Preveniamo rischi Risolviamo problemi Formiamo competenze
"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Il DM 25 febbraio 2000, n. 124 (di attuazione della dir. 94/67/CE) obbliga i gestori di impianti preesistenti destinati principalmente all’incenerimento di rifiuti ad adeguarsi alle norme tecniche ed ai valori limite di emissione di cui all’allegato 1 del medesimo decreto entro il 1° luglio prossimo.
Ma anche gli impianti preesistenti non destinati principalmente all’incenerimento di rifiuti nei quali già si effettua il coincenerimento di rifiuti pericolosi, si devono adeguare entro il 1° luglio, in funzione del valore della percentuale di calore prodotta dalla combustione dei rifiuti, rispetto al 40% ivi indicato.
L’unica possibilità che ha il gestore di impianti preesistenti di non rispettare tale obbligo di adeguamento entro il 1° luglio è quella di comunicare alla regione (o provincia autonoma) competente al rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 28 del decreto Ronchi, che “l’impianto sarà definitivamente chiuso oppure cesserà di effettuare il coincenerimento entro il 30 giugno 2002 e che fino a tale data non funzionerà per più di 20.000 ore”. Così dice l’art. 8. Ma facciamo due conti. Considerando che tra il 30 giugno 2000 ed il 30 giugno 2002 trascorrono 730 giorni, significa che se anche l’impianto funzionasse 24 ore su 24 tutti i giorni sarebbe operativo per 17.520 ore, cioè ben meno delle 20.000 indicate dal comma 7 dell’art. 8!
In attesa di una indispensabile rettifica è in ogni caso importante sottolineare che tale decreto (pubblicato sulla G.U. del 18 maggio e quindi in vigore dal 2 giugno 2000) riguarda le caratteristiche e le condizioni di esercizio dei soli rifiuti pericolosi.
Le finalità sono quelle (ex art. 1) di “prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell’incenerimento dei rifiuti pericolosi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè i rischi per la salute umana che ne risultino”. A parte la considerazione che termini quali “per quanto è possibile” sono tra i più dannosi che ci possano essere in qualunque disposizione normativa ed ancor più in quelle che riguardano la salute e l’ambiente, è importante notare che il secondo comma dell’art. 1 puntualizza che “sono fatte salve le altre disposizioni in materia di tutela dell’ambiente e della salute, in particolare le norme sulla gestione dei rifiuti e sulla sicurezza dei lavoratori degli impianti di incenerimento”.
Sono esclusi dal campo di applicazione del DM 124/00 (ex art. 3) gli inceneritori per: carcasse di animali, rifiuti sanitari contagiosi, rifiuti urbani e rifiuti speciali non pericolosi, a condizione che i rifiuti trattati non siano mescolati con rifiuti pericolosi.
Tra le definizioni di cui all’art. 2 ne spicca una di particolare rilievo, quella di “rifiuto pericoloso”: “i rifiuti solidi o liquidi individuati nell’allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”. Per la prima volta in ambito normativo viene dunque confermato il principio della tassatività dell’allegato D del decreto Ronchi più volte espresso dalla giurisprudenza: non esistono (giuridicamente) rifiuti pericolosi all’infuori di quelli di cui all’allegato D.
Con riferimento, invece, all’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti pericolosi si occupano – rispettivamente – l’art. 4 e l’art. 5.
Il primo puntualizza che le autorizzazioni alla costruzione e all’esercizio degli impianti di incenerimento sono rilasciate dalla regione ai sensi, rispettivamente, degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, “soltanto se dalla domanda risulta che la progettazione, l’attrezzatura e la gestione dell’impianto di incenerimento prevedono l’adozione di adeguate misure preventive contro l’inquinamento ambientale e che siano quindi osservati i requisiti di cui all’allegato 1”.
Per quanto concerne, invece, gli impianti di coincenerimento, l’art. 5, oltre a confermare la competenza della regione (“o della provincia autonoma”, corretta puntualizzazione che manca nell’art. 4, prestando così il fianco a prevedibili rinvii alla Consulta da parte delle provincie autonome…), il comma 2 specifica che è vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 25 parti per milione.
