Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Inquinamento luminoso: quanto incide sulle autorizzazioni?
di Linda Maestri
Categoria: Generalità
Una prescrizione sull’inquinamento luminoso passa spesso inosservata, o comunque in secondo piano rispetto a quelle in materia di rifiuti, acque o emissioni. Il fatto che la nostra normativa ambientale nazionale, il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152[1], non vi faccia esplicito riferimento non rende l’inquinamento luminoso meno importante, neanche a livello autorizzatorio.
In assenza di precise regole nazionali, ogni Regione ha, infatti, elaborato una propria disciplina in materia, definendo limiti e valori che entrano, poi, a far parte delle autorizzazioni ambientali rilasciate dalla Pubblica Autorità. E allora, quale valore hanno queste prescrizioni?
Cerchiamo di fare chiarezza.
Inquinamento luminoso: cos’è e quali effetti ha sull’ambiente
L’inquinamento luminoso è il prodotto dell’illuminazione artificiale notturna rivolta, direttamente o indirettamente, verso il cielo, che ha portato, nel tempo, ad avere cieli in cui la luce artificiale (lampioni, torri faro, insegne pubblicitarie) supera quella naturale.
Oltre al fatto che non ci ricordiamo più com’è un cielo stellato, con le ultime generazioni costrette ad affidarsi ai planetari, e all’inutile spreco di energia elettrica non funzionale all’illuminazione, l’abuso di luce artificiale ha effetti preoccupanti anche per la fauna e la flora, che risentono pesantemente dell´alterazione dei loro ritmi e cicli naturali (processi di fotosintesi clorofilliana, che le piante svolgono nel corso della notte e che può subire alterazioni dovute proprio ad intense fonti luminose che “ingannano” il normale oscuramento, fotoperiodismo delle piante annuali, alterazioni sulle abitudini di vita e di caccia degli animali notturni)[2]. Dalle innumerevoli ricerche condotte sul tema è emerso, ad esempio, che la distruzione dell’orologio biologico può essere la causa (e non solo l’effetto) di processi neurodegenerativi[3], e che le aree esposte a sistemi di illuminazione artificiale sono impollinate decisamente meno di quelle lasciate al buio (si parla di un calo del 62%)[4].
E’ chiaro che anche l’inquinamento luminoso è da imputare all’uomo, ma non è altrettanto chiaro che il suo significativo aumento discende, per lo più dalla scelta di privilegiare luci a LED, a lunghezza d’onda breve (di colore blu), più inquinanti di quelle ad onde lunghe (di colore rosso), più costose e meno efficienti. Le onde brevi di colore blu rischiano, poi, di inibire la produzione di melatonina, ormone fondamentale per il nostro sistema endocrino, per la riproduzione e per il sistema immunitario[5].
Ma quanto ci colpisce questo inquinamento? Insegne pubblicitarie e lampioni potrebbero far pensare che questo fenomeno si verifichi con maggiore intensità in quelle città e in quegli Stati in cui è ormai minima la distinzione tra giorno e notte a livello economico e sociale. Stando al dato concreto e fattuale ricavato dall’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso, pubblicato nel giugno 2016 su Science Advances[6], al primo posto come Paese sviluppato con il territorio più inquinatoal mondo c’è proprio l’Italia.
Se sul tema possiamo dirci relativamente poco informati, e poco sensibili, lo stesso non si può dire delle nostre amministrazioni regionali. Come anticipato, infatti, in quasi la totalità delle regioni italiane è vigente una specifica normativa in materia di inquinamento luminoso. In ogni caso, soccorre la norma UNI 10819, applicabile nei territori sprovvisti di normativa comunale o regionale[7], che definisce i requisiti degli impianti di illuminazione esterna, per la limitazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso proveniente da sorgenti di luce artificiale[8].
