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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Nuove procedure amministrative per la messa in riserva?
di Monica Taina
Categoria: Rifiuti
La messa in riserva è definita nel TUA all’art. 183 lettera aa) come una tipologia di stoccaggio di rifiuti espressamente finalizzata al recupero: “stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta”, e la voce R13, a sua volta così la definisce: “Messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)”.
Che, dunque, la messa in riserva appartenga al novero delle operazioni di recupero è indiscusso.
Ad oggi, però, gli operatori della gestione (produttori, detentori e anche controllori) si domandano se, per effetto delle modifiche apportate al TUA dal IV correttivo (D. L.vo n. 205/2010), non siano cambiati – anche indirettamente – i termini della gestione dei rifiuti in messa in riserva, in particolare avuto riguardo a quelle forme di recupero agevolato che vengono svolte, anche sotto i profili della messa in riserva, in forma semplificata.
A parere di chi scrive, la risposta è senz’altro negativa, per le motivazione che sotto si riportano. Anzitutto è da chiarire che quello che è accaduto, ovvero, l’estensione di alcune voci di recupero ad operazioni che di per sé possono rientrare nel concetto di messa in riserva, invero non sono state espressamente formulate in riferimento alla voce R13 della messa in riserva, né tanto meno in riferimento al D.M. 5 febbraio 1998, da cui le operazioni di recupero in procedura semplificata traggono operatività, quindi, a parere di chi scrive, non è contestabile la vigenza del D.M. alle condizioni (ed alla ratio) in cui lo stesso ha avuto origine.
Ci si riferisce alle integrazioni all’Allegato C, modificato dal D. L.vo n. 205/2010, apportate peraltro non alla voce R13, bensì alla voce R12 – per quanto di interesse sul tema – ovvero l’introduzione di una nota esplicativa.
La definizione di R13 “Messa in riserva di rifiuti” è rimasta invariata, quella di R12 anche, salvo l’aggiunta della nota: R12 “scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
La nota a questa voce[1] prevede: “in mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essicazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
L’interpretazione estensiva di tale nota, ovvero il voler ricondurre le attività ivi elencate alla “messa in riserva” per poi sostenere che tale operazione di recupero non può più essere condotta in termini di procedura semplificata poiché appartenente ora (ovvero dal dicembre 2010) alla voce R12, appare erroneo oltreché “ultra-petita”.
Si deve anzitutto osservare, in riferimento alla voce R12, che l’uso del termine “scambio” (peraltro immutato nelle varie modifiche apportate al TUA) appare senz’altro fuorviante rispetto alla gestione rifiuti: lo scambio, ovvero il passaggio di un rifiuto per un altro rifiuto non avrebbe in sé né logica né ragione di esistere nel sistema della gestione rifiuti, nella quale, semmai, è correttamente normato da tempo “il trasporto di rifiuti”, con tutti gli adempimenti connessi.
La stessa nota aggiunta a questa voce non ha quindi apparentemente alcuna connessione logica; tutt’al più le indicazioni della nota si potrebbero ritenere riferite ad un “cambio” di rifiuti, inteso nel senso di “cambio della loro natura e/o stato fisico”[2], come anche qualche commentatore[3] ha evidenziato, anche se non risultano ancora oggi, chiarimenti ufficiali in merito.
Occorre, infine, ricordare tutte le particolari condizioni cui è sottoposta l’attribuzione del codice R12: mancanza di un altro codice appropriato e svolgimento di un “pretrattamento”, senza contare l’uso di termini ipotetici quali “può comprendere”, “tra l’altro”, ciò in aderenza alla nuova nozione di recupero che non qualifica più come vincolanti le voci R.
Da ultimo si deve aggiungere, a supporto della lettura normativa sin qui svolta, una considerazione in merito alla preparazione per il riutilizzo.
L’art. 183 lett. q) la definisce come l’insieme delle operazioni: “…di controllo, pulizia, smontaggio[4] e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”.
