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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
L’importanza di condurre un Audit documentale nell’ambito della gestione dei rifiuti
di Francesco Marazzi
Categoria: Audit
Dopo avervi parlato del Check-up normativo ambientale di un’impresa in un recente Commento, oggi andremo ad approfondire un altro utilissimo strumento a disposizione di tutte le realtà italiane che si muovono nel delicato e complesso mondo normativo legato ai rifiuti e alla loro gestione e desiderano essere in regola.
Stiamo parlando dell’Audit Documentale Ambientale e dell’importanza di condurne uno a regola d’arte, soprattutto nei mesi funestati dalla pandemia da Covid-19.
Andremo a spiegare che cos’è, perché è importante usarlo sia nel 2020 sia nell’imminente 2021, lo contestualizzeremo all’interno delle novità nella gestione dei rifiuti dettate dalla Circular Economy, spiegheremo come utilizzarlo per superare con successo i controlli del SNPA.
E ancora elencheremo le più comuni problematiche durante un audit documentale, gli strumenti a nostra disposizione per la conduzione di un audit documentale e riveleremo il più importante “segreto” per condurne uno di grande qualità.
Continuate a leggere.
Gli audit documentali nel campo dei rifiuti
Gli audit ambientali – ossia quei processi di controllo, sistematici e documentati, finalizzati a valutare le attività dell’organizzazione sia rispetto alla complessa normativa ambientale vigente in materia sia rispetto alle prescrizioni dei titoli autorizzativi o alle procedure interne di un eventuale Sistema di Gestione Ambientale – rappresentano sempre di più un valido strumento per ridurre gli innumerevoli rischi ed evitare il più possibile le pesantissime sanzioni per chi opera in questo delicato settore.
Può accadere che un’impresa, debitamente autorizzata alla gestione dei rifiuti, possa ritrovarsi addirittura con più di un audit da dover condurre e/o ricevere.
Basti pensare al classico Controllo Ordinario (tendenzialmente annuale), ai sensi dell’art. 29-decies del D.L.vo 152/06, per chi opera in Regime di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) effettuato da parte dell’ente di controllo preposto (spesse volte dai tecnici della relativa Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) o all’alltrettanto noto Audit Ambientale richiesto dall’Organismo di Vigilanza (OdV) della propria società finalizzato al verificare eventuali anomalie che generino dei rischi sanzionatori (per lo più penali).
E non possiamo non elencare l’Audit Annuale per il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) certificato ai sensi della norma UNI EN ISO 14001:2015 o Regolamento EMAS (CE 1221/2009) condotto da auditor qualificati di terza parte per conto di un Organismo di Certificazione accreditato, che devono ottemperare al c.d. “mantenimento” del sistema di gestione stesso.
Per le aziende a queste principali tipologie di Audit si sono aggiunti negli ultimi anni anche gli Audit di Qualità/Sostenibilità per la verifica da parte dei clienti/fornitori nell’ottica della qualità dei servizi che eroga , strumento sempre più utilizzato da diverse aziende al fine di valutare la corretta gestione nella catena di fornitura.
Ma perché è importante condurre un audit nell’ambito della gestione dei rifiuti, anche ai tempi del corona virus?
La pandemia da Covid-19 ha sicuramente reso più difficile, soprattutto nella prima ondata (febbraio-maggio 2020), la conduzione di tali attività di controllo ambientale ma allo stesso momento ha anche permesso di trasformare ed innovare le modalità con le quali svolgere alcune delle fasi degli audit documentali, consentendo così a tutti gli attori coinvolti (gestore, consulente, auditor, ente di controllo, ecc) di verificare i flussi dei rifiuti, le procedure, gli innumerevoli documenti che tale attività richiede e le modalità di gestione, attraverso gli strumenti informatici.
Questo ha permesso prima e continua a permettere tutt’ora di garantire ad un’impresa di essere:
a) costantemente aggiornata alle novità legislative (sia comunitarie sia nazionali e regionali);
b) consapevole e libera da innumerevoli dubbi che tale attività tende continuamente a generare;
c) in perfetta compliance con la normativa di settore;
d) libera da rischi sanzionatori e/o eventuale diffida del titolo autorizzativo ambientale.
