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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Al momento in cui si scrive, si profilano all’orizzonte due diversi tipi di tassa inerenti la plastica: la prima, di matrice nazionale riguardante la (plastica) materia prima e la seconda, di matrice europea concernente lo smaltimento del rifiuto (di plastica).
Con il presente contributo si cercherà capire comprendere la natura dei tributi sopraccitati al fine di non incorrere in fraintendimenti ed incomprensioni.
La disciplina nazionale della c.d. “plastic tax” si ritrova nella L. 27 dicembre 2019, n. 160 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”. In tale sede (art. 1, c. 634) è stata istituita l’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego, denominati «MACSI», ovvero quei manufatti “che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari”.
I MACSI, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
L’obbligazione tributaria sorge al momento della produzione, dell’importazione definitiva nel territorio nazionale ovvero dell’introduzione nel medesimo territorio da altri Paesi dell’Unione europea e diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo dei MACSI nel territorio nazionale.
L’imposta introdotta dall’art. 1, c. 634 è fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei MACSI.
Il mancato pagamento dell’imposta è punito con la sanzione amministrativa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore comunque a 500 euro. Viceversa, in caso di ritardato pagamento dell’imposta, si applica la sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta dovuta, non inferiore comunque a 250 euro.
Ai sensi dell’art. 1, c. 641, l’accertamento dell’imposta dovuta è effettuato sulla base di dichiarazioni trimestrali contenenti tutti gli elementi necessari per determinare il debito d’imposta.
La dichiarazione è presentata dai soggetti obbligati all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare cui la dichiarazione si riferisce. Entro tale termine è effettuato il versamento dell’imposta dovuta. Per la tardiva presentazione della dichiarazione di cui sopra, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 5.000 euro.
Inizialmente, l’art. 1, c. 652 disponeva che le disposizioni di cui sopra avrebbero avuto “effetto a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento di cui al comma 651”. Quest’ultimo preannunciava un “provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da pubblicare, entro il mese di maggio dell’anno 2020, nella Gazzetta Ufficiale …”, sicché si attendeva l’applicazione della “plastic tax” per il mese di luglio 2020.
In realtà, il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (c.d. Decreto Rilancio) – poi convertito nella L. 17 luglio 2020, n. 77 – ha disposto il differimento dell’efficacia delle disposizioni in materia di imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI).
Infatti, l’art. 133 stabilisce che “all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 652, le parole: «dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento di cui al comma 651» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1° gennaio 2021»”.
Pertanto, al momento in cui si scrive, è sì confermata l’imposta c.d. “plastic tax” prevista dalla Legge di bilancio 2019, ma la sua applicazione è stata rinviata (per l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ed alle sue devastanti conseguenze, anche economiche) al 1° gennaio 2021.
Per quanto concerne l’eurotassa, la situazione è differente. Vediamo in che termini.
Prima dell’insorgere della pandemia da Coronavirus, l’Unione Europea aveva già anticipato l’inserimento di una tassa sulla plastica nella proposta di bilancio per il periodo 2021-2027.
A seguito della riunione straordinaria del Consiglio europeo tenutasi dal 17 al 21 luglio u.s., è stato elaborato un documento (EUCO 10/20 – CO EUR 8 – CONCL 4 datato 21 luglio 2020) recante le conclusioni raggiunte in cui – anticipando che “nei prossimi anni l’Unione lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie e introdurrà nuove risorse proprie” – si legge espressamente che “come primo passo, sarà introdotta e applicata a decorrere dal 1º gennaio 2021 una nuova risorsa propria composta da una quota di entrate provenienti da un contributo nazionale calcolato in base al peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati, con un’aliquota di prelievo di 0,80 EUR per chilogrammo e con un meccanismo volto a evitare effetti eccessivamente regressivi sui contributi nazionali”.
Al momento in cui si scrive, purtroppo, non si hanno ulteriori informazioni concrete relativamente a questa eurotassa: l’unica cosa certa è che essa verrà applicata su tutti i rifiuti da imballaggi di plastica che – a fine ciclo – non verranno ulteriormente riciclati. Sembrerebbe, quindi, irrilevante che gli imballaggi siano realizzati in plastica riciclata o vergine, biodegradabile o convenzionale: ciò che conta è la destinazione che l’utilizzatore ne fa dopo l’uso.
Fermo restando che il prelievo riguarderà solo gli imballaggi e non tutti i beni di plastica, si fa notare che al momento in cui si scrive non esistono ancora le modalità concrete di applicazione dell’imposta: probabilmente il tributo verrà articolato in dettaglio in un futuro regolamento europeo.
Si auspica, tuttavia, che, essendo l’Italia tra i primi stati in Europa per il riciclo dei rifiuti, possa essere meno penalizzata rispetto alle altre nazioni che – a vent’anni dall’introduzione della raccolta differenziata – ancora non raggiungono gli obiettivi europei.
