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Stefano Maglia

La tutela dell’ambiente è nella Costituzione! Dopo 74 anni finalmente…

di Stefano Maglia

Categoria: Generalità

Non mi sembra vero. Dopo oltre trenta 35 anni di attesa, speranza e lotta (giuridica), e decine di tentativi abortiti, finalmente la tutela dell’ambiente è un principio fondamentale costituzionalmente garantito.

In attesa di vedere il testo della legge in Gazzetta Ufficiale è infatti stata definitivamente approvata l’8 febbraio dai due rami del Parlamento questa importantissima riforma costituzionale degli articoli 9 e 41 della Costituzione.

 

In particolare si riporta il nuovo testo di questi articoli:

Articolo 9: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. TUTELA L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITÀ E GLI ECOSISTEMI, ANCHE NELL’INTERESSE DELLE FUTURE GENERAZIONI. LA LEGGE DELLO STATO DISCIPLINA I MODI E LE FORME DI TUTELA DEGLI ANIMALI».

Articolo 41: « L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ALLA SALUTE, ALL’AMBIENTE. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali E AMBIENTALI».

 

Facciamo insieme un passo indietro.

Avevo 26 anni, era il 1984, quando, leggendo una storica, straordinaria sentenza del gennaio dell’anno precedente della Corte di cassazione penale (estesa dal mio maestro e amico Amedeo Postiglione), mi resi conto di quanto fosse anacronistico, antropocentrico ed utilitaristico il testo dell’art. 9 della Costituzione, improntato sulla tutela del “paesaggio” (come del resto tutta la tutela “ambientale” fino al Decreto Galasso nel 1985) anziché dell’”ambiente”, e allora scrissi il primo di tanti articoli in cui sottolineavo con forza la necessità di una riforma.

Ricordo che persino nella prima edizione del Codice dell’ambiente alla fine degli anni 80, Maurizio Santoloci ed io sottolineavamo quanto fosse indispensabile ed ineludibile una modifica all’articolo 9, che consentisse di evolvere il nostro sistema giuridico sul terreno dello sviluppo sostenibile.

 

Riporto – in proposito – uno stralcio della introduzione ad un paragrafo dedicato a questo argomento scritto da me ancora nell’ultima edizione del mio volume Gestione ambientale: “Nella nostra Costituzione sono contenute due norme, l’art. 9 e l’art. 32, che trattano, rispettivamente, di tutela del paesaggio (in una visione in realtà alquanto “utilitaristica”, con finalità di tipo prettamente estetico-turistico) e della salute (in una visione prettamente “sanitaria”), ma non direttamente di ambiente, come invece accade in molte altre costituzioni di Paesi considerati ben meno evoluti del nostro

Solo nel 1987 si registra il primo, fondamentale intervento della Corte Costituzionale a colmare in qualche modo questa lacuna, che giunge addirittura ad affermare che “nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 e 32) ed assurge a valore primario ed assoluto” (sent. 30 dicembre 1987, n. 641).

Più recentemente la Corte è intervenuta ancora in argomento, innanzitutto con la fondamentale sentenza n. 227 del 2003, in cui si focalizza sul valore trasversale costituzionalmente protetto dell’ambiente, ed ancora nel 2009 con la sentenza n. 12 in cui, oltre a confermare il valore primario ed assoluto dell’ambiente, ne sottolinea le caratteristiche di conservazione ed utilizzabilità.

Non mi convince affatto il tentativo di confondere l’ambiente con l’habitat umano, giustificando così non solo l’assoggettamento del medesimo a standard soggettivi ed utilitaristici, ma anche la ricomprensione in questo concetto dei beni culturali, artistici, urbanistici ed archeologici, come peraltro – ed in tutta onestà intellettuale – è stato invece esposto spesso da una assai autorevole dottrina giuridica (per M. S. GIANNINI “parlando di ambiente ci si riferisce a tre gruppi di istituti giuridici distinti: quelli concernenti la tutela delle bellezze paesistiche, quindi un’attività culturale; quelli concernenti la qualità della vita, quindi la lotta contro gli inquinamenti, e perciò un’attività sanitaria; quelli concernenti il governo del territorio in quanto siano preservare certi tratti ecologici e quindi un’attività urbanistica”).

Pur con tutto il rispetto per tali autorevoli affermazioni, ho sempre ritenuto e continuo a ritenere un errore, per esempio (ma lo vedremo meglio in seguito) aver messo sullo stesso piano protettivo i beni ambientali (finalmente non più “bellezze naturali”) e quelli culturali, normati addirittura dal 1999 nell’ambito di un medesimo testo unico (D.L.vo n. 490/1999): un conto è la vita ed un altro la cultura e la storia. Un conto è il futuro ed un altro la memoria. Un conto è il bene ed un altro il bello”.

 

Scusate questa autocitazione, ma volevo sottolineare quanta strada abbiamo percorso fino a giungere a questo straordinario risultato.

Il concetto di ambiente quale bene giuridico autonomo va ben oltre quello di paesaggio!

Volevo infine sottolineare che non è affatto da sottovalutare la contemporanea modifica anche dell’articolo 41, che indirizza per sempre l’iniziativa economica ed industriale nell’ambito e nel rispetto anche della tutela dell’ambiente.

Ciò significa che ogni norma giuridica che varchi questo limite potrà d’ora innanzi essere dichiarata illegittima in quanto incostituzionale.

E non è certo poco.

Una volta tanto grazie al nostro Parlamento. Non sprechiamo questo patrimonio.

 

 

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