A livello nazionale è, inoltre, estremamente importante l’attività dell’associazione CieloBuio – coordinamento nazionale per la protezione del cielo notturno, che si occupa dal 1997 (anno della sua costituzione) di promuovere la cultura di una illuminazione eco-compatibile e della protezione del cielo dal fenomeno dell’inquinamento luminoso[9].
Normativa regionale: il caso del Veneto
Il Veneto è stata la prima regione a dotarsi di una legge in materia, la Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22 “Norme per la prevenzione dell’inquinamento luminoso“, e la stessa ARPAV continua a svolgere un ruolo di riferimento per le altre Agenzie del Nord Italia[10].
Tra le finalità da questa perseguite (art. 1) figurano, oltre alla riduzione dell’inquinamento luminoso e ottico e dei consumi energetici da esso derivanti, anche la protezione dall’inquinamento luminoso dell’attività di ricerca scientifica e divulgativa svolta dagli osservatori astronomici e la diffusione al pubblico della tematica e la formazione di tecnici competenti in materia. ARPAV diffonde l’informazione (“A proposito di …Inquinamento luminoso”, “L’inquinamento luminoso nella regione Veneto”) e, assieme ad associazioni di tutela del cielo notturno (qual è Venetostellato[12]), osservatori amatoriali di associazioni astrofile e all’Università di Padova gestisce una rete di monitoraggio composta da 12 centraline.
L’Agenzia assume sia il compito di supporto tecnico a Comuni, Province e Regione, sia un ruolo centrale di indirizzo e coordinamento tramite l’Osservatorio permanente sul fenomeno dell’inquinamento luminoso, istituito dalla citata L. 17/2009, che gestisce il monitoraggio.
In particolare, l’Osservatorio segnala ai comuni ed alle province i siti e le sorgenti luminose che richiedono interventi di bonifica, elabora atti di indirizzo e documenti d’informazione per la predisposizione dei Piani dell’illuminazione per il contenimento dell’inquinamento luminoso (PICIL, onere dei Comuni), ed assume le segnalazioni relative alle violazioni della medesima L. 17/2009[13].
La Regione Veneto si è, dunque, dotata di una precisa normativa di contenimento dell’inquinamento luminoso, che prevede l’azione sinergica di ARPAV, Osservatorio permanente, associazioni indipendenti, Province e Comuni. In tale contesto si inquadra una recente determinazione dirigenziale rilasciata dalla Provincia di Verona: la n. 3904 del 10 ottobre 2017.
La determinazione 3904/2017: valore giuridico e conseguenze operative
Come anticipato, la materia dell’inquinamento luminoso ricopre, in Veneto, un ruolo di particolare importanza. Se, però, è palese l’impegno della Regione e dell’ARPAV nell’informare i cittadini e le imprese, e nel diffondere “buone pratiche” di contrasto a tale fenomeno, parrebbe essere altrettanto evidente l’inerzia, da parte delle imprese, di adeguarsi alle prescrizioni regionali di cui alla citata L. 17/2009.
Così, con la determinazione dirigenziale n. 3904 del 10 ottobre 2017, la Provincia di Verona ha provveduto ad aggiornare ed integrare i vigenti provvedimenti AIA, dalla medesima rilasciati, con le prescrizioni regionali sul contenimento luminoso, di cui alla L. 17/2009.Viene, inoltre, precisato che i metodi di misura, o metodiche analitiche (utilizzate per l’esecuzione dei controlli), hanno come riferimento “le metodiche ufficiali utilizzate dal Servizio Laboratori di ARPAV, reperibili nel sito internet http://www.arpa.veneto.it/servizi-ambientali/ippc”, e che “in caso di contraddittorio, faranno fede, in ogni caso, le metodiche analitiche ufficiali utilizzate dal Servizio Laboratori di ARPAV”.
