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Stefano Maglia

La responsabilità ambientale nel pensiero laico

di Amedeo Postiglione

Categoria: Responsabilità ambientali

Tratto dal volume “Ambiente e Doveri” di Amedeo Postiglione

 

a) Concetto di etica

Etica (dal greco ethos = costume, corrispondente al termine latino mos, da cui la parola italiana “morale”) designa la dottrina che ha per oggetto il comportamento pratico dell’uomo.

La storia dell’etica coincide con la storia della filosofia, delle religioni, della cultura.

E’ appunto la cultura (intendendo il termine in senso ampio e generale come visione del mondo e senso della vita umana) a condizionare le scelte morali nelle varie epoche storiche.

Per sua natura la “cultura” tocca la “coscienza” e “l’intelligenza” in ogni loro relazione (dal soprannaturale all’agire economico, alla concezione della polis ed al modo di organizzare il lavoro e la vita sociale).

Anche le questioni ecologiche, sorte in epoca recente, costituiscono essenzialmente un problema culturale, perché rappresentano una sfida comune a vari livelli ed esigono una risposta di tutti i soggetti coinvolti per essere “governate”.

 

b) Etica della responsabilità in tema di ambiente

L’etica della responsabilità in tema di ambiente costituisce, perciò, un problema culturale ineludibile nel metodo e nella sostanza, perché ha per oggetto un “sistema” vivente in uno spazio ben definito (la Terra), in questo momento storico: la risposta in termini di responsabilità comune coinvolge significativamente anche le generazioni future chiamate a condividere la vita in un ambiente nel quale sia conservata la possibilità di utilizzare le risorse naturali, con una qualità accettabile.

 

c) Soggetti responsabili

Soggetti “responsabili” sono tutti quelli che realizzano attività umane che possono avere conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente nella duplice accezione: inquinamento nelle varie forme; uso non equilibrato delle risorse.

Il ventaglio dei soggetti responsabili (da cui deve esigersi un comportamento etico favorevole all’ambiente) è costituito da: le singole persone; le organizzazioni sociali non governative; le imprese; gli Stati (e le loro componenti regionali e locali); le Organizzazioni Internazionali; unitariamente l’umanità rappresentata dalla Comunità Internazionale.

Naturalmente soggetti responsabili sono gli educatori, coloro che sono addetti alle comunicazioni sociali, gli scienziati, i tecnici, i leaders politici e religiosi.

I comportamenti “pregiudizievoli” per l’ambiente non sono solo quelli “macro”, ma anche quelli “minori”, della ordinarietà della vita, perché la produzione ed il consumo di massa sono intimamente legati.

Ad esempio le scelte in tema di energia possono condizionare fortemente il clima del pianeta, anche quando a prima vista sembrano marginali.

L’unitarietà e complessità della questione ambientale esigono una integrazione delle conoscenze e degli sforzi per bilanciare la “risposta”, sicché appare inconcepibile prescindere dalla economia per la soluzione dei problemi ambientali.

E siccome l’uomo comune è ormai inserito in un tessuto economico da cui si sente protetto e minacciato nello stesso tempo, occorre che dalla scienza indipendente e dall’etica vengano indicazioni forti per una nuova economia ed un diverso umanesimo alleato all’ambiente comune[1].

 

d) Diritti e obbligazioni planetarie

Nell’ottica giuridico-istituzionale si spiega perché i diritti e le obbligazioni in relazione all’ambiente sotto l’influenza anche dell’etica abbiano acquistato ormai una dimensione “planetaria” nella espansione spaziale, dovendo cogliere l’ambiente nella sua massima espressione (l’unitarietà della vita sulla Terra)[2].

Una analoga dimensione di tipo temporale ha dovuto acquistare il diritto per la necessità di garantire le generazioni future negli stessi diritti e doveri.

In questa ottica nuova il diritto internazionale non può avere più come soli soggetti giuridici responsabili gli Stati, dovendo la soggettività internazionale comprendere verso il basso, alla base della piramide, ogni persona umana ed in alto l’umanità, rappresentata unitariamente dalla Comunità internazionale.

 

e) La dottrina del patrimonio comune dell’umanità.

Sempre per influenza dell’etica e della cultura, in senso oggettivo tutte le risorse naturali (e non solo l’atmosfera, la Luna e gli altri corpi celesti, l’alto mare, i fondali marini, l’Antartide, l’Artico, ecc.) sono ora considerate patrimonio comune dell’umanità e questo fa comprendere meglio l’idea di una “eredità” per le generazioni future[3].

La dottrina del patrimonio comune comincia ad avere un contenuto preciso e specifico comprendente in prospettiva:

  1. il dovere di non appropriazione esclusiva;
  2. il dovere di una distribuzione equa dei vantaggi;
  3. il dovere di ripudiare mezzi non pacifici di soluzione dei conflitti;
  4. il dovere di conservare le risorse, di assicurare una utilizzazione equa, di evitare effetti pregiudizievoli, di impedire e riparare danni, ecc. nell’interesse dell’umanità e delle generazioni future.

In questo nuovo contesto culturale, per esempio, sembra non avere più senso la formulazione letterale dell’art. 2 della Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 su “Ambiente e Sviluppo”, che contempla un “diritto sovrano” di ogni Stato sulle proprie risorse e non invece un “dovere” di conservazione ed “uso equo” nell’interesse delle generazioni future. Pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, non si può escludere oggi in nome dell’etica e della cultura una concezione politica e giuridica più avanzata di “governance globale dell’ambiente”, come si dirà in proseguo che concili sovranismo statuale ed universalismo, come due facce necessarie della stessa medaglia.

