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"Mi occupo di diritto ambientale da oltre trent’anni TuttoAmbiente è la guida più autorevole per la formazione e la consulenza ambientale Conta su di noi" Stefano Maglia
Com’è noto, la disciplina di cui agli articoli da 318-bis a 318-octies del Dlgs. 152/2006[1], introdotta con l’art. 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68 [2], ha previsto – in materia di reati ambientali – un meccanismo di estinzione delle contravvenzioni disciplinate nel medesimo Dlgs. 152/2006 che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”, all’esito del perfezionamento di una procedura amministrativa costituita da due fasi: la c.d. ‘regolarizzazione’ del contravventore attraverso l’adempimento delle prescrizioni impartite in via amministrativa ed il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria.
In estrema sintesi, il meccanismo prevede che l’organo di vigilanza, dopo aver accertato una contravvenzione suscettibile di regolarizzazione (sotto forma di cessazione della permanenza del reato o di rimozione delle sue conseguenze dannose o pericolose), oltre a riferire senza ritardo al pubblico ministero la notizia di reato, impartisce al contravventore un’apposita prescrizione, fissando un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario per rimuovere l’irregolarità [3].
Successivamente (ovvero entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato), lo stesso organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità prescritte e nel termine indicato nella prescrizione. Se vi è stato corretto e tempestivo adempimento, la contravvenzione si estingue e il contravventore è ammesso a pagare una sanzione di importo pari ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista [4].
L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’art. 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 162-bis del codice penale e, in tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa [5].
Diversamente, se l’adempimento non è avvenuto, il processo (precedentemente sospeso) riprende il suo corso.
La procedura estintiva, che ricalca quella già sperimentata per le contravvenzioni in materia diinfortuni sul lavoro (art. 20 e ss. del Dlgs. 758/1994 [6] e Dlgs. 81/2008 [7]), si pone in un’ottica deflattiva rispetto agli illeciti penali caratterizzati da un ridotto livello di offensività del bene giuridico protetto. In tal senso, la Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 25528 del 6 luglio 2021 ha recentemente chiarito che «Il meccanismo delineato dagli artt. 318-bis e ss. del Dlgs. 152/2006 è volto a stabilire la sequenza degli atti prodromici all’estinzione delle contravvenzioni ambientali previste e punite nello stesso Dlgs. 152/2006, e non a condizionare l’esercizio dell’azione penale. In particolare, lo scopo delle prescrizioni è quello di ‘eliminare la contravvenzione accertata’, ma non di subordinare al suo adempimento la procedibilità dell’azione. La sospensione del procedimento (dall’iscrizione della notizia di reato alla definizione della procedura conseguente all’adozione delle prescrizioni) è semplicemente volta ad impedire inutili processi ed evitabili pendenze giudiziarie.»
Come sopraddetto, le contravvenzioni per cui è azionabile tale procedura sono quelle previste dal Dlgs. 152/2006 che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette” [8], ovvero, in buona sostanza, tutte le contravvenzioni ambientali di natura formale [9].
La Relazione n. III/04/2015 della Corte di Cassazione (Ufficio del Massimario, Sez. Penale), dopo aver evidenziato che le nuove disposizioni replicano il meccanismo di estinzione degli illeciti mediante adempimento delle prescrizioni impartite e pagamento di una somma determinata a titolo di sanzione pecuniaria, contenuto nel Dlgs. 758/1994 in tema di disciplina sanzionatoria del lavoro, mette in luce che potrebbero sorgere dubbi interpretativi legati al fatto che «la norma [ovvero l’art. 318-bis, comma 1] fa menzione solo delle ‘ipotesi contravvenzionali’, sebbene nella intitolazione della nuova Parte Sesta-Bis si parli anche di illeciti amministrativi; inoltre, si tratterà di verificare la possibile estensione della disciplina estintiva a contravvenzioni non contemplate nel codice dell’ambiente, ma ricomprese nella ‘materia ambientale’».