Categorie
Nuove regole per gli inceneritori
di Stefano Maglia
Il DM 25 febbraio 2000, n. 124 (di attuazione della dir. 94/67/CE) obbliga i gestori di impianti preesistenti destinati principalmente all’incenerimento di rifiuti ad adeguarsi alle norme tecniche ed ai valori limite di emissione di cui all’allegato 1 del medesimo decreto entro il 1° luglio prossimo.
Ma anche gli impianti preesistenti non destinati principalmente all’incenerimento di rifiuti nei quali già si effettua il coincenerimento di rifiuti pericolosi, si devono adeguare entro il 1° luglio, in funzione del valore della percentuale di calore prodotta dalla combustione dei rifiuti, rispetto al 40% ivi indicato.
L’unica possibilità che ha il gestore di impianti preesistenti di non rispettare tale obbligo di adeguamento entro il 1° luglio è quella di comunicare alla regione (o provincia autonoma) competente al rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 28 del decreto Ronchi, che “l’impianto sarà definitivamente chiuso oppure cesserà di effettuare il coincenerimento entro il 30 giugno 2002 e che fino a tale data non funzionerà per più di 20.000 ore”. Così dice l’art. 8. Ma facciamo due conti. Considerando che tra il 30 giugno 2000 ed il 30 giugno 2002 trascorrono 730 giorni, significa che se anche l’impianto funzionasse 24 ore su 24 tutti i giorni sarebbe operativo per 17.520 ore, cioè ben meno delle 20.000 indicate dal comma 7 dell’art. 8!
In attesa di una indispensabile rettifica è in ogni caso importante sottolineare che tale decreto (pubblicato sulla G.U. del 18 maggio e quindi in vigore dal 2 giugno 2000) riguarda le caratteristiche e le condizioni di esercizio dei soli rifiuti pericolosi.
Le finalità sono quelle (ex art. 1) di “prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell’incenerimento dei rifiuti pericolosi sull’ambiente, in particolare l’inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè i rischi per la salute umana che ne risultino”. A parte la considerazione che termini quali “per quanto è possibile” sono tra i più dannosi che ci possano essere in qualunque disposizione normativa ed ancor più in quelle che riguardano la salute e l’ambiente, è importante notare che il secondo comma dell’art. 1 puntualizza che “sono fatte salve le altre disposizioni in materia di tutela dell’ambiente e della salute, in particolare le norme sulla gestione dei rifiuti e sulla sicurezza dei lavoratori degli impianti di incenerimento”.
Sono esclusi dal campo di applicazione del DM 124/00 (ex art. 3) gli inceneritori per: carcasse di animali, rifiuti sanitari contagiosi, rifiuti urbani e rifiuti speciali non pericolosi, a condizione che i rifiuti trattati non siano mescolati con rifiuti pericolosi.
Tra le definizioni di cui all’art. 2 ne spicca una di particolare rilievo, quella di “rifiuto pericoloso”: “i rifiuti solidi o liquidi individuati nell’allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”. Per la prima volta in ambito normativo viene dunque confermato il principio della tassatività dell’allegato D del decreto Ronchi più volte espresso dalla giurisprudenza: non esistono (giuridicamente) rifiuti pericolosi all’infuori di quelli di cui all’allegato D.
Con riferimento, invece, all’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio di impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti pericolosi si occupano – rispettivamente – l’art. 4 e l’art. 5.
Il primo puntualizza che le autorizzazioni alla costruzione e all’esercizio degli impianti di incenerimento sono rilasciate dalla regione ai sensi, rispettivamente, degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, “soltanto se dalla domanda risulta che la progettazione, l’attrezzatura e la gestione dell’impianto di incenerimento prevedono l’adozione di adeguate misure preventive contro l’inquinamento ambientale e che siano quindi osservati i requisiti di cui all’allegato 1”.
Per quanto concerne, invece, gli impianti di coincenerimento, l’art. 5, oltre a confermare la competenza della regione (“o della provincia autonoma”, corretta puntualizzazione che manca nell’art. 4, prestando così il fianco a prevedibili rinvii alla Consulta da parte delle provincie autonome…), il comma 2 specifica che è vietato il coincenerimento di oli usati contenenti PCB/PCT e loro miscele in misura eccedente le 25 parti per milione.
Torna all'elenco completo
© Riproduzione riservata