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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Come è cambiata la raccolta dei rifiuti negli ultimi anni? Quali sono le nuove sfide normative per raggiungere la neutralità climatica? A cosa occorre prestare attenzione per prevenire incidenti e situazioni dolose? Attraverso la lettura di alcune tra le più autorevoli fonti nazionali di informazione sarà possibile utilizzare i dati forniti per maturare le proprie convinzioni sull’opportunità di abbracciare il concetto di economia circolare come nuovo paradigma di questo periodo storico se vogliamo vincere la sfida per migliorare il clima e l’ambiente.
La produzione nazionale di rifiuti urbani in Italia nel 2019 supera i 30 milioni di tonnellate (-0,3% sull’anno precedente) allineandosi al valore del 2018 e del 2016. Si registra il disaccoppiamento, seppure lieve, tra il PIL e la produzione dei rifiuti. A fronte, infatti, di una crescita del primo, la produzione di rifiuti è calata, a differenza di ciò che avveniva in passato, quando, contestualmente alla ripresa economica, si osservava un aumento della produzione dei rifiuti.
L’altro dato positivo è l’aumento della raccolta differenziata che riguarda tutta la penisola, addirittura con percentuali di incremento maggiore al Sud e al Centro. Il dato nazionale si attesta al 61,3%, una soglia incoraggiante e significativa. Per quanto riguarda il riciclo e il recupero, l’Italia è tra i leader in Europa, non solo per la quantità di rifiuti riciclati ma anche per il tasso di riutilizzo all’interno delle filiere produttive. Con riferimento alle singole frazioni dei rifiuti di imballaggio (carta, vetro, organico, legno), fatta eccezione per la plastica, abbiamo già superato gli obiettivi europei previsti al 2025.
Sul fronte dello smaltimento le note sono meno positive, poiché ad oggi conferiamo ancora in discarica il 21% dei rifiuti prodotti, una quota che va dimezzata entro il 2035. Allo stesso modo c’è da intervenire sulla frazione organica, che ad oggi rappresenta la metà dei rifiuti urbani su scala nazionale. Da questo punto di vista c’è da intervenire sia sull’impiantistica che sulla qualità della raccolta, poiché se l’obiettivo è quello di trarre valore da questa frazione allora il rifiuto che giunge all’impianto deve essere il più possibile “pulito” per evitare ulteriore scarto al momento della lavorazione.
A questi dati si affiancano importanti riforme che recepiscono 4 Direttive europee cui il nostro Paese è chiamato a rispettare e che riguardano la produzione di imballaggi, la plastica, l’utilizzo delle discariche, il rapporto con il sistema tariffario e ancora la gestione di veicoli fuori uso, pile, accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche.
Vi sono poi aspetti legati al rispetto delle regole, agli illeciti e alla malavita che ha capito come l’enorme quantità di denaro legata alla Green Economy sia un’opportunità interessante al pari del contrabbando di armi da guerra o della droga. Saranno illustrati alcuni lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) che opera con i principali soggetti interessati tra cui ISPRA ed SNPA.
Oggi cresce la consapevolezza che i rifiuti facciano parte di un sistema circolare molto più ampio in cui, nonostante il comune pensiero talvolta critico e l’inefficienza dei sistemi di raccolta e repressione degli illeciti, l’Italia è all’avanguardia in Europa. L’economia circolare è la chiave di volta per attivare le procedure che potranno portare alla neutralità climatica auspicata dai recenti patti europei e mondiali. In questo contesto è utile fare un focus sullo stato attuale della capacità del Paese di mettere in pratica le BAT (Best Available Technology) per la gestione di importanti rifiuti come i RAEE, gli Imballaggi e di conseguenza la Plastica.
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti urbani
La produzione di rifiuti urbani fa registrare il superamento di 500 Kg di rifiuti medi pro capite prodotti con alcune differenze tra nord centro e sud ed un picco medio regionale per l’Emilia Romagna pari a 663 Kg per abitante.
Negli ultimi 10 anni si stima che la composizione dei rifiuti urbani veda al primo posto la frazione organica seguita da carta e plastica.
Figura 1: composizione media dei rifiuti urbani. Fonte: ISPRA
La gestione dei rifiuti urbani vede al primo posto interessati gli impianti di recupero materia per quasi un terzo del volume totale, seguiti dagli impianti di trattamento biologico della frazione organica proveniente da raccolta differenziata (21%) e, purtroppo, dal conferimento in discarica (21%). Al 18% si attesta il ricorso all’incenerimento ed in misura minore nell’ordine di alcune unità percentuali, si trovano le altre opzioni di gestione.
La raccolta differenziata aumenta nel 2019 del 3,1% raggiungendo al nord quasi il 70% mentre al sud supera per la prima volta il 50%. Dal 2008, anno in cui erano differenziate 9,9 tonnellate di rifiuti urbani, si è giunti a 18,5 milioni di tonnellate.
La plastica raccolta nella differenziata rappresenta l’8,3% con 1,5 milioni di tonnellate e registra un incremento su base annua del 12,2%. Questa quantità è costituita al 94% da imballaggi.
Figura 2: raccolta differenziata per frazione merceologica nel 2019. Fonte: ISPRA
Il riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 53,3% e riguarda le frazioni di carta, organico, vetro, metallo, plastica e legno.
Figura 3: composizione merceologica dei rifiuti riciclati nel 2019. Fonte: ISPRA
L’attuale target per il riciclaggio dei rifiuti da raggiungere è pari al 50% in peso per il 2020 e ulteriori novità in materia di rifiuti a livello europeo hanno introdotto importanti obiettivi che porteranno nel 2035 a raggiungere il 65% per la preparazione al riutilizzo e riciclaggio.
Un’indagine condotta da ISPRA insieme a PLASTIC EUROPE e COREPLA ha evidenziato come ci sia ancora una importante quota di plastica che finisce nella frazione indifferenziata, pari a circa il 15%. Questo importante risultato è stato ottenuto mediante l’analisi delle fonti di produzione di rifiuti plastici, le quantità immesse sul mercato e il campionamento di rifiuti presso impianti di gestione rifiuti che hanno analizzato i materiali provenienti da appositi carotaggi.
La responsabilità non è da imputare ai cittadini ma ad un insieme di inefficienze che riguardano sia il sistema di raccolta urbano che altri fattori di cui il comportamento dell’utente ne è solo una parziale variabile in gioco. (ISPRA, 2020)
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti speciali
La produzione di rifiuti speciali secondo l’ultimo rapporto di ISPRA si attesta nel 2018 a 143,5 milioni di tonnellate, distribuite in moto eterogeneo nel Paese al punto che il Nord raccoglie 84,9 milioni di tonnellate pari a quasi il 60% del totale a causa della distribuzione molto disomogenea degli impianti di trattamento in Italia.
Il 93% dei rifiuti speciali prodotti non è pericoloso. I rifiuti speciali sono prodotti in gran parte, oltre il 42% dal settore delle costruzioni e per oltre un quarto dagli impianti di trattamento rifiuti e attività di risanamento.
In Italia sono gestiti 152,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Il numero è incrementato poiché considera anche la quota di rifiuti speciali importati dall’estero e derivanti dalla raccolta dei rifiuti urbani. Il bilancio import/export vede importare quasi il doppio dei rifiuti esportati. La gestione avvia oltre il 67% in impianti di recupero di materia mentre poco più del 2% viene incenerito e meno dell’8% è conferito in discarica. Questi numeri rappresentano un’eccellenza a livello europeo, di cui si tratterà nelle successive sezioni di questa pubblicazione. (ISPRA, 2020)
Le novità normative per imballaggi e plastica
Il Decreto 116/2020 denominato anche “pacchetto economia circolare” affronta molti temi, alcuni dei quali saranno illustrati negli altri paragrafi. Ci soffermiamo in questo paragrafo su quello che viene recepito per rifiuti e imballaggi in coerenza rispettivamente, con le Direttive 2018/851/UE e 2018/852/UE. Si prevede un sistematico recupero e riutilizzo per gli imballaggi che dovranno contenere etichette e informazioni per i consumatori volte a descrivere la loro provenienza da ciclo produttivo e la migliore gestione al termine del proprio utilizzo. Alcuni dovranno anche riportare il contenuto di materiale proveniente da operazioni di riciclaggio. E’ auspicabile che siano riattivati i circuiti dei cosiddetti “vuoti a rendere” e modificati anche i costi sostenuti dai produttori che attualmente pagano ai consorzi delle quote proporzionali alla quantità immessa sul mercato di alcune tipologie di prodotti. Sono anche definiti ufficialmente gli imballaggi costituiti da più materiali come ad esempio carta e plastica, i cosiddetti imballaggi compositi.
Come accennato nel precedente paragrafo, vengono introdotti nuovi obiettivi di riciclaggio e di conseguenza variano anche alcune metodologie di calcolo. Senza entrare nei particolari, sarà possibile individuare la quantità di rifiuti da imballaggi prodotta attraverso l’utilizzo della quota di materiali immessa sul mercato (Placed On Market, POM). Analogamente, il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati sarà calcolato come peso degli imballaggi diventati rifiuti e poi immessi nell’operazione di riciclaggio al fine di ottenere prodotti, materiali o sostanze e non basterà il semplice avvio al pretrattamento di queste quantità.
Per i rifiuti di imballaggi biodegradabili, varrà il principio che solo nei casi in cui il trattamento produca compost o digestato o altro prodotto che comporti benefici per l’agricoltura o un miglioramento ecologico, potrà essere computato nel novero delle quantità riciclate.
Di conseguenza, non potranno essere conteggiati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio i volumi di rifiuti smaltiti in discarica, usati per operazioni di riempimento o inceneriti. I metalli riciclati dopo l’incenerimento, attraverso il recupero delle ceneri, derivanti da rifiuti di imballaggio potranno essere considerati previo il rispetto di precisi standard qualitativi indicati nella Decisione di Esecuzione UE/2019/665 del 17 aprile 2019.