L’aspetto maggiormente dibattuto relativamente alle disposizioni contenute nella Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 è sicuramente costituito dal campo di applicazione delle medesime [10]. Ciò anche in considerazione del fatto che, sebbene il titolo della Parte VI-bis riporti “Disciplina degli illeciti amministrativi e penali in materia ambientale”, l’art. 318-bis fa espresso riferimento alle sole “ipotesi contravvenzionali” (incluse nel Dlgs. 152/2006) che – ai sensi dell’art. 17 cod. pen. – sono punite con la pena dell’arresto e/o dell’ammenda. Per stabilire quale sia la tipologia di contravvenzioni che possono essere assoggettate alla disciplina in esame ci si è dunque focalizzati sull’aspetto sanzionatorio [11].
Secondo alcuni autori, nel campo di applicazione della Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 devono essere ricomprese le contravvenzioni con pena congiunta (arresto ed ammenda), mentre secondo un altro orientamento la procedura di estinzione dei reati ambientali non si applica né alle contravvenzioni del Dlgs. 152/2006 punite con la sola pena dell’arresto (e su questo punto non vi sono opinioni contrarie), né a quelle punite con pena pecuniaria congiunta a quella dell’arresto (in modo analogo a quanto previsto dal Dlgs. 758/1994 in tema di contravvenzioni antinfortunistiche).
La dottrina maggioritaria ha osservato che «A differenza di quanto avviene in materia di sicurezza del lavoro, la procedura estintiva prevista dal Titolo VI-bis non prevede un riferimento specifico al tipo di contravvenzioni alle quali può essere applicata. Il legislatore, infatti, condizionail meccanismo estintivo al pagamento di una ‘somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda’ omettendo di specificare se le contravvenzioni estinguibili siano solo quelle punite con l’ammenda o anche quelle per le quali vi sia alternativa tra arresto e ammenda». Secondo tale orientamento, «[..] La soluzione preferibile appare quella di ritenere possibile l’operatività del meccanismo anche nel caso di pena alternativa. In proposito, infatti, va osservato che l’articolo 318-septies prevede che l’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’articolo 318 quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza possono essere valutati ai fini dell’applicazione dell’articolo 162 –bis del codice penale [relativo all’oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative]. Dal rinvio si deduce che la disciplina degli articoli 318-bis e seguenti va riferita anche alle contravvenzioni sanzionate con arresto ed ammenda, poiché è evidente che nel caso contrario il richiamo all’oblazione facoltativa sarebbe del tutto incoerente. Questa opzione interpretativa trova conferma nella lettura dell’art. 301 del Dlgs. 81/2008 [12]».
Un’ulteriore posizione è quella di chi osserva che «Se si ritiene che il Titolo VI-bis Dlgs. 152/2006 discenda e sia da leggere in analogia al Dlgs. 758/1994, allora la disciplina dell’estinzione è da escludere per i reati con pena congiunta. Se, invece, si ritiene che la norma – pur aderendo alla ratio del decreto citato per quanto riguarda gli effetti deflattivi, e pur essendo costruita sullo stesso schema – abbia una vita propria e si conceda al legislatore il diritto di non prevedere distinzione alcuna in questo particolare istituto, allora bisogna prendere atto che la legge non esprime limitazioni specifiche in materia. E, in questo caso, parrebbe superato anche il principio di legalità delle pene. Considerato che i reati ambientali puniti con pene contravvenzionali congiunte nel T.U.A. o sono analoghi a quelli a pena alternativa ma dal legislatore ritenuti più gravi (perché interessano rifiuti o sostanze pericolose) o riguardano condotte che hanno già prodotto concreto pregiudizio del bene protetto, sembrerebbe che l’interpretazione estensiva non sia da escludere[13].»
Ciò premesso, e considerato che in materia ambientale non esiste una disposizione simile a quella prevista dall’art. 301 del Dlgs. 81/2008 [14], è stato osservato che “[..] è, pertanto, possibile sostenere che l’applicabilità della procedura di cui alla Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 debba essere correlata non alla tipologia di sanzione irrogata a fronte dell’illecito avente natura contravvenzionale (arresto o ammenda, oppure solo ammenda) bensì alla natura formale o meno della contravvenzione stessa. Tale interpretazione troverebbe conforto anche nella formulazione letterale dell’art. 318-bis, Dlgs. 152/2006, in base alla quale ‘Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette’ [15]».
In riferimento all’ulteriore annoso tema dell’obbligatorietà (o meno) delle prescrizioni ai fini dell’estinzione del reato, la Corte di Cassazione è intervenuta ripetutamente, chiarendo che la disciplina in esame non dispone l’obbligatorietà della prescrizione.
