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Lettera al Consiglio Europeo dell’Energia (con il rischio di essere smentito a brevissimo)
di Massimo Medugno
Categoria: Energia
In questi circa quindici giorni che ci separano dalle elezioni molte cose dovrebbero accadere per consentire alle imprese di molti comparti di non compromettere definitivamente la propria competivita’ e di rimanere al servizio del Paese come settori Essenziali, come nel 2020 all’inizio della pandemia e come previsto dalle linee guida UE sugli Aiuti di Stato.
Storicamente l’istanza dei settori energivori stata sempre quella di essere messi nelle stesse condizioni di competitivita’ dei nostri concorrenti europei per quanto concerne i costi energetici.
Con prezzi medi del gas a 200 euro/Mkwh nel mese di agosto, inevitabilmente (con massimi arrivati sui 330-340) molte aziende potrebbero fermare le macchine per l’impossibilità di trasferire tali costi sui clienti e sull’ intera filiera.
Scrivere oggi, prima del Consiglio Europeo sull’Energia del 9 settembre, può essere abbastanza difficile in quanto il rischio è di essere facilmente smentiti.
Due considerazioni sono da fare obbligatoriamente: la prima, ricordare che la CECA, antenato dell’Europa, nasce come Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio; la seconda, strettamente collegata alla prima, è che per essere un soggetto sovrano (e non sovranista) occorre avere politiche energetiche e sulle materie prime.
Cosa ci si aspetta dall’Europa?
Innanzi tutto il price cap a livello europeo e il disaccoppiamento tra prezzo del gas e delle rinnovabili sempre a livello europeo (altrimenti perché esiste un mercato unico?).
Quante probabilità che ciò accada? Il price cap a livello europeo sembra essere ancora molto divisivo.
Nonostante gli sforzi dell’Italia, che ha presentato una proposta.
Secondo detta proposta gli importatori saranno ristorati della differenza tra il prezzo dell’LNG (gas liquefatto, quello che viene per nave per intenderci) e il cap, cioè il tetto fissato al prezzo del gas.
I contratti correnti incorporeranno il sistema del cap automaticamente nella formazione del prezzo. Questi due dei capisaldi della proposta italiana per la fissazione di un price cap a livello europeo.
La proposta italiana parte dallo scenario dello straordinario incremento del prezzo del gas e dell’elettricità: dai 20 euro MWh del gas fino a più di 300, con una media nel mese di agosto sopra i 200.
Nell’elettricità le cose non vanno meglio con prezzi che sono partiti da 50-60 euro/MWh fino a più di 600. A ciò va aggiunto una volatilità altissima con variazioni di 30- 50 euro in poche ore per gas e elettricità.
E con il mercato che “quota” solo rischi e drammatiche aspettative: il blocco dalla Russia, l’incapacità dell’Europa di far fronte ai picchi di richiesta di gas invernali. Insomma, in questo contesto è evidente il fallimento del mercato.
Così sembra che, finalmente, si discuta almeno dell’introduzione di un cap europeo al prezzo del gas naturale, una “richiesta” fatta dall’Italia fin dall’inizio della crisi ucraina.
Infatti, introdurre un cap nazionale in un mercato interconnesso non avrebbe senso e sarebbe addirittura controproducente. La proposta italiana di un cap a livello comunitario tenta di sfruttare la forza derivante dall’essere il più grande mercato di riferimento per il gas e, potenzialmente, l’unico per la Russia. Almeno fintantoché non ci saranno nuove infrastrutture di trasporto verso altri mercati.
La stessa proposta italiana si sofferma, poi, anche sulla necessità di riformare il mercato dell’energia e, in particolare, sul disaccoppiamento del prezzo delle rinnovabili dal prezzo dell’energia elettrica generata con cicli termici, sulla base del fatto che le prime hanno costi di generazione determinati fondamentalmente dai costi di investimento e quindi dai costi fissi e la seconda ha costi di generazione determinati principalmente dal costo del combustibile e quindi dai costi variabili. Un mercato che si basa sulla ricerca dell’ottimo economico come punto in cui il costo variabile eguagli il prezzo marginale non è adeguato a far emergere il vantaggio delle rinnovabili.
