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La responsabilità ambientale verso le generazioni presenti e future
di Amedeo Postiglione
Categoria: Responsabilità ambientali
Tratto dal Volume Ambiente e Doveri
Sommario: 3.1. La responsabilità e la solidarietà fra le generazioni presenti: la sfida delle migrazioni; 3.2.La responsabilità e la solidarietà verso le generazioni future; 3.3. L’evoluzione giuridica.
“Il nous faut reconnaître que le changement climatique à l’échelle de la planète qui est dû en partie aux activités humaines pose de sérieux problèmes de justice entre notre génération et le générations futures, et entre les différentes communautés à l’intérieur des générations futures.
Pour nous acquitter de notre responsabilité envers les générations futures, nous devons respecter les principes de l’équité l’intergénérations.
Nous avons besoin d’une stratégie planétaire relative au changement climatique, qui reflète les principes de l’équité intergénérations.”
(Justice pour les générations futures – E. Brown Weiss, 1993)
3.1 La responsabilità e la solidarietà fra le generazioni presenti: la sfida delle migrazioni
In un mondo globalizzato il fenomeno delle migrazioni appare inevitabile non solo a causa della povertà di alcune aree del Pianeta o in conseguenza di deforestazione, perdita di biodiversità e mutamento climatico o di conflitti locali, ma per scelte culturali dettate dal desiderio di un avvenire più progredito per sé e la propria famiglia.
Cercando di considerare il problema in senso realistico e non ideologico, possono essere evidenziati due punti:
in via di principio “ogni migrante è una persona umana che in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”[1];
sul piano politico concreto, occorre assicurare a questa filosofia una base economica e sociale adeguata nei Paesi di destinazione ed un tempo di adeguamento e di integrazione anche attraverso l’impegno e la responsabilità nel lavoro dei soggetti interessati.
Proprio per la rilevanza epocale del fenomeno migratorio ed il carattere strutturale e non contingente di esso, appare erroneo l’atteggiamento buonista, strumentale ed ideologico dell’accoglienza indiscriminata.
Come pure erroneo e non realistico sarebbe l’atteggiamento di chiusura delle frontiere.
Siamo in una fase di grave transizione, senza adeguate normative internazionali “in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigranti”[2].
I problemi di sicurezza e le implicazioni culturali e religiose non devono essere sottovalutati.
Occorre prevenire nei limiti del possibile, assicurando in loco, cioè nei Paesi di provenienza, condizioni di sviluppo socio-economico soprattutto agricolo (investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in diffusione di nuove tecniche agricole, in formazione sul posto, in organizzazione di mercati tipici con sbocco dei relativi prodotti, in meccanismi di micro finanza, ecc).
La via solidaristica è necessaria, ma senza passare attraverso regimi corrotti e corruttori o organizzazioni pseudo-umanitarie, insegnando sul posto come si lavora e si produce, come è possibile procurarsi il cibo, l’accesso all’acqua, una qualità di servizi sanitari e di istruzione soprattutto per le nuove generazioni.
La modifica del modello globale di Governance della Comunità internazionale in tema di economia e ambiente costituirebbe una grande opportunità per umanizzare il fenomeno delle migrazioni, attraverso soluzioni forti, di medio e lungo periodo.
Considerando in particolare il problema dei rifugiati ambientali[3] si richiamano – sia pure sommariamente – alcune situazioni critiche:
– l’impatto del mutamento climatico su molte isole minori del Pacifico e relative popolazioni[4];
– i conflitti per l’utilizzo dell’acqua in Medio – oriente, ma anche in un gran numero di laghi e fiumi internazionali, tra Stati e popolazioni interessate (fiume San Lorenzo tra Canada e Stati Uniti; fiume Rio Grande tra Stati Uniti e Messico; Gange tra India e Nepal; Mekong tra Laos, Tailandia, Cambogia e Vietnam; Nilo tra Egitto, Sudan ed Etiopia; Tigri ed Eufrate e contrasti con Iraq, Siria e Turchia; Zambesi e Niger in Africa; Rio delle Amazzoni in America del Sud; Reno e Danubio in Europa; ecc.);
– gli attacchi della deforestazione di alcuni grandi ecosistemi (es. Amazzonia e popolazioni indigene);
– la distruzione intenzionale di oltre 500 pozzi petroliferi in una vasta area subito dopo la conclusione della guerra nel Golfo contro l’Iraq ed altri analoghi catastrofici eventi (es. incendio dei pozzi petroliferi nel Golfo del Messico nel 2010; tzunami e incendio di un reattore atomico in Giappone nel 2011; ecc.).
– la situazione sopravvenuta di grave crisi economica e finanziaria in Europa e Usa, con riflessi diretti ed indiretti nel resto del mondo e inevitabili ricadute negative sull’ambiente.
