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Linee Guida SNPA sulla classificazione dei rifiuti: il “caso 17”!

di Roger Neri

Categoria: Rifiuti

L’articolo 184, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006, come modificato dal D.Lgs. n. 116 del 3 settembre 2020, prevede l’approvazione da parte del Ministero della Transizione Ecologica (MITE) delle Linee guida redatte dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale (SNPA), per la corretta attribuzione ad opera del produttore dei codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei medesimi. Il D.Lgs. 116/2020, riporta, infatti che “la corretta attribuzione dei Codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti è effettuata dal produttore sulla base delle Linee guida redatte, entro il 31 dicembre 2020, dal Sistema nazionale per la protezione e la ricerca ambientale ed approvate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”. Quindi è previsto che queste Linee guida assumano un “rango legale” in quanto richiamate esplicitamente all’interno di un regolamento avente valore di legge qual è il DM n. 47 del 09 agosto 2021 che, nell’unico articolo, approva “le Linee guida sulla classificazione dei rifiuti di cui alla delibera del Consiglio del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente del 18 maggio 2021, n.105, così come integrate dal sotto-paragrafo denominato “3.5.9 – Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico/meccanico-biologico dei rifiuti urbani indifferenziati”, da introdurre al Capitolo 3 delle stesse, che, allegate al presente provvedimento, ne costituiscono parte integrante e sostanziale”.

 

Non vi sono dubbi, perciò, a parere di chi scrive, che queste Linee guida, non siano un mero riferimento, come qualche corrente di pensiero va rappresentando, ma siano lo strumento obbligatorio con cui il produttore del rifiuto debba prodigarsi al fine di arrivare alla corretta attribuzione del codice EER e della conseguente sua “caratterizzazione”, con gli strumenti ivi richiamati, relazione tecnica e giudizio di classificazione in primis. Anche se qui, come spesso accade in questa tipologia di strumenti, l’uso del condizionale non aiuta chi poi è chiamato ad applicare le norme. Una norma dello Stato ci indica l’utilizzo delle Linee guida per effettuare il processo di attribuzione del codice EER, ma queste, poi, utilizzando il tipico lessico delle Linee guida, prestano il fianco alla interpretazione che “si potrebbe anche fare in altro modo”…..spetterà poi a chi utilizza strumenti alternativi dimostrare che questi garantiscono una evidenza del processo almeno alla pari di quanto riportato nelle Linee guida.

 

Come è noto la classificazione dei rifiuti inizia il suo percorso logico dall’individuazione del processo produttivo che ha generato il rifiuto, applicando una puntuale analisi degli aspetti caratteristici relativi alla natura della “materia rifiuto”, inclusi il contenuto o la presenza di sostanze pericolose nel processo produttivo, nonché ogni altro aspetto che può influire sulla corretta determinazione del codice EER e delle eventuali caratteristiche di pericolo HP da attribuire. Il criterio che porta alla attribuzione del codice EER, riportato anche nella Linea guida, è noto e consiste nell’identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15, quindi, se anche qui nessuno dei codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16. Infine, se un determinato rifiuto non è classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non specificati altrimenti) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività identificata nella prima fase.

 

 

Tutto lineare, se si considera di aver determinato in maniera puntuale il capitolo corrispondente all’attività che ha generato il rifiuto, in quanto applicabile, ma se ciò non fosse possibile sarebbe consentito utilizzare il codice EER più attinente anche se in contrasto con il procedimento poc’anzi richiamato? La domanda, già oggetto di dibattito in passato tra gli esperti, tecnici e/o giuristi ambientali, assume particolare rilievo negli specifici richiami delle Linee guida in riferimento ai rifiuti generati nell’ambito delle attività di costruzione e demolizione, capitolo 17 dell’Elenco Europeo dei Rifiuti.

 

Le Linee guida richiamano, appunto, l’esistenza di uno specifico capitolo, il “17”, per i rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione. All’interno di tale capitolo sono presenti i vari codici che richiamano diverse tipologie di materiali, tra cui, ad esempio, ferro e acciaio (170405). Queste evidenziano come tali codici “si riferiscono espressamente ai rifiuti derivanti dalle operazioni di costruzione e demolizione quali, a titolo puramente esemplificativo, quelle svolte presso cantieri edili, nell’ambito delle attività di ristrutturazione, nella costruzione e manutenzione di infrastrutture, ecc.” Viene altresì evidenziato come tali rifiuti non sono riferibili alle attività di demolizione dei veicoli fuori uso, nonché alle attività legate allo smantellamento di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, così come le attività di fabbricazione/produzione di prodotti, ecc.; insomma, i codici del capitolo 17 non vanno utilizzati per classificare rifiuti costituiti dai medesimi materiali, ma provenienti da altri settori, così come (tropo) spesso accade nei siti produttivi, dove usualmente si utilizza, ad esempio, il codice EER 170405, per identificare generalmente rifiuti ferrosi di qualsiasi natura anche quando provenienti, ad esempio, da attività di tornitura (trattamento superficiale di metalli, ndr) riconducibili al capitolo 12.