Spiega, la Provincia, che “la decisione di aggiornare i provvedimenti di AIA si fonda sulla ritenuta necessità di uniformare il contenuto dei provvedimenti autorizzatori e fornire indicazioni univoche”, richiamando, a sostegno di tale intervento, l’art. 6, comma 16, lett. d) del D.L.vo 152/2006, ai sensi del quale “l’autorità competente, nel determinare le condizioni per l’autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali: […]l’energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente”. La L. 17/2009 sul contenimento dell’inquinamento luminoso elenca, infatti, tra le proprie finalità anche la riduzione dei consumi energetici (art. 1, comma 1, lett. a).
Quanto al profilo formale, invece, richiama l’art. 29-sexies, comma 9, del citato decreto 152/2006, ai sensi del quale l’AIA “può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell’autorità competente”, tra le quali la norma cita “il raggiungimento di determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le tecniche da implementare a tal fine”. Trattandosi, peraltro, dell’introduzione di ulteriori condizioni giudicate opportune, l’Autorità competente non risulta essere tenuta alla convocazione della Conferenza di Servizi: di conseguenza, in sede di aggiornamento dell’AIA, ritenuto opportuno sulla base delle prescrizioni vigenti a livello regionale in materia di inquinamento luminoso, la Regione/Provincia che ritenga di integrare l’AIA esistente con nuove prescrizioni è a ciò legittimata[14].
La determina 3904/2017 è, quindi, legittima e vincolante, ma in quale misura? Quali sono le sue conseguenze?
Proviamo ad ipotizzare tre casistiche.
Sulla base della determina, ARPAV rileva il mancato adeguamento degli impianti e concede un termine per provvedervi.
In questo caso, si tratta di una prescrizione diretta impartita da ARPAV in sede di controllo, che trova fonte in una determina che ha, legittimamente, integrato l’AIA. Suo tramite, infatti, le prescrizioni sul contenimento luminoso vanno ad aggiungersi e ad integrarsi alle altre presenti nell’AIA e, al pari di queste ultime, dovranno essere osservate. L’adeguamento dovrà, pertanto, avvenire entro il termine fissato da ARPAV;
Notifica della determina da parte dell’Ente (in questo caso, la Provincia).
Come premesso, la Provincia è legittimata ad integrare l’AIA con le ulteriori condizioni giudicate opportune, sicché anche in tal caso si ha integrazione d’ufficio delle prescrizioni di cui alla L. 17/2009 all’interno dell’AIA: le norme sul contenimento luminoso divengono prescrizioni AIA a tutti gli effetti, e il loro rispetto osserva le regole che governano tale autorizzazione;
L’impresa viene a conoscenza della determina autonomamente, senza l’intervento di ARPAV o la notifica da parte dell’Ente che l’ha emanata.
Pur avendo la determina provinciale un valore giuridico fine a sé stesso, nel caso dell’integrazione operata sulla base dell’art. 29-sexies, comma 9, e considerato che proprio l’oggetto della determina reca “aggiornamento e integrazione delle AIA vigenti”, si ritiene che le prescrizioni così inserite operino quali prescrizioni indirette: non direttamente notificate, o contestate in sede di controllo, ma comunque facenti parte dell’AIA e vincolanti. In tal caso, peraltro, è sempre utile un confronto con l’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione o con ARPAV, al fine di trovare un accordo sulle modalità e le tempistiche per l’adeguamento (si fa notare, invero, che le nuove norme sul contenimento luminoso sono in vigore dal 2009).
Quali sanzioni per il mancato adeguamento?
In via generale, l’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’AIA è sanzionata dall’art. 29-quattuordecies del D.L.vo 152/2006, al cui comma 2 è stabilito che “si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente”.
Si noti l’equiparazione tra le prescrizioni già contenute nell’AIA e quelle imposte dall’Autorità competente, a sostegno della tesi, qui sostenuta, della legittimità dell’integrazione d’ufficio, da parte della Provincia, delle norme sul contenimento luminoso: ne deriva, a parere di chi scrive, l’applicabilità di tale sanzione anche all’inosservanza di queste ultime, in aggiunta alle sanzioni previste dall’art. 11 della L. 17/2009[15].
