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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Disciplina delle matrici materiali di riporto: i chiarimenti interpretativi del Ministero dell’Ambiente (Prot. 0015786)
di Linda Collina
Categoria: Rifiuti
Lo scopo del documento è quello di fornire alle Amministrazioni chiarimenti interpretativi sulla disciplina delle matrici materiali di riporto ed all’utilizzo che di tali materiali può farsi al fine di uniformarne l’azione amministrativa, a seguito dell’entrata in vigore del recente regolamento sul riutilizzo delle terre da scavo (DPR 120/2017).
Definizione di “matrici materiali di riporto”.
La definizione di tali materiali risulta necessaria al fine di individuare il corretto regime giuridico da applicare alla gestione di tali materiali, e viene introdotta dal D.L 25 gennaio 2012, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 28 del 24 marzo 2012: “matrici materiali di riporto … costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.
L’articolo 4, comma 3, del nuovo DPR 120/2017 relativo ai criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti stabilisce che:
nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso, da quantificarsi secondo quanto disposto dall’Allegato 10 del medesimo D.P.R.
oltre al rispetto dei requisiti di qualità ambientale di cui al comma 2, lettera d), il citato articolo 4, comma 3, prevede che le matrici materiali di riporto sono sottoposte al test di cessione, effettuato secondo le metodiche di cui all’Allegato 3 del decreto del Ministro dell’ambiente del 5 febbraio 1998, recante “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero”, per i parametri pertinenti, ad esclusione del parametro amianto, al fine di accertare il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione delle acque sotterranee, di cui alla Tabella 2, Allegato 5, al Titolo 5, della Parte IV, del decreto.
L’articolo 24, comma 1, del nuovo DPR 120/2017 relativo ai criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come non rifiuti, (ricadendo quindi all’interno dell’art. 185 del D.Lgs. 152/2006) stabilisce che:
le terre e rocce da scavo devono essere conformi ai requisiti di cui all’articolo 185, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 152/2006 e, in particolare, devono essere utilizzate nel sito di produzione. Inoltre, la non contaminazione deve essere verificata ai sensi dell’Allegato 4 dello stesso DPR “Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali”.
In aggiunta, si ricorda che il l’articolo 3, comma 2 del D.L. 2/2012, come modificato dall’art. 41, comma 3, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, non abrogato dal nuovo D.P.R. 120/2017, stabilisce che “ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. n. 152 del 2006, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del D.M. 5 febbraio 1998 … ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee e, ove conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati”.
Alla luce di quanto sopra esposto, ne consegue che i materiali di riporto nella gestione come sottoprodotti e nella gestione come non rifiuti debbano essere sottoposti:
alla verifica di conformità alle CSC Tab. 2, del D.Lgs. 152/2006 tramite test di cessione;
alla verifica di non contaminazione mediante verifica di conformità CSC Colonne A o B, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica;
La quantificazione della frazione antropica dalla lettura della norma risulta obbligatori solamente nella gestione dei sottoprodotti.
Gestione delle terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto non conformi.
Le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione sono fonti di contaminazione. Le alternative possibili per la gestione di tal materiali sono:
1) RIMOZIONE: La rimozione della fonte di contaminazione avviene attraverso la bonifica. Ai sensi dell’articolo 240, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 152 del 2006, per “bonifica” deve intendersi “l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”.
2) MESSA IN SICUREZZA PERMANENTE utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute.
Nel caso di specie, è applicabile anche la messa in sicurezza operativa definita dall’art. 240, comma 1, lettera n), del D.Lgs. n. 152 del 2006 come: “l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione delle contaminazioni all’interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate”.
3) OPERAZIONI DI TRATTAMENTO al fine di rimuovere i contaminanti e rendere conformi i materiali ai limiti del test di cessione. Tali attività, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 152 del 2006 sono identificate in “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”.
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Disciplina delle matrici materiali di riporto: i chiarimenti interpretativi del Ministero dell’Ambiente (Prot. 0015786)
di Linda Collina
Lo scopo del documento è quello di fornire alle Amministrazioni chiarimenti interpretativi sulla disciplina delle matrici materiali di riporto ed all’utilizzo che di tali materiali può farsi al fine di uniformarne l’azione amministrativa, a seguito dell’entrata in vigore del recente regolamento sul riutilizzo delle terre da scavo (DPR 120/2017).
La definizione di tali materiali risulta necessaria al fine di individuare il corretto regime giuridico da applicare alla gestione di tali materiali, e viene introdotta dal D.L 25 gennaio 2012, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 28 del 24 marzo 2012: “matrici materiali di riporto … costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.
L’articolo 4, comma 3, del nuovo DPR 120/2017 relativo ai criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come sottoprodotti stabilisce che:
L’articolo 24, comma 1, del nuovo DPR 120/2017 relativo ai criteri per qualificare le terre e rocce da scavo come non rifiuti, (ricadendo quindi all’interno dell’art. 185 del D.Lgs. 152/2006) stabilisce che:
In aggiunta, si ricorda che il l’articolo 3, comma 2 del D.L. 2/2012, come modificato dall’art. 41, comma 3, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, non abrogato dal nuovo D.P.R. 120/2017, stabilisce che “ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. n. 152 del 2006, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del D.M. 5 febbraio 1998 … ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee e, ove conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati”.
Alla luce di quanto sopra esposto, ne consegue che i materiali di riporto nella gestione come sottoprodotti e nella gestione come non rifiuti debbano essere sottoposti:
La quantificazione della frazione antropica dalla lettura della norma risulta obbligatori solamente nella gestione dei sottoprodotti.
Le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione sono fonti di contaminazione. Le alternative possibili per la gestione di tal materiali sono:
1) RIMOZIONE: La rimozione della fonte di contaminazione avviene attraverso la bonifica. Ai sensi dell’articolo 240, comma 1, lettera p), del d.lgs. n. 152 del 2006, per “bonifica” deve intendersi “l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”.
2) MESSA IN SICUREZZA PERMANENTE utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute.
Nel caso di specie, è applicabile anche la messa in sicurezza operativa definita dall’art. 240, comma 1, lettera n), del D.Lgs. n. 152 del 2006 come: “l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione delle contaminazioni all’interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate”.
3) OPERAZIONI DI TRATTAMENTO al fine di rimuovere i contaminanti e rendere conformi i materiali ai limiti del test di cessione. Tali attività, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 152 del 2006 sono identificate in “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento”.
Piacenza, 20.11.2017
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