Nel contesto ambientale, così come nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro, laprevenzionerappresenta ancora oggi lamigliore strategia. Ecco dunque l’importanza di effettuare preventivamente un audit, anche avvalendosi di personale esterno altamente qualificato, per evitare rischi e sanzioni.
Le novità nella gestione dei rifiuti dettate dalla Circular Economy
Proprio di queste novità è opportuno soffermarsi sul D.L.vo n.116/2020 che ha per gran parte stravolto la parte IV del Testo Unico Ambientale (D.L.vo n. 152/06), per rendersi conto sia di quante siano le modifiche sia di come esse vadano ad incidere sull’operatività dei gestori di attività e impianti di gestione rifiuti e imballaggi.
Il suddetto decreto, che è entrato in vigore il 26 settembre, ha recepito la Direttiva Europea n. 851 del 30 maggio 2018 che a sua volta modificava la più nota direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti incrementando così, anche per chi andrà a svolger tali audit documentali, ulteriori adempimenti e dunque ulteriore documentazione e relativi dati da mantenere sotto controllo.
Le novità hanno riguardato principalmente il concetto della responsabilità estesa del produttore con il nuovo art. 178-bis e della responsabilità (estesa) del produttore del rifiuto con la grande novità del certificato di avvenuto smaltimento così come riportato nel comma 5 del nuovo art. 188:
“5. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla Parte IV del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di identificazione abbiano ricevuto un’attestazione di avvenuto smaltimento, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal titolare dell’impianto da cui risultino, almeno, i dati dell’impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata. La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 188-bis , comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell’avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti.”
Pertanto, dalla data di entrata in vigore del D.L.vo n.116/2020, tutti i produttori che conferiscono i propri rifiuti ad un impianto autorizzato in D13, D14 o D15, per dimostrare la esclusione della propria responsabilità dovranno non solo ricevere entro tre mesi la quarta copia del FIR, ma altresì ricevere – afferma il comma 5 del nuovo testo dell’Art. 188 TUA – “un’attestazione di avvenuto smaltimento”.
Inoltre sono stati modificati gli art. 189,190 e 193 che definiscono rispettivamente i Formulari di Identificazione dei Rifiuti (FIR), i relativi Registri di Carico/Scarico e il consueto MUD.
Interessanti novità sono state introdotte anche per il c.d. “nuovo SISTRI” o meglio noto come RenTri (Registro Elettronico Nazionale Tracciabilità Rifiuti) che andrà dunque, una volta che verrà definito il relativo Decreto Ministeriale attuativo, ad aggiungersi agli innumerevoli adempimenti documentali tipici della gestione dei rifiuti.
Anche il deposito temporaneo dei rifiuti, elemento sempre significativo durante un attività di audit ambientale, è stato rivoluzionato con l’introduzione del nuovo art. 185 bis che è andato a definire dunque le condizioni per il deposito temporaneo prima della raccolta che non necessita alcuna autorizzazione come precisato al comma 3:
“Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente.”
Prevenire è meglio che curare: i controlli del SNPA
L’efficacia e l’autorevolezza di un audit documentale ambientale sta proprio nell’individuare le anomalie, le problematiche e le criticità (più o meno gravi) che una non corretta gestione dei rifiuti presenta e consente di intervenire il prima possibile per eliderle al fine di prevenire sia possibili impatti negativi sull’ambiente sia il verificarsi di potenziali reati ambientali e le relative sanzioni che ne conseguono in anticipo rispetto a eventuali controlli (programmati o non) degli enti ambientali preposti.
Recentemente il Servizio Nazionale della Protezione Ambientale (SNPA) ha pubblicato sul proprio sito web il Rapporto “Controlli ambientali SNPA AIA – SEVESO relativo agli anni 2017-2018” che conferma che nel 2017 sono state effettuate ben 2022 visite ispettive su 6285 impianti (installazioni) autorizzati in AIA (sia statali che regionali) mentre nel 2018 il numero di controlli è aumentato sino ad arrivare a 2065 su un totale complessivo di 6302 installazioni.