Si aggiunge, sul punto, che l’inosservanza delle prescrizioni AIA configura una contravvenzione di natura formale, la cui illiceità discende dalla mera inosservanza, prescindendo dall’effettivo pregiudizio ai valori ambientali.
Piacenza, 4.06.2018
[1]Norme in materia ambientale, pubblicato sulla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 – Suppl. Ordinario n. 96, in vigore dal 29 aprile 2006, ad eccezione delle disposizioni della Parte seconda che sono entrate in vigore il 12 agosto 2006.
[3] Ricerca dell’Università dell’Oregon, apparsa sullo ScienceDaily.
[4] Studio europeo pubblicato dalla rivista Nature e curato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di ecologia dell’università di Berna, assieme al Centro di ecologia e di scienze della conservazione di Parigi, fonte: https://www.lifegate.it .
[6] Si tratta di uno Studio basato sui dati ottenuti da satellite, frutto del lavoro di un team internazionale di scienziati, realizzato per la maggior parte in Italia da italiani (Fabio Falchi, presidente di CieloBuio e membro dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso, Pierantonio Cinzano – ISTIL, e Riccardo Furgoni – AAVSO); fonte: http://cielobuio.org .
[7] Questo significa che gli impianti di illuminazione rispondenti ai criteri definiti dalla norma UNI 10819 ma non, laddove presente, alla legislazione regionale più specifica, non sono comunque in regola (come sostenuto dall’Associazione Cielobuio: http://cielobuio.org/cielobuio/leggi/cielob-10819.htm ).
[11] Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione veneto n. 65 dell’11 agosto 2009.
[12] VenetoStellato è riconosciuta dalla Regione Veneto come “Associazione avente a scopo statutario lo studio e il contenimento del fenomeno dell’inquinamento luminoso” con deliberazione della Giunta Regionale n.1820 dell’8 novembre 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale regionale n. 88 del 25 novembre 2011. Essa rimanda, per approfondimenti e documentazione, al sito dell’associazione CieloBuio.
[13] Spettano all’Osservatorio, inoltre, l’acquisizione dei dati relativi all’attuazione della L. 17/2009 da parte dei soggetti competenti e la predisposizione di una relazione biennale al Consiglio regionale sul fenomeno dell’inquinamento luminoso nella Regione Veneto.
“1. Chiunque realizza impianti di illuminazione pubblica e privata in difformità alla presente legge è punito, previa diffida a provvedere all’adeguamento entro sessanta giorni, con la sanzione amministrativa da euro 260,00 a euro 1.030,00 per punto luce, fermo restando l’obbligo all’adeguamento entro novanta giorni dall’irrogazione della sanzione. L’impianto segnalato deve rimanere spento sino all’avvenuto adeguamento.
L’importo delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è triplicato qualora la violazione sia compiuta all’interno delle fasce di rispetto di cui all’articolo 8, comma 3.
La Regione interviene in caso d’inosservanza della presente legge da parte delle province e dei comuni, promuovendo le azioni a tal fine opportune e disponendo con proprio provvedimento, l’esclusione degli enti inosservanti dall’erogazione dei contributi regionali di cui all’articolo 10.
I proventi delle sanzioni erogate sono destinati dai comuni al finanziamento degli interventi di adeguamento degli impianti di pubblica illuminazione alle disposizioni di cui alla presente legge”.
Categorie
Inquinamento luminoso: quanto incide sulle autorizzazioni?
di Linda Maestri
Una prescrizione sull’inquinamento luminoso passa spesso inosservata, o comunque in secondo piano rispetto a quelle in materia di rifiuti, acque o emissioni. Il fatto che la nostra normativa ambientale nazionale, il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152[1], non vi faccia esplicito riferimento non rende l’inquinamento luminoso meno importante, neanche a livello autorizzatorio.
In assenza di precise regole nazionali, ogni Regione ha, infatti, elaborato una propria disciplina in materia, definendo limiti e valori che entrano, poi, a far parte delle autorizzazioni ambientali rilasciate dalla Pubblica Autorità. E allora, quale valore hanno queste prescrizioni?