La preparazione per il riutilizzo dunque si riferisce ad una serie di operazioni elencate tassativamente ritenute necessarie per consentire un reimpiego della materia senza altro pretrattamento, però – per definizione – deve svolgersi su “… prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti…”.
La definizione come formulata non permette di ritenere sussistente alcuna eccezione rispetto all’assunto secondo cui colui che interviene attivamente su un rifiuto debba essere preventivamente autorizzato a farlo, poiché si riferisce a operazioni che si svolgono su rifiuti[5]; è però evidente che ricondurre le operazioni di preparazione al riutilizzo nel novero di quelle operazioni da autorizzare, nei limiti e nella misura in cui hanno come presupposto la detenzione qualificata di rifiuti, rende limitato il contributo in termini di novità legislativa quanto a “semplificazioni amministrative della gestione” ma introduce interessanti risvolti rispetto alle tipologie di operazioni che si possono svolgere, proprio perché, se riconducibili alla preparazione per il riutilizzo, non sono da ritenersi vincolate ad una delle tredici operazioni di recupero indicate all’Allegato C della Parte IV del D. L.vo n. 152/2006[6], oppure come qualcuno[7] sostiene – proprio in virtù della sopra citata nota – potranno ritenersi collegate alla voce R12[8].
[1] Identica a quella originaria contenuta nella Direttiva 98/2008/Ce, dalla quale discendono le modifiche al TUA ed all’Allegato C, per l’adeguamento della disciplina nazionale rifiuti con quella comunitaria.
[2] In tal senso si rammenta che la nozione di produttore contenuta all’art. 183 lett. f) è la seguente: “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti”.
[3] Ci si riferisce a P. FICCO, “Recupero agevolato, lo scambio di rifiuti R12 non è un trasferimento ma una loro modifica”, in Rifiuti, Bollettino di informazione normativa, n. 11/2010.
[4] L’operazione di “smontaggio” risulta inserita solo nella versione italiana della nozione di preparazione per il riutilizzo.
– S. MAGLIA, “Diritto ambientale”, II Edizione, Ipsoa, 2011, pag. 113;
– S. MAGLIA e M. MEDUGNO, in “Rifiuto, Non Rifiuto? Esclusioni, Sottoprodotto, Riutilizzo, MPS, EoW”, Irnerio Editore 2011, pag. 23, ove si legge: “la preparazione per il riutilizzo deve essere oggetto di autorizzazione, non certo nei termini di una delle dodici operazioni di recupero di cui all’Allegato C del D. Lgs. n. 152/2006 (R1 – R12) bensì come R13, poiché chi effettua le operazioni sui prodotti o componenti di prodotti divenuti rifiuti avrà, per lo meno, la preliminare necessità di gestirli in “messa in riserva”, per poi svolgervi le operazioni descritte dalla norma (ma senza alcun altro pretrattamento)”.
[6] Come osserva D. CARISSIMI in: “Preparazione per il riutilizzo, riciclo, recupero: questo è il problema” in questa Rivista, n. 7/2001, la norma indica un trattamento limitato a semplicissime operazioni che potrebbero concludersi anche con il solo mero “controllo” visivo, e nonostante tali operazioni di trattamento possano assumere connotati spiccatamente superficiali da parte del soggetto recuperatore autorizzato dando luogo ad un proliferare di attività semplificate, non ci si potrà sottrarre – anche per questi nuovi recuperatori – dagli obblighi sistri, autorizzatori e fideiussori tipici del settore.
[7] Così ritiene P.PIPERE, Atti del convegno “La corretta gestione dei Rifiuti”, tenutosi a Milano il 22 dicembre 2011, pubblicati sul sito www.tuttoambiente.it.
[8] Si veda anche: S. MAGLIA e A. Di GIROLAMO, “Recupero rifiuti: definizioni e prospettive”, in questa Rivista n. 8-9/11.