Questi dati confermano che c’è un trend in aumento e lasciando intendere che sicuramente anche nei prossimi anni i controlli aumenteranno, specialmente alla luce delle innumerevoli novità normative comunitarie in materia di rifiuti ed economia circolare che sono state recepite dall’Italia.
Dal presente rapporto del SNPA[1] si evince che gran parte delle non conformità riscontrare durante tali visite ispettive era principalmente circoscritto agli impianti di categoria 5 (Gestione rifiuti).
Si ritiene opportuno ribadire sempre il concetto che l’affidarsi ad auditor qualificati – ossia a dei veri e proprio esperti ambientali – consente a un gestore di un impianto di trattamento/recupero di rifiuti di avvalersi anche di un’arma di difesa come già precisato in una nota sentenza della Corte di Cassazione[2]:
“Il soggetto che svolga professionalmente una specifica attività nel settore ambientale può invocare l’ignoranza incolpevole della legge penale facendo venir meno l’elemento soggettivo del reato, solo qualora dimostri di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e per informarsi in proprio, ricorrendo a esperti giuridici.”
Problematiche durante un audit documentale: il caso del recupero di rifiuti
Una delle questioni più problematiche che spesso si incontrano durante un’attività di audit documentale è quella legata al flusso delle attività di recupero dei rifiuti. Tale problematica sta diventando una delle più controverse a livello ambientale, in particolare nell’ambito della gestione dei rifiuti, e continua a generare problematiche autorizzatorie di ogni genere a livello italiano.
La cessazione della qualifica di rifiuto, così come definita dall’art. 184-ter, dove al comma 1 riporta quanto segue:
“1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio [e la preparazione per il riutilizzo], e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Rappresenta tutt’oggi una grossa problematica che richiede validi esperti per poter essere affrontata caso per caso vista l’infinito dibattito giurisprudenziale che si è venuto a creare negli ultimi anni.
A inizi 2020 lo stesso SNPA è voluto intervenire emanando delle Linee Guida (n.23/2020)[3] volte a cercare di chiarire i numerosi dubbi interpretativi in tema di recupero e processi di End of Waste, con l’obiettivo di creare:
“Un documento con cui si definisce un sistema comune di pianificazione ed esecuzione delle ispezioni presso quegli impianti che recuperano o riciclano i rifiuti e dai quali usciranno materiali non più considerabili come rifiuti. La conformità degli impianti sarà valutata “caso per caso”, in base a quanto stabilito dal comma 3 ter dell’art. 184 ter. La legge stabilisce che l’Ispra o l’Arpa/Appa, territorialmente competente e comunque delegata da Ispra, effettui controlli a campione sull’impianto, che siano verificate la conformità delle modalità operative e gestionali, i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita.”
Un’ approfondita e completa attività di audit documentale può consentire al gestore interessato a svolgere tali attività di effettuarle nel pieno rispetto della normativa ed evitare dunque pericolosi rischi, problematiche con gli enti ambientali preposto e le relative sanzioni che ne conseguono.
Il rischio di incorrere nella sanzione prevista all’art. 256 “ attività di gestione rifiuti non autorizzata”, semplicemente per inosservanza delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni o nel più noto art. 29-quattordecies “sanzioni” del D.L.vo n.152/06 nel caso di un AIA, rimane, purtroppo, sempre elevato per chi opera nella gestione dei rifiuti.
Quali sono gli strumenti per la conduzione di un audit documentale?
Per effettuare correttamente un audit documentale ambientale l’auditor deve avvalersi di una serie di strumenti che gli consentano di identificare in breve tempo le anomalie, verificare la compliance normativa e soprattutto ricondurre l’impianto/l’attività oggetto di audit alla specifica normativa di settore.
Proprio quest’ultimo aspetto non è semplice e contraddistingue spesso una auditor competente da uno alle prime armi.