Cerchiamo di fare chiarezza.
Inquinamento luminoso: cos’è e quali effetti ha sull’ambiente
L’inquinamento luminoso è il prodotto dell’illuminazione artificiale notturna rivolta, direttamente o indirettamente, verso il cielo, che ha portato, nel tempo, ad avere cieli in cui la luce artificiale (lampioni, torri faro, insegne pubblicitarie) supera quella naturale.
Oltre al fatto che non ci ricordiamo più com’è un cielo stellato, con le ultime generazioni costrette ad affidarsi ai planetari, e all’inutile spreco di energia elettrica non funzionale all’illuminazione, l’abuso di luce artificiale ha effetti preoccupanti anche per la fauna e la flora, che risentono pesantemente dell´alterazione dei loro ritmi e cicli naturali (processi di fotosintesi clorofilliana, che le piante svolgono nel corso della notte e che può subire alterazioni dovute proprio ad intense fonti luminose che “ingannano” il normale oscuramento, fotoperiodismo delle piante annuali, alterazioni sulle abitudini di vita e di caccia degli animali notturni)[2]. Dalle innumerevoli ricerche condotte sul tema è emerso, ad esempio, che la distruzione dell’orologio biologico può essere la causa (e non solo l’effetto) di processi neurodegenerativi[3], e che le aree esposte a sistemi di illuminazione artificiale sono impollinate decisamente meno di quelle lasciate al buio (si parla di un calo del 62%)[4].
E’ chiaro che anche l’inquinamento luminoso è da imputare all’uomo, ma non è altrettanto chiaro che il suo significativo aumento discende, per lo più dalla scelta di privilegiare luci a LED, a lunghezza d’onda breve (di colore blu), più inquinanti di quelle ad onde lunghe (di colore rosso), più costose e meno efficienti. Le onde brevi di colore blu rischiano, poi, di inibire la produzione di melatonina, ormone fondamentale per il nostro sistema endocrino, per la riproduzione e per il sistema immunitario[5].
Ma quanto ci colpisce questo inquinamento? Insegne pubblicitarie e lampioni potrebbero far pensare che questo fenomeno si verifichi con maggiore intensità in quelle città e in quegli Stati in cui è ormai minima la distinzione tra giorno e notte a livello economico e sociale. Stando al dato concreto e fattuale ricavato dall’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso, pubblicato nel giugno 2016 su Science Advances[6], al primo posto come Paese sviluppato con il territorio più inquinato al mondo c’è proprio l’Italia.
Se sul tema possiamo dirci relativamente poco informati, e poco sensibili, lo stesso non si può dire delle nostre amministrazioni regionali. Come anticipato, infatti, in quasi la totalità delle regioni italiane è vigente una specifica normativa in materia di inquinamento luminoso. In ogni caso, soccorre la norma UNI 10819, applicabile nei territori sprovvisti di normativa comunale o regionale[7], che definisce i requisiti degli impianti di illuminazione esterna, per la limitazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso proveniente da sorgenti di luce artificiale[8].
A livello nazionale è, inoltre, estremamente importante l’attività dell’associazione CieloBuio – coordinamento nazionale per la protezione del cielo notturno, che si occupa dal 1997 (anno della sua costituzione) di promuovere la cultura di una illuminazione eco-compatibile e della protezione del cielo dal fenomeno dell’inquinamento luminoso[9].
Normativa regionale: il caso del Veneto
Il Veneto è stata la prima regione a dotarsi di una legge in materia, la Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22 “Norme per la prevenzione dell’inquinamento luminoso“, e la stessa ARPAV continua a svolgere un ruolo di riferimento per le altre Agenzie del Nord Italia[10].