3.2 La responsabilità e la solidarietà verso le generazioni future
Nella Dichiarazione di Rio de Janeiro, approvata nel Giugno 1992, è enunciato il principio 3, che così recita:
“Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future”.
Lo sviluppo umano è considerato come un processo temporale che coinvolge le generazioni presenti e future, in intima continuità tra loro.
– Nelle singole Convenzioni
In singole Convenzioni il principio della responsabilità verso le future generazioni è più volte ripetuto:
nella Convenzione di Bonn del 23 Giugno 1979, sulla conservazione delle specie migratorie di fauna selvatica, si sostiene che:
“ogni generazione detiene le risorse della terra per le future generazioni ed ha il dovere di fare si che tale eredità sia preservata e che, allorché se ne fa uso, tale uso avvenga con prudenza”;
nella Convenzione sulla diversità biologica, firmata nel 1992 a seguito della Conferenza di Rio de Janeiro, le parti si dichiarano “decise a conservare ed usare in modo sostenibile la diversità biologica a beneficio delle generazioni presenti e future” e precisano che l’uso sostenibile deve avvenire “secondo modalità e ad un ritmo che non ne comportino una riduzione a lungo termine, salvaguardandone in tal modo la possibilità di soddisfare le esigenze e le aspirazioni delle generazioni presenti e future”;
molto più ripetuto e marcato è il richiamo alle generazioni future nella Convenzione ONU sui cambiamenti climatici sottoscritta nel 1992 a Rio de Janeiro. Si dice che i cambiamenti climatici “costituiscono motivo di preoccupazione comune per l’umanità”; che hanno una “portata planetaria” ed impegnano la responsabilità di tutti gli Stati; si stabilisce di “salvaguardare il sistema climatico per le generazioni presenti e future sulla base dell’equità” (principio n.3).
Si ricordano le precedenti Risoluzioni dell’Assemblea Generale ONU relative alla protezione del clima mondiale, sempre nell’ottica di protezione delle generazioni future[5].
Come si vede, il principio di protezione delle generazioni future è ripetuto in termini generali e con riferimento a grandi settori ambientali (natura, clima).
– Il legame con i diritti umani
Ad una visione più integrata con i diritti umani si ispira la Convenzione di Aarhus – Danimarca 23-25 Giugno 1998 – su accesso all’informazione, alla partecipazione e giustizia- in tema di ambiente.
Si richiama giustamente l’art.1 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972 sull’ambiente come “diritto umano”; di conseguenza si riconosce il legame tra diritti umani e ambiente nel senso che una “adeguata protezione dell’ambiente è essenziale per il benessere umano e per il godimento dei diritti umani fondamentali, incluso il diritto alla vita”.
Nella stessa Convenzione si afferma che “ogni persona ha dirittodi vivere in un ambiente adeguato per la sua salute e benessere e il dovere, sia individuale che collettivo, di proteggere e rafforzare l’ambiente a beneficio delle generazioni presenti e future”.
Il diritto umano all’ambiente di oggi è collegato al diritto umano all’ambiente delle persone future in termini di “responsabilità”.
– La Carta Europea dei Diritti Fondamentali
Anche nella Carta Europea dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01) si afferma nel preambolo che: “il godimento dei diritti umani fa sorgere la responsabilità e doveri nei confronti degli altri, come pure della comunità umana e delle generazioni future”.
Breve sintesi: dopo l’esame di alcune Fonti in tema di diritti delle generazioni future, si possono proporre alcune considerazioni:
– Responsabilità degli Stati
Certamente la responsabilità in termini politici e giuridici verso le generazioni future impegna gli Stati (come è espressamente detto nella Convenzione sulla biodiversità e in quella sul clima);
-Responsabilità personale e sociale
Parallelamente si è affermata una responsabilità personale e sociale verso le generazioni future in nome dell’ambiente e dei comuni diritti-doveri umani: questa responsabilità fa capo ad “ogni generazione” nel senso di conservare l’eredità, il “patrimonio comune” dell’ umanità anche per le future generazioni (così ad esempio nella Convenzione di Bonn sulle specie migratorie di fauna selvatica), oppure fa capo al diritto-dovere umano di ogni persona (così nella Convenzione di Aarhus sui diritti procedimentali di informazione, partecipazione ed accesso in tema di ambiente);
– Dovere di prudenza ed equità
La responsabilità si sostanzia in un dovere di prudenza ed equità nell’uso delle risorse comuni del pianeta;
– Duplice dimensione, spaziale e temporale del diritto umano all’ambiente
Il diritto all’ambiente – in quanto diritto-dovere umano – viene ad acquistare una duplice dimensione spaziale e temporale: una responsabilità verso tutte le risorse e i popoli di oggi; una responsabilità per la conservazione delle risorse anche nell’interesse delle generazioni future;
– Non si tratta di mandato o rappresentanza
In termini giuridici la responsabilità verso le generazioni future non si fonda su un mandato e quindi sulla rappresentanza: l’uomo è già inserito in una continuità genetica (e spirituale) di un ecosistema vivente di cui è custode.