– Le sentenze della Giurisprudenza ed in particolare quelle delle Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, che è dedicata principalmente alle controversie di natura ambientale;
– Le linee guida del SNPA specialmente quelle dedicate alle modalità di controllo/visite ispettive;
– Le checklist elaborate sia dagli enti di controllo pubblici sia dagli organismi di certificazione;
– I Codici dell’Ambiente che raggruppano tutte le normative vigenti del ramo ambientale;
– Le riviste scientifiche ambientali specifiche;
– Le gazzette ufficiali (Europea, Italiana, Regionale);
– Circolari e linee guida del MATTM (es. Circolare prot. 4064 del 15 marzo 2018[4]);
– Norme UNI specifiche di settore.
Tali strumenti consentono dunque di non lasciarle al caso nulla. È sovente che le attività di audit documentale ambientale vengano effettuati a “campione” proprio per l’innumerevole quantità di documenti – per lo più cartacei- che la gestione dei rifiuti in particolare comporta.
Per ridurre però al minimo i rischi di “dimenticare” qualcosa o meglio ancora di dare per scontato alcuni aspetti e modalità l’utilizzo congiunto di questi strumenti consente ad un bravo e competente auditor di non tralasciare i dettagli più significativi ed individuare in breve tempo le principali anomalie.
Il necessario aggiornamento normativo per condurre un audit documentale
Il vero strumento, che non è stato menzionato nel precedente elenco, ma che rimane sottinteso tra le righe, è quello dell’aggiornamento normativo.
Va da sé che un auditor per poter operare in piena efficienza ed elevata professionalità necessita di un costante e continuo aggiornamento delle norme in vigore volto a conoscere e approfondire i case studies particolari che si possono ritrovare nelle principali sentenze o tutte le nuove modifiche alle norme ambientali che ogni giorno si rinvengono nelle diverse gazzette ufficiali.
Vengono pertanto in aiuto i corsi di formazione dedicati alle singole novità che consentono sia agli auditor sia ai gestori di rimanere sempre aggiornati e verificare in continuo la compliance con la normativa ambientale.
[2] Cass. Pen., Sez. III, n. 2246 del 18/1/2017 – Pres. Amoroso – Est. Rosi
[3] End of waste, pubblicate le linee guida SNPA (visionabile QUI)
[4]Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi (clicca QUI per il download)
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L’importanza di condurre un Audit documentale nell’ambito della gestione dei rifiuti
di Francesco Marazzi
Dopo avervi parlato del Check-up normativo ambientale di un’impresa in un recente Commento, oggi andremo ad approfondire un altro utilissimo strumento a disposizione di tutte le realtà italiane che si muovono nel delicato e complesso mondo normativo legato ai rifiuti e alla loro gestione e desiderano essere in regola.
Stiamo parlando dell’Audit Documentale Ambientale e dell’importanza di condurne uno a regola d’arte, soprattutto nei mesi funestati dalla pandemia da Covid-19.
Andremo a spiegare che cos’è, perché è importante usarlo sia nel 2020 sia nell’imminente 2021, lo contestualizzeremo all’interno delle novità nella gestione dei rifiuti dettate dalla Circular Economy, spiegheremo come utilizzarlo per superare con successo i controlli del SNPA.
E ancora elencheremo le più comuni problematiche durante un audit documentale, gli strumenti a nostra disposizione per la conduzione di un audit documentale e riveleremo il più importante “segreto” per condurne uno di grande qualità.
Continuate a leggere.
Gli audit documentali nel campo dei rifiuti
Gli audit ambientali – ossia quei processi di controllo, sistematici e documentati, finalizzati a valutare le attività dell’organizzazione sia rispetto alla complessa normativa ambientale vigente in materia sia rispetto alle prescrizioni dei titoli autorizzativi o alle procedure interne di un eventuale Sistema di Gestione Ambientale – rappresentano sempre di più un valido strumento per ridurre gli innumerevoli rischi ed evitare il più possibile le pesantissime sanzioni per chi opera in questo delicato settore.
Può accadere che un’impresa, debitamente autorizzata alla gestione dei rifiuti, possa ritrovarsi addirittura con più di un audit da dover condurre e/o ricevere.