La direttiva UE 2019/904 ribattezzata Direttiva SUP (Single Plastic Use) pone l’attenzione all’utilizzo delle plastiche monouso, alle attrezzature per la pesca e alle microplastiche contenute nei prodotti commerciali. In Italia dovrà essere recepita entro il 3 Luglio 2021 e prevede divieti e limitazioni per alcuni prodotti in plastica monouso come posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, tra i più diffusi. Inoltre le bottiglie fino a 3 litri in plastica potranno essere immesse sul mercato solo se i relativi tappi e coperchi resteranno attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto. Si prevede inoltre che dal 2030 queste bottiglie dovranno essere tutte composte per almeno il 30% da plastica riciclata e il loro riciclo dovrà raggiungere nel 2039 il 90%.
Al momento attuale la legge 145/2018 ha introdotto l’Art. 226 quater nel Decreto Legislativo 152/2006 che prevede in base volontaria e sperimentale l’introduzione di modelli di raccolta differenziata che possano agevolare il ciclo produttivo delle stoviglie in plastica e la reintroduzione di materie prime secondarie. Inoltre si prevede l’utilizzo di biopolimeri massivo entro il 31/12/2023 come alternativa alle plastiche da fonte fossile nella produzione di stoviglie monouso.
Raccolta urbana tra riforme tariffarie e un necessario efficientamento
Con la nuova disciplina sui rifiuti urbani il servizio pubblico può fare un salto di qualità collocandosi in una logica di sana concorrenza con il servizio privato rendendosi necessariamente efficiente e vantaggioso. Mentre da un lato gli enti locali chiedono un intervento per modificare le nuove norme che hanno recepito le Direttive europee, che rischiano di vedere aumentare i costi per i cittadini, si assiste ad un cambio di paradigma che appunto apre ad una sana concorrenza forse però calata dall’alto e senza preavviso considerando che le società del settore avevano fornito le proprie proposte e basato i propri bilanci in un contesto totalmente differente da quello che si sta delineando, non potendo prevedere questi cambiamenti radicali introdotti dal D.Lgs 116/2020.
Il provvedimento, ha infatti recepito la nuova direttiva quadro europea sui rifiuti ridefinendo dallo scorso gennaio il perimetro dei rifiuti urbani e degli speciali, facendo venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione per qualità e quantità e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani, ottenendo riduzioni della tariffa rifiuti per le quantità che dimostrino di aver avviato a recupero. I vantaggi di un mercato libero e concorrenziale, sono in parte osteggiati però dalle osservazioni formulate dall’antitrust, che in una relazione ha censurato proprio diversi passaggi del decreto legislativo 116. (Palumbo, 2021)
Tra illeciti ed economia circolare: il lavoro della Commissione “ecomafie”
Nel 2020 dai controlli di prevenzione compiuti dall’ISPRA su impianti che effettuano attività di stoccaggio e messa in riserva, trattamento dei veicoli fuori uso e trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è emerso che meno della metà degli impianti operano in totale conformità con la normativa, per via di numerose irregolarità amministrative e penali. Questo è stato anche riportato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) dopo l’audizione dei rappresentanti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). L’ISPRA ha comunicato che sono emerse irregolarità sia amministrative, relative per esempio alla non corretta tenuta dei registri di carico e scarico, sia penali, connesse in particolare alla non corretta tenuta delle aree di stoccaggio. Sono stati programmati 350 controlli annuali aggiuntivi in impianti a che presentano maggiori criticità.
Nel 2020 il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), di cui fanno parte ISPRA e le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA) è intervenuto in 47 casi di incendi nel settore rifiuti, concentrati in particolare in Lombardia, Veneto, Campania, Emilia Romagna, Calabria e Umbria. Inoltre ISPRA sta intensificando la collaborazione con le forze di polizia per razionalizzare i controlli: il processo di transizione ecologica e l’apertura di nuovi impianti nel settore dell’economia circolare renderà necessari infatti nuovi pareri e controlli, per i quali SNPA dovrà essere dotato di risorse adeguate e la necessaria emanazione di Decreti volti a uniformare i livelli essenziali delle prestazioni ambientali, i cosiddetti LEPTA. (ANSA, 2021)
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) svolge un importante ruolo di monitoraggio di tali illeciti attraverso anche audizioni e atti parlamentari. Spesso ha relazionato in tema di incidenti dolosi negli impianti di trattamento rifiuti, episodi dolosi riguardanti la contaminazione ambientale e la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico. La Commissione Ecomafie, che indaga su fenomeni diffusi su tutto il territorio nazionale o che si verificano nei più diversi contesti territoriali, ha una naturale vocazione alla presenza, con missioni di proprie delegazioni nei luoghi dove i fenomeni si manifestano. Nel corso del 2020 sono stati acquisiti 740 documenti, di cui sette riservati e 13 segreti, per un totale di 69.403 pagine. Sopralluoghi a numerosi depuratori non funzionanti della Sicilia, alle miniere di mercurio esaurite ma non adeguatamente bonificate del monte Amiata in Toscana, e all’unico impianto che oggi in Italia produce Pfas, in Piemonte sono alcune delle attività di campo condotte dalla Commissione Ecomafie.
Per quanto riguarda incendi in depositi e impianti di gestione dei rifiuti tra gennaio 2018 e aprile 2021 sono stati registrati 2.984 interventi sul territorio nazionale dei Vigili del Fuoco, localizzati soprattutto in Lombardia (650), Campania (509), Puglia (233), Piemonte (226), Lazio (204), Sicilia (196), Calabria (176). Per attuare la dovuta prevenzione degli incendi in depositi e impianti di gestione dei rifiuti si è predisposto lo schema di una nuova regola tecnica, per offrire ai gestori specifiche e mirate disposizioni da adottare per prevenire eventi incendiari. Si è inoltre proceduto a una ricatalogazione delle attività soggette a controlli dei Vigili del fuoco sulla prevenzione incendi, inserendo anche gli impianti di trattamento rifiuti. L’articolo 26 bis del decreto legge 113/2018, prevede l’obbligo per i gestori di impianti di trattamento di rifiuti di predisporre piani di emergenza interna e il compito per le Prefetture, d’intesa con le Regioni e gli altri enti interessati sul territorio, di elaborare piani di emergenza esterna, secondo le indicazioni fornite dai gestori e in base a linee guida in corso di adozione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri. Purtroppo la piena attuazione dell’articolo 26-bis sarà impegnativa, considerando il consistente numero di impianti presenti sul territorio: a titolo di esempio, gli impianti interessati dai piani di emergenza sono 952 in Emilia Romagna, 591 in Campania e 450 in sole 3 provincie del Veneto. È stato avviato un confronto con ISPRA e Protezione Civile sulla possibilità di condividere banche dati, al fine di migliorare la risposta delle diverse istituzioni in caso di incendi.
Nel 2020 il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) è intervenuto in 47 casi, concentrati in particolare in Lombardia, Veneto, Campania, Emilia Romagna, Calabria e Umbria. ISPRA ha inoltre fornito dati sui controlli effettuati negli impianti che svolgono operazioni di “end of waste”: in questo caso, secondo quanto riferito, i controlli hanno interessato la metà degli impianti per i quali le autorità competenti hanno comunicato a ISPRA le autorizzazioni, rilevando in linea di massima il rispetto delle normative nel processo di trattamento per la cessazione della qualifica di rifiuto, con alcune criticità connesse ad aspetti non chiariti dalle autorizzazioni. Più in generale, secondo i dati riferiti, nel 2019 SNPA ha effettuato 1.883 ispezioni di impianti operanti in regime di autorizzazione integrata ambientale (AIA), controllando un terzo degli impianti (complessivamente sono 6.384). Sono state inoltre effettuate 147 ispezioni in impianti a rischio di incidente rilevante, controllando anche in questo caso circa un terzo degli stabilimenti attivi (497). Sono state inoltre effettuate ispezioni straordinarie: tre in impianti in AIA, otto in impianti a rischio di incidente rilevante, 389 in impianti di trattamento rifiuti operanti in regime di autorizzazione semplificata o regionale. ISPRA prevede di integrare i parametri ambientali con altri di carattere gestionale e legato ai titolari degli impianti. In tale ottica ISPRA sta anche intensificando la collaborazione con le forze di polizia per razionalizzare i controlli. Sicuramente il processo di transizione ecologica e l’apertura di nuovi impianti nel settore dell’economia circolare renderà necessari nuovi pareri e controlli, per i quali SNPA dovrà essere dotato di risorse adeguate. Ad oggi la maggior parte degli impianti si trova concentrato al nord e per il futuro è necessario che lo sviluppo sia capillare ed omogeneo, così anche come i controlli.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) ha anche approvato la relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse. La Commissione ha acquisito elementi da gran parte dei principali soggetti competenti in materia di gestione di rifiuti radioattivi ed esaminato i provvedimenti in materia, compreso il Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, il D.Lgs 101/2020 e gli atti relativi alla CNAPI (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico). Si tratta di atti attesi da tempo, che hanno posto le premesse per un quadro complessivo più chiaro, per avviare attività rilevanti e colmare alcune lacune sulla specifica materia.
La Commissione ha preso in esame criticità e fattori di preoccupazione connessi sia al decommissioning, sia alla gestione di materiali e rifiuti radioattivi derivanti da differenti attività. Nello specifico, la questione del Deposito nazionale per lo stoccaggio temporaneo del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi a media e ad alta attività, nonché lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, sono state approfondite assieme alle rilevanti difficoltà connesse ai ritardi nella realizzazione del deposito stesso. Si sono inoltre esaminate le condizioni in cui operano, e con quale livello di efficienza, i diversi attori istituzionali in gioco, sia gli enti di controllo quali ISIN, per il quale appare quanto mai necessario un aumento delle risorse, sia la società di Stato responsabile del decommissioning SOGIN, le cui pianificazioni hanno visto negli anni considerevoli aumenti di tempi e di costi, a carico della collettività, principalmente attraverso gli oneri di sistema delle bollette elettriche. Il lavoro ha anche approfondito il quadro normativo e di governo, mettendo in luce le diverse criticità, sia in termini di decreti attuativi mancanti (tra questi anche il decreto interministeriale per l’entrata in vigore delle Convenzioni internazionali sulla responsabilità civile nucleare), sia rispetto al recepimento della direttiva europea 2013/59 con il d.lgs. 101/2020, che introduce rilevanti modifiche e risolve importanti situazioni, ma contiene ancora errori, introduce talune incertezze operative, rinvia a numerosi decreti applicativi. La Commissione ha inoltre approfondito le criticità della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli derivanti dal decommissioning delle centrali nucleari e dalle sorgenti orfane, anche attraverso l’analisi del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, pubblicato nel 2019 con alcuni anni di ritardo. Il lavoro di indagine ha inoltre interessato i siti ove erano presenti nel recente passato, e in taluni casi sono ancora presenti, alcune criticità per diverse motivazioni: l’impianto di cementificazione rifiuti liquidi CEMEX di Saluggia, il deposito Avogadro e il deposito Liva Nova Site Management di Saluggia, il sito ITREC di Rotondella e il deposito CEMERAD.
