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Stefano Maglia

Rifiuti: considerazioni sul passaggio da R13 a R13

di Stefano Maglia, Alessandra Corru'

Categoria: Rifiuti


 
La disciplina vigente non consente, in termini generali, di passare da una messa in riserva di rifiuti ad un’altra, ossia da un’operazione R13 ad un’altra R13.
 
Infatti, tale divieto si può desumere dalla stessa definizione fornita dall’Allegato C, Parte IV, D.L.vo n. 152/2006, che individua l’operazione R13 come “Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)”. Tale nozione è peraltro identica a quella originaria contenuta nell’Allegato II[1] alla Direttiva 98/2008/Ce, dalla quale discendono le modifiche al D.L.vo 152/2006 ed all’Allegato C, per l’adeguamento della disciplina nazionale rifiuti con quella comunitaria.
 
Le uniche eccezioni sono quelle in cui la P.A. consenta espressamente in un’autorizzazione tale possibilità oppure quella prevista, limitatamente al recupero di rifiuti non pericolosi in procedura semplificata, dall’art. 6, comma 8, del D.M. 5 febbraio 1998 che stabilisce che per tutti i rifiuti di cui all’Allegato I, Sub-allegato I al Decreto stesso “il passaggio fra i siti adibiti all’effettuazione dell’operazione di recupero «R13 – messa in riserva» è consentito esclusivamente per una sola volta ed ai soli fini della cernita o selezione o frantumazione o macinazione o riduzione volumetrica dei rifiuti.
 
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Ciò significa che, per legge, a meno che non si rientri in una delle due ipotesi derogatorie sopra individuate, i rifiuti sottoposti alla messa in riserva (R13) dovranno, dunque, essere conferite a soggetti autorizzati ad effettuare il recupero definitivo, restando pertanto esclusi passaggi intermedi ad impianti che effettuino esclusivamente un’operazione R13.
 
In argomento, si segnala innanzitutto che vi è scarsissima giurisprudenza.
 
Una delle poche – se non l’unica – pronuncia giurisprudenziale sul tema è rappresentata dalla sentenza n. 2115 dell’8 febbraio 2017, con la quale il TAR Lazio, Sez. II-ter, ha fornito una posizione interpretativa ulteriormente restrittiva della norma sopra citata. Nello specifico, ha stabilito che: “[…] il passaggio da un R13 ad un altro è consentito solo se il secondo R13 è propedeutico ad un’altra operazione di recupero, per cui la norma permette il passaggio una sola volta in siti autorizzati con R13 “puro”, ovvero con sola messa in riserva.
 
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Questo perché un impianto che svolge un’operazione di recupero da R1 a R12 deve necessariamente fare una messa in riserva (propedeutica all’operazione di recupero vera e propria): di conseguenza, tutti gli impianti di recupero autorizzati con operazioni da R1 a R12 sono autorizzati sempre in R13 + RX. Non anche necessariamente il contrario, nel senso che un impianto autorizzato in R13 potrà limitarsi a mettere in deposito il rifiuto per il tempo strettamente necessario indicato dalla legge, per poi mandarlo da R13 ad un (ad esempio) R3 che, ovviamente, dovrà essere autorizzato R13-R3.
 
In altre parole, sembrerebbe consentito un ulteriore passaggio con operazione R13 dei rifiuti ritirati in R13, purché non si tratti di un impianto autorizzato in R13 “puro”, ma di un impianto dotato di autorizzazione all’effettivo recupero (dunque, R13+RX), ovviamente sempre salvo espresse prescrizioni in senso contrario nelle autorizzazioni stesse.
 
In riferimento all’interpretazione ormai condivisa della voce R13, sopra riportata, si può ritenere esteso il principio anche alla formulazione dell’operazione R12, proprio perché letteralmente la definizione preclude il successivo invio ad un ulteriore R12 (“puro”). L’Allegato C, alla Parte IV, del D.L.vo 152/2006, infatti, definisce R12 come lo “scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11”. Si ricorda che nel 2010, per effetto delle modifiche apportate dal D.L.vo n. 205/2010, è avvenuta l’aggiunta di una nota al testo originario che così dispone: “In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.
 
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In considerazione di ciò, a meno che nell’autorizzazione dell’impianto vi sia un’espressa indicazione derogatoria a tale divieto, si consiglia, dunque, di fare molta attenzione alla scelta dell’impianto finale a cui conferire i propri rifiuti e di selezionare sempre impianti che siano autorizzati a effettuare operazioni di recupero diverse dall’esclusiva operazione R13 (o R12) “pura”, evitando perciò ulteriori passaggi ad impianti di sola messa in riserva.
 
Ciò risulta peraltro coerente con la ratio ed i contenuti delle norme in materia di corretta gestione dei rifiuti, le quali prevedono l’identificazione e la tracciabilità di tutte le relative fasi e non contemplano, per contro, il continuo passaggio da un deposito ad un altro che potrebbe configurare il fenomeno del cosiddetto giro bolla e che, di conseguenza, tale attività potrebbe integrare gli estremi di una gestione non autorizzata di rifiuti.
 

[1] Allegato II, Direttiva Quadro 2008/98/CE– Operazioni di recupero:

“R 13 Messa in riserva di rifiuti in attesa di una delle operazioni indicate da R 1 a R 12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti).”
 

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