Basti pensare al classico Controllo Ordinario (tendenzialmente annuale), ai sensi dell’art. 29-decies del D.L.vo 152/06, per chi opera in Regime di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) effettuato da parte dell’ente di controllo preposto (spesse volte dai tecnici della relativa Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) o all’alltrettanto noto Audit Ambientale richiesto dall’Organismo di Vigilanza (OdV) della propria società finalizzato al verificare eventuali anomalie che generino dei rischi sanzionatori (per lo più penali).
E non possiamo non elencare l’Audit Annuale per il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) certificato ai sensi della norma UNI EN ISO 14001:2015 o Regolamento EMAS (CE 1221/2009) condotto da auditor qualificati di terza parte per conto di un Organismo di Certificazione accreditato, che devono ottemperare al c.d. “mantenimento” del sistema di gestione stesso.
Per le aziende a queste principali tipologie di Audit si sono aggiunti negli ultimi anni anche gli Audit di Qualità/Sostenibilità per la verifica da parte dei clienti/fornitori nell’ottica della qualità dei servizi che eroga , strumento sempre più utilizzato da diverse aziende al fine di valutare la corretta gestione nella catena di fornitura.
Ma perché è importante condurre un audit nell’ambito della gestione dei rifiuti, anche ai tempi del corona virus?
La pandemia da Covid-19 ha sicuramente reso più difficile, soprattutto nella prima ondata (febbraio-maggio 2020), la conduzione di tali attività di controllo ambientale ma allo stesso momento ha anche permesso di trasformare ed innovare le modalità con le quali svolgere alcune delle fasi degli audit documentali, consentendo così a tutti gli attori coinvolti (gestore, consulente, auditor, ente di controllo, ecc) di verificare i flussi dei rifiuti, le procedure, gli innumerevoli documenti che tale attività richiede e le modalità di gestione, attraverso gli strumenti informatici.
Questo ha permesso prima e continua a permettere tutt’ora di garantire ad un’impresa di essere:
Nel contesto ambientale, così come nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro, la prevenzione rappresenta ancora oggi la migliore strategia. Ecco dunque l’importanza di effettuare preventivamente un audit, anche avvalendosi di personale esterno altamente qualificato, per evitare rischi e sanzioni.
Le novità nella gestione dei rifiuti dettate dalla Circular Economy
Proprio di queste novità è opportuno soffermarsi sul D.L.vo n.116/2020 che ha per gran parte stravolto la parte IV del Testo Unico Ambientale (D.L.vo n. 152/06), per rendersi conto sia di quante siano le modifiche sia di come esse vadano ad incidere sull’operatività dei gestori di attività e impianti di gestione rifiuti e imballaggi.
Il suddetto decreto, che è entrato in vigore il 26 settembre, ha recepito la Direttiva Europea n. 851 del 30 maggio 2018 che a sua volta modificava la più nota direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti incrementando così, anche per chi andrà a svolger tali audit documentali, ulteriori adempimenti e dunque ulteriore documentazione e relativi dati da mantenere sotto controllo.
Le novità hanno riguardato principalmente il concetto della responsabilità estesa del produttore con il nuovo art. 178-bis e della responsabilità (estesa) del produttore del rifiuto con la grande novità del certificato di avvenuto smaltimento così come riportato nel comma 5 del nuovo art. 188:
“5. Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla Parte IV del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di identificazione abbiano ricevuto un’attestazione di avvenuto smaltimento, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal titolare dell’impianto da cui risultino, almeno, i dati dell’impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata. La disposizione di cui al presente comma si applica sino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 188-bis , comma 1, in cui sono definite, altresì, le modalità per la verifica ed invio della comunicazione dell’avvenuto smaltimento dei rifiuti, nonché le responsabilità da attribuire all’intermediario dei rifiuti.”
Pertanto, dalla data di entrata in vigore del D.L.vo n.116/2020, tutti i produttori che conferiscono i propri rifiuti ad un impianto autorizzato in D13, D14 o D15, per dimostrare la esclusione della propria responsabilità dovranno non solo ricevere entro tre mesi la quarta copia del FIR, ma altresì ricevere – afferma il comma 5 del nuovo testo dell’Art. 188 TUA – “un’attestazione di avvenuto smaltimento”.