I ristori (o meglio le compensazioni) verrebbero gestite a livello centrale. Le stesse compensazioni dovrebbero ripartite e allocate agli Stati Membri, tenendo conto del consumo di gas e finanziate da contribuzioni dirette degli Stato membri. Il cap dovrà essere applicato a tutta Europa, ma soprattutto dovrà tenere in considerazione i prezzi degli altri mercati internazionali del gas, come ad esempio l’Henry Hub americano. In questo di affronta anche la questione TTF, mercato di riferimento per l’Europa, che è molto “sottile”. Cioè è un mercato relativamente piccolo e bastano poche transazioni e far incrementare in modo rilevante il prezzo di volumi di gas, molto più grandi di quelle effettivamente negoziati.
In questo modo, il cap non dovrebbe discriminare le importazioni dalla Russia e avrebbe come unico scopo quello di ridurre la speculazione degli operatori. Tutti i contratti dovranno essere monitorati da Acer, cioè dall’organizzazione che riunisce le Autorità nazionali per l’Energia.
Tutto perfetto? Chi può dirlo? Mancava, ad esempio, nella proposta il “numero magico” e cioè il cap, il tetto al costo del gas.
Tutto qui? Come abbassare ancora i prezzi dell’energia?
A breve, con maggiore trasparenza e informazione sui contratti (e sono tanti) che non sono “negoziati” sulla piattaforma TTF di Amsterdam.
Ancora una Electricity release, a livello nazionale, a valere sull’energia rinnovabile già nella disponibilità del GSE (dai 17 ai 25 TWh), dando la priorità agli energivori. Ovviamente il prezzo di ritiro da parte del GSE è stato di molto inferiore alle quotazioni odierne e, quindi va “rivenduto” da un prezzo ragionevole agli energivori, come fatto dalla Francia che però ha utilizzato l’elettricità da nucleare.
E, poi, autorizzare in via generale l’utilizzo di altri combustibili (da biomassa, il combustibile solido secondario da rifiuti e gli stessi oli combustibili) da parte degli impianti industriali ai fini del soddisfacimento del relativo fabbisogno energetico. La misura non deve scandalizzare, in quanto attuarebbe gli indirizzi europei per affrontare la crisi energetica legata all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
A breve/medio periodo, accelerare la “Gas release”, sempre a livello italiano, assicurando che tutto il gas supplementare estraibile dai giacimenti nazionali lo sia effettivamente e che i prezzi offerti dagli operatori riflettano i costi marginali di estrazione. Inoltre, aumentare il quantitativo offerto all’interno del meccanismo attraverso il gas di nuova importazione, riservando una quota dei contratti che il Governo sta concludendo per limitare la dipendenza dalla Russia a tale meccanismo e curando che il prezzo offerto rifletta i reali costi di trasporto e di estrazione.
Infine, un Paese che così rapidamente ha diversificato gli approvvigionamenti per evitare una situazione di crisi piu’ grave e che ha raggiunto un buon livello di riempimento degli stoccaggi, non puo’ ignorare che non vengono fatte offerte alle imprese per i rinnovi dei contratti di fornitura di gas, ormai a ridosso del prossimo anno termico che inizia a ottobre.
Occorre, quindi, un sistema di garanzia pubblico per il rinnovare i contratti di fornitura gas per il nuovo anno termico (ottobre). Ad esempio, SACE potrebbe offrire un servizio di copertura per l’emissione di collaterali per l’acquisto di gas naturale per un importo pari ad una frazione del differenziale tra il valore a termine attuale e il prezzo medio del periodo ottobre 2020 / settembre 2021. Tali strumenti sono erogabili a supporto dei contratti di approvvigionamento gas all’ingrosso (in favore dei fornitori) e dei contratti di acquisto gas sul mercato retail (in favore dei consumatori). In questo modo si sosterrebbe il mercato dell’energia e, soprattutto, si consentirebbe a molte imprese, quelle energivore e gasivore in particolar modo, di accedere alle forniture che, in questo momento, non sono rinnovate sia per la scarsezza di gas naturale riportata da traders e shippers sia per l’incertezza delle condizioni future e la relativa continuità della produzione dei clienti.
L’Italia è un paese trasformatore e le aziende manifatturiere rischiano di perdere contratti e, quel che è peggio, interi mercati. Da una parte a causa di un mancato approccio europeo al tema Energia (Spagna e Francia a loro modo stanno sostenendo le loro imprese) e della concorrenza “esterna” all’Europa (Turchia e Cina ad esempio).
In conclusione, l’esigenza delle imprese è abbastanza semplice: essere messi in condizione di continuare a fare il proprio mestiere.
Nel caso della carta significa, ad esempio, ripartire dall’essere stati nel 2021 il secondo produttore di carta in Europa riciclando 6 milioni di tonnellate di carta.