 

Rimarcano ancora le Linee guida che “non sono di pertinenza del capitolo 17 i rifiuti da attività manifatturiere di fabbricazione di prodotti. Il termine “costruzione” non va infatti inteso come fabbricazione, ad esempio, di un’apparecchiatura, di un’autovettura, di un oggetto o di un prodotto, anche nel caso di un oggetto o prodotto destinato ad essere utilizzato in attività di costruzione. Per processi di questo tipo le terminologie di riferimento sono fabbricazione o produzione e non costruzione che è, invece, da riferirsi ad attività di tipo edile, infrastrutturale, di ristrutturazione, ecc.”, portando a ricondurre il campo di applicazione di questo capitolo alla sua originaria destinazione: attività di costruzione e demolizione (edile/infrastrutturale, ndr), in senso stretto. Nella condivisibile indicazione, tuttavia, ci si chiede come possano classificare le aziende dei materiali ferrosi derivanti, ad esempio, da manutenzione interna. Pensiamo, ad esempio, allo smantellamento di un componente metallico di una linea produttiva quale la porta in ferro del passo d’uomo di una pressa; a quale capitolo bisogna riferirsi? Se leggiamo puntualmente l’elenco da 1 a 20, l’unico capitolo che ci viene in soccorso è il 16, rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco, ed infatti sempre più imprese stanno classificando questa tipologia di materiale con tale capitolo, considerandolo come “rifiuto rimosso”, 1601.

 

Peccato che questa fattispecie sia legata alle attività di smantellamento e manutenzione di veicoli, e pare quindi, a parere di chi scrive, ancor meno pertinente rispetto al capitolo 17. Altri si sono mossi utilizzando il capitolo 12, considerando l’attività come una sorta di trattamento meccanico superficiale di metalli, per poi dover usare il codice EER 120199, rifiuti non specificati altrimenti, in quanto la tipologia rappresentata nell’esempio riportato non risulta codificata. A parere di chi scrive, quindi, tutti i tentativi di considerare tale “rifiuto ferroso” all’interno dei vari capitoli dell’EER hanno la loro legittimità, ancorché, di fatto, l’attività rappresentata si può classificare come una attività di demolizione non di tipo edile/infrastrutturale, ma pur sempre di demolizione si tratta. Ora, se questa è l’attività ed il produttore deve cercare il codice EER più attinente cui riferire il rifiuto prodotto, pare difficile non riferirsi al capitolo 17.

 

Ed in effetti la maggior parte delle imprese continua, per come rappresentato a volte in maniera anche poco corretta, ad utilizzare il capitolo 17 per la classificazione dei propri rifiuti ferrosi. Così comportandosi commettono un illecito? Certamente la contestazione da parte degli organi di controllo della non corretta attribuzione di un codice EER potrebbe portare a spiacevoli conseguenze per il produttore del rifiuto sia in termini di responsabilità penale che di responsabilità amministrativa dell’impresa (D.lgs. 231/01). Per quanto possa apparire capziosa la presente trattazione, essa vuole aprire una riflessione sulle autorevoli indicazioni che vengono proposte agli operatori dai vari soggetti deputati a regolamentare i processi. Tenuto conto di quanto rappresentato dalla Linee guida SNPA per il capitolo 17, come qui approfondito, ci si deve chiedere, ad esempio, come è possibile che la recente Delibera della Regione Lombardia del 7 marzo 2022, n. XI/6071, Approvazione linee guida per la gestione delle terre di fonderia di metalli ferrosi, documento che è stato realizzato “con l’obiettivo di fornire a tutti i soggetti coinvolti un quadro di riferimento tecnico/normativo chiaro e condiviso per la gestione circolare di alcuni dei principali residui delle attività siderurgiche/metallurgiche presenti sul territorio regionale”, possa riportare il codice 170405, come codice EER attribuibile ai residui metallici del processo produttivo trattato; codice EER esplicitamente escluso, in questa modalità d’utilizzo, dalle Linee guida SNPA.

 

La trattazione della Linea Guida della Regione Lombardia si riferisce, nel suo articolato, ai rifiuti da recuperare con cessazione della qualifica di rifiuto richiamando l’utilizzo del corretto capitolo 10, ma negli schemi, come quello sopra riportato, ammette implicitamente l’uso del codice EER 170405, al di fuori delle attività di costruzione e demolizione, diversamente da quanto indicato dalle Linee guida SNPA. Indicazioni contrastanti mettono in seria difficoltà le aziende. È auspicabile un allineamento ed una omogeneità negli indirizzi forniti dalle Autorità in materia di classificazione dei rifiuti, nonché, come nel caso di specie, e per altri similari, la predisposizione di puntuali indicazioni operative potrebbero essere la chiave di volta per arrivare ad una precisa, diffusa ed uniforme applicazione della normativa.

 

Piacenza, 29 marzo 2022

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