Il diritto delle generazioni future esiste già oggi, come nel seno di una madre esiste il diritto alla vita di un bambino che deve nascere.
La responsabilità e i doveri delle persone e della comunità umana di oggi fondano giuridicamente il diritto alla vita delle generazioni future e ne sono garanzia.
Dunque, la base legale dei diritti delle generazioni future va ricercata positivamente nelle leggi di oggi, ivi comprese naturalmente quelle che si riferiscono ai diritti umani.
A ben considerare la rappresentanza è un istituto giuridico non invocabile in questo caso perché viene utilizzato giustamente per la gestione di interessi vari economico-sociali ma non può essere utilizzato per un valore totale e primario qual è “la vita”, nella sua continuità genetica e unitarietà culturale e spirituale.
– Continuità genetica del sistema vivente
Si è accennato alla continuità genetica dell’ecosistema vivente.
Questa continuità genetica in senso spirituale è, ad esempio, già ricompresa nella concezione cristiana della Chiesa come Corpo di Cristo nella storia: le persone cioè fanno parte, secondo questa concezione, di una comunità vivente che non è legata ad un singolo momento storico ma li abbraccia tutti.
Per i soggetti che credono veramente a questa dimensione spirituale, diventa naturale vedere il proprio ruolo anche in termini di responsabilità verso gli altri che fanno parte dello stesso corpo vivente spirituale.
La cultura laica e l’esperienza comune mostrano che esiste invece uno iato, cioè una separazione, fra la realtà individuale del singolo e la realtà sociale di riferimento.
Questa realtà sociale comporta certo degli obblighi, ma in relazione all’ambiente comune non esiste ancora una percezione profonda comune in termini di responsabilità.
Ciascuno vede l’ambiente da un profilo limitato e di interesse personale o familiare, ma non riesce ad avvertire il legame con l’ambiente globale e la comunità globale di riferimento.
E’ perciò difficile oggi parlare di diritto e responsabilità verso le generazioni future, perché la cultura deve ancora approfondire i due legami dell’uomo singolo verso la comunità concepita non come somma di persone ma come corpo e comunità umana, nonché il legame che riguarda l’ambiente di interesse personale e l’ambiente come bene comune complessivo.
– Concetti da precisare
Per rendere più concreto il diritto delle generazioni future i concetti scientifici e giuridici devono essere ulteriormente definiti.
Qual è il patrimonio naturale mondiale?
Qual è il patrimonio culturale mondiale?
Perché questi patrimoni costituiscono una eredità da trasmettere?
-Un unico valore giuridico indiscutibile
La sostenibilità dello sviluppo richiede di essere valutata già oggi in relazione ad un valore giuridico comune sovraordinato costituito dalla sostenibilità della vita sulla Terra.
E’ questo il criterio unico, certo e sicuro di riferimento: la responsabilità verso le generazioni future è assolta se oggi garantiamo le basi della sostenibilità della vita sulla Terra.
Di conseguenza, occorre fare molta attenzione al significato e al contenuto dello sviluppo sostenibile, perché vi è il rischio di trasformare la sostenibilità in un semplice aggettivo qualificativo dello sviluppo.
Certo lo sviluppo libero anche in senso economico va difeso ma in una cornice di un più chiaro rapporto tra economia e ambiente: non qualunque sviluppo economico può garantire l’ambiente ma solo quello che soddisfa i bisogni essenziali di ogni uomo e dei popoli.
L’evoluzione giuridica
– L’equità intergenerazionale
L’equità intergenerazionale comincia ad interessare la giurisprudenza. In un caso del Giugno 1993 relativo alla delimitazione delle acque territoriali tra Danimarca e Norvegia, si segnala l’opinione espressa dal giudice Weeramantry della Corte Internazionale di Giustizia sulla necessità di dover tenere conto del principio di equità intergenerazionale, sia in senso spaziale, che temporale. In un caso di rilievo, a livello nazionale, la Corte Suprema delle Filippine il 30 Luglio 1993 accoglieva la legittimazione processuale di un’azione collettiva promossa da ragazzi “a nome proprio”, a nome della loro generazione e delle generazioni future”, richiamante il rispetto del diritto umano ad un ambiente sano ed equilibrato, contro la distruzione massiccia della foresta tropicale del luogo[6].