In particolare, con sentenza n. 38787 del 22 agosto 2018, la Suprema Corte ha affermato che «In tema di responsabilità ambientale, gli artt. 318-bis e seguenti del Dlgs. 152/2006 non contemplano l’ipotesi che la polizia giudiziaria impartisca obbligatoriamente una prescrizione per consentire alla parte l’estinzione del reato. In materia d’infortuni sul lavoro, il cui meccanismo è stato riprodotto nel citato decreto 152/2006, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro l’omessa indicazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non rende l’azione penale improcedibile: la formale assenza della procedura estintiva non può condizionare l’esercizio dell’azione penale nei casi in cui, legittimamente, l’organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l’imputato può comunque richiedere di essere ammesso all’oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata.»
Più recentemente, la stessa Corte, con sentenza n. 19986 del 20 maggio 2021, ha specificato che «Gli art. 318-bis e seguenti del Dlgs. 152/2006 non stabiliscono che l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscano obbligatoriamente una prescrizione per consentire al contravventore l’estinzione del reato e l’eventuale mancato espletamento della procedura di estinzione non comporta l’improcedibilità dell’azione penale [16]».
Da tali pronunce emerge che – in analogia con quanto previsto dalla disciplina in materia di infortuni sul lavoro – la procedura estintiva di cui agli artt. 318-bis e ss. del Dlgs. 152/2006 risulta applicabile pur in assenza di prescrizioni concretamente impartibili, cosicché il contravventore potrà essere direttamente ammesso al pagamento della sanzione amministrativa in modo da perfezionare la fattispecie estintiva.
Inoltre, si segnala che, con sentenza n. 35405 del 26 agosto 2019, la Suprema Corte ha affermato che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 318-bis e ss. Dlgs. 152/2006 si applica tanto alle condotte esaurite – come tali prive di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore – quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso.
In particolare, è stato specificato che «La procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli artt. 318 bis e ss. del D.lgs. n. 152 del 2006 è applicabile anche nel caso in cui, previo accertamento dell’assenza di danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, l’autorità amministrativa di vigilanza competente non abbia impartito prescrizioni per regolarizzare la situazione di fatto che integra la contravvenzione accertata; l’art. 15, comma 3, del D.lgs. n. 124 del 2004, si riferisce sia alle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto, precedentemente all’emanazione della prescrizione, all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati.»
Infine, circa la natura delle (eventuali) prescrizioni impartite, la Suprema Corte, nella recentissima sentenza n. 24483 del 23 giugno 2021, ha specificato che «La prescrizione impartita ai sensi dell’art. 318-ter, d.lgs. n. 152 del 2006, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria non autonomamente né immediatamente impugnabile davanti al giudice penale, restando ogni questione devoluta al giudice penale successivamente all’esercizio dell’azione penale o alla richiesta di archiviazione.»
In ultimo, è necessario segnalare anche la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 16 novembre 2020, in cui è stato affermato che è costituzionalmente legittima la scelta del legislatore di circoscrivere l’applicabilità della procedura estintiva del reato prevista dagli artt. 318-bis e ss. ai soli processi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, con esclusione, quindi, dei procedimenti penali per i quali, a quella data, sia stata esercitata l’azione penale. In particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che «L’art. 318-octies del Codice dell’Ambiente, nella parte in cui prevede che la causa estintiva contemplata nel precedente art. 318-septies non si applichi ai procedimenti penali per i quali sia stata esercitata l’azione penale alla data di entrata in vigore della Parte Sesta Bis del medesimo decreto, non si pone in contrato con l’art. 3 della Costituzione».
Piacenza, 24 agosto 2021
[1] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, pubblicato in G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 ed entrato in vigore il 29 aprile 2006.
[2] Legge 22 maggio 2015, n. 68, Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente, pubblicata in G.U. n. 122 del 28 maggio 2015 ed entrata in vigore il 29 maggio 2015.
[3] Si noti che, ai sensi dell’art. 318-ter, comma 1, secondo periodo, in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una volta sola, su richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato.