Attualmente è in vigore la Legge Regionale 7 agosto 2009, n. 17, recante “Nuove norme per il contenimento dell’inquinamento luminoso, il risparmio energetico nell’illuminazione per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta dagli osservatori astronomici”[11], applicabili agli impianti di illuminazione pubblici e privati presenti in tutto il territorio regionale, sia in termini di adeguamento di impianti esistenti (art. 12), sia in termini di progettazione e realizzazione di nuovi (art. 9).
Tra le finalità da questa perseguite (art. 1) figurano, oltre alla riduzione dell’inquinamento luminoso e ottico e dei consumi energetici da esso derivanti, anche la protezione dall’inquinamento luminoso dell’attività di ricerca scientifica e divulgativa svolta dagli osservatori astronomici e la diffusione al pubblico della tematica e la formazione di tecnici competenti in materia. ARPAV diffonde l’informazione (“A proposito di …Inquinamento luminoso”, “L’inquinamento luminoso nella regione Veneto”) e, assieme ad associazioni di tutela del cielo notturno (qual è Venetostellato[12]), osservatori amatoriali di associazioni astrofile e all’Università di Padova gestisce una rete di monitoraggio composta da 12 centraline.
L’Agenzia assume sia il compito di supporto tecnico a Comuni, Province e Regione, sia un ruolo centrale di indirizzo e coordinamento tramite l’Osservatorio permanente sul fenomeno dell’inquinamento luminoso, istituito dalla citata L. 17/2009, che gestisce il monitoraggio.
In particolare, l’Osservatorio segnala ai comuni ed alle province i siti e le sorgenti luminose che richiedono interventi di bonifica, elabora atti di indirizzo e documenti d’informazione per la predisposizione dei Piani dell’illuminazione per il contenimento dell’inquinamento luminoso (PICIL, onere dei Comuni), ed assume le segnalazioni relative alle violazioni della medesima L. 17/2009[13].
La Regione Veneto si è, dunque, dotata di una precisa normativa di contenimento dell’inquinamento luminoso, che prevede l’azione sinergica di ARPAV, Osservatorio permanente, associazioni indipendenti, Province e Comuni. In tale contesto si inquadra una recente determinazione dirigenziale rilasciata dalla Provincia di Verona: la n. 3904 del 10 ottobre 2017.
La determinazione 3904/2017: valore giuridico e conseguenze operative
Come anticipato, la materia dell’inquinamento luminoso ricopre, in Veneto, un ruolo di particolare importanza. Se, però, è palese l’impegno della Regione e dell’ARPAV nell’informare i cittadini e le imprese, e nel diffondere “buone pratiche” di contrasto a tale fenomeno, parrebbe essere altrettanto evidente l’inerzia, da parte delle imprese, di adeguarsi alle prescrizioni regionali di cui alla citata L. 17/2009.
Così, con la determinazione dirigenziale n. 3904 del 10 ottobre 2017, la Provincia di Verona ha provveduto ad aggiornare ed integrare i vigenti provvedimenti AIA, dalla medesima rilasciati, con le prescrizioni regionali sul contenimento luminoso, di cui alla L. 17/2009.Viene, inoltre, precisato che i metodi di misura, o metodiche analitiche (utilizzate per l’esecuzione dei controlli), hanno come riferimento “le metodiche ufficiali utilizzate dal Servizio Laboratori di ARPAV, reperibili nel sito internet http://www.arpa.veneto.it/servizi-ambientali/ippc”, e che “in caso di contraddittorio, faranno fede, in ogni caso, le metodiche analitiche ufficiali utilizzate dal Servizio Laboratori di ARPAV”.
Spiega, la Provincia, che “la decisione di aggiornare i provvedimenti di AIA si fonda sulla ritenuta necessità di uniformare il contenuto dei provvedimenti autorizzatori e fornire indicazioni univoche”, richiamando, a sostegno di tale intervento, l’art. 6, comma 16, lett. d) del D.L.vo 152/2006, ai sensi del quale “l’autorità competente, nel determinare le condizioni per l’autorizzazione integrata ambientale, fermo restando il rispetto delle norme di qualità ambientale, tiene conto dei seguenti principi generali: […] l’energia deve essere utilizzata in modo efficace ed efficiente”. La L. 17/2009 sul contenimento dell’inquinamento luminoso elenca, infatti, tra le proprie finalità anche la riduzione dei consumi energetici (art. 1, comma 1, lett. a).