La responsabilità degli Stati per danni ad altri Stati o agli spazi fuori della loro giurisdizione è fuori discussione ed è ovvia ormai, ma essa non esclude la responsabilità interna per l’uso non equo delle risorse nel proprio spazio di sovranità rispetto alla Comunità Internazionale sovraordinata[4].

 

f) Il danno all’ambiente come disvalore morale

Esisteva un’etica nella mitologia-greca; esisteva un’etica nel mondo omerico, Iliade ed Odissea (il rispetto della ospitalità; l’onore per i defunti; la lealtà nelle contese; ecc); un’etica ben precisa è nel Vecchio Testamento, con l’idea del bene e del male ed i Dieci Comandamenti; un’etica ben precisa si trova in Socrate, Platone ed Aristotele, negli Epicurei, negli Stoici e in tutto il pensiero greco – romano.

Nel pensiero cristiano medievale l’etica religiosa si congiunge con l’etica civile in una dimensione universale (Chiesa e Impero).

Nel Rinascimento l’etica si avvicina di più alle realtà terrene, anche in termini politici (lo “Stato” di Machiavelli e gli Stati “nazionali” europei). Nell’età moderna incontriamo l’etica protestante, l’etica rigorosa della coscienza morale in Kant e poi l’etica sociale collettiva in Marx.

I valori della coscienza, della libertà, della dignità delle persone permangono nel tessuto culturale europeo e mondiale anche per merito del Cristianesimo e preparano il terreno alla concezione dei Diritti Umani Universali. In questo contesto di evoluzione storico-culturali, l’ambiente oggi è chiamato a valorizzare l’altra faccia dei diritti, cioè i doveri, dovendo dare risposte tempestive alle sopravvenute emergenze ambientali globali.

Per realizzare questo obiettivo difficile ed ambizioso oggi, l’ambiente da dimensione “esterna” rispetto all’uomo, domanda di entrare nella sua “coscienza” in termini “responsabilità”.

Il danno all’ambiente deve poter essere percepito come “disvalore morale” individuale e sociale da evitare, oltre che come illecito giuridico, civile e penale[5].

 

Piacenza, 8 luglio 2021

 

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[1] In una prospettiva cristiana per una nuova etica dell’ambiente, può essere utile consultare il volume: Globalizzazione: solidarietà o esclusione, a cura di Roberto Papini, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001, ed il volume Etica, ambiente e sviluppo, a cura di Amedeo Postiglione e Antonio Pavan, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001. In particolare il contributo di Vincenzo Pace, La Comunità religiosa internazionale e l’ambiente, pag. 15-72. Meritano una speciale menzione: il contributo del Centro Francescano di Studi Ambientali diretto da Padre Bernard Przewozny, quello del Pontificio Consiglio di Giustizia e Pace (attraverso le iniziative di Jorge Maria Mejla e S.E. Cardinale Martino), trasformato poi in Pontificio Dicastero dello Sviluppo Umano Integrale, in modo strutturale, diretto da S.E. Cardinale Turkson.

[2] Vedi Edith Brown Weiss, Justice pour les generations futures, Unesco, 1993, p. 43 e ss.;

[3] La dottrina del patrimonio comune dell’umanità è stata anticipata da Joseph Kroll nel 1935 e da A.A. Cocca nel 1950 con riferimento allo spazio extraterrestre. Più noto è il contributo dell’ambasciatore di Malta A. Pardo, che ne ha approfondito i principi in una visione più ampia, The common Heritage, selected papers on Oceans and World Order 1967-1974, 1975. Sul punto vedi anche: A. Kiss, Patrimoine commun de l’humanitè, recueil des cours, vol.175, p. 99, 1982;

[4] Si tratta di responsabilità per omessa vigilanza. Nella prospettiva del diritto internazionale umanitario, la responsabilità degli Stati per la repressione dei crimini contro l’umanità riguarda anche lo spazio interno alla propria sovranità, sicché la Corte penale internazionale è competente ad intervenire. Sulla Corte penale internazionale vedi ISISC, La Corte penale internazionale, nuova Zangara Stampa Editrice, Siracusa, 2002; No Peace Without Justice, Cour penale International en 1998, Roma;

[5] Sia pure con difficoltà ed un certo ritardo il diritto comunitario ha codificato con due Direttive il danno ambientale (Direttiva 2004/35/CE) ed i reati ambientali (Direttiva “ecocrime” 2008/99/CE). A livello internazionale il problema del danno ambientale e della soluzione dei relativi conflitti è stato affrontato da molti autori: vedi tra gli altri Alexandre Timoschenko, Dispute Avoidance and Dispute Settlement in International Environmental Law, UNEP, Nairobi, 2001; Amedeo Postiglione, Giustizia e ambiente globale, Giuffrè, 2001; dello stesso Autore, A more efficient International law on the Environonment and Setting up an International Court for the Environment Within the United Nations, in Environment Law, Northwestern School of Law of Lewis and Clark College, Portland, Oregon, 1990. Viene ripresa l’idea di una Giustizia internazionale ambientale lanciata per la prima volta da Amedeo Postiglione, giudice della Corte di Cassazione, in Roma, nell’Accademia Nazionale dei Lincei il 21-24 Aprile 1989 in un Congresso internazionale con lo stesso titolo;

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