– In senso più generale il concetto di “equità” è in qualche modo sempre legato a quello di giustizia nella giurisprudenza, nel senso che i giudici, applicando le leggi ed i principi giuridici, cercano sempre di ottenere un risultato giusto per il caso concreto, in relazione alle sue caratteristiche ed agli elementi raccolti. Si muove in questa linea anche la Corte internazionale di giustizia dell’Aia con varie decisioni concernenti la soluzione di controversie tra Stati sulla delimitazione degli spazi marittimi e la loro utilizzazione (C.J.J. Recueil 1969 p. 3, piattaforma continentale del mare del Nord, Germania c/o Danimarca; C.J.J. Recueil 1982, p.18; Tunisia c/o Libia in relazione alla piattaforma continentale nord-africana; C.J.J. Recueil 1984, p.246, regione del Golfo del Marine Canada c/o Stati Uniti; C.J.J. 1985, p.13, Libia c/o Malta, piattaforma continentale).
– Si tratta di decisioni interessanti alla luce della Convenzione Generale sul diritto del mare (Montejo Bay 1982) che prevede (art.59) una Autorità internazionale dei fondali marini, la quale è tenuta ad “assicurare la divisione equa dei vantaggi finanziari e altri vantaggi economici dipendenti della utilizzazione della zona”.
– La dimensione temporale del diritto internazionale
La dimensione temporale nel diritto internazionale comincia a comparire dopo la Seconda Guerra mondiale in un gran numero di strumenti internazionali (Dichiarazioni, Carte, Accordi, Risoluzioni dell’Assemblea delle N.U. ecc).
Si possono citare:
La Carta delle N.U. del 1945
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948
La Dichiarazione di Stoccolma del 1972
La Carta dei Diritti e Doveri economici degli Stati del 1974
La Carta Mondiale della Natura del 1982
La Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992
Molte Convenzioni internazionali generali e settoriali (clima, biodiversità, beni culturali, Antartide, ecc).
I problemi dell’equità intergenerazionale si possono riassumere in
tre punti:
il depauperamento delle risorse
la degradazione della qualità dell’ambiente
la discriminazione nell’accesso alle risorse comuni
Una teoria accettabile dell’equità intergenerazionale deve affrontare in termini di “responsabilità” questi temi, indicando non solo la motivazione culturale, ma le basi giuridiche di sostegno.
– Il principio dello sviluppo sostenibile
La Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (Commissione Brundtland) nel 1987, ha prodotto un pregevole Rapporto (Notre Avenir à Tous) nel quale vengono posti in evidenza sia le gravi disuguaglianze nell’utilizzo delle risorse della generazione presente, sia i pericoli che incombono sulle generazioni future, se lo sviluppo non diviene “sostenibile”.
I principi sono chiari:
-conservare le opzioni di cui godono le generazioni presenti;
-assicurare la stessa “qualità” dall’ambiente di cui godono le generazioni presenti;
-conservare l’accesso alle risorse di cui godono le generazioni presenti.
Questi principi – pur dovendo tener conto delle condizioni e della difficoltà di coordinare economia-ambiente in una sequenza omogenea – , si muovono in una logica di diritti e doveri planetari, che non negano il ruolo degli Stati, ma coinvolgono il mondo della cultura, la tecnica, l’economia, la società civile.
– La verità ecologica del Pianeta
Dal nostro punto di vista, nella Comunità internazionale è iniziato un percorso giusto, incentrato sul principio di “equità” e sulla visione “temporale” dei fenomeni: il concetto di “Umanità” è considerato unitariamente (in senso spaziale e temporale); la Terra è considerata unitariamente; l’ambiente è legato all’economia; l’idea di giustizia non è tanto legata a quella di “uguaglianza” (pur importante), ma a quella di “solidarietà” cioè ad un valore etico più alto.
Ora si attende che l’evoluzione giuridica e politica muova i suoi passi sulla realtà, cioè verso la “verità” ecologica del Pianeta, senza demagogie, costruendo davvero un modello credibile di “governance globale”.
-Un Trattato sui doveri verso le generazioni future
Non sembri troppo utopistica la proposta di inserire con urgenza nell’agenda dei Governi il progetto di un Trattato specifico sui doveri verso le generazioni future. Questo Trattato dovrebbe contenere, in termini più precisi, una base di principi ed anche una architettura di garanzia delle generazioni future con riferimento ai principali pilastri di sostenibilità del Pianeta: uno standard certo di acqua potabile per l’umanità; uno standard di conservazione dei polmoni verdi del pianeta; uno standard energetico condiviso, escludendo quelle di origine fossile; uno standard di utilizzazione delle risorse degli oceani e della terraferma che garantisca la continuità dell’ecosistema terrestre ed i suoi equilibri fondamentali. Tra le garanzie giuridiche dovrebbe essere formalizzata la possibilità di esperire azioni davanti ai giudici nazionali ed internazionali per la giustizia a favore delle future generazioni.