[4] Su questo punto si segnala che la Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 36823 del 25 luglio 2017 ha affermato che: «La prescrizione che deve essere imposta, ai sensi dell’art. 318-bis del D.L.vo 152/2006, in caso di contravvenzione avente natura formale, ossia in quanto la stessa non risulti aver arrecato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, deve essere accompagnata, a norma dell’art. 318-ter del medesimo decreto, da un termine ultimo di adempimento. Per effetto di tale prescrizione, la contravvenzione, come previsto dall’art. 318-septies del predetto decreto, si estinguerà se, e solo se, il contravventore provvederà ad adempiere alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine nella stessa fissato: è l’adempimento tempestivo, quindi, che estingue il reato, a nulla rilevando, invece, l’adempimento tardivo.»
[5] Sul punto di veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 76 del 9 aprile 2019 secondo cui “In tema di reati ambientali, è costituzionalmente legittimo l’art. 318-septies del Dlgs. 152/2006 che, al comma 3, prevede che il contravventore può essere ammesso all’oblazione di una somma ridotta alla metà del massimo dell’ammenda, anziché al quarto del massimo, previsto in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
[6] Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro.
[7] Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, pubblicato in G.U. n. 101 del 30 aprile 2008 ed entrato in vigore il 15 maggio 2008.
[8] A tal proposito, si segnala la recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 1131 del 13 gennaio 2021, secondo cui « In caso di realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (tra cui, nel caso di specie, materiali da demolizione, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali ecc.), tenuto conto dell’evidente compromissione del bene tutelato, non sussistono i presupposti per accedere alla procedura estintiva (prevista dalla Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006), la quale – secondo quanto previsto dall’art. 318-bis del T.U.A. – si applica solo alle contravvenzioni che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali.»
[10] Sin dall’approvazione della L. 68/2015 si sono succedute diverse direttive delle Procure della Repubblica, spesso contrastanti tra loro, in particolare su alcune parti poco chiare della legge, ovvero su temi non affrontati dal legislatore. A ciò si aggiunga che molti indirizzi interpretativi sono stati diramati dagli uffici del Pubblico Ministero immediatamente dopo l’entrata in vigore della norma, con il fine di fornire alla polizia giudiziaria i primi orientamenti applicativi. Tutto ciò ha comportato un disorientamento degli operatori di polizia giudiziaria e degli organi asseveratori.
[11] S. Maglia, F. Salmi, HSE Manager, 2020, Edizioni TuttoAmbiente, pp. 334-338.
[12]Ex multis, M. C. Amoroso, La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal D.Lgs. 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori? in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/.
[13] U. Cassio, Proposta di prima applicazione della L. 68/2015 – Ecoreati – Titolo VI bis Dlgs. 152/2006, in https://lexambiente.it/
[14]Art. 301 del Dlgs. 81/2008: “1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758”.
[15] S. Maglia, F. Salmi, HSE Manager, 2020, Edizioni TuttoAmbiente, pp. 334-338.
[16] Del medesimo indirizzo sono le sentenze Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 7220 del 24 febbraio 2021 e Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 49718 del 6 dicembre 2019.
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Reati ambientali: il punto sulla disciplina
di Federica Martini
Com’è noto, la disciplina di cui agli articoli da 318-bis a 318-octies del Dlgs. 152/2006 [1], introdotta con l’art. 1, comma 9, della Legge 22 maggio 2015, n. 68 [2], ha previsto – in materia di reati ambientali – un meccanismo di estinzione delle contravvenzioni disciplinate nel medesimo Dlgs. 152/2006 che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”, all’esito del perfezionamento di una procedura amministrativa costituita da due fasi: la c.d. ‘regolarizzazione’ del contravventore attraverso l’adempimento delle prescrizioni impartite in via amministrativa ed il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria.
In estrema sintesi, il meccanismo prevede che l’organo di vigilanza, dopo aver accertato una contravvenzione suscettibile di regolarizzazione (sotto forma di cessazione della permanenza del reato o di rimozione delle sue conseguenze dannose o pericolose), oltre a riferire senza ritardo al pubblico ministero la notizia di reato, impartisce al contravventore un’apposita prescrizione, fissando un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario per rimuovere l’irregolarità [3].
Successivamente (ovvero entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato), lo stesso organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità prescritte e nel termine indicato nella prescrizione. Se vi è stato corretto e tempestivo adempimento, la contravvenzione si estingue e il contravventore è ammesso a pagare una sanzione di importo pari ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista [4].
