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L’art. 41 della Costituzione, tra sostenibilità sociale, economica e ambientale
di Stefano Maglia
Categoria: Generalità
Forse non tutti hanno colto la portata della nuova formulazione dell’art. 41 della Costituzione, in vigore da poco più di un anno: in questo contributo si cercherà di mettere in luce le ricadute che ha sulle imprese, l’economia e la sostenibilità ambientale aziendale.
La Legge Costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2022 ed in vigore dal 9 marzo 2022) inserisce nella Carta costituzionale un espresso riferimento alla tutela dell’ambiente e degli animali, recando modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione.
In particolare, integrando l’articolo 9 della Costituzione, la citata Legge introduce tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Modifica, inoltre, l’articolo 41 della Costituzione, prevedendo che l’iniziativa economica non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente e che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini ambientali.
In precedenza avevo già scritto che “nella nostra Costituzione sono contenute due norme, l’art. 9 e l’art. 32, che trattano, rispettivamente, di tutela del paesaggio (in una visione in realtà alquanto “utilitaristica”, con finalità di tipo prettamente estetico-turistico) e della salute (in una visione prettamente “sanitaria”), ma non direttamente di ambiente, come invece accade in molte altre costituzioni di Paesi considerati ben meno evoluti del nostro…” (in Gestione Ambientale, ed. TuttoAmbiente)
Fu solo nel 1987 che si registrò il primo, fondamentale intervento della Corte Costituzionale a colmare in qualche modo questa lacuna, giungendo addirittura ad affermare che “nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 e 32) ed assurge a valore primario ed assoluto” (sent. 30 dicembre 1987, n. 641).
Ritengo, infatti, un errore aver messo sullo stesso piano protettivo i beni ambientali (finalmente non più “bellezze naturali”) e quelli culturali, normati addirittura dal 1999 nell’ambito di un medesimo testo unico (D.L.vo 490/1999): un conto è la vita ed un altro la cultura e la storia. Un conto è il futuro ed un altro la memoria. Un conto è il bene ed un altro il bello.
Non è affatto da sottovalutare la contemporanea modifica anche dell’art. 41, che indirizza per sempre l’iniziativa economica ed industriale nell’ambito e nel rispetto anche della tutela dell’ambiente. Anzi!
Ritorniamo, dunque, all’art. 41, che oggi così dispone:
“L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
(In neretto le parole introdotte dalla Legge Costituzionale 1/2022).
Giova in questa sede ricordare che ogni norma giuridica che varchi questo limite potrà d’ora innanzi essere dichiarata illegittima in quanto incostituzionale.
Analizziamo attentamente il testo.
Il nuovo art. 41 si rivolge innanzitutto direttamente all’imprenditore con un imperativo (“non può svolgersi” in modo da recare danno all’ambiente) che non ammette discussioni: il rispetto dell’ambiente è un limite assoluto all’attività di impresa.
Nella seconda parte, poi, si rivolge indirettamente all’imprenditore con un “possa”, soffermandosi sugli obblighi del legislatore che deve determinare programmi e controlli opportuni (quindi regole e sanzioni) per indirizzare e coordinare le aziende verso fini sociali ed ambientali.
La responsabilità sociale d’impresa dunque si affiancata a quella ambientale d’impresa.
Quindi Environment e Social. Manca solo la Governance per completare la ESG: ci avevate fatto caso?
La Governance Ambientale Aziendale.
Ma come conciliare sostenibilità economica e ambientale?
A mio avviso il bridge tra queste due esigenze, e tra i Rischi e Opportunità che la disciplina ambientale produce verso il sistema industriale, sta in una parola: responsabilità.
Verso la propria azienda, verso il mercato, verso l’ambiente, verso le future generazioni.