Le priorità oggi in materia di nucleare costituiscono quindi un impegno a cui l’Italia non può sottrarsi. A fine 2020 inoltre è stata pubblicata la CNAPI e sono arrivate importanti novità normative. I costi e i tempi del decommissioning – attualmente 7,9 miliardi di euro con fine dello smantellamento nel 2035 – rischiano però di aumentare se non si risolvono i problemi evidenziati dalla Commissione e non si procede celermente nell’iter di realizzazione del Deposito nazionale. Il Deposito porta posti di lavoro pari a 4.000 all’anno per la costruzione e 1.000 per la gestione, investimenti per 900 milioni di euro e soprattutto maggiore sicurezza.
Riguardo alle discariche considerando i segnali critici percepiti nell’ambito di più attività ed i forti dubbi circa la reale efficacia della normativa in materia di garanzie finanziarie degli impianti di smaltimento di rifiuti, non in grado di garantire che l’ente pubblico di riferimento (Regione o Provincia territorialmente competenti) sia sempre ristorato nel caso di eventuali ripercussioni negative sull’ambiente causate dall’esercizio di una discarica o da inadempienze o fallimento del gestore hanno spinto la Commissione a svolgere un’inchiesta a riguardo. Secondo quanto previsto dalla normativa in materia, il rilascio e la validità dell’autorizzazione per la gestione di una discarica sono subordinati all’attivazione, da parte del gestore del sito, di garanzie finanziarie a copertura delle fasi operativa e post operativa, sotto forma di polizza assicurativa (forma attualmente preponderante), fideiussione bancaria o cauzione. Tra le fattispecie di illecito più comuni individuate figurano le false polizze assicurative, l’abusivismo e l’insolvenza dei soggetti garanti. Tali prassi illegali sono anche suscettibili di trarre facilmente in errore le amministrazioni pubbliche destinatarie delle garanzie e possono avere riflessi in termini di danno erariale. Dalle documentazioni pervenute è possibile evidenziare una serie di anomalie. Tra di esse, a destare maggiori perplessità è la totale mancanza di garanzie finanziarie relative alla gestione di alcuni impianti. Con una certa frequenza si rileva anche che il ricorso alle garanzie finanziarie riguarda soltanto la gestione operativa, mentre quella post operativa non risulta coperta da alcuna garanzia, oppure da garanzia di soli cinque anni rinnovabile, contro i trenta previsti dalla legge. L’analisi della Commissione ha inoltre confermato l’uso preponderante delle polizze assicurative: esse sono emesse prevalentemente da compagnie d’assicurazione di diritto italiano, con una significativa quota di quelle con sede in Paesi dell’Unione europea ed extra UE. Sul fronte della funzione di protezione finanziaria che le garanzie devono assicurare, è stata finora rilevata la limitatissima escussione degli importi garantiti. In alcuni casi è emersa l’impossibilità dell’ente a procedere per l’intervenuto fallimento del soggetto gestore dell’impianto.
In questo contesto è necessario un adeguamento delle norme statali che tenga conto di tre capisaldi: la competenza statale in materia, riconosciuta dalla Corte Costituzionale; la necessità di coerenza con le norme sovranazionali sulle discariche e il loro recente recepimento; il riconoscimento di una ineffettività dell’istituto così come attualmente disciplinato.
Dovrebbe essere riconosciuto e costruito un ruolo del Sistema nazionale di protezione ambientale SNPA come auspicato dalla Commissione stessa, considerata l’inscindibile relazione tra aspetti tecnici e aspetti economico-finanziari dell’istituto delle garanzie in questo settore. I fenomeni illeciti o elusivi necessitano di un contrasto basato innanzitutto sulla circolazione delle conoscenze a proposito dei soggetti che operano nel settore, mediante un coordinamento tra banche dati (a livello nazionale ed europeo), un monitoraggio da parte di enti esponenziali di categoria e istituzioni pubbliche, un superamento dei controlli meramente cartolari da parte delle pubbliche amministrazioni. (Vignaroli, 2021)
Approfondimento su Imballaggi e RAEE
Nel 2020 la filiera consortile registra un calo di imballaggi immessi sul mercato, vale a dire una diminuzione del 7% che in numeri corrisponde a un milione di tonnellate di packaging, ma anche un parallelo aumento dell’1% dell’avvio a riciclo, che dal 70% passa al 71%, pari a 9 milioni di tonnellate. Considerate le profonde difficoltà causate dalla pandemia ancora in corso ed il rischio scongiurato di una crisi dei sistemi di raccolta rifiuti abbiamo assistito ad un grande risultato aiutato dall’aumento temporaneo dei limiti di stoccaggio degli impianti di trattamento per il riciclo. Infatti durante i mesi dell’esplosione dell’emergenza i ritiri dei rifiuti di imballaggio da raccolta urbana non si sono mai interrotti e anzi, hanno continuato a crescere. Un fenomeno chiaramente legato all’aumento degli acquisti di prodotti imballati nei comparti dell’alimentare, della detergenza e della farmaceutica. (Auriemma, Imballaggi, nel 2020 cala immesso al consumo e cresce il riciclo, 2021)
L’Italia conferma un trend positivo nella gestione di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) con un +6% rispetto all’anno precedente nonostante l’emergenza pandemica. Percentuale che in cifre si traduce in oltre 365mila tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche avviate a corretto smaltimento in Italia. I produttori di AEE, tramite i Sistemi Collettivi, hanno continuato a incrementare i finanziamenti che annualmente mettono a disposizione dei soggetti che si occupano della raccolta e che nel 2020 si sono concretizzati in oltre 22 milioni di euro, segnando un delta positivo superiore al 9% rispetto all’anno precedente, dedicati a premi di efficienza, fondo per lo sviluppo delle infrastrutture di raccolta e finanziamenti per la comunicazione locale e nazionale. Dati decisamente significativi se si considerano i problemi che gli operatori della filiera hanno dovuto affrontare, primo fra tutti l’inaccessibilità di molti centri di raccolta, oltre poi alle limitazioni nella mobilità durante i primi mesi del lockdown. Numerosi i progetti e le attività di comunicazione che dal 2018 procedono grazie al supporto e al coinvolgimento di produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche per tramite del Centro di Coordinamento Raee. Particolarmente significativa in tal senso la nuova campagna Raee Generation, volta a creare un ponte verso le nuove generazioni, principali consumatrici di prodotti elettronici. A queste attività di sensibilizzazione, si aggiungono gli Accordi di Programma che vedono coinvolti, insieme al Centro di Coordinamento RAEE, i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, i Comuni, i gestori della raccolta dei rifiuti e i distributori. Attività, dunque, di fondamentale importante che potrebbero diventare nulle senza una forte attività di contrasto alla dispersione e al commercio illegale dei Raee.
In tutto il Paese, quindi, è stato registrato nel 2020 un andamento positivo della raccolta di Raee, con alcune peculiarità tra le diverse aree geografiche. Al Nord e al Centro, infatti, sono aumentati i quantitativi rispetto al 2019, ma è al Sud che si registra la crescita più significativa, a dimostrazione di una cultura dei Raee sempre più diffusa nel meridione. Analoga la situazione della raccolta pro capite, in crescita in tutto il Paese, ma in maniera più sostenuta al Sud.
La strada per raggiungere la raccolta pro capite di quasi 11 kg fissata dall’Unione Europea è ancora molto lunga e per nulla facile e devono essere perseguiti in questa direzione, lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi, in grado di rispondere alle mutate richieste del mercato e della società, e di mettere in campo azioni e risorse concrete con una costante e operosa collaborazione tra tutti gli attori della filiera e le istituzioni. (Auriemma, Raee nel 2020 raccolte oltre 365mila tonnellate, 2021)
L’economia circolare
Il termine economia circolare indica a livello internazionale un modello economico nel quale i residui derivanti dalle attività di produzione e consumo sono reintegrati nel ciclo produttivo secondo una logica di piena rigenerazione delle risorse al fine di ridurre l’impatto umano sull’ambiente. Per realizzare la “chiusura del ciclo” tale modello prevede una rivisitazione delle fasi dell’attività economica agendo:
Sul reperimento delle risorse necessarie alla produzione di beni, per aumentare la produttività degli input;
Sulla produzione di beni per ridurre sprechi e garantire già a livello di progettazione caratteristiche che ne permettano maggiore durevolezza e massima riutilizzabilità e riciclabilità;
Sulla gestione dei rifiuti che esitano dalle suddette attività per garantire che attraverso il recupero siano reintrodotti nel sistema tutti i residui che hanno ancora un margine di utilità, rendendo la discarica un’opzione ancor più remota.
Al fine di attuare tale modello economico, l’Unione Europea ha definito un pacchetto di direttive che modificano le principali norme comunitarie in materia di rifiuti. La Direttiva 2018/849/UE interviene in materia di veicoli fuori uso, pile accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche. La Direttiva 2018/850/UE interviene in materia di discariche. La Direttiva 2018/851/UE modifica la normativa quadro sui rifiuti. La Direttiva 2018/852/UE interviene sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi.
Ulteriori novità normative in tema di circolarità delle risorse e in tema di rifiuti sono previste sulla base degli ultimi piani verdi economici europei e nazionali meglio noti come Recovery Fund – Next Generation EU e PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. (Gragani, 2021)
L’Italia ed il contesto europeo dell’economia circolare
Non ci può essere transizione ecologica senza economia circolare. E le possibilità di evitare una catastrofe climatica, onorando gli impegni al 2050 assunti al vertice Onu di Parigi del 2015, sono legate al rilancio dell’economia circolare da cui dipende il 39% dei tagli di CO2. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre, a livello globale, raddoppiare l’attuale tasso di circolarità delle merci passando dall’8,6% al 17%. È una sfida che vede l’Italia in prima linea: il nostro Paese per il terzo anno consecutivo è in testa nel confronto sulla circolarità tra le cinque principali economie dell’Unione europea (Germania, Francia, Italia, Spagna e la Polonia, che con l’uscita del Regno Unito dall’UE risulta la 5° economia).