L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’art. 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono valutati ai fini dell’applicazione dell’art. 162-bis del codice penale e, in tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa [5].
Diversamente, se l’adempimento non è avvenuto, il processo (precedentemente sospeso) riprende il suo corso.
La procedura estintiva, che ricalca quella già sperimentata per le contravvenzioni in materia di infortuni sul lavoro (art. 20 e ss. del Dlgs. 758/1994 [6] e Dlgs. 81/2008 [7]), si pone in un’ottica deflattiva rispetto agli illeciti penali caratterizzati da un ridotto livello di offensività del bene giuridico protetto. In tal senso, la Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 25528 del 6 luglio 2021 ha recentemente chiarito che «Il meccanismo delineato dagli artt. 318-bis e ss. del Dlgs. 152/2006 è volto a stabilire la sequenza degli atti prodromici all’estinzione delle contravvenzioni ambientali previste e punite nello stesso Dlgs. 152/2006, e non a condizionare l’esercizio dell’azione penale. In particolare, lo scopo delle prescrizioni è quello di ‘eliminare la contravvenzione accertata’, ma non di subordinare al suo adempimento la procedibilità dell’azione. La sospensione del procedimento (dall’iscrizione della notizia di reato alla definizione della procedura conseguente all’adozione delle prescrizioni) è semplicemente volta ad impedire inutili processi ed evitabili pendenze giudiziarie.»
Come sopraddetto, le contravvenzioni per cui è azionabile tale procedura sono quelle previste dal Dlgs. 152/2006 che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette” [8], ovvero, in buona sostanza, tutte le contravvenzioni ambientali di natura formale [9].
La Relazione n. III/04/2015 della Corte di Cassazione (Ufficio del Massimario, Sez. Penale), dopo aver evidenziato che le nuove disposizioni replicano il meccanismo di estinzione degli illeciti mediante adempimento delle prescrizioni impartite e pagamento di una somma determinata a titolo di sanzione pecuniaria, contenuto nel Dlgs. 758/1994 in tema di disciplina sanzionatoria del lavoro, mette in luce che potrebbero sorgere dubbi interpretativi legati al fatto che «la norma [ovvero l’art. 318-bis, comma 1] fa menzione solo delle ‘ipotesi contravvenzionali’, sebbene nella intitolazione della nuova Parte Sesta-Bis si parli anche di illeciti amministrativi; inoltre, si tratterà di verificare la possibile estensione della disciplina estintiva a contravvenzioni non contemplate nel codice dell’ambiente, ma ricomprese nella ‘materia ambientale’».
L’aspetto maggiormente dibattuto relativamente alle disposizioni contenute nella Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 è sicuramente costituito dal campo di applicazione delle medesime [10]. Ciò anche in considerazione del fatto che, sebbene il titolo della Parte VI-bis riporti “Disciplina degli illeciti amministrativi e penali in materia ambientale”, l’art. 318-bis fa espresso riferimento alle sole “ipotesi contravvenzionali” (incluse nel Dlgs. 152/2006) che – ai sensi dell’art. 17 cod. pen. – sono punite con la pena dell’arresto e/o dell’ammenda. Per stabilire quale sia la tipologia di contravvenzioni che possono essere assoggettate alla disciplina in esame ci si è dunque focalizzati sull’aspetto sanzionatorio [11].
Secondo alcuni autori, nel campo di applicazione della Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 devono essere ricomprese le contravvenzioni con pena congiunta (arresto ed ammenda), mentre secondo un altro orientamento la procedura di estinzione dei reati ambientali non si applica né alle contravvenzioni del Dlgs. 152/2006 punite con la sola pena dell’arresto (e su questo punto non vi sono opinioni contrarie), né a quelle punite con pena pecuniaria congiunta a quella dell’arresto (in modo analogo a quanto previsto dal Dlgs. 758/1994 in tema di contravvenzioni antinfortunistiche).