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Lettera al Consiglio Europeo dell’Energia (con il rischio di essere smentito a brevissimo)
di Massimo Medugno
In questi circa quindici giorni che ci separano dalle elezioni molte cose dovrebbero accadere per consentire alle imprese di molti comparti di non compromettere definitivamente la propria competivita’ e di rimanere al servizio del Paese come settori Essenziali, come nel 2020 all’inizio della pandemia e come previsto dalle linee guida UE sugli Aiuti di Stato.
Storicamente l’istanza dei settori energivori stata sempre quella di essere messi nelle stesse condizioni di competitivita’ dei nostri concorrenti europei per quanto concerne i costi energetici.
Con prezzi medi del gas a 200 euro/Mkwh nel mese di agosto, inevitabilmente (con massimi arrivati sui 330-340) molte aziende potrebbero fermare le macchine per l’impossibilità di trasferire tali costi sui clienti e sull’ intera filiera.
Scrivere oggi, prima del Consiglio Europeo sull’Energia del 9 settembre, può essere abbastanza difficile in quanto il rischio è di essere facilmente smentiti.
Due considerazioni sono da fare obbligatoriamente: la prima, ricordare che la CECA, antenato dell’Europa, nasce come Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio; la seconda, strettamente collegata alla prima, è che per essere un soggetto sovrano (e non sovranista) occorre avere politiche energetiche e sulle materie prime.
Cosa ci si aspetta dall’Europa?
Innanzi tutto il price cap a livello europeo e il disaccoppiamento tra prezzo del gas e delle rinnovabili sempre a livello europeo (altrimenti perché esiste un mercato unico?).
Quante probabilità che ciò accada? Il price cap a livello europeo sembra essere ancora molto divisivo.
Nonostante gli sforzi dell’Italia, che ha presentato una proposta.
Secondo detta proposta gli importatori saranno ristorati della differenza tra il prezzo dell’LNG (gas liquefatto, quello che viene per nave per intenderci) e il cap, cioè il tetto fissato al prezzo del gas.
I contratti correnti incorporeranno il sistema del cap automaticamente nella formazione del prezzo. Questi due dei capisaldi della proposta italiana per la fissazione di un price cap a livello europeo.
La proposta italiana parte dallo scenario dello straordinario incremento del prezzo del gas e dell’elettricità: dai 20 euro MWh del gas fino a più di 300, con una media nel mese di agosto sopra i 200.
Nell’elettricità le cose non vanno meglio con prezzi che sono partiti da 50-60 euro/MWh fino a più di 600. A ciò va aggiunto una volatilità altissima con variazioni di 30- 50 euro in poche ore per gas e elettricità.
E con il mercato che “quota” solo rischi e drammatiche aspettative: il blocco dalla Russia, l’incapacità dell’Europa di far fronte ai picchi di richiesta di gas invernali. Insomma, in questo contesto è evidente il fallimento del mercato.
Così sembra che, finalmente, si discuta almeno dell’introduzione di un cap europeo al prezzo del gas naturale, una “richiesta” fatta dall’Italia fin dall’inizio della crisi ucraina.
Infatti, introdurre un cap nazionale in un mercato interconnesso non avrebbe senso e sarebbe addirittura controproducente. La proposta italiana di un cap a livello comunitario tenta di sfruttare la forza derivante dall’essere il più grande mercato di riferimento per il gas e, potenzialmente, l’unico per la Russia. Almeno fintantoché non ci saranno nuove infrastrutture di trasporto verso altri mercati.
La stessa proposta italiana si sofferma, poi, anche sulla necessità di riformare il mercato dell’energia e, in particolare, sul disaccoppiamento del prezzo delle rinnovabili dal prezzo dell’energia elettrica generata con cicli termici, sulla base del fatto che le prime hanno costi di generazione determinati fondamentalmente dai costi di investimento e quindi dai costi fissi e la seconda ha costi di generazione determinati principalmente dal costo del combustibile e quindi dai costi variabili. Un mercato che si basa sulla ricerca dell’ottimo economico come punto in cui il costo variabile eguagli il prezzo marginale non è adeguato a far emergere il vantaggio delle rinnovabili.