Quanto al profilo formale, invece, richiama l’art. 29-sexies, comma 9, del citato decreto 152/2006, ai sensi del quale l’AIA “può contenere ulteriori condizioni specifiche ai fini del presente decreto, giudicate opportune dell’autorità competente”, tra le quali la norma cita “il raggiungimento di determinate ulteriori prestazioni ambientali in tempi fissati, impegnando il gestore ad individuare le tecniche da implementare a tal fine”. Trattandosi, peraltro, dell’introduzione di ulteriori condizioni giudicate opportune, l’Autorità competente non risulta essere tenuta alla convocazione della Conferenza di Servizi: di conseguenza, in sede di aggiornamento dell’AIA, ritenuto opportuno sulla base delle prescrizioni vigenti a livello regionale in materia di inquinamento luminoso, la Regione/Provincia che ritenga di integrare l’AIA esistente con nuove prescrizioni è a ciò legittimata[14].
La determina 3904/2017 è, quindi, legittima e vincolante, ma in quale misura? Quali sono le sue conseguenze?
Proviamo ad ipotizzare tre casistiche.
In questo caso, si tratta di una prescrizione diretta impartita da ARPAV in sede di controllo, che trova fonte in una determina che ha, legittimamente, integrato l’AIA. Suo tramite, infatti, le prescrizioni sul contenimento luminoso vanno ad aggiungersi e ad integrarsi alle altre presenti nell’AIA e, al pari di queste ultime, dovranno essere osservate. L’adeguamento dovrà, pertanto, avvenire entro il termine fissato da ARPAV;
Come premesso, la Provincia è legittimata ad integrare l’AIA con le ulteriori condizioni giudicate opportune, sicché anche in tal caso si ha integrazione d’ufficio delle prescrizioni di cui alla L. 17/2009 all’interno dell’AIA: le norme sul contenimento luminoso divengono prescrizioni AIA a tutti gli effetti, e il loro rispetto osserva le regole che governano tale autorizzazione;
Pur avendo la determina provinciale un valore giuridico fine a sé stesso, nel caso dell’integrazione operata sulla base dell’art. 29-sexies, comma 9, e considerato che proprio l’oggetto della determina reca “aggiornamento e integrazione delle AIA vigenti”, si ritiene che le prescrizioni così inserite operino quali prescrizioni indirette: non direttamente notificate, o contestate in sede di controllo, ma comunque facenti parte dell’AIA e vincolanti. In tal caso, peraltro, è sempre utile un confronto con l’Ente competente al rilascio dell’autorizzazione o con ARPAV, al fine di trovare un accordo sulle modalità e le tempistiche per l’adeguamento (si fa notare, invero, che le nuove norme sul contenimento luminoso sono in vigore dal 2009).
Quali sanzioni per il mancato adeguamento?
In via generale, l’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’AIA è sanzionata dall’art. 29-quattuordecies del D.L.vo 152/2006, al cui comma 2 è stabilito che “si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente”.
Si noti l’equiparazione tra le prescrizioni già contenute nell’AIA e quelle imposte dall’Autorità competente, a sostegno della tesi, qui sostenuta, della legittimità dell’integrazione d’ufficio, da parte della Provincia, delle norme sul contenimento luminoso: ne deriva, a parere di chi scrive, l’applicabilità di tale sanzione anche all’inosservanza di queste ultime, in aggiunta alle sanzioni previste dall’art. 11 della L. 17/2009[15].
Si aggiunge, sul punto, che l’inosservanza delle prescrizioni AIA configura una contravvenzione di natura formale, la cui illiceità discende dalla mera inosservanza, prescindendo dall’effettivo pregiudizio ai valori ambientali.