La dottrina maggioritaria ha osservato che «A differenza di quanto avviene in materia di sicurezza del lavoro, la procedura estintiva prevista dal Titolo VI-bis non prevede un riferimento specifico al tipo di contravvenzioni alle quali può essere applicata. Il legislatore, infatti, condiziona il meccanismo estintivo al pagamento di una ‘somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda’ omettendo di specificare se le contravvenzioni estinguibili siano solo quelle punite con l’ammenda o anche quelle per le quali vi sia alternativa tra arresto e ammenda». Secondo tale orientamento, «[..] La soluzione preferibile appare quella di ritenere possibile l’operatività del meccanismo anche nel caso di pena alternativa. In proposito, infatti, va osservato che l’articolo 318-septies prevede che l’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’articolo 318 quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza possono essere valutati ai fini dell’applicazione dell’articolo 162 –bis del codice penale [relativo all’oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative]. Dal rinvio si deduce che la disciplina degli articoli 318-bis e seguenti va riferita anche alle contravvenzioni sanzionate con arresto ed ammenda, poiché è evidente che nel caso contrario il richiamo all’oblazione facoltativa sarebbe del tutto incoerente. Questa opzione interpretativa trova conferma nella lettura dell’art. 301 del Dlgs. 81/2008 [12]».
Un’ulteriore posizione è quella di chi osserva che «Se si ritiene che il Titolo VI-bis Dlgs. 152/2006 discenda e sia da leggere in analogia al Dlgs. 758/1994, allora la disciplina dell’estinzione è da escludere per i reati con pena congiunta. Se, invece, si ritiene che la norma – pur aderendo alla ratio del decreto citato per quanto riguarda gli effetti deflattivi, e pur essendo costruita sullo stesso schema – abbia una vita propria e si conceda al legislatore il diritto di non prevedere distinzione alcuna in questo particolare istituto, allora bisogna prendere atto che la legge non esprime limitazioni specifiche in materia. E, in questo caso, parrebbe superato anche il principio di legalità delle pene. Considerato che i reati ambientali puniti con pene contravvenzionali congiunte nel T.U.A. o sono analoghi a quelli a pena alternativa ma dal legislatore ritenuti più gravi (perché interessano rifiuti o sostanze pericolose) o riguardano condotte che hanno già prodotto concreto pregiudizio del bene protetto, sembrerebbe che l’interpretazione estensiva non sia da escludere [13].»
Ciò premesso, e considerato che in materia ambientale non esiste una disposizione simile a quella prevista dall’art. 301 del Dlgs. 81/2008 [14], è stato osservato che “[..] è, pertanto, possibile sostenere che l’applicabilità della procedura di cui alla Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006 debba essere correlata non alla tipologia di sanzione irrogata a fronte dell’illecito avente natura contravvenzionale (arresto o ammenda, oppure solo ammenda) bensì alla natura formale o meno della contravvenzione stessa. Tale interpretazione troverebbe conforto anche nella formulazione letterale dell’art. 318-bis, Dlgs. 152/2006, in base alla quale ‘Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette’ [15]».
In riferimento all’ulteriore annoso tema dell’obbligatorietà (o meno) delle prescrizioni ai fini dell’estinzione del reato, la Corte di Cassazione è intervenuta ripetutamente, chiarendo che la disciplina in esame non dispone l’obbligatorietà della prescrizione.
In particolare, con sentenza n. 38787 del 22 agosto 2018, la Suprema Corte ha affermato che «In tema di responsabilità ambientale, gli artt. 318-bis e seguenti del Dlgs. 152/2006 non contemplano l’ipotesi che la polizia giudiziaria impartisca obbligatoriamente una prescrizione per consentire alla parte l’estinzione del reato. In materia d’infortuni sul lavoro, il cui meccanismo è stato riprodotto nel citato decreto 152/2006, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro l’omessa indicazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non rende l’azione penale improcedibile: la formale assenza della procedura estintiva non può condizionare l’esercizio dell’azione penale nei casi in cui, legittimamente, l’organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l’imputato può comunque richiedere di essere ammesso all’oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata.»
Più recentemente, la stessa Corte, con sentenza n. 19986 del 20 maggio 2021, ha specificato che «Gli art. 318-bis e seguenti del Dlgs. 152/2006 non stabiliscono che l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscano obbligatoriamente una prescrizione per consentire al contravventore l’estinzione del reato e l’eventuale mancato espletamento della procedura di estinzione non comporta l’improcedibilità dell’azione penale [16]».