Per questi 5 Paesi sono stati analizzati i risultati raggiunti nelle aree della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti, degli investimenti e dell’occupazione nel riciclo, nella riparazione, nel riutilizzo. Sommando i punteggi di ogni settore, si ottiene un indice di performance sull’economia circolare che nel 2021 conferma la prima posizione dell’Italia con 79 punti, seguita dalla Francia con 68, dalla Germania e Spagna con 65 e dalla Polonia con 54. (Battaglia, 2021)
L’Economia Circolare riveste certamente un ruolo fondamentale nel percorso verso sistemi produttivi e territori, a partire dalle città, più sostenibili, ma anche nel raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica: oltre il 45% delle emissioni sono associate all’utilizzo dei prodotti e alla gestione del territorio in tutte le sue componenti e la transizione circolare può portare all’abbattimento fino a circa il 40% del totale delle emissioni globali. È necessario però da una parte essere più ambiziosi nella parte dedicata alla transizione circolare del PNRR, proprio in quanto occasione unica e imperdibile, e dall’altra mettere in campo da subito tutti gli strumenti necessari, tecnologici, regolatori, finanziari e soprattutto di governance a partire dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare.
I potenziali di rilancio della competitività, degli investimenti e dell’occupazione, verso un’economia circolare sono elevati e colmare i gap di circolarità della nostra economia consentirebbe di realizzare tagli impegnativi alle emissioni di gas serra per rendere sostenibile la pressione sulle risorse naturali.
In un mondo con 7,8 miliardi di persone con risorse limitate, colpito dalla crisi climatica, è necessario recuperare i gap di circolarità dell’economia perseguendo 4 direttrici strategiche:
La riduzione dell’utilizzo delle risorse, di materiali e di energia riducendo i rifiuti e gli scarti e promuovendo le simbiosi industriali, il servizio condiviso e l’eliminazione degli sprechi e consumi più sostenibili abbinati ad un benessere più sobrio;
Il prolungamento dell’utilizzo delle risorse contrastando l’obsolescenza programmata, promuovendo la progettazione di prodotti che durino a lungo, la rigenerazione, la riparabilità e il riutilizzo;
L’utilizzo di risorse rigenerative per assicurare una produzione sicura e di qualità degli alimenti, di materiali e di energia rinnovabili, tutelando il capitale naturale e i servizi ecosistemici;
il riutilizzo delle risorse con il riciclo di tutti i rifiuti, la riciclabilità di tutti i prodotti, una migliore e più estesa raccolta differenziata, lo sviluppo delle tecnologie di trattamento, l’aumento dell’impiego delle materie prime seconde in sostituzione di materie prime vergini.
Sono ormai molti gli studi che sottolineano la rilevanza del contributo dell’economia circolare all’abbattimento delle emissioni di gas serra: raddoppiando l’attuale tasso di circolarità, a livello globale si taglierebbero ben 22,8 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra; applicando i criteri di circolarità alla produzione e al consumo di 5 materiali (acciaio, alluminio, plastica, cemento e cibo), si quantifica un taglio del 45% delle loro emissioni di gas serra, per un totale di ben 9,3 miliardi di tonnellate di CO2equivalenti. La Commissione Europea, nel recente secondo Piano d’azione per l’economia circolare, sottolinea che senza un modello circolare di economia non sarà possibile raggiungere la neutralità climatica.
L’Italia, secondo i dati Eurostat, è al secondo posto per consumo interno dei materiali: 490 Mt preceduta dalla Spagna (410 Mt). La quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo complessivo di energia è pari al 18,16%, preceduta dalla Spagna (18,35%). Inoltre l’Italia è al primo posto per Riciclo dei rifiuti urbani e speciali: 68% contro 56% della Polonia, 54% della Francia, 53% della Germania e 46% della Spagna e si trova al secondo posto per Tasso di utilizzo circolare di materia: 19,3% preceduta dalla Francia (20,1%).
Inoltre l’Italia per l’elevato valore aggiunto del riciclo è al primo posto per Valore aggiunto generato dalla somma dei tre settori rispetto al PIL: 1,1% del PIL contro 1% della Spagna, Germania e Polonia e 0,9% della Francia. È in buona posizione per l’occupazione nel riciclo, ma è ultima per occupati nel settore della riparazione e riutilizzo: 13.178 occupati contro i 31.364 della Francia, 26.383 della Germania, 26.102 della Spagna e 14.815 della Polonia. Ed è inoltre in coda per investimenti e brevetti totali nei tre settori. Gli indicatori presi in considerazione per la valutazione delle performance sono: il numero di brevetti, l’occupazione nel riciclo, riparazione e riutilizzo, il valore aggiunto e gli investimenti.
Alcune azioni che potrebbero portare all’incremento dell’economia circolare potrebbero essere ricondotte all’introduzione di un passaporto elettronico dei prodotti con informazioni sulla composizione, la riparazione e il disassemblaggio. Inoltre la previsione di nuove norme e linee guida in materia di acquisti pubblici verdi avrebbe un benefico impatto nella pubblica amministrazione. L’introduzione di indicatori di circolarità relativi all’impronta dei materiali e dei consumi unita alla misurazione delle sinergie tra l’economia circolare e la mitigazione dei cambiamenti climatici renderebbe più incisive le misure di riforma e più consistenti gli investimenti per l’economia circolare rafforzando gli strumenti del Piano «Transizione 4.0» in questa direzione. Il rafforzamento delle misure per lo sviluppo della bioeconomia circolare e rigenerativa per la produzione agroalimentare, di biomateriali, bioprodotti ed energia rinnovabile costituirebbe un importante passo in avanti in settori dove già il brand italiano è ai primi posti nel mondo. (Ronchi, 2021)
Nel percorso verso gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo, l’Italia conferma di essere un passo avanti agli altri. Ormai il green non è più solo un colore di tendenza, ma una vera e propria rivoluzione che investe molti settori, soprattutto quelli tecnologici. Secondo lo studio della Fondazione Symbola, infatti, “432.000 imprese hanno investito nel periodo 2015-2019 in prodotti e tecnologie green. Sono quelle che innovano di più, esportano di più, producono più posti di lavoro”, ma non finisce qui. Infatti, secondo una ricerca dell’Università di Oxford, “l’Italia è seconda al mondo nella capacità di esportare prodotti green tecnologicamente avanzati “, oltre che primo esportatore europeo di biciclette “con 1.779.300 bici vendute all’estero” e prima nella produzione mondiale di selle con il 53.9% del totale.
È proprio italiano il più grande operatore al mondo nel campo green, l’Enel, che anche per questo è la società elettrica privata più capitalizzata tra le borse europee. E in campo green neanche la pandemia ha potuto arrestare la potenza che il Paese detiene soprattutto nel settore dell’economia circolare. Si attesta in Italia, secondo il dossier di Fondazione Symbola, “la più alta percentuale di riciclo sulla totalità di rifiuti: il 79%, il doppio delle media europea”, con un risparmio di circa 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. È italiano anche il primato nel riciclo del legno-arredo con il 93% dei pannelli truciolari di legno riciclato. E anche in termini di agricoltura sostenibile l’Italia è un passo avanti con emissioni (30 milioni di tonnellate di CO2) nettamente inferiori a Francia (76 milioni) e Germania (66 milioni).
Questi fattori ci consentono di partire da una posizione migliore rispetto a molte altre nazioni. Ma basta solo questo? La risposta ovviamente è no. È un punto di partenza sulla scala dei problemi che noi abbiamo davanti e soprattutto sulla scala dei ritardi che ci hanno portato a raggiungere una certa consapevolezza delle questioni da affrontare. Affrontare con coraggio la crisi prodotta dalla pandemia da COVID19 e la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta, una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro. (Auriemma, Dall’economia circolare alla sostenibilità, 2021)
Piacenza, 09/07/2021
Bibliografia
ANSA. (2021, Aprile 7). Ecomafie, nel 2020 irregolarità in molti impianti di rifiuti. Tratto da ansa.it: https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/rifiuti_e_riciclo/2021/04/07/ecomafie-nel-2020-irregolarita-in-molti-impianti-di-rifiuti_5e5e40b6-93b0-4cb5-a2c0-ce9150cba81a.html?fbclid=IwAR0-X9fldFVWCG9fPV87ZxX7SBi6DFf9VALZ0ccC09-5bp9yDzPs-ZMenRg
Auriemma, R. (2021, aprile 8). Dall’economia circolare alla sostenibilità. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/dalleconomia-circolare-alla-sostenibilita-litalia-in-10-selfie-di-symbola_13119.html
Auriemma, R. (2021, Marzo 18). Imballaggi, nel 2020 cala immesso al consumo e cresce il riciclo. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/imballaggi/imballaggi-nel-2020-cala-immesso-al-consumo-e-cresce-la-differenziata_12778.html
Auriemma, R. (2021, marzo 26). Raee nel 2020 raccolte oltre 365mila tonnellate. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/raee-nel-2020-raccolte-oltre-365mila-tonnellate_12991.html
Battaglia, B. (2021). L’ECONOMIA CIRCOLARE PUO’ SALVARE IL CLIMA. Rapporto annuale economia circolare (p. 2). Roma: Ufficio Stampa Circular Economy Network.
Palumbo, L. (2021, Maggio 6). Rifiuti urbani – Il servizio pubblico diventi efficiente e vantaggioso. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/primopiano/rifiuti-urbani-cingolani-ad-anci-servizio-pubblico-diventi-efficiente-e-vantaggioso_13426.html?fbclid=IwAR2V2_TXYv2Wvx46eQS_N8w_r62RilTwHCtMs6noVuRvJgKYO6N6dbZzv6U
Ronchi, E. (2021). L’economia circolare come pilastro della transizione ecologicaa necessaria per la neutralità climatica e per la ripresa dell’Italia. 3^ conferenza nazionale sull’economia circolare (p. 26). Circular Economy Network.