Inoltre sono stati modificati gli art. 189,190 e 193 che definiscono rispettivamente i Formulari di Identificazione dei Rifiuti (FIR), i relativi Registri di Carico/Scarico e il consueto MUD.
Interessanti novità sono state introdotte anche per il c.d. “nuovo SISTRI” o meglio noto come RenTri (Registro Elettronico Nazionale Tracciabilità Rifiuti) che andrà dunque, una volta che verrà definito il relativo Decreto Ministeriale attuativo, ad aggiungersi agli innumerevoli adempimenti documentali tipici della gestione dei rifiuti.
Anche il deposito temporaneo dei rifiuti, elemento sempre significativo durante un attività di audit ambientale, è stato rivoluzionato con l’introduzione del nuovo art. 185 bis che è andato a definire dunque le condizioni per il deposito temporaneo prima della raccolta che non necessita alcuna autorizzazione come precisato al comma 3:
“Il deposito temporaneo prima della raccolta è effettuato alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e non necessita di autorizzazione da parte dell’autorità competente.”
Prevenire è meglio che curare: i controlli del SNPA
L’efficacia e l’autorevolezza di un audit documentale ambientale sta proprio nell’individuare le anomalie, le problematiche e le criticità (più o meno gravi) che una non corretta gestione dei rifiuti presenta e consente di intervenire il prima possibile per eliderle al fine di prevenire sia possibili impatti negativi sull’ambiente sia il verificarsi di potenziali reati ambientali e le relative sanzioni che ne conseguono in anticipo rispetto a eventuali controlli (programmati o non) degli enti ambientali preposti.
Recentemente il Servizio Nazionale della Protezione Ambientale (SNPA) ha pubblicato sul proprio sito web il Rapporto “Controlli ambientali SNPA AIA – SEVESO relativo agli anni 2017-2018” che conferma che nel 2017 sono state effettuate ben 2022 visite ispettive su 6285 impianti (installazioni) autorizzati in AIA (sia statali che regionali) mentre nel 2018 il numero di controlli è aumentato sino ad arrivare a 2065 su un totale complessivo di 6302 installazioni.
Questi dati confermano che c’è un trend in aumento e lasciando intendere che sicuramente anche nei prossimi anni i controlli aumenteranno, specialmente alla luce delle innumerevoli novità normative comunitarie in materia di rifiuti ed economia circolare che sono state recepite dall’Italia.
Dal presente rapporto del SNPA[1] si evince che gran parte delle non conformità riscontrare durante tali visite ispettive era principalmente circoscritto agli impianti di categoria 5 (Gestione rifiuti).
Si ritiene opportuno ribadire sempre il concetto che l’affidarsi ad auditor qualificati – ossia a dei veri e proprio esperti ambientali – consente a un gestore di un impianto di trattamento/recupero di rifiuti di avvalersi anche di un’arma di difesa come già precisato in una nota sentenza della Corte di Cassazione[2]:
“Il soggetto che svolga professionalmente una specifica attività nel settore ambientale può invocare l’ignoranza incolpevole della legge penale facendo venir meno l’elemento soggettivo del reato, solo qualora dimostri di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e per informarsi in proprio, ricorrendo a esperti giuridici.”
Problematiche durante un audit documentale: il caso del recupero di rifiuti
Una delle questioni più problematiche che spesso si incontrano durante un’attività di audit documentale è quella legata al flusso delle attività di recupero dei rifiuti. Tale problematica sta diventando una delle più controverse a livello ambientale, in particolare nell’ambito della gestione dei rifiuti, e continua a generare problematiche autorizzatorie di ogni genere a livello italiano.
La cessazione della qualifica di rifiuto, così come definita dall’art. 184-ter, dove al comma 1 riporta quanto segue:
“1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio [e la preparazione per il riutilizzo], e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
Rappresenta tutt’oggi una grossa problematica che richiede validi esperti per poter essere affrontata caso per caso vista l’infinito dibattito giurisprudenziale che si è venuto a creare negli ultimi anni.
