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Messa in riserva: si può andare da R13 a R13?

di Miriam Viviana Balossi

Categoria: Rifiuti

In ordine alla disciplina della messa in riserva di rifiuti non pericolosi, l’art. 6, c. 1 del D.M. 5 febbraio 1998 rimanda alle disposizioni generali in materia di rifiuti (prima il D.L.vo 22/97, oggi il D.L.vo 152/06 – Parte IV). I successivi cc. 5 e 6 configurano le diverse ipotesi di impianti che effettuano unicamente la messa in riserva e di impianti che effettuano anche le altre operazioni di recupero: in tale sede, però, non si pongono limiti se non quelli relativi alle quantità conferibili[1].
Il c. 8, invece, dispone che per tutti i rifiuti dell’All. 1, Sub-All. 1 al decreto “il passaggio fra i siti adibiti all’effettuazione dell’operazione di recupero “R13-messa in riserva” è consentito esclusivamente per una sola volta ed ai soli fini della cernita o selezione o frantumazione o macinazione o riduzione volumetrica dei rifiuti”.
A prescindere dall’eccezione sopra riportata che concerne la procedura semplificata e che si verifica solo alle anzidette condizioni, la regola generale è che non si può passare da una messa in riserva ad un ulteriore messa in riserva, ovvero da R13 a R13; e ciò qualunque sia la procedura autorizzatoria in essere degli impianti di partenza e di destino. Tale divieto, infatti, non riguarda solo il D.M. 5 febbraio 1998[2], ma è (implicitamente) posto dal Legislatore nello stesso D.L.vo 152/06, All. C: tale divieto discende dalla definizione stessa di messa in riserva, che si riferisce alla successiva sottoposizione dei rifiuti “… a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12”. Del resto, la corretta gestione dei rifiuti prevede l’identificazione e tracciabilità di tutte le sue fasi e non contempla il continuo passaggio da un deposito ad un altro (sia esso messa in riserva o deposito preliminare).
Ciò, però, a meno che la P.A. assuma – nella fattispecie concreta – una posizione differente e preveda espressa indicazione derogatoria in tal senso nell’autorizzazione.
Da ultimo, si accenna ad un tema strettamente collegato all’argomento e di notevole importanza pratica: relativamente ai limiti temporali e quantitativi di stoccaggio, si precisa che le disposizioni di cui al D.L.vo 152/06 non impongono a priori precise prescrizioni in termini di tempo e di quantità per lo stoccaggio di rifiuti[3]. È in sede di domanda, e quindi poi di rilascio dell’autorizzazione da parte della P.A. competente, che vengono definiti simili dettagli tecnici. Se, dunque, l’autorità competente ha inserito nell’autorizzazione dei limiti, è a questi che bisogna rifarsi: tenendo sempre presente che tutte le prescrizioni della P.A. devono essere adeguatamente motivate.

 

 

 



[1] Sul punto, si veda A. BIANCO, La nuova disciplina delle procedure semplificate di recupero dei rifiuti non pericolosi (D.M. 5 aprile 2006, n. 186: decreto attuativo del T.U.? in F. GIAMPIETRO (a cura di), Commento al Testo Unico ambientale, Ipsoa, 2006, p. 269 ss.

[2] E risiede anche nella ratio delle procedure semplificate, che devono prevedere l’esito conclusivo di produzione di una materia prima seconda.

[3] A differenza di quanto avviene, invece, per il deposito temporaneo di rifiuti.

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