Vignaroli, O. S. (2021). Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Tratto da Facebook – comunicati stampa Commissione Ecomafie: https://www.facebook.com/CommEcomafie/
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Innovazione e Rifiuti per l’Economia Circolare
di Andrea La Camera
Introduzione
Come è cambiata la raccolta dei rifiuti negli ultimi anni? Quali sono le nuove sfide normative per raggiungere la neutralità climatica? A cosa occorre prestare attenzione per prevenire incidenti e situazioni dolose? Attraverso la lettura di alcune tra le più autorevoli fonti nazionali di informazione sarà possibile utilizzare i dati forniti per maturare le proprie convinzioni sull’opportunità di abbracciare il concetto di economia circolare come nuovo paradigma di questo periodo storico se vogliamo vincere la sfida per migliorare il clima e l’ambiente.
La produzione nazionale di rifiuti urbani in Italia nel 2019 supera i 30 milioni di tonnellate (-0,3% sull’anno precedente) allineandosi al valore del 2018 e del 2016. Si registra il disaccoppiamento, seppure lieve, tra il PIL e la produzione dei rifiuti. A fronte, infatti, di una crescita del primo, la produzione di rifiuti è calata, a differenza di ciò che avveniva in passato, quando, contestualmente alla ripresa economica, si osservava un aumento della produzione dei rifiuti.
L’altro dato positivo è l’aumento della raccolta differenziata che riguarda tutta la penisola, addirittura con percentuali di incremento maggiore al Sud e al Centro. Il dato nazionale si attesta al 61,3%, una soglia incoraggiante e significativa. Per quanto riguarda il riciclo e il recupero, l’Italia è tra i leader in Europa, non solo per la quantità di rifiuti riciclati ma anche per il tasso di riutilizzo all’interno delle filiere produttive. Con riferimento alle singole frazioni dei rifiuti di imballaggio (carta, vetro, organico, legno), fatta eccezione per la plastica, abbiamo già superato gli obiettivi europei previsti al 2025.
Sul fronte dello smaltimento le note sono meno positive, poiché ad oggi conferiamo ancora in discarica il 21% dei rifiuti prodotti, una quota che va dimezzata entro il 2035. Allo stesso modo c’è da intervenire sulla frazione organica, che ad oggi rappresenta la metà dei rifiuti urbani su scala nazionale. Da questo punto di vista c’è da intervenire sia sull’impiantistica che sulla qualità della raccolta, poiché se l’obiettivo è quello di trarre valore da questa frazione allora il rifiuto che giunge all’impianto deve essere il più possibile “pulito” per evitare ulteriore scarto al momento della lavorazione.
A questi dati si affiancano importanti riforme che recepiscono 4 Direttive europee cui il nostro Paese è chiamato a rispettare e che riguardano la produzione di imballaggi, la plastica, l’utilizzo delle discariche, il rapporto con il sistema tariffario e ancora la gestione di veicoli fuori uso, pile, accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche.
Vi sono poi aspetti legati al rispetto delle regole, agli illeciti e alla malavita che ha capito come l’enorme quantità di denaro legata alla Green Economy sia un’opportunità interessante al pari del contrabbando di armi da guerra o della droga. Saranno illustrati alcuni lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) che opera con i principali soggetti interessati tra cui ISPRA ed SNPA.
Oggi cresce la consapevolezza che i rifiuti facciano parte di un sistema circolare molto più ampio in cui, nonostante il comune pensiero talvolta critico e l’inefficienza dei sistemi di raccolta e repressione degli illeciti, l’Italia è all’avanguardia in Europa. L’economia circolare è la chiave di volta per attivare le procedure che potranno portare alla neutralità climatica auspicata dai recenti patti europei e mondiali. In questo contesto è utile fare un focus sullo stato attuale della capacità del Paese di mettere in pratica le BAT (Best Available Technology) per la gestione di importanti rifiuti come i RAEE, gli Imballaggi e di conseguenza la Plastica.
Indice
Introduzione
Indice
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti urbani
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti speciali
Le novità normative per imballaggi e plastica
Raccolta urbana tra riforme tariffarie e un necessario efficientamento
Tra illeciti ed economia circolare: il lavoro della Commissione “ecomafie”
Approfondimento su Imballaggi e RAEE
L’economia circolare
L’Italia ed il contesto europeo dell’economia circolare
Bibliografia
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti urbani
La produzione di rifiuti urbani fa registrare il superamento di 500 Kg di rifiuti medi pro capite prodotti con alcune differenze tra nord centro e sud ed un picco medio regionale per l’Emilia Romagna pari a 663 Kg per abitante.
Negli ultimi 10 anni si stima che la composizione dei rifiuti urbani veda al primo posto la frazione organica seguita da carta e plastica.
Figura 1: composizione media dei rifiuti urbani. Fonte: ISPRA
La gestione dei rifiuti urbani vede al primo posto interessati gli impianti di recupero materia per quasi un terzo del volume totale, seguiti dagli impianti di trattamento biologico della frazione organica proveniente da raccolta differenziata (21%) e, purtroppo, dal conferimento in discarica (21%). Al 18% si attesta il ricorso all’incenerimento ed in misura minore nell’ordine di alcune unità percentuali, si trovano le altre opzioni di gestione.
La raccolta differenziata aumenta nel 2019 del 3,1% raggiungendo al nord quasi il 70% mentre al sud supera per la prima volta il 50%. Dal 2008, anno in cui erano differenziate 9,9 tonnellate di rifiuti urbani, si è giunti a 18,5 milioni di tonnellate.
La plastica raccolta nella differenziata rappresenta l’8,3% con 1,5 milioni di tonnellate e registra un incremento su base annua del 12,2%. Questa quantità è costituita al 94% da imballaggi.
Figura 2: raccolta differenziata per frazione merceologica nel 2019. Fonte: ISPRA
Il riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 53,3% e riguarda le frazioni di carta, organico, vetro, metallo, plastica e legno.
Figura 3: composizione merceologica dei rifiuti riciclati nel 2019. Fonte: ISPRA
L’attuale target per il riciclaggio dei rifiuti da raggiungere è pari al 50% in peso per il 2020 e ulteriori novità in materia di rifiuti a livello europeo hanno introdotto importanti obiettivi che porteranno nel 2035 a raggiungere il 65% per la preparazione al riutilizzo e riciclaggio.
Un’indagine condotta da ISPRA insieme a PLASTIC EUROPE e COREPLA ha evidenziato come ci sia ancora una importante quota di plastica che finisce nella frazione indifferenziata, pari a circa il 15%. Questo importante risultato è stato ottenuto mediante l’analisi delle fonti di produzione di rifiuti plastici, le quantità immesse sul mercato e il campionamento di rifiuti presso impianti di gestione rifiuti che hanno analizzato i materiali provenienti da appositi carotaggi.
La responsabilità non è da imputare ai cittadini ma ad un insieme di inefficienze che riguardano sia il sistema di raccolta urbano che altri fattori di cui il comportamento dell’utente ne è solo una parziale variabile in gioco. (ISPRA, 2020)
Produzione e gestione dei rifiuti in Italia – Rifiuti speciali
La produzione di rifiuti speciali secondo l’ultimo rapporto di ISPRA si attesta nel 2018 a 143,5 milioni di tonnellate, distribuite in moto eterogeneo nel Paese al punto che il Nord raccoglie 84,9 milioni di tonnellate pari a quasi il 60% del totale a causa della distribuzione molto disomogenea degli impianti di trattamento in Italia.
Il 93% dei rifiuti speciali prodotti non è pericoloso. I rifiuti speciali sono prodotti in gran parte, oltre il 42% dal settore delle costruzioni e per oltre un quarto dagli impianti di trattamento rifiuti e attività di risanamento.
In Italia sono gestiti 152,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Il numero è incrementato poiché considera anche la quota di rifiuti speciali importati dall’estero e derivanti dalla raccolta dei rifiuti urbani. Il bilancio import/export vede importare quasi il doppio dei rifiuti esportati. La gestione avvia oltre il 67% in impianti di recupero di materia mentre poco più del 2% viene incenerito e meno dell’8% è conferito in discarica. Questi numeri rappresentano un’eccellenza a livello europeo, di cui si tratterà nelle successive sezioni di questa pubblicazione. (ISPRA, 2020)
Le novità normative per imballaggi e plastica
Il Decreto 116/2020 denominato anche “pacchetto economia circolare” affronta molti temi, alcuni dei quali saranno illustrati negli altri paragrafi. Ci soffermiamo in questo paragrafo su quello che viene recepito per rifiuti e imballaggi in coerenza rispettivamente, con le Direttive 2018/851/UE e 2018/852/UE. Si prevede un sistematico recupero e riutilizzo per gli imballaggi che dovranno contenere etichette e informazioni per i consumatori volte a descrivere la loro provenienza da ciclo produttivo e la migliore gestione al termine del proprio utilizzo. Alcuni dovranno anche riportare il contenuto di materiale proveniente da operazioni di riciclaggio. E’ auspicabile che siano riattivati i circuiti dei cosiddetti “vuoti a rendere” e modificati anche i costi sostenuti dai produttori che attualmente pagano ai consorzi delle quote proporzionali alla quantità immessa sul mercato di alcune tipologie di prodotti. Sono anche definiti ufficialmente gli imballaggi costituiti da più materiali come ad esempio carta e plastica, i cosiddetti imballaggi compositi.
Come accennato nel precedente paragrafo, vengono introdotti nuovi obiettivi di riciclaggio e di conseguenza variano anche alcune metodologie di calcolo. Senza entrare nei particolari, sarà possibile individuare la quantità di rifiuti da imballaggi prodotta attraverso l’utilizzo della quota di materiali immessa sul mercato (Placed On Market, POM). Analogamente, il peso dei rifiuti di imballaggio riciclati sarà calcolato come peso degli imballaggi diventati rifiuti e poi immessi nell’operazione di riciclaggio al fine di ottenere prodotti, materiali o sostanze e non basterà il semplice avvio al pretrattamento di queste quantità.