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Nuove procedure amministrative per la messa in riserva?
di Monica Taina
La messa in riserva è definita nel TUA all’art. 183 lettera aa) come una tipologia di stoccaggio di rifiuti espressamente finalizzata al recupero: “stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta”, e la voce R13, a sua volta così la definisce: “Messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)”.
Che, dunque, la messa in riserva appartenga al novero delle operazioni di recupero è indiscusso.
Ad oggi, però, gli operatori della gestione (produttori, detentori e anche controllori) si domandano se, per effetto delle modifiche apportate al TUA dal IV correttivo (D. L.vo n. 205/2010), non siano cambiati – anche indirettamente – i termini della gestione dei rifiuti in messa in riserva, in particolare avuto riguardo a quelle forme di recupero agevolato che vengono svolte, anche sotto i profili della messa in riserva, in forma semplificata.
A parere di chi scrive, la risposta è senz’altro negativa, per le motivazione che sotto si riportano. Anzitutto è da chiarire che quello che è accaduto, ovvero, l’estensione di alcune voci di recupero ad operazioni che di per sé possono rientrare nel concetto di messa in riserva, invero non sono state espressamente formulate in riferimento alla voce R13 della messa in riserva, né tanto meno in riferimento al D.M. 5 febbraio 1998, da cui le operazioni di recupero in procedura semplificata traggono operatività, quindi, a parere di chi scrive, non è contestabile la vigenza del D.M. alle condizioni (ed alla ratio) in cui lo stesso ha avuto origine.
Ci si riferisce alle integrazioni all’Allegato C, modificato dal D. L.vo n. 205/2010, apportate peraltro non alla voce R13, bensì alla voce R12 – per quanto di interesse sul tema – ovvero l’introduzione di una nota esplicativa.
La definizione di R13 “Messa in riserva di rifiuti” è rimasta invariata, quella di R12 anche, salvo l’aggiunta della nota: R12 “scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
La nota a questa voce[1] prevede: “in mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essicazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R1 a R11”.
L’interpretazione estensiva di tale nota, ovvero il voler ricondurre le attività ivi elencate alla “messa in riserva” per poi sostenere che tale operazione di recupero non può più essere condotta in termini di procedura semplificata poiché appartenente ora (ovvero dal dicembre 2010) alla voce R12, appare erroneo oltreché “ultra-petita”.
Si deve anzitutto osservare, in riferimento alla voce R12, che l’uso del termine “scambio” (peraltro immutato nelle varie modifiche apportate al TUA) appare senz’altro fuorviante rispetto alla gestione rifiuti: lo scambio, ovvero il passaggio di un rifiuto per un altro rifiuto non avrebbe in sé né logica né ragione di esistere nel sistema della gestione rifiuti, nella quale, semmai, è correttamente normato da tempo “il trasporto di rifiuti”, con tutti gli adempimenti connessi.
La stessa nota aggiunta a questa voce non ha quindi apparentemente alcuna connessione logica; tutt’al più le indicazioni della nota si potrebbero ritenere riferite ad un “cambio” di rifiuti, inteso nel senso di “cambio della loro natura e/o stato fisico”[2], come anche qualche commentatore[3] ha evidenziato, anche se non risultano ancora oggi, chiarimenti ufficiali in merito.
Occorre, infine, ricordare tutte le particolari condizioni cui è sottoposta l’attribuzione del codice R12: mancanza di un altro codice appropriato e svolgimento di un “pretrattamento”, senza contare l’uso di termini ipotetici quali “può comprendere”, “tra l’altro”, ciò in aderenza alla nuova nozione di recupero che non qualifica più come vincolanti le voci R.
Da ultimo si deve aggiungere, a supporto della lettura normativa sin qui svolta, una considerazione in merito alla preparazione per il riutilizzo.
L’art. 183 lett. q) la definisce come l’insieme delle operazioni: “…di controllo, pulizia, smontaggio[4] e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”.
