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Nuovi rifiuti urbani. Entro il 31 maggio deve essere comunicata l’opzione a favore del servizio pubblico o degli operatori privati
di Paolo Pipere
Categoria: Rifiuti
A seguito dell’abrogazione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali, tutte le attività economiche divenute capaci di generare rifiuti urbani devono scegliere se avvalersi del concessionario pubblico o se affidare i propri rifiuti a imprese di raccolta private
Il Decreto-Legge 22 marzo 2021, n. 41 – Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19 – meglio noto come “decreto ristori”, con l’articolo 30, comma 5, ha individuato nel 31 maggio il termine entro il quale tutte le attività economiche elencate nell’allegato L-quinquies della parte quarta del D.Lgs 152/2006 devono comunicare al Comune o al gestore del servizio le modalità con le quali intendono gestire i nuovi rifiuti urbani. L’elenco comprende molte attività economiche, ma non le industrie, l’agricoltura e le attività connesse, l’edilizia, la pesca e il trattamento delle acque, delle emissioni in atmosfera e dei rifiuti.
Il decreto ristori non ha però modificato il Codice dell’ambiente, il D.Lgs. 152/2006, ma la norma che recentemente lo ha profondamente riformato, il decreto legislativo 116/2020, disponendo che:
«La scelta delle utenze non domestiche di cui all’articolo 3, comma 12, del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno».
Come da consolidata tradizione, anche in questo caso è stato violato il principio fondamentale sancito dall’articolo 3-bis (principi sulla produzione del diritto ambientale) del Codice dell’ambiente: «Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate,modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successiveleggi della Repubblica […]».
In ogni caso, sia pur con questo inopportuno complesso insieme di rinvii normativi, il decreto-legge è intervenuto su una questione decisiva per il nuovo assetto della gestione dei rifiuti urbani, definendo il termine – che certo non avrebbe potuto essere individuato con una circolare, come era nelle intenzioni del Ministero della transizione ecologica – entro il quale imprese, enti e liberi professionisti devono comunicare se per il prossimo quinquennio intendono avvalersi del servizio pubblico o di operatori privati.
A seguito della nuova classificazione dei rifiuti, entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno: «Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani […], che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale».
Il decreto ristori ha quindi precisato due aspetti fondamentali della nuova disposizione: la comunicazione della scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato deve essere inviata entro il 31 maggio di ciascun anno al Comune, nel caso in cui sia applicata la tassa rifiuti (TARI) istituita dalla Legge 147/2013, oppure al gestore del servizio pubblico, se in quel comune si applica la tariffa corrispettiva.
Considerato che le “utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni”, evidentemente la comunicazione non deve essere reiterata ogni anno se l’opzione non viene modificata.
Il termine entro il quale effettuare la comunicazione è stato anticipato rispetto a quello richiesto dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, ma posticipato rispetto alla scadenza del 31 marzo individuata in Emilia-Romagna con Legge regionale 29 dicembre 2020, n. 11. La necessità di conoscere con anticipo le intenzioni delle utenze non domestiche è evidentemente connessa all’esigenza di programmare le modalità di erogazione del servizio pubblico di raccolta e di stimarne i costi.
Deve essere precisato che la mancata comunicazione non comporta alcuna sanzione, ma potrebbe precludere all’impresa, all’ente o al libero professionista la possibilità ottenere la completa esenzione dall’obbligo di corrispondere la componente variabile della tassa a seguito della scelta di avviare al recupero i propri rifiuti urbani servendosi di operatori privati.
Infine, è opportuno ricordare che in sede di conversione in legge del decreto il termine potrebbe essere modificato.
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Nuovi rifiuti urbani. Entro il 31 maggio deve essere comunicata l’opzione a favore del servizio pubblico o degli operatori privati
di Paolo Pipere
A seguito dell’abrogazione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali, tutte le attività economiche divenute capaci di generare rifiuti urbani devono scegliere se avvalersi del concessionario pubblico o se affidare i propri rifiuti a imprese di raccolta private
Il Decreto-Legge 22 marzo 2021, n. 41 – Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19 – meglio noto come “decreto ristori”, con l’articolo 30, comma 5, ha individuato nel 31 maggio il termine entro il quale tutte le attività economiche elencate nell’allegato L-quinquies della parte quarta del D.Lgs 152/2006 devono comunicare al Comune o al gestore del servizio le modalità con le quali intendono gestire i nuovi rifiuti urbani. L’elenco comprende molte attività economiche, ma non le industrie, l’agricoltura e le attività connesse, l’edilizia, la pesca e il trattamento delle acque, delle emissioni in atmosfera e dei rifiuti.
Il decreto ristori non ha però modificato il Codice dell’ambiente, il D.Lgs. 152/2006, ma la norma che recentemente lo ha profondamente riformato, il decreto legislativo 116/2020, disponendo che:
«La scelta delle utenze non domestiche di cui all’articolo 3, comma 12, del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno».
Come da consolidata tradizione, anche in questo caso è stato violato il principio fondamentale sancito dall’articolo 3-bis (principi sulla produzione del diritto ambientale) del Codice dell’ambiente: «Le norme di cui al presente decreto possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi della Repubblica […]».
In ogni caso, sia pur con questo inopportuno complesso insieme di rinvii normativi, il decreto-legge è intervenuto su una questione decisiva per il nuovo assetto della gestione dei rifiuti urbani, definendo il termine – che certo non avrebbe potuto essere individuato con una circolare, come era nelle intenzioni del Ministero della transizione ecologica – entro il quale imprese, enti e liberi professionisti devono comunicare se per il prossimo quinquennio intendono avvalersi del servizio pubblico o di operatori privati.
A seguito della nuova classificazione dei rifiuti, entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno: «Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani […], che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale».
Il decreto ristori ha quindi precisato due aspetti fondamentali della nuova disposizione: la comunicazione della scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato deve essere inviata entro il 31 maggio di ciascun anno al Comune, nel caso in cui sia applicata la tassa rifiuti (TARI) istituita dalla Legge 147/2013, oppure al gestore del servizio pubblico, se in quel comune si applica la tariffa corrispettiva.
Considerato che le “utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni”, evidentemente la comunicazione non deve essere reiterata ogni anno se l’opzione non viene modificata.
Il termine entro il quale effettuare la comunicazione è stato anticipato rispetto a quello richiesto dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, ma posticipato rispetto alla scadenza del 31 marzo individuata in Emilia-Romagna con Legge regionale 29 dicembre 2020, n. 11. La necessità di conoscere con anticipo le intenzioni delle utenze non domestiche è evidentemente connessa all’esigenza di programmare le modalità di erogazione del servizio pubblico di raccolta e di stimarne i costi.
Deve essere precisato che la mancata comunicazione non comporta alcuna sanzione, ma potrebbe precludere all’impresa, all’ente o al libero professionista la possibilità ottenere la completa esenzione dall’obbligo di corrispondere la componente variabile della tassa a seguito della scelta di avviare al recupero i propri rifiuti urbani servendosi di operatori privati.
Infine, è opportuno ricordare che in sede di conversione in legge del decreto il termine potrebbe essere modificato.
Piacenza, 26 marzo 2021
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