Per i rifiuti di imballaggi biodegradabili, varrà il principio che solo nei casi in cui il trattamento produca compost o digestato o altro prodotto che comporti benefici per l’agricoltura o un miglioramento ecologico, potrà essere computato nel novero delle quantità riciclate.
Di conseguenza, non potranno essere conteggiati ai fini del conseguimento degli obiettivi di riciclaggio i volumi di rifiuti smaltiti in discarica, usati per operazioni di riempimento o inceneriti. I metalli riciclati dopo l’incenerimento, attraverso il recupero delle ceneri, derivanti da rifiuti di imballaggio potranno essere considerati previo il rispetto di precisi standard qualitativi indicati nella Decisione di Esecuzione UE/2019/665 del 17 aprile 2019.
La direttiva UE 2019/904 ribattezzata Direttiva SUP (Single Plastic Use) pone l’attenzione all’utilizzo delle plastiche monouso, alle attrezzature per la pesca e alle microplastiche contenute nei prodotti commerciali. In Italia dovrà essere recepita entro il 3 Luglio 2021 e prevede divieti e limitazioni per alcuni prodotti in plastica monouso come posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, tra i più diffusi. Inoltre le bottiglie fino a 3 litri in plastica potranno essere immesse sul mercato solo se i relativi tappi e coperchi resteranno attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto. Si prevede inoltre che dal 2030 queste bottiglie dovranno essere tutte composte per almeno il 30% da plastica riciclata e il loro riciclo dovrà raggiungere nel 2039 il 90%.
Al momento attuale la legge 145/2018 ha introdotto l’Art. 226 quater nel Decreto Legislativo 152/2006 che prevede in base volontaria e sperimentale l’introduzione di modelli di raccolta differenziata che possano agevolare il ciclo produttivo delle stoviglie in plastica e la reintroduzione di materie prime secondarie. Inoltre si prevede l’utilizzo di biopolimeri massivo entro il 31/12/2023 come alternativa alle plastiche da fonte fossile nella produzione di stoviglie monouso.
Raccolta urbana tra riforme tariffarie e un necessario efficientamento
Con la nuova disciplina sui rifiuti urbani il servizio pubblico può fare un salto di qualità collocandosi in una logica di sana concorrenza con il servizio privato rendendosi necessariamente efficiente e vantaggioso. Mentre da un lato gli enti locali chiedono un intervento per modificare le nuove norme che hanno recepito le Direttive europee, che rischiano di vedere aumentare i costi per i cittadini, si assiste ad un cambio di paradigma che appunto apre ad una sana concorrenza forse però calata dall’alto e senza preavviso considerando che le società del settore avevano fornito le proprie proposte e basato i propri bilanci in un contesto totalmente differente da quello che si sta delineando, non potendo prevedere questi cambiamenti radicali introdotti dal D.Lgs 116/2020.
Il provvedimento, ha infatti recepito la nuova direttiva quadro europea sui rifiuti ridefinendo dallo scorso gennaio il perimetro dei rifiuti urbani e degli speciali, facendo venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione per qualità e quantità e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani, ottenendo riduzioni della tariffa rifiuti per le quantità che dimostrino di aver avviato a recupero. I vantaggi di un mercato libero e concorrenziale, sono in parte osteggiati però dalle osservazioni formulate dall’antitrust, che in una relazione ha censurato proprio diversi passaggi del decreto legislativo 116. (Palumbo, 2021)
Tra illeciti ed economia circolare: il lavoro della Commissione “ecomafie”
Nel 2020 dai controlli di prevenzione compiuti dall’ISPRA su impianti che effettuano attività di stoccaggio e messa in riserva, trattamento dei veicoli fuori uso e trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è emerso che meno della metà degli impianti operano in totale conformità con la normativa, per via di numerose irregolarità amministrative e penali. Questo è stato anche riportato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) dopo l’audizione dei rappresentanti dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). L’ISPRA ha comunicato che sono emerse irregolarità sia amministrative, relative per esempio alla non corretta tenuta dei registri di carico e scarico, sia penali, connesse in particolare alla non corretta tenuta delle aree di stoccaggio. Sono stati programmati 350 controlli annuali aggiuntivi in impianti a che presentano maggiori criticità.
Nel 2020 il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), di cui fanno parte ISPRA e le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA) è intervenuto in 47 casi di incendi nel settore rifiuti, concentrati in particolare in Lombardia, Veneto, Campania, Emilia Romagna, Calabria e Umbria. Inoltre ISPRA sta intensificando la collaborazione con le forze di polizia per razionalizzare i controlli: il processo di transizione ecologica e l’apertura di nuovi impianti nel settore dell’economia circolare renderà necessari infatti nuovi pareri e controlli, per i quali SNPA dovrà essere dotato di risorse adeguate e la necessaria emanazione di Decreti volti a uniformare i livelli essenziali delle prestazioni ambientali, i cosiddetti LEPTA. (ANSA, 2021)
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) svolge un importante ruolo di monitoraggio di tali illeciti attraverso anche audizioni e atti parlamentari. Spesso ha relazionato in tema di incidenti dolosi negli impianti di trattamento rifiuti, episodi dolosi riguardanti la contaminazione ambientale e la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico. La Commissione Ecomafie, che indaga su fenomeni diffusi su tutto il territorio nazionale o che si verificano nei più diversi contesti territoriali, ha una naturale vocazione alla presenza, con missioni di proprie delegazioni nei luoghi dove i fenomeni si manifestano. Nel corso del 2020 sono stati acquisiti 740 documenti, di cui sette riservati e 13 segreti, per un totale di 69.403 pagine. Sopralluoghi a numerosi depuratori non funzionanti della Sicilia, alle miniere di mercurio esaurite ma non adeguatamente bonificate del monte Amiata in Toscana, e all’unico impianto che oggi in Italia produce Pfas, in Piemonte sono alcune delle attività di campo condotte dalla Commissione Ecomafie.
Per quanto riguarda incendi in depositi e impianti di gestione dei rifiuti tra gennaio 2018 e aprile 2021 sono stati registrati 2.984 interventi sul territorio nazionale dei Vigili del Fuoco, localizzati soprattutto in Lombardia (650), Campania (509), Puglia (233), Piemonte (226), Lazio (204), Sicilia (196), Calabria (176). Per attuare la dovuta prevenzione degli incendi in depositi e impianti di gestione dei rifiuti si è predisposto lo schema di una nuova regola tecnica, per offrire ai gestori specifiche e mirate disposizioni da adottare per prevenire eventi incendiari. Si è inoltre proceduto a una ricatalogazione delle attività soggette a controlli dei Vigili del fuoco sulla prevenzione incendi, inserendo anche gli impianti di trattamento rifiuti. L’articolo 26 bis del decreto legge 113/2018, prevede l’obbligo per i gestori di impianti di trattamento di rifiuti di predisporre piani di emergenza interna e il compito per le Prefetture, d’intesa con le Regioni e gli altri enti interessati sul territorio, di elaborare piani di emergenza esterna, secondo le indicazioni fornite dai gestori e in base a linee guida in corso di adozione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri. Purtroppo la piena attuazione dell’articolo 26-bis sarà impegnativa, considerando il consistente numero di impianti presenti sul territorio: a titolo di esempio, gli impianti interessati dai piani di emergenza sono 952 in Emilia Romagna, 591 in Campania e 450 in sole 3 provincie del Veneto. È stato avviato un confronto con ISPRA e Protezione Civile sulla possibilità di condividere banche dati, al fine di migliorare la risposta delle diverse istituzioni in caso di incendi.
Nel 2020 il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) è intervenuto in 47 casi, concentrati in particolare in Lombardia, Veneto, Campania, Emilia Romagna, Calabria e Umbria. ISPRA ha inoltre fornito dati sui controlli effettuati negli impianti che svolgono operazioni di “end of waste”: in questo caso, secondo quanto riferito, i controlli hanno interessato la metà degli impianti per i quali le autorità competenti hanno comunicato a ISPRA le autorizzazioni, rilevando in linea di massima il rispetto delle normative nel processo di trattamento per la cessazione della qualifica di rifiuto, con alcune criticità connesse ad aspetti non chiariti dalle autorizzazioni. Più in generale, secondo i dati riferiti, nel 2019 SNPA ha effettuato 1.883 ispezioni di impianti operanti in regime di autorizzazione integrata ambientale (AIA), controllando un terzo degli impianti (complessivamente sono 6.384). Sono state inoltre effettuate 147 ispezioni in impianti a rischio di incidente rilevante, controllando anche in questo caso circa un terzo degli stabilimenti attivi (497). Sono state inoltre effettuate ispezioni straordinarie: tre in impianti in AIA, otto in impianti a rischio di incidente rilevante, 389 in impianti di trattamento rifiuti operanti in regime di autorizzazione semplificata o regionale. ISPRA prevede di integrare i parametri ambientali con altri di carattere gestionale e legato ai titolari degli impianti. In tale ottica ISPRA sta anche intensificando la collaborazione con le forze di polizia per razionalizzare i controlli. Sicuramente il processo di transizione ecologica e l’apertura di nuovi impianti nel settore dell’economia circolare renderà necessari nuovi pareri e controlli, per i quali SNPA dovrà essere dotato di risorse adeguate. Ad oggi la maggior parte degli impianti si trova concentrato al nord e per il futuro è necessario che lo sviluppo sia capillare ed omogeneo, così anche come i controlli.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) ha anche approvato la relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse. La Commissione ha acquisito elementi da gran parte dei principali soggetti competenti in materia di gestione di rifiuti radioattivi ed esaminato i provvedimenti in materia, compreso il Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, il D.Lgs 101/2020 e gli atti relativi alla CNAPI (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico). Si tratta di atti attesi da tempo, che hanno posto le premesse per un quadro complessivo più chiaro, per avviare attività rilevanti e colmare alcune lacune sulla specifica materia.