I ristori (o meglio le compensazioni) verrebbero gestite a livello centrale. Le stesse compensazioni dovrebbero ripartite e allocate agli Stati Membri, tenendo conto del consumo di gas e finanziate da contribuzioni dirette degli Stato membri. Il cap dovrà essere applicato a tutta Europa, ma soprattutto dovrà tenere in considerazione i prezzi degli altri mercati internazionali del gas, come ad esempio l’Henry Hub americano. In questo di affronta anche la questione TTF, mercato di riferimento per l’Europa, che è molto “sottile”. Cioè è un mercato relativamente piccolo e bastano poche transazioni e far incrementare in modo rilevante il prezzo di volumi di gas, molto più grandi di quelle effettivamente negoziati.
In questo modo, il cap non dovrebbe discriminare le importazioni dalla Russia e avrebbe come unico scopo quello di ridurre la speculazione degli operatori. Tutti i contratti dovranno essere monitorati da Acer, cioè dall’organizzazione che riunisce le Autorità nazionali per l’Energia.
Tutto perfetto? Chi può dirlo? Mancava, ad esempio, nella proposta il “numero magico” e cioè il cap, il tetto al costo del gas.
Tutto qui? Come abbassare ancora i prezzi dell’energia?
A breve, con maggiore trasparenza e informazione sui contratti (e sono tanti) che non sono “negoziati” sulla piattaforma TTF di Amsterdam.
Ancora una Electricity release, a livello nazionale, a valere sull’energia rinnovabile già nella disponibilità del GSE (dai 17 ai 25 TWh), dando la priorità agli energivori. Ovviamente il prezzo di ritiro da parte del GSE è stato di molto inferiore alle quotazioni odierne e, quindi va “rivenduto” da un prezzo ragionevole agli energivori, come fatto dalla Francia che però ha utilizzato l’elettricità da nucleare.
E, poi, autorizzare in via generale l’utilizzo di altri combustibili (da biomassa, il combustibile solido secondario da rifiuti e gli stessi oli combustibili) da parte degli impianti industriali ai fini del soddisfacimento del relativo fabbisogno energetico. La misura non deve scandalizzare, in quanto attuarebbe gli indirizzi europei per affrontare la crisi energetica legata all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
A breve/medio periodo, accelerare la “Gas release”, sempre a livello italiano, assicurando che tutto il gas supplementare estraibile dai giacimenti nazionali lo sia effettivamente e che i prezzi offerti dagli operatori riflettano i costi marginali di estrazione. Inoltre, aumentare il quantitativo offerto all’interno del meccanismo attraverso il gas di nuova importazione, riservando una quota dei contratti che il Governo sta concludendo per limitare la dipendenza dalla Russia a tale meccanismo e curando che il prezzo offerto rifletta i reali costi di trasporto e di estrazione.
Infine, un Paese che così rapidamente ha diversificato gli approvvigionamenti per evitare una situazione di crisi piu’ grave e che ha raggiunto un buon livello di riempimento degli stoccaggi, non puo’ ignorare che non vengono fatte offerte alle imprese per i rinnovi dei contratti di fornitura di gas, ormai a ridosso del prossimo anno termico che inizia a ottobre.
Occorre, quindi, un sistema di garanzia pubblico per il rinnovare i contratti di fornitura gas per il nuovo anno termico (ottobre). Ad esempio, SACE potrebbe offrire un servizio di copertura per l’emissione di collaterali per l’acquisto di gas naturale per un importo pari ad una frazione del differenziale tra il valore a termine attuale e il prezzo medio del periodo ottobre 2020 / settembre 2021. Tali strumenti sono erogabili a supporto dei contratti di approvvigionamento gas all’ingrosso (in favore dei fornitori) e dei contratti di acquisto gas sul mercato retail (in favore dei consumatori). In questo modo si sosterrebbe il mercato dell’energia e, soprattutto, si consentirebbe a molte imprese, quelle energivore e gasivore in particolar modo, di accedere alle forniture che, in questo momento, non sono rinnovate sia per la scarsezza di gas naturale riportata da traders e shippers sia per l’incertezza delle condizioni future e la relativa continuità della produzione dei clienti.
L’Italia è un paese trasformatore e le aziende manifatturiere rischiano di perdere contratti e, quel che è peggio, interi mercati. Da una parte a causa di un mancato approccio europeo al tema Energia (Spagna e Francia a loro modo stanno sostenendo le loro imprese) e della concorrenza “esterna” all’Europa (Turchia e Cina ad esempio).
In conclusione, l’esigenza delle imprese è abbastanza semplice: essere messi in condizione di continuare a fare il proprio mestiere.
Nel caso della carta significa, ad esempio, ripartire dall’essere stati nel 2021 il secondo produttore di carta in Europa riciclando 6 milioni di tonnellate di carta.
Piacenza, 9 settembre 2022.
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