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Stefano Maglia

I limiti alla miscelazione dei rifiuti

di Stefano Maglia

Categoria: Rifiuti

Uno dei temi più ricorrenti nell’attività di molti operatori del settore ambientale è quello relativo alla pratica della miscelazione dei rifiuti, che in qualche caso può nascondere anche operazioni al limite della legalità.

E’ pertanto utile cercare di fare chiarezza su alcuni dei punti più critici della normativa in oggetto. In particolare possiamo porci un interessante quesito: è possibile miscelare un rifiuto pericoloso con uno non pericoloso appartenenti entrambi alla medesima categoria dell’allegato G al Dlvo 22/97?

In virtù di quanto dispone l’art. 9 del D.L.vo 22/97 (“È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all’allegato G ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi”) è chiaramente vietato miscelare rifiuti pericolosi appartenenti a diverse categorie tra le quaranta di cui all’allegato G, nonché rifiuti pericolosi (a prescindere dalla diversità delle categorie di appartenenza) con rifiuti non pericolosi, mentre è possibile miscelare rifiuti pericolosi appartenenti alla stessa categoria tra le quaranta di cui all’allegato I alla direttiva 91/689/CEE e rifiuti non pericolosi tra loro.

Ciò premesso è da notare che la numerosa dottrina che è intervenuta sino ad ora sul tema ha raramente affrontato – che risulti – il particolare caso di cui al quesito in oggetto.

Solo alcuni hanno cercato di offrire un contributo un po’ più elaborato, evidenziando in particolare il principio per cui devono comunque essere rispettate le condizioni di cui all’art. 2, comma secondo, in relazione al quale non deve mai esservi pericolo per la salute ed i metodi ed i procedimenti non devono pregiudicare l’ambiente.

In giurisprudenza, poi, risulta un solo intervento (Tar Piemonte, sez. II, 22 aprile 1999, n. 226) per cui «il divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi, posto dall’art. 9 D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22, è superabile solo sulla base dell’autorizzazione prevista dall’art. 28 dello stesso D.L.vo n. 22 del 1997, il cui rilascio deve tener conto che la detta attività non rechi danni all’ambiente o alla salute umana e che il suo esercizio sia funzionale all’ottimale smaltimento dei rifiuti; pertanto, dall’atto di autorizzazione al recupero e allo smaltimento di rifiuti deve emergere chiaramente che l’Amministrazione ha vagliato tale ulteriore aspetto e consentito la miscelazione di quei determinati rifiuti pericolosi».

Per rispondere al quesito ritengo comunque opportuno partire da una considerazione. Il testo vigente del primo comma risulta da una modifica introdotta dal D.L.vo 389/97 sul testo originario ed è diviso in due parti o, meglio, in due divieti di miscelazione: 1) categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all’allegato G; 2) rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.

Si noti in particolare che, nonostante l’infelice testo decreto di modifica (che aveva portato alcuni commentatori ad aggiungere l’inciso «di cui all’allegato G» anche nella seconda parte del comma ) i termini categorie e «di cui all’allegato G» compaiono solo nella prima parte.

Ciò significa innanzitutto che per ciò che concerne i rifiuti pericolosi – come abbiano visto più sopra – il divieto di miscelazione vale solo per categorie diverse.

Ma il richiamo all’allegato G nella seconda parte scompare, così come il termine categorie.

Sembra dunque che qualunque tipo di rifiuto pericoloso non possa essere miscelato con qualunque tipo di rifiuto non pericoloso, e quindi anche all’interno della stessa categoria dell’allegato G.

Ma ciò potrebbe non avere senso, anche nello spirito del “decreto Ronchi”, specialmente perché questa miscelazione potrebbe rendere più sicuro ed efficace il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. Ma allora in questo caso soccorre il secondo comma dell’art. 9 che, appunto, ammette che “In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi dell’articolo 28 qualora siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 2, comma 2, ed al fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti”.

Riterrei pertanto opportuno richiedere, anche in caso di miscelazione di rifiuti non pericolosi con rifiuti pericolosi appartenenti alla medesima categoria dell’allegato G, apposita autorizzazione ex art. 28 per non incorrere nelle sanzioni di cui all’art. 51, comma 5 (arresto da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 5 a 50 milioni) e di cui all’art. 9, c. 3 (“Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 51, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all’articolo 2, comma 2”).

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