La Commissione ha preso in esame criticità e fattori di preoccupazione connessi sia al decommissioning, sia alla gestione di materiali e rifiuti radioattivi derivanti da differenti attività. Nello specifico, la questione del Deposito nazionale per lo stoccaggio temporaneo del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi a media e ad alta attività, nonché lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, sono state approfondite assieme alle rilevanti difficoltà connesse ai ritardi nella realizzazione del deposito stesso. Si sono inoltre esaminate le condizioni in cui operano, e con quale livello di efficienza, i diversi attori istituzionali in gioco, sia gli enti di controllo quali ISIN, per il quale appare quanto mai necessario un aumento delle risorse, sia la società di Stato responsabile del decommissioning SOGIN, le cui pianificazioni hanno visto negli anni considerevoli aumenti di tempi e di costi, a carico della collettività, principalmente attraverso gli oneri di sistema delle bollette elettriche. Il lavoro ha anche approfondito il quadro normativo e di governo, mettendo in luce le diverse criticità, sia in termini di decreti attuativi mancanti (tra questi anche il decreto interministeriale per l’entrata in vigore delle Convenzioni internazionali sulla responsabilità civile nucleare), sia rispetto al recepimento della direttiva europea 2013/59 con il d.lgs. 101/2020, che introduce rilevanti modifiche e risolve importanti situazioni, ma contiene ancora errori, introduce talune incertezze operative, rinvia a numerosi decreti applicativi. La Commissione ha inoltre approfondito le criticità della gestione dei rifiuti radioattivi, compresi quelli derivanti dal decommissioning delle centrali nucleari e dalle sorgenti orfane, anche attraverso l’analisi del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, pubblicato nel 2019 con alcuni anni di ritardo. Il lavoro di indagine ha inoltre interessato i siti ove erano presenti nel recente passato, e in taluni casi sono ancora presenti, alcune criticità per diverse motivazioni: l’impianto di cementificazione rifiuti liquidi CEMEX di Saluggia, il deposito Avogadro e il deposito Liva Nova Site Management di Saluggia, il sito ITREC di Rotondella e il deposito CEMERAD.
Le priorità oggi in materia di nucleare costituiscono quindi un impegno a cui l’Italia non può sottrarsi. A fine 2020 inoltre è stata pubblicata la CNAPI e sono arrivate importanti novità normative. I costi e i tempi del decommissioning – attualmente 7,9 miliardi di euro con fine dello smantellamento nel 2035 – rischiano però di aumentare se non si risolvono i problemi evidenziati dalla Commissione e non si procede celermente nell’iter di realizzazione del Deposito nazionale. Il Deposito porta posti di lavoro pari a 4.000 all’anno per la costruzione e 1.000 per la gestione, investimenti per 900 milioni di euro e soprattutto maggiore sicurezza.
Riguardo alle discariche considerando i segnali critici percepiti nell’ambito di più attività ed i forti dubbi circa la reale efficacia della normativa in materia di garanzie finanziarie degli impianti di smaltimento di rifiuti, non in grado di garantire che l’ente pubblico di riferimento (Regione o Provincia territorialmente competenti) sia sempre ristorato nel caso di eventuali ripercussioni negative sull’ambiente causate dall’esercizio di una discarica o da inadempienze o fallimento del gestore hanno spinto la Commissione a svolgere un’inchiesta a riguardo. Secondo quanto previsto dalla normativa in materia, il rilascio e la validità dell’autorizzazione per la gestione di una discarica sono subordinati all’attivazione, da parte del gestore del sito, di garanzie finanziarie a copertura delle fasi operativa e post operativa, sotto forma di polizza assicurativa (forma attualmente preponderante), fideiussione bancaria o cauzione. Tra le fattispecie di illecito più comuni individuate figurano le false polizze assicurative, l’abusivismo e l’insolvenza dei soggetti garanti. Tali prassi illegali sono anche suscettibili di trarre facilmente in errore le amministrazioni pubbliche destinatarie delle garanzie e possono avere riflessi in termini di danno erariale. Dalle documentazioni pervenute è possibile evidenziare una serie di anomalie. Tra di esse, a destare maggiori perplessità è la totale mancanza di garanzie finanziarie relative alla gestione di alcuni impianti. Con una certa frequenza si rileva anche che il ricorso alle garanzie finanziarie riguarda soltanto la gestione operativa, mentre quella post operativa non risulta coperta da alcuna garanzia, oppure da garanzia di soli cinque anni rinnovabile, contro i trenta previsti dalla legge. L’analisi della Commissione ha inoltre confermato l’uso preponderante delle polizze assicurative: esse sono emesse prevalentemente da compagnie d’assicurazione di diritto italiano, con una significativa quota di quelle con sede in Paesi dell’Unione europea ed extra UE. Sul fronte della funzione di protezione finanziaria che le garanzie devono assicurare, è stata finora rilevata la limitatissima escussione degli importi garantiti. In alcuni casi è emersa l’impossibilità dell’ente a procedere per l’intervenuto fallimento del soggetto gestore dell’impianto.
In questo contesto è necessario un adeguamento delle norme statali che tenga conto di tre capisaldi: la competenza statale in materia, riconosciuta dalla Corte Costituzionale; la necessità di coerenza con le norme sovranazionali sulle discariche e il loro recente recepimento; il riconoscimento di una ineffettività dell’istituto così come attualmente disciplinato.
Dovrebbe essere riconosciuto e costruito un ruolo del Sistema nazionale di protezione ambientale SNPA come auspicato dalla Commissione stessa, considerata l’inscindibile relazione tra aspetti tecnici e aspetti economico-finanziari dell’istituto delle garanzie in questo settore. I fenomeni illeciti o elusivi necessitano di un contrasto basato innanzitutto sulla circolazione delle conoscenze a proposito dei soggetti che operano nel settore, mediante un coordinamento tra banche dati (a livello nazionale ed europeo), un monitoraggio da parte di enti esponenziali di categoria e istituzioni pubbliche, un superamento dei controlli meramente cartolari da parte delle pubbliche amministrazioni. (Vignaroli, 2021)
Approfondimento su Imballaggi e RAEE
Nel 2020 la filiera consortile registra un calo di imballaggi immessi sul mercato, vale a dire una diminuzione del 7% che in numeri corrisponde a un milione di tonnellate di packaging, ma anche un parallelo aumento dell’1% dell’avvio a riciclo, che dal 70% passa al 71%, pari a 9 milioni di tonnellate. Considerate le profonde difficoltà causate dalla pandemia ancora in corso ed il rischio scongiurato di una crisi dei sistemi di raccolta rifiuti abbiamo assistito ad un grande risultato aiutato dall’aumento temporaneo dei limiti di stoccaggio degli impianti di trattamento per il riciclo. Infatti durante i mesi dell’esplosione dell’emergenza i ritiri dei rifiuti di imballaggio da raccolta urbana non si sono mai interrotti e anzi, hanno continuato a crescere. Un fenomeno chiaramente legato all’aumento degli acquisti di prodotti imballati nei comparti dell’alimentare, della detergenza e della farmaceutica. (Auriemma, Imballaggi, nel 2020 cala immesso al consumo e cresce il riciclo, 2021)
L’Italia conferma un trend positivo nella gestione di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) con un +6% rispetto all’anno precedente nonostante l’emergenza pandemica. Percentuale che in cifre si traduce in oltre 365mila tonnellate di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche avviate a corretto smaltimento in Italia. I produttori di AEE, tramite i Sistemi Collettivi, hanno continuato a incrementare i finanziamenti che annualmente mettono a disposizione dei soggetti che si occupano della raccolta e che nel 2020 si sono concretizzati in oltre 22 milioni di euro, segnando un delta positivo superiore al 9% rispetto all’anno precedente, dedicati a premi di efficienza, fondo per lo sviluppo delle infrastrutture di raccolta e finanziamenti per la comunicazione locale e nazionale. Dati decisamente significativi se si considerano i problemi che gli operatori della filiera hanno dovuto affrontare, primo fra tutti l’inaccessibilità di molti centri di raccolta, oltre poi alle limitazioni nella mobilità durante i primi mesi del lockdown. Numerosi i progetti e le attività di comunicazione che dal 2018 procedono grazie al supporto e al coinvolgimento di produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche per tramite del Centro di Coordinamento Raee. Particolarmente significativa in tal senso la nuova campagna Raee Generation, volta a creare un ponte verso le nuove generazioni, principali consumatrici di prodotti elettronici. A queste attività di sensibilizzazione, si aggiungono gli Accordi di Programma che vedono coinvolti, insieme al Centro di Coordinamento RAEE, i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, i Comuni, i gestori della raccolta dei rifiuti e i distributori. Attività, dunque, di fondamentale importante che potrebbero diventare nulle senza una forte attività di contrasto alla dispersione e al commercio illegale dei Raee.
In tutto il Paese, quindi, è stato registrato nel 2020 un andamento positivo della raccolta di Raee, con alcune peculiarità tra le diverse aree geografiche. Al Nord e al Centro, infatti, sono aumentati i quantitativi rispetto al 2019, ma è al Sud che si registra la crescita più significativa, a dimostrazione di una cultura dei Raee sempre più diffusa nel meridione. Analoga la situazione della raccolta pro capite, in crescita in tutto il Paese, ma in maniera più sostenuta al Sud.
La strada per raggiungere la raccolta pro capite di quasi 11 kg fissata dall’Unione Europea è ancora molto lunga e per nulla facile e devono essere perseguiti in questa direzione, lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi, in grado di rispondere alle mutate richieste del mercato e della società, e di mettere in campo azioni e risorse concrete con una costante e operosa collaborazione tra tutti gli attori della filiera e le istituzioni. (Auriemma, Raee nel 2020 raccolte oltre 365mila tonnellate, 2021)
L’economia circolare
Il termine economia circolare indica a livello internazionale un modello economico nel quale i residui derivanti dalle attività di produzione e consumo sono reintegrati nel ciclo produttivo secondo una logica di piena rigenerazione delle risorse al fine di ridurre l’impatto umano sull’ambiente. Per realizzare la “chiusura del ciclo” tale modello prevede una rivisitazione delle fasi dell’attività economica agendo:
Al fine di attuare tale modello economico, l’Unione Europea ha definito un pacchetto di direttive che modificano le principali norme comunitarie in materia di rifiuti. La Direttiva 2018/849/UE interviene in materia di veicoli fuori uso, pile accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche. La Direttiva 2018/850/UE interviene in materia di discariche. La Direttiva 2018/851/UE modifica la normativa quadro sui rifiuti. La Direttiva 2018/852/UE interviene sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi.