La preparazione per il riutilizzo dunque si riferisce ad una serie di operazioni elencate tassativamente ritenute necessarie per consentire un reimpiego della materia senza altro pretrattamento, però – per definizione – deve svolgersi su “… prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti…”.
La definizione come formulata non permette di ritenere sussistente alcuna eccezione rispetto all’assunto secondo cui colui che interviene attivamente su un rifiuto debba essere preventivamente autorizzato a farlo, poiché si riferisce a operazioni che si svolgono su rifiuti[5]; è però evidente che ricondurre le operazioni di preparazione al riutilizzo nel novero di quelle operazioni da autorizzare, nei limiti e nella misura in cui hanno come presupposto la detenzione qualificata di rifiuti, rende limitato il contributo in termini di novità legislativa quanto a “semplificazioni amministrative della gestione” ma introduce interessanti risvolti rispetto alle tipologie di operazioni che si possono svolgere, proprio perché, se riconducibili alla preparazione per il riutilizzo, non sono da ritenersi vincolate ad una delle tredici operazioni di recupero indicate all’Allegato C della Parte IV del D. L.vo n. 152/2006[6], oppure come qualcuno[7] sostiene – proprio in virtù della sopra citata nota – potranno ritenersi collegate alla voce R12[8].
[1] Identica a quella originaria contenuta nella Direttiva 98/2008/Ce, dalla quale discendono le modifiche al TUA ed all’Allegato C, per l’adeguamento della disciplina nazionale rifiuti con quella comunitaria.
[2] In tal senso si rammenta che la nozione di produttore contenuta all’art. 183 lett. f) è la seguente: “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti”.
[3] Ci si riferisce a P. FICCO, “Recupero agevolato, lo scambio di rifiuti R12 non è un trasferimento ma una loro modifica”, in Rifiuti, Bollettino di informazione normativa, n. 11/2010.
[4] L’operazione di “smontaggio” risulta inserita solo nella versione italiana della nozione di preparazione per il riutilizzo.
[5] Così:
– S. MAGLIA, “Diritto ambientale”, II Edizione, Ipsoa, 2011, pag. 113;
– S. MAGLIA e M. MEDUGNO, in “Rifiuto, Non Rifiuto? Esclusioni, Sottoprodotto, Riutilizzo, MPS, EoW”, Irnerio Editore 2011, pag. 23, ove si legge: “la preparazione per il riutilizzo deve essere oggetto di autorizzazione, non certo nei termini di una delle dodici operazioni di recupero di cui all’Allegato C del D. Lgs. n. 152/2006 (R1 – R12) bensì come R13, poiché chi effettua le operazioni sui prodotti o componenti di prodotti divenuti rifiuti avrà, per lo meno, la preliminare necessità di gestirli in “messa in riserva”, per poi svolgervi le operazioni descritte dalla norma (ma senza alcun altro pretrattamento)”.
[6] Come osserva D. CARISSIMI in: “Preparazione per il riutilizzo, riciclo, recupero: questo è il problema” in questa Rivista, n. 7/2001, la norma indica un trattamento limitato a semplicissime operazioni che potrebbero concludersi anche con il solo mero “controllo” visivo, e nonostante tali operazioni di trattamento possano assumere connotati spiccatamente superficiali da parte del soggetto recuperatore autorizzato dando luogo ad un proliferare di attività semplificate, non ci si potrà sottrarre – anche per questi nuovi recuperatori – dagli obblighi sistri, autorizzatori e fideiussori tipici del settore.
[7] Così ritiene P.PIPERE, Atti del convegno “La corretta gestione dei Rifiuti”, tenutosi a Milano il 22 dicembre 2011, pubblicati sul sito www.tuttoambiente.it.
[8] Si veda anche: S. MAGLIA e A. Di GIROLAMO, “Recupero rifiuti: definizioni e prospettive”, in questa Rivista n. 8-9/11.
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