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Plastica e tasse, quali novità in arrivo?
di Miriam Viviana Balossi
Al momento in cui si scrive, si profilano all’orizzonte due diversi tipi di tassa inerenti la plastica: la prima, di matrice nazionale riguardante la (plastica) materia prima e la seconda, di matrice europea concernente lo smaltimento del rifiuto (di plastica).
Con il presente contributo si cercherà capire comprendere la natura dei tributi sopraccitati al fine di non incorrere in fraintendimenti ed incomprensioni.
La disciplina nazionale della c.d. “plastic tax” si ritrova nella L. 27 dicembre 2019, n. 160 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”. In tale sede (art. 1, c. 634) è stata istituita l’imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego, denominati «MACSI», ovvero quei manufatti “che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari”.
I MACSI, anche in forma di fogli, pellicole o strisce, sono realizzati con l’impiego, anche parziale, di materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica e non sono ideati, progettati o immessi sul mercato per compiere più trasferimenti durante il loro ciclo di vita o per essere riutilizzati per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati.
L’obbligazione tributaria sorge al momento della produzione, dell’importazione definitiva nel territorio nazionale ovvero dell’introduzione nel medesimo territorio da altri Paesi dell’Unione europea e diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo dei MACSI nel territorio nazionale.
L’imposta introdotta dall’art. 1, c. 634 è fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei MACSI.
Il mancato pagamento dell’imposta è punito con la sanzione amministrativa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore comunque a 500 euro. Viceversa, in caso di ritardato pagamento dell’imposta, si applica la sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta dovuta, non inferiore comunque a 250 euro.
Ai sensi dell’art. 1, c. 641, l’accertamento dell’imposta dovuta è effettuato sulla base di dichiarazioni trimestrali contenenti tutti gli elementi necessari per determinare il debito d’imposta.
La dichiarazione è presentata dai soggetti obbligati all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare cui la dichiarazione si riferisce. Entro tale termine è effettuato il versamento dell’imposta dovuta. Per la tardiva presentazione della dichiarazione di cui sopra, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 5.000 euro.
Inizialmente, l’art. 1, c. 652 disponeva che le disposizioni di cui sopra avrebbero avuto “effetto a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del provvedimento di cui al comma 651”. Quest’ultimo preannunciava un “provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da pubblicare, entro il mese di maggio dell’anno 2020, nella Gazzetta Ufficiale …”, sicché si attendeva l’applicazione della “plastic tax” per il mese di luglio 2020.
In realtà, il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (c.d. Decreto Rilancio) – poi convertito nella L. 17 luglio 2020, n. 77 – ha disposto il differimento dell’efficacia delle disposizioni in materia di imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI).
Infatti, l’art. 133 stabilisce che “all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:
Pertanto, al momento in cui si scrive, è sì confermata l’imposta c.d. “plastic tax” prevista dalla Legge di bilancio 2019, ma la sua applicazione è stata rinviata (per l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ed alle sue devastanti conseguenze, anche economiche) al 1° gennaio 2021.
Per quanto concerne l’eurotassa, la situazione è differente. Vediamo in che termini.
Prima dell’insorgere della pandemia da Coronavirus, l’Unione Europea aveva già anticipato l’inserimento di una tassa sulla plastica nella proposta di bilancio per il periodo 2021-2027.
A seguito della riunione straordinaria del Consiglio europeo tenutasi dal 17 al 21 luglio u.s., è stato elaborato un documento (EUCO 10/20 – CO EUR 8 – CONCL 4 datato 21 luglio 2020) recante le conclusioni raggiunte in cui – anticipando che “nei prossimi anni l’Unione lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie e introdurrà nuove risorse proprie” – si legge espressamente che “come primo passo, sarà introdotta e applicata a decorrere dal 1º gennaio 2021 una nuova risorsa propria composta da una quota di entrate provenienti da un contributo nazionale calcolato in base al peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati, con un’aliquota di prelievo di 0,80 EUR per chilogrammo e con un meccanismo volto a evitare effetti eccessivamente regressivi sui contributi nazionali”.
Al momento in cui si scrive, purtroppo, non si hanno ulteriori informazioni concrete relativamente a questa eurotassa: l’unica cosa certa è che essa verrà applicata su tutti i rifiuti da imballaggi di plastica che – a fine ciclo – non verranno ulteriormente riciclati. Sembrerebbe, quindi, irrilevante che gli imballaggi siano realizzati in plastica riciclata o vergine, biodegradabile o convenzionale: ciò che conta è la destinazione che l’utilizzatore ne fa dopo l’uso.
Fermo restando che il prelievo riguarderà solo gli imballaggi e non tutti i beni di plastica, si fa notare che al momento in cui si scrive non esistono ancora le modalità concrete di applicazione dell’imposta: probabilmente il tributo verrà articolato in dettaglio in un futuro regolamento europeo.
Si auspica, tuttavia, che, essendo l’Italia tra i primi stati in Europa per il riciclo dei rifiuti, possa essere meno penalizzata rispetto alle altre nazioni che – a vent’anni dall’introduzione della raccolta differenziata – ancora non raggiungono gli obiettivi europei.
Piacenza, 15 settembre 2020
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