Ulteriori novità normative in tema di circolarità delle risorse e in tema di rifiuti sono previste sulla base degli ultimi piani verdi economici europei e nazionali meglio noti come Recovery Fund – Next Generation EU e PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. (Gragani, 2021)
L’Italia ed il contesto europeo dell’economia circolare
Non ci può essere transizione ecologica senza economia circolare. E le possibilità di evitare una catastrofe climatica, onorando gli impegni al 2050 assunti al vertice Onu di Parigi del 2015, sono legate al rilancio dell’economia circolare da cui dipende il 39% dei tagli di CO2. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre, a livello globale, raddoppiare l’attuale tasso di circolarità delle merci passando dall’8,6% al 17%. È una sfida che vede l’Italia in prima linea: il nostro Paese per il terzo anno consecutivo è in testa nel confronto sulla circolarità tra le cinque principali economie dell’Unione europea (Germania, Francia, Italia, Spagna e la Polonia, che con l’uscita del Regno Unito dall’UE risulta la 5° economia).
Per questi 5 Paesi sono stati analizzati i risultati raggiunti nelle aree della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti, degli investimenti e dell’occupazione nel riciclo, nella riparazione, nel riutilizzo. Sommando i punteggi di ogni settore, si ottiene un indice di performance sull’economia circolare che nel 2021 conferma la prima posizione dell’Italia con 79 punti, seguita dalla Francia con 68, dalla Germania e Spagna con 65 e dalla Polonia con 54. (Battaglia, 2021)
L’Economia Circolare riveste certamente un ruolo fondamentale nel percorso verso sistemi produttivi e territori, a partire dalle città, più sostenibili, ma anche nel raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica: oltre il 45% delle emissioni sono associate all’utilizzo dei prodotti e alla gestione del territorio in tutte le sue componenti e la transizione circolare può portare all’abbattimento fino a circa il 40% del totale delle emissioni globali. È necessario però da una parte essere più ambiziosi nella parte dedicata alla transizione circolare del PNRR, proprio in quanto occasione unica e imperdibile, e dall’altra mettere in campo da subito tutti gli strumenti necessari, tecnologici, regolatori, finanziari e soprattutto di governance a partire dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare.
I potenziali di rilancio della competitività, degli investimenti e dell’occupazione, verso un’economia circolare sono elevati e colmare i gap di circolarità della nostra economia consentirebbe di realizzare tagli impegnativi alle emissioni di gas serra per rendere sostenibile la pressione sulle risorse naturali.
In un mondo con 7,8 miliardi di persone con risorse limitate, colpito dalla crisi climatica, è necessario recuperare i gap di circolarità dell’economia perseguendo 4 direttrici strategiche:
Sono ormai molti gli studi che sottolineano la rilevanza del contributo dell’economia circolare all’abbattimento delle emissioni di gas serra: raddoppiando l’attuale tasso di circolarità, a livello globale si taglierebbero ben 22,8 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra; applicando i criteri di circolarità alla produzione e al consumo di 5 materiali (acciaio, alluminio, plastica, cemento e cibo), si quantifica un taglio del 45% delle loro emissioni di gas serra, per un totale di ben 9,3 miliardi di tonnellate di CO2equivalenti. La Commissione Europea, nel recente secondo Piano d’azione per l’economia circolare, sottolinea che senza un modello circolare di economia non sarà possibile raggiungere la neutralità climatica.
L’Italia, secondo i dati Eurostat, è al secondo posto per consumo interno dei materiali: 490 Mt preceduta dalla Spagna (410 Mt). La quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo complessivo di energia è pari al 18,16%, preceduta dalla Spagna (18,35%). Inoltre l’Italia è al primo posto per Riciclo dei rifiuti urbani e speciali: 68% contro 56% della Polonia, 54% della Francia, 53% della Germania e 46% della Spagna e si trova al secondo posto per Tasso di utilizzo circolare di materia: 19,3% preceduta dalla Francia (20,1%).
Inoltre l’Italia per l’elevato valore aggiunto del riciclo è al primo posto per Valore aggiunto generato dalla somma dei tre settori rispetto al PIL: 1,1% del PIL contro 1% della Spagna, Germania e Polonia e 0,9% della Francia. È in buona posizione per l’occupazione nel riciclo, ma è ultima per occupati nel settore della riparazione e riutilizzo: 13.178 occupati contro i 31.364 della Francia, 26.383 della Germania, 26.102 della Spagna e 14.815 della Polonia. Ed è inoltre in coda per investimenti e brevetti totali nei tre settori. Gli indicatori presi in considerazione per la valutazione delle performance sono: il numero di brevetti, l’occupazione nel riciclo, riparazione e riutilizzo, il valore aggiunto e gli investimenti.
Alcune azioni che potrebbero portare all’incremento dell’economia circolare potrebbero essere ricondotte all’introduzione di un passaporto elettronico dei prodotti con informazioni sulla composizione, la riparazione e il disassemblaggio. Inoltre la previsione di nuove norme e linee guida in materia di acquisti pubblici verdi avrebbe un benefico impatto nella pubblica amministrazione. L’introduzione di indicatori di circolarità relativi all’impronta dei materiali e dei consumi unita alla misurazione delle sinergie tra l’economia circolare e la mitigazione dei cambiamenti climatici renderebbe più incisive le misure di riforma e più consistenti gli investimenti per l’economia circolare rafforzando gli strumenti del Piano «Transizione 4.0» in questa direzione. Il rafforzamento delle misure per lo sviluppo della bioeconomia circolare e rigenerativa per la produzione agroalimentare, di biomateriali, bioprodotti ed energia rinnovabile costituirebbe un importante passo in avanti in settori dove già il brand italiano è ai primi posti nel mondo. (Ronchi, 2021)
Nel percorso verso gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo, l’Italia conferma di essere un passo avanti agli altri. Ormai il green non è più solo un colore di tendenza, ma una vera e propria rivoluzione che investe molti settori, soprattutto quelli tecnologici. Secondo lo studio della Fondazione Symbola, infatti, “432.000 imprese hanno investito nel periodo 2015-2019 in prodotti e tecnologie green. Sono quelle che innovano di più, esportano di più, producono più posti di lavoro”, ma non finisce qui. Infatti, secondo una ricerca dell’Università di Oxford, “l’Italia è seconda al mondo nella capacità di esportare prodotti green tecnologicamente avanzati “, oltre che primo esportatore europeo di biciclette “con 1.779.300 bici vendute all’estero” e prima nella produzione mondiale di selle con il 53.9% del totale.
È proprio italiano il più grande operatore al mondo nel campo green, l’Enel, che anche per questo è la società elettrica privata più capitalizzata tra le borse europee. E in campo green neanche la pandemia ha potuto arrestare la potenza che il Paese detiene soprattutto nel settore dell’economia circolare. Si attesta in Italia, secondo il dossier di Fondazione Symbola, “la più alta percentuale di riciclo sulla totalità di rifiuti: il 79%, il doppio delle media europea”, con un risparmio di circa 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. È italiano anche il primato nel riciclo del legno-arredo con il 93% dei pannelli truciolari di legno riciclato. E anche in termini di agricoltura sostenibile l’Italia è un passo avanti con emissioni (30 milioni di tonnellate di CO2) nettamente inferiori a Francia (76 milioni) e Germania (66 milioni).
Questi fattori ci consentono di partire da una posizione migliore rispetto a molte altre nazioni. Ma basta solo questo? La risposta ovviamente è no. È un punto di partenza sulla scala dei problemi che noi abbiamo davanti e soprattutto sulla scala dei ritardi che ci hanno portato a raggiungere una certa consapevolezza delle questioni da affrontare. Affrontare con coraggio la crisi prodotta dalla pandemia da COVID19 e la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta, una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro. (Auriemma, Dall’economia circolare alla sostenibilità, 2021)
Piacenza, 09/07/2021
Bibliografia
ANSA. (2021, Aprile 7). Ecomafie, nel 2020 irregolarità in molti impianti di rifiuti. Tratto da ansa.it: https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/rifiuti_e_riciclo/2021/04/07/ecomafie-nel-2020-irregolarita-in-molti-impianti-di-rifiuti_5e5e40b6-93b0-4cb5-a2c0-ce9150cba81a.html?fbclid=IwAR0-X9fldFVWCG9fPV87ZxX7SBi6DFf9VALZ0ccC09-5bp9yDzPs-ZMenRg
Auriemma, R. (2021, aprile 8). Dall’economia circolare alla sostenibilità. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/dalleconomia-circolare-alla-sostenibilita-litalia-in-10-selfie-di-symbola_13119.html
Auriemma, R. (2021, Marzo 18). Imballaggi, nel 2020 cala immesso al consumo e cresce il riciclo. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/imballaggi/imballaggi-nel-2020-cala-immesso-al-consumo-e-cresce-la-differenziata_12778.html
Auriemma, R. (2021, marzo 26). Raee nel 2020 raccolte oltre 365mila tonnellate. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/rifiuti/raee-nel-2020-raccolte-oltre-365mila-tonnellate_12991.html
Battaglia, B. (2021). L’ECONOMIA CIRCOLARE PUO’ SALVARE IL CLIMA. Rapporto annuale economia circolare (p. 2). Roma: Ufficio Stampa Circular Economy Network.
ISPRA. (2020). Rapporto rifiuti speciali. Roma: ISPRA.
ISPRA. (2020). Rapporto rifiuti urbani. Roma: ISPRA.
Palumbo, L. (2021, Maggio 6). Rifiuti urbani – Il servizio pubblico diventi efficiente e vantaggioso. Tratto da riciclanews.it: http://www.riciclanews.it/primopiano/rifiuti-urbani-cingolani-ad-anci-servizio-pubblico-diventi-efficiente-e-vantaggioso_13426.html?fbclid=IwAR2V2_TXYv2Wvx46eQS_N8w_r62RilTwHCtMs6noVuRvJgKYO6N6dbZzv6U
Ronchi, E. (2021). L’economia circolare come pilastro della transizione ecologicaa necessaria per la neutralità climatica e per la ripresa dell’Italia. 3^ conferenza nazionale sull’economia circolare (p. 26). Circular Economy Network.
Vignaroli, O. S. (2021). Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Tratto da Facebook – comunicati stampa Commissione Ecomafie: https://www.facebook.com/CommEcomafie/
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