direzione.
Gli investitori oggi pongono molta attenzione ai fattori ESG e i relativi punteggi di responsabilità sociale delle aziende e così hanno potuto decidere di investire i propri soldi in aziende più sicure, evitando rischi inutili o imprese con pratiche commerciali discutibili.
9.1 Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di ESG?
L’acronimo ESG fa riferimento ai tre cardini principali del nuovo concetto di governo aziendale: Environmental (ambiente), Social (società) e Governance. E ognuno di questi “pilastri” fa riferimento a un insieme peculiare di criteri legati all’impegno ambientale ma anche ai valori aziendali come la trasparenza e la responsabilità.
Possiamo leggere i valori ESG come un punteggio di “credito sociale” che matura l’azienda, una sorta di biglietto da visita a beneficio degli investitori, dove si evidenzia il livello di rischio.
Ovviamente, questo “punteggio” non si basa solo sulla capacità dell’azienda di generare introiti, ma anche e soprattutto su valori fondamentali come il rispetto dell’ambiente e una buona corporate governance.
In sostanza, andiamo incontro a quel concetto (già attivo dagli anni Sessanta) di investimento socialmente responsabile (Socially Responsible Investing) e che ha ripreso vigore negli ultimi anni, a partire dal 2004, con l’invito di Kofi Annan (allora Segretario Generale delle Nazioni Unite), rivolto a cinquanta CEO delle principali istituzioni finanziarie mondiali, a integrare determinati valori nei loro processi aziendali.
Oggi, a distanza di quasi venti anni gli asset ESG globali (benché non tutti si possano ricondurre facilmente in un’analisi finanziaria di un’impresa) rappresentano circa il 30% della totalità.
9.2 In Italia c’è poca attenzione: il modello 231
In Italia dobbiamo ancora fare qualche passo perché spesso certi aspetti vengono visti come un impedimento e non come un valore aggiunto. L’esempio più lampante è quello del Modello Organizzativo 231. Lo hanno adottato ancora in pochi, quando è invece uno dei sistemi migliori (e più importanti) per organizzare l’azienda.
Un’azienda non organizzata in modo efficace non può pensare di avere un futuro nel campo ambientale. L’organizzazione (e la gestione dei rischi) diventa fondamentale soprattutto in periodi di particolari difficoltà (recentemente molte aziende hanno avuto problemi nella reperibilità delle materie prime), quando si devono coniugare esigenze commerciali con necessità ambientali.
Una buona organizzazione permetterà all’azienda di mostrare in che modo i residui dell’attività non diventino rifiuti, ma possano essere trasformati in sottoprodotti. Il vantaggio è immediato e doppio: risparmio (recupero materie prime) e incremento del valore sul mercato.
Il tutto, ovviamente, nell’ottica di un futuro sostenibile e senza dover andare incontro a problemi legati al greenwashing (problema molto evidente, ultimamente, soprattutto per multinazionali che lavorano con il petrolio).
9.3 Rischi e comunicazione: ecco dove deve lavorare una governance efficace
Abbiamo parlato a fondo dell’importanza di una buona governance per definire e infine – con l’execution – raggiungere gli obiettivi aziendali.
Ma ci sono due aspetti che ancora oggi troppo spesso sono sottovalutati, ma che in ottica di governance ambientale aziendale assumono un ruolo sempre più importante: la questione legata ai rischi e la capacità (e necessità) di una buona e puntuale comunicazione verso gli stakeholders.
Aspetti importanti per tutte le aziende che vogliano attuare una governance efficace e attrarre con successo gli investitori. In passato si tendeva a investire solo dove si percepiva un guadagno economico.
Ma le cose sono molto cambiate, sia per la spinta dei privati che dei governi, e c’è molta attenzione alla sostenibilità. Principi accentuali anche dall’emergenza Covid, con numerosi fondi per la ripresa anche in funzione di una maggiore attenzione ai cambiamenti climatici.
Tra l’altro, c’è la sensazione che tutte queste norme possano prima o poi diventare obbligatorie e questo significa che già da ora è opportuno applicare strategie specifiche nell’organizzazione della propria impresa, per non rimanere tagliati fuori più avanti, o trovarsi in grande difficoltà.
Una recente analisi condotta dal CFA Institute (Chartered Financial Analyst) ha mostrato come l’85% degli investitori ha preso in considerazione i fattori ESG nel momento di effettuare il proprio investimento. Una notevole crescita (oltre il 10%) rispetto solamente a due o tre anni fa.
Altre analisi molto recenti dimostrano come le società con un’ottima governance ambientale aziendale tendano ad andare oltre le aspettative (overperformance), soprattutto quando si focalizzano con attenzione sui quegli indicatori ESG rilevanti per il loro sviluppo finanziario.
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