[1]Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi, 3 maggio 2004, AAS 96 (2004), 762-822 ;v.anche enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco,3-10-2020, punto 121
[2]Come saggiamente suggerisce Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate n.62;
[3]Vedi Environmental Justice and the Rights of Ecological Refugees, Laura Westra, London Earthscan, 2009;
[4]Le piccole isole del Pacifico e dell’oceano Indiano sono preoccupate dal livello del mare dovuto al progressivo riscaldamento terrestre. Esse hanno dato vita ad una sorta di Alliance of Small Island States (AOIS), per meglio rappresentare a livello anche politico le proprie preoccupazioni. E’ significativa la loro adesione al Progetto ICEF di una Corte internazionale dell’ambiente (vedi lettera del 3 Maggio 1996 del Direttore Generale degli Affari Esteri Claude Morel del Governo delle Seychelles), in Report ICEF 2000, Esi Editore, Napoli;
[5]Ris. N.44/228 del 22-12-1989; Ris. N.43/53 al 6-12-1988; Ris. N.45/212 del 21-12-1990; Ris. N.46/169 del 19-12-1991;
[6]Vedi Tullio Scovazzi, Le azioni delle generazioni future, Rivista giuridica dell’ambiente, 1995, fascicolo 1, pag. 153 e Edith Brown Weiss, Justice pour les generations futures, Editions Sang de la Terre, Paris, 1993, pag.277
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La responsabilità ambientale verso le generazioni presenti e future
di Amedeo Postiglione
Tratto dal Volume Ambiente e Doveri
Sommario: 3.1. La responsabilità e la solidarietà fra le generazioni presenti: la sfida delle migrazioni; 3.2. La responsabilità e la solidarietà verso le generazioni future; 3.3. L’evoluzione giuridica.
“Il nous faut reconnaître que le changement climatique à l’échelle de la planète qui est dû en partie aux activités humaines pose de sérieux problèmes de justice entre notre génération et le générations futures, et entre les différentes communautés à l’intérieur des générations futures.
Pour nous acquitter de notre responsabilité envers les générations futures, nous devons respecter les principes de l’équité l’intergénérations.
Nous avons besoin d’une stratégie planétaire relative au changement climatique, qui reflète les principes de l’équité intergénérations.”
(Justice pour les générations futures – E. Brown Weiss, 1993)
3.1 La responsabilità e la solidarietà fra le generazioni presenti: la sfida delle migrazioni
In un mondo globalizzato il fenomeno delle migrazioni appare inevitabile non solo a causa della povertà di alcune aree del Pianeta o in conseguenza di deforestazione, perdita di biodiversità e mutamento climatico o di conflitti locali, ma per scelte culturali dettate dal desiderio di un avvenire più progredito per sé e la propria famiglia.
Cercando di considerare il problema in senso realistico e non ideologico, possono essere evidenziati due punti:
Proprio per la rilevanza epocale del fenomeno migratorio ed il carattere strutturale e non contingente di esso, appare erroneo l’atteggiamento buonista, strumentale ed ideologico dell’accoglienza indiscriminata.
Come pure erroneo e non realistico sarebbe l’atteggiamento di chiusura delle frontiere.
Siamo in una fase di grave transizione, senza adeguate normative internazionali “in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigranti”[2].
I problemi di sicurezza e le implicazioni culturali e religiose non devono essere sottovalutati.
Occorre prevenire nei limiti del possibile, assicurando in loco, cioè nei Paesi di provenienza, condizioni di sviluppo socio-economico soprattutto agricolo (investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in diffusione di nuove tecniche agricole, in formazione sul posto, in organizzazione di mercati tipici con sbocco dei relativi prodotti, in meccanismi di micro finanza, ecc).
La via solidaristica è necessaria, ma senza passare attraverso regimi corrotti e corruttori o organizzazioni pseudo-umanitarie, insegnando sul posto come si lavora e si produce, come è possibile procurarsi il cibo, l’accesso all’acqua, una qualità di servizi sanitari e di istruzione soprattutto per le nuove generazioni.
La modifica del modello globale di Governance della Comunità internazionale in tema di economia e ambiente costituirebbe una grande opportunità per umanizzare il fenomeno delle migrazioni, attraverso soluzioni forti, di medio e lungo periodo.
Considerando in particolare il problema dei rifugiati ambientali[3] si richiamano – sia pure sommariamente – alcune situazioni critiche:
– l’impatto del mutamento climatico su molte isole minori del Pacifico e relative popolazioni[4];
– i conflitti per l’utilizzo dell’acqua in Medio – oriente, ma anche in un gran numero di laghi e fiumi internazionali, tra Stati e popolazioni interessate (fiume San Lorenzo tra Canada e Stati Uniti; fiume Rio Grande tra Stati Uniti e Messico; Gange tra India e Nepal; Mekong tra Laos, Tailandia, Cambogia e Vietnam; Nilo tra Egitto, Sudan ed Etiopia; Tigri ed Eufrate e contrasti con Iraq, Siria e Turchia; Zambesi e Niger in Africa; Rio delle Amazzoni in America del Sud; Reno e Danubio in Europa; ecc.);
– gli attacchi della deforestazione di alcuni grandi ecosistemi (es. Amazzonia e popolazioni indigene);
– la distruzione intenzionale di oltre 500 pozzi petroliferi in una vasta area subito dopo la conclusione della guerra nel Golfo contro l’Iraq ed altri analoghi catastrofici eventi (es. incendio dei pozzi petroliferi nel Golfo del Messico nel 2010; tzunami e incendio di un reattore atomico in Giappone nel 2011; ecc.).