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L’art. 41 della Costituzione, tra sostenibilità sociale, economica e ambientale
di Stefano Maglia
Forse non tutti hanno colto la portata della nuova formulazione dell’art. 41 della Costituzione, in vigore da poco più di un anno: in questo contributo si cercherà di mettere in luce le ricadute che ha sulle imprese, l’economia e la sostenibilità ambientale aziendale.
La Legge Costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” (pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2022 ed in vigore dal 9 marzo 2022) inserisce nella Carta costituzionale un espresso riferimento alla tutela dell’ambiente e degli animali, recando modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione.
In particolare, integrando l’articolo 9 della Costituzione, la citata Legge introduce tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Modifica, inoltre, l’articolo 41 della Costituzione, prevedendo che l’iniziativa economica non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente e che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini ambientali.
In un mio precedente articolo (La tutela dell’ambiente è nella Costituzione! Dopo 74 anni finalmente…), pubblicato a ridosso della riforma costituzionale, salutavo con entusiasmo la tutela dell’ambiente quale principio fondamentale costituzionalmente garantito.
In precedenza avevo già scritto che “nella nostra Costituzione sono contenute due norme, l’art. 9 e l’art. 32, che trattano, rispettivamente, di tutela del paesaggio (in una visione in realtà alquanto “utilitaristica”, con finalità di tipo prettamente estetico-turistico) e della salute (in una visione prettamente “sanitaria”), ma non direttamente di ambiente, come invece accade in molte altre costituzioni di Paesi considerati ben meno evoluti del nostro…” (in Gestione Ambientale, ed. TuttoAmbiente)
Fu solo nel 1987 che si registrò il primo, fondamentale intervento della Corte Costituzionale a colmare in qualche modo questa lacuna, giungendo addirittura ad affermare che “nel nostro ordinamento giuridico la protezione dell’ambiente è imposta da precetti costituzionali (artt. 9 e 32) ed assurge a valore primario ed assoluto” (sent. 30 dicembre 1987, n. 641).
Ritengo, infatti, un errore aver messo sullo stesso piano protettivo i beni ambientali (finalmente non più “bellezze naturali”) e quelli culturali, normati addirittura dal 1999 nell’ambito di un medesimo testo unico (D.L.vo 490/1999): un conto è la vita ed un altro la cultura e la storia. Un conto è il futuro ed un altro la memoria. Un conto è il bene ed un altro il bello.
Non è affatto da sottovalutare la contemporanea modifica anche dell’art. 41, che indirizza per sempre l’iniziativa economica ed industriale nell’ambito e nel rispetto anche della tutela dell’ambiente. Anzi!
Ritorniamo, dunque, all’art. 41, che oggi così dispone:
“L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
(In neretto le parole introdotte dalla Legge Costituzionale 1/2022).
Giova in questa sede ricordare che ogni norma giuridica che varchi questo limite potrà d’ora innanzi essere dichiarata illegittima in quanto incostituzionale.
Analizziamo attentamente il testo.
Il nuovo art. 41 si rivolge innanzitutto direttamente all’imprenditore con un imperativo (“non può svolgersi” in modo da recare danno all’ambiente) che non ammette discussioni: il rispetto dell’ambiente è un limite assoluto all’attività di impresa.
Nella seconda parte, poi, si rivolge indirettamente all’imprenditore con un “possa”, soffermandosi sugli obblighi del legislatore che deve determinare programmi e controlli opportuni (quindi regole e sanzioni) per indirizzare e coordinare le aziende verso fini sociali ed ambientali.
La responsabilità sociale d’impresa dunque si affiancata a quella ambientale d’impresa.
Quindi Environment e Social. Manca solo la Governance per completare la ESG: ci avevate fatto caso?
La Governance Ambientale Aziendale.
Ma come conciliare sostenibilità economica e ambientale?
A mio avviso il bridge tra queste due esigenze, e tra i Rischi e Opportunità che la disciplina ambientale produce verso il sistema industriale, sta in una parola: responsabilità.
Verso la propria azienda, verso il mercato, verso l’ambiente, verso le future generazioni.
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