A inizi 2020 lo stesso SNPA è voluto intervenire emanando delle Linee Guida (n.23/2020)[3] volte a cercare di chiarire i numerosi dubbi interpretativi in tema di recupero e processi di End of Waste, con l’obiettivo di creare:
“Un documento con cui si definisce un sistema comune di pianificazione ed esecuzione delle ispezioni presso quegli impianti che recuperano o riciclano i rifiuti e dai quali usciranno materiali non più considerabili come rifiuti. La conformità degli impianti sarà valutata “caso per caso”, in base a quanto stabilito dal comma 3 ter dell’art. 184 ter. La legge stabilisce che l’Ispra o l’Arpa/Appa, territorialmente competente e comunque delegata da Ispra, effettui controlli a campione sull’impianto, che siano verificate la conformità delle modalità operative e gestionali, i rifiuti in ingresso, i processi di recupero e le sostanze o oggetti in uscita.”
Un’ approfondita e completa attività di audit documentale può consentire al gestore interessato a svolgere tali attività di effettuarle nel pieno rispetto della normativa ed evitare dunque pericolosi rischi, problematiche con gli enti ambientali preposto e le relative sanzioni che ne conseguono.
Il rischio di incorrere nella sanzione prevista all’art. 256 “ attività di gestione rifiuti non autorizzata”, semplicemente per inosservanza delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni o nel più noto art. 29-quattordecies “sanzioni” del D.L.vo n.152/06 nel caso di un AIA, rimane, purtroppo, sempre elevato per chi opera nella gestione dei rifiuti.
Quali sono gli strumenti per la conduzione di un audit documentale?
Per effettuare correttamente un audit documentale ambientale l’auditor deve avvalersi di una serie di strumenti che gli consentano di identificare in breve tempo le anomalie, verificare la compliance normativa e soprattutto ricondurre l’impianto/l’attività oggetto di audit alla specifica normativa di settore.
Proprio quest’ultimo aspetto non è semplice e contraddistingue spesso una auditor competente da uno alle prime armi.
I principali strumenti che oggi esistono sono:
Tali strumenti consentono dunque di non lasciarle al caso nulla. È sovente che le attività di audit documentale ambientale vengano effettuati a “campione” proprio per l’innumerevole quantità di documenti – per lo più cartacei- che la gestione dei rifiuti in particolare comporta.
Per ridurre però al minimo i rischi di “dimenticare” qualcosa o meglio ancora di dare per scontato alcuni aspetti e modalità l’utilizzo congiunto di questi strumenti consente ad un bravo e competente auditor di non tralasciare i dettagli più significativi ed individuare in breve tempo le principali anomalie.
Il necessario aggiornamento normativo per condurre un audit documentale
Il vero strumento, che non è stato menzionato nel precedente elenco, ma che rimane sottinteso tra le righe, è quello dell’aggiornamento normativo.
Va da sé che un auditor per poter operare in piena efficienza ed elevata professionalità necessita di un costante e continuo aggiornamento delle norme in vigore volto a conoscere e approfondire i case studies particolari che si possono ritrovare nelle principali sentenze o tutte le nuove modifiche alle norme ambientali che ogni giorno si rinvengono nelle diverse gazzette ufficiali.
Vengono pertanto in aiuto i corsi di formazione dedicati alle singole novità che consentono sia agli auditor sia ai gestori di rimanere sempre aggiornati e verificare in continuo la compliance con la normativa ambientale.
Per maggior info si consiglia il servizio di Check-up normativo ambientale erogato da TuttoAmbiente alle aziende.
Francesco Marazzi è per TuttoAmbiente il Responsabile consulenze tecniche ambientali e Formazione A Distanza (FAD).
Piacenza, 30 novembre 2020
Note:
[1]
Rapporto controlli ambientali SNPA AIA – SEVESO (visionabile QUI)
[2] Cass. Pen., Sez. III, n. 2246 del 18/1/2017 – Pres. Amoroso – Est. Rosi
[3]
End of waste, pubblicate le linee guida SNPA (visionabile QUI)
[4] Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi (clicca QUI per il download)
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