Piacenza, 4.06.2018
[1] Norme in materia ambientale, pubblicato sulla G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 – Suppl. Ordinario n. 96, in vigore dal 29 aprile 2006, ad eccezione delle disposizioni della Parte seconda che sono entrate in vigore il 12 agosto 2006.
[2] Fonte: Regione Emilia Romagna.
[3] Ricerca dell’Università dell’Oregon, apparsa sullo ScienceDaily.
[4] Studio europeo pubblicato dalla rivista Nature e curato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di ecologia dell’università di Berna, assieme al Centro di ecologia e di scienze della conservazione di Parigi, fonte: https://www.lifegate.it .
[5] Fonte: http://www.ehabitat.it .
[6] Si tratta di uno Studio basato sui dati ottenuti da satellite, frutto del lavoro di un team internazionale di scienziati, realizzato per la maggior parte in Italia da italiani (Fabio Falchi, presidente di CieloBuio e membro dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso, Pierantonio Cinzano – ISTIL, e Riccardo Furgoni – AAVSO); fonte: http://cielobuio.org .
[7] Questo significa che gli impianti di illuminazione rispondenti ai criteri definiti dalla norma UNI 10819 ma non, laddove presente, alla legislazione regionale più specifica, non sono comunque in regola (come sostenuto dall’Associazione Cielobuio: http://cielobuio.org/cielobuio/leggi/cielob-10819.htm ).
[8] Fonte: http://www.eurecosrl.com/ .
[9] Riferimento: http://cielobuio.org/ .
[10] Si segnala, per un approfondimento, “Inquinamento luminoso e leggi regionali: Il ruolo delle ARPA”, consultabile al seguente link: http://www.isprambiente.gov.it/files/illuminazione/aureli.pdf .
[11] Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione veneto n. 65 dell’11 agosto 2009.
[12] VenetoStellato è riconosciuta dalla Regione Veneto come “Associazione avente a scopo statutario lo studio e il contenimento del fenomeno dell’inquinamento luminoso” con deliberazione della Giunta Regionale n.1820 dell’8 novembre 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale regionale n. 88 del 25 novembre 2011. Essa rimanda, per approfondimenti e documentazione, al sito dell’associazione CieloBuio.
[13] Spettano all’Osservatorio, inoltre, l’acquisizione dei dati relativi all’attuazione della L. 17/2009 da parte dei soggetti competenti e la predisposizione di una relazione biennale al Consiglio regionale sul fenomeno dell’inquinamento luminoso nella Regione Veneto.
[14] Così S. Maglia – L.Maestri, Inquinamento luminoso: rientra nell’AIA?, pubblicato su www.tuttoambiente.it.
[15] Art. 11 L. 17/2009 – Sanzioni:
“1. Chiunque realizza impianti di illuminazione pubblica e privata in difformità alla presente legge è punito, previa diffida a provvedere all’adeguamento entro sessanta giorni, con la sanzione amministrativa da euro 260,00 a euro 1.030,00 per punto luce, fermo restando l’obbligo all’adeguamento entro novanta giorni dall’irrogazione della sanzione. L’impianto segnalato deve rimanere spento sino all’avvenuto adeguamento.
L’importo delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è triplicato qualora la violazione sia compiuta all’interno delle fasce di rispetto di cui all’articolo 8, comma 3.
La Regione interviene in caso d’inosservanza della presente legge da parte delle province e dei comuni, promuovendo le azioni a tal fine opportune e disponendo con proprio provvedimento, l’esclusione degli enti inosservanti dall’erogazione dei contributi regionali di cui all’articolo 10.
I proventi delle sanzioni erogate sono destinati dai comuni al finanziamento degli interventi di adeguamento degli impianti di pubblica illuminazione alle disposizioni di cui alla presente legge”.
Torna all'elenco completo
© Riproduzione riservata