– la situazione sopravvenuta di grave crisi economica e finanziaria in Europa e Usa, con riflessi diretti ed indiretti nel resto del mondo e inevitabili ricadute negative sull’ambiente.
3.2 La responsabilità e la solidarietà verso le generazioni future
Nella Dichiarazione di Rio de Janeiro, approvata nel Giugno 1992, è enunciato il principio 3, che così recita:
“Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future”.
Lo sviluppo umano è considerato come un processo temporale che coinvolge le generazioni presenti e future, in intima continuità tra loro.
– Nelle singole Convenzioni
In singole Convenzioni il principio della responsabilità verso le future generazioni è più volte ripetuto:
“ogni generazione detiene le risorse della terra per le future generazioni ed ha il dovere di fare si che tale eredità sia preservata e che, allorché se ne fa uso, tale uso avvenga con prudenza”;
Si ricordano le precedenti Risoluzioni dell’Assemblea Generale ONU relative alla protezione del clima mondiale, sempre nell’ottica di protezione delle generazioni future[5].
Come si vede, il principio di protezione delle generazioni future è ripetuto in termini generali e con riferimento a grandi settori ambientali (natura, clima).
– Il legame con i diritti umani
Ad una visione più integrata con i diritti umani si ispira la Convenzione di Aarhus – Danimarca 23-25 Giugno 1998 – su accesso all’informazione, alla partecipazione e giustizia- in tema di ambiente.
Si richiama giustamente l’art.1 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972 sull’ambiente come “diritto umano”; di conseguenza si riconosce il legame tra diritti umani e ambiente nel senso che una “adeguata protezione dell’ambiente è essenziale per il benessere umano e per il godimento dei diritti umani fondamentali, incluso il diritto alla vita”.
Nella stessa Convenzione si afferma che “ogni persona ha diritto di vivere in un ambiente adeguato per la sua salute e benessere e il dovere, sia individuale che collettivo, di proteggere e rafforzare l’ambiente a beneficio delle generazioni presenti e future”.
Il diritto umano all’ambiente di oggi è collegato al diritto umano all’ambiente delle persone future in termini di “responsabilità”.
– La Carta Europea dei Diritti Fondamentali
Anche nella Carta Europea dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01) si afferma nel preambolo che: “il godimento dei diritti umani fa sorgere la responsabilità e doveri nei confronti degli altri, come pure della comunità umana e delle generazioni future”.
Breve sintesi: dopo l’esame di alcune Fonti in tema di diritti delle generazioni future, si possono proporre alcune considerazioni:
– Responsabilità degli Stati
Certamente la responsabilità in termini politici e giuridici verso le generazioni future impegna gli Stati (come è espressamente detto nella Convenzione sulla biodiversità e in quella sul clima);
-Responsabilità personale e sociale
Parallelamente si è affermata una responsabilità personale e sociale verso le generazioni future in nome dell’ambiente e dei comuni diritti-doveri umani: questa responsabilità fa capo ad “ogni generazione” nel senso di conservare l’eredità, il “patrimonio comune” dell’ umanità anche per le future generazioni (così ad esempio nella Convenzione di Bonn sulle specie migratorie di fauna selvatica), oppure fa capo al diritto-dovere umano di ogni persona (così nella Convenzione di Aarhus sui diritti procedimentali di informazione, partecipazione ed accesso in tema di ambiente);
– Dovere di prudenza ed equità
La responsabilità si sostanzia in un dovere di prudenza ed equità nell’uso delle risorse comuni del pianeta;
– Duplice dimensione, spaziale e temporale del diritto umano all’ambiente
Il diritto all’ambiente – in quanto diritto-dovere umano – viene ad acquistare una duplice dimensione spaziale e temporale: una responsabilità verso tutte le risorse e i popoli di oggi; una responsabilità per la conservazione delle risorse anche nell’interesse delle generazioni future;
– Non si tratta di mandato o rappresentanza
In termini giuridici la responsabilità verso le generazioni future non si fonda su un mandato e quindi sulla rappresentanza: l’uomo è già inserito in una continuità genetica (e spirituale) di un ecosistema vivente di cui è custode.
Il diritto delle generazioni future esiste già oggi, come nel seno di una madre esiste il diritto alla vita di un bambino che deve nascere.
La responsabilità e i doveri delle persone e della comunità umana di oggi fondano giuridicamente il diritto alla vita delle generazioni future e ne sono garanzia.
Dunque, la base legale dei diritti delle generazioni future va ricercata positivamente nelle leggi di oggi, ivi comprese naturalmente quelle che si riferiscono ai diritti umani.
A ben considerare la rappresentanza è un istituto giuridico non invocabile in questo caso perché viene utilizzato giustamente per la gestione di interessi vari economico-sociali ma non può essere utilizzato per un valore totale e primario qual è “la vita”, nella sua continuità genetica e unitarietà culturale e spirituale.
– Continuità genetica del sistema vivente
Si è accennato alla continuità genetica dell’ecosistema vivente.
Questa continuità genetica in senso spirituale è, ad esempio, già ricompresa nella concezione cristiana della Chiesa come Corpo di Cristo nella storia: le persone cioè fanno parte, secondo questa concezione, di una comunità vivente che non è legata ad un singolo momento storico ma li abbraccia tutti.
Per i soggetti che credono veramente a questa dimensione spirituale, diventa naturale vedere il proprio ruolo anche in termini di responsabilità verso gli altri che fanno parte dello stesso corpo vivente spirituale.
La cultura laica e l’esperienza comune mostrano che esiste invece uno iato, cioè una separazione, fra la realtà individuale del singolo e la realtà sociale di riferimento.
Questa realtà sociale comporta certo degli obblighi, ma in relazione all’ambiente comune non esiste ancora una percezione profonda comune in termini di responsabilità.
Ciascuno vede l’ambiente da un profilo limitato e di interesse personale o familiare, ma non riesce ad avvertire il legame con l’ambiente globale e la comunità globale di riferimento.
E’ perciò difficile oggi parlare di diritto e responsabilità verso le generazioni future, perché la cultura deve ancora approfondire i due legami dell’uomo singolo verso la comunità concepita non come somma di persone ma come corpo e comunità umana, nonché il legame che riguarda l’ambiente di interesse personale e l’ambiente come bene comune complessivo.
– Concetti da precisare
Per rendere più concreto il diritto delle generazioni future i concetti scientifici e giuridici devono essere ulteriormente definiti.
Qual è il patrimonio naturale mondiale?
Qual è il patrimonio culturale mondiale?
Perché questi patrimoni costituiscono una eredità da trasmettere?
-Un unico valore giuridico indiscutibile
La sostenibilità dello sviluppo richiede di essere valutata già oggi in relazione ad un valore giuridico comune sovraordinato costituito dalla sostenibilità della vita sulla Terra.
E’ questo il criterio unico, certo e sicuro di riferimento: la responsabilità verso le generazioni future è assolta se oggi garantiamo le basi della sostenibilità della vita sulla Terra.
Di conseguenza, occorre fare molta attenzione al significato e al contenuto dello sviluppo sostenibile, perché vi è il rischio di trasformare la sostenibilità in un semplice aggettivo qualificativo dello sviluppo.
Certo lo sviluppo libero anche in senso economico va difeso ma in una cornice di un più chiaro rapporto tra economia e ambiente: non qualunque sviluppo economico può garantire l’ambiente ma solo quello che soddisfa i bisogni essenziali di ogni uomo e dei popoli.
– L’equità intergenerazionale
L’equità intergenerazionale comincia ad interessare la giurisprudenza. In un caso del Giugno 1993 relativo alla delimitazione delle acque territoriali tra Danimarca e Norvegia, si segnala l’opinione espressa dal giudice Weeramantry della Corte Internazionale di Giustizia sulla necessità di dover tenere conto del principio di equità intergenerazionale, sia in senso spaziale, che temporale. In un caso di rilievo, a livello nazionale, la Corte Suprema delle Filippine il 30 Luglio 1993 accoglieva la legittimazione processuale di un’azione collettiva promossa da ragazzi “a nome proprio”, a nome della loro generazione e delle generazioni future”, richiamante il rispetto del diritto umano ad un ambiente sano ed equilibrato, contro la distruzione massiccia della foresta tropicale del luogo[6].
– In senso più generale il concetto di “equità” è in qualche modo sempre legato a quello di giustizia nella giurisprudenza, nel senso che i giudici, applicando le leggi ed i principi giuridici, cercano sempre di ottenere un risultato giusto per il caso concreto, in relazione alle sue caratteristiche ed agli elementi raccolti. Si muove in questa linea anche la Corte internazionale di giustizia dell’Aia con varie decisioni concernenti la soluzione di controversie tra Stati sulla delimitazione degli spazi marittimi e la loro utilizzazione (C.J.J. Recueil 1969 p. 3, piattaforma continentale del mare del Nord, Germania c/o Danimarca; C.J.J. Recueil 1982, p.18; Tunisia c/o Libia in relazione alla piattaforma continentale nord-africana; C.J.J. Recueil 1984, p.246, regione del Golfo del Marine Canada c/o Stati Uniti; C.J.J. 1985, p.13, Libia c/o Malta, piattaforma continentale).
– Si tratta di decisioni interessanti alla luce della Convenzione Generale sul diritto del mare (Montejo Bay 1982) che prevede (art.59) una Autorità internazionale dei fondali marini, la quale è tenuta ad “assicurare la divisione equa dei vantaggi finanziari e altri vantaggi economici dipendenti della utilizzazione della zona”.
– La dimensione temporale del diritto internazionale
La dimensione temporale nel diritto internazionale comincia a comparire dopo la Seconda Guerra mondiale in un gran numero di strumenti internazionali (Dichiarazioni, Carte, Accordi, Risoluzioni dell’Assemblea delle N.U. ecc).
Si possono citare:
tre punti:
Una teoria accettabile dell’equità intergenerazionale deve affrontare in termini di “responsabilità” questi temi, indicando non solo la motivazione culturale, ma le basi giuridiche di sostegno.
– Il principio dello sviluppo sostenibile
La Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (Commissione Brundtland) nel 1987, ha prodotto un pregevole Rapporto (Notre Avenir à Tous) nel quale vengono posti in evidenza sia le gravi disuguaglianze nell’utilizzo delle risorse della generazione presente, sia i pericoli che incombono sulle generazioni future, se lo sviluppo non diviene “sostenibile”.
I principi sono chiari:
-conservare le opzioni di cui godono le generazioni presenti;
-assicurare la stessa “qualità” dall’ambiente di cui godono le generazioni presenti;
-conservare l’accesso alle risorse di cui godono le generazioni presenti.
Questi principi – pur dovendo tener conto delle condizioni e della difficoltà di coordinare economia-ambiente in una sequenza omogenea – , si muovono in una logica di diritti e doveri planetari, che non negano il ruolo degli Stati, ma coinvolgono il mondo della cultura, la tecnica, l’economia, la società civile.
– La verità ecologica del Pianeta
Dal nostro punto di vista, nella Comunità internazionale è iniziato un percorso giusto, incentrato sul principio di “equità” e sulla visione “temporale” dei fenomeni: il concetto di “Umanità” è considerato unitariamente (in senso spaziale e temporale); la Terra è considerata unitariamente; l’ambiente è legato all’economia; l’idea di giustizia non è tanto legata a quella di “uguaglianza” (pur importante), ma a quella di “solidarietà” cioè ad un valore etico più alto.
Ora si attende che l’evoluzione giuridica e politica muova i suoi passi sulla realtà, cioè verso la “verità” ecologica del Pianeta, senza demagogie, costruendo davvero un modello credibile di “governance globale”.
-Un Trattato sui doveri verso le generazioni future
Non sembri troppo utopistica la proposta di inserire con urgenza nell’agenda dei Governi il progetto di un Trattato specifico sui doveri verso le generazioni future. Questo Trattato dovrebbe contenere, in termini più precisi, una base di principi ed anche una architettura di garanzia delle generazioni future con riferimento ai principali pilastri di sostenibilità del Pianeta: uno standard certo di acqua potabile per l’umanità; uno standard di conservazione dei polmoni verdi del pianeta; uno standard energetico condiviso, escludendo quelle di origine fossile; uno standard di utilizzazione delle risorse degli oceani e della terraferma che garantisca la continuità dell’ecosistema terrestre ed i suoi equilibri fondamentali. Tra le garanzie giuridiche dovrebbe essere formalizzata la possibilità di esperire azioni davanti ai giudici nazionali ed internazionali per la giustizia a favore delle future generazioni.
[1] Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi, 3 maggio 2004, AAS 96 (2004), 762-822 ;v.anche enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco,3-10-2020, punto 121
[2]Come saggiamente suggerisce Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate n.62;
[3] Vedi Environmental Justice and the Rights of Ecological Refugees, Laura Westra, London Earthscan, 2009;
[4] Le piccole isole del Pacifico e dell’oceano Indiano sono preoccupate dal livello del mare dovuto al progressivo riscaldamento terrestre. Esse hanno dato vita ad una sorta di Alliance of Small Island States (AOIS), per meglio rappresentare a livello anche politico le proprie preoccupazioni. E’ significativa la loro adesione al Progetto ICEF di una Corte internazionale dell’ambiente (vedi lettera del 3 Maggio 1996 del Direttore Generale degli Affari Esteri Claude Morel del Governo delle Seychelles), in Report ICEF 2000, Esi Editore, Napoli;
[5] Ris. N.44/228 del 22-12-1989; Ris. N.43/53 al 6-12-1988; Ris. N.45/212 del 21-12-1990; Ris. N.46/169 del 19-12-1991;
[6] Vedi Tullio Scovazzi, Le azioni delle generazioni future, Rivista giuridica dell’ambiente, 1995, fascicolo 1, pag. 153 e Edith Brown Weiss, Justice pour les generations futures, Editions Sang de la Terre, Paris, 1993, pag.277
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