Da tali pronunce emerge che – in analogia con quanto previsto dalla disciplina in materia di infortuni sul lavoro – la procedura estintiva di cui agli artt. 318-bis e ss. del Dlgs. 152/2006 risulta applicabile pur in assenza di prescrizioni concretamente impartibili, cosicché il contravventore potrà essere direttamente ammesso al pagamento della sanzione amministrativa in modo da perfezionare la fattispecie estintiva.
Inoltre, si segnala che, con sentenza n. 35405 del 26 agosto 2019, la Suprema Corte ha affermato che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 318-bis e ss. Dlgs. 152/2006 si applica tanto alle condotte esaurite – come tali prive di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore – quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso.
In particolare, è stato specificato che «La procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli artt. 318 bis e ss. del D.lgs. n. 152 del 2006 è applicabile anche nel caso in cui, previo accertamento dell’assenza di danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, l’autorità amministrativa di vigilanza competente non abbia impartito prescrizioni per regolarizzare la situazione di fatto che integra la contravvenzione accertata; l’art. 15, comma 3, del D.lgs. n. 124 del 2004, si riferisce sia alle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto, precedentemente all’emanazione della prescrizione, all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati.»
Infine, circa la natura delle (eventuali) prescrizioni impartite, la Suprema Corte, nella recentissima sentenza n. 24483 del 23 giugno 2021, ha specificato che «La prescrizione impartita ai sensi dell’art. 318-ter, d.lgs. n. 152 del 2006, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria non autonomamente né immediatamente impugnabile davanti al giudice penale, restando ogni questione devoluta al giudice penale successivamente all’esercizio dell’azione penale o alla richiesta di archiviazione.»
In ultimo, è necessario segnalare anche la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 16 novembre 2020, in cui è stato affermato che è costituzionalmente legittima la scelta del legislatore di circoscrivere l’applicabilità della procedura estintiva del reato prevista dagli artt. 318-bis e ss. ai soli processi pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, con esclusione, quindi, dei procedimenti penali per i quali, a quella data, sia stata esercitata l’azione penale. In particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che «L’art. 318-octies del Codice dell’Ambiente, nella parte in cui prevede che la causa estintiva contemplata nel precedente art. 318-septies non si applichi ai procedimenti penali per i quali sia stata esercitata l’azione penale alla data di entrata in vigore della Parte Sesta Bis del medesimo decreto, non si pone in contrato con l’art. 3 della Costituzione».
Piacenza, 24 agosto 2021
[1] Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, pubblicato in G.U. n. 88 del 14 aprile 2006 ed entrato in vigore il 29 aprile 2006.
[2] Legge 22 maggio 2015, n. 68, Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente, pubblicata in G.U. n. 122 del 28 maggio 2015 ed entrata in vigore il 29 maggio 2015.
[3] Si noti che, ai sensi dell’art. 318-ter, comma 1, secondo periodo, in presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una volta sola, su richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato.
[4] Su questo punto si segnala che la Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 36823 del 25 luglio 2017 ha affermato che: «La prescrizione che deve essere imposta, ai sensi dell’art. 318-bis del D.L.vo 152/2006, in caso di contravvenzione avente natura formale, ossia in quanto la stessa non risulti aver arrecato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, deve essere accompagnata, a norma dell’art. 318-ter del medesimo decreto, da un termine ultimo di adempimento. Per effetto di tale prescrizione, la contravvenzione, come previsto dall’art. 318-septies del predetto decreto, si estinguerà se, e solo se, il contravventore provvederà ad adempiere alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine nella stessa fissato: è l’adempimento tempestivo, quindi, che estingue il reato, a nulla rilevando, invece, l’adempimento tardivo.»
[5] Sul punto di veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 76 del 9 aprile 2019 secondo cui “In tema di reati ambientali, è costituzionalmente legittimo l’art. 318-septies del Dlgs. 152/2006 che, al comma 3, prevede che il contravventore può essere ammesso all’oblazione di una somma ridotta alla metà del massimo dell’ammenda, anziché al quarto del massimo, previsto in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
[6] Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro.
[7] Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, pubblicato in G.U. n. 101 del 30 aprile 2008 ed entrato in vigore il 15 maggio 2008.
[8] A tal proposito, si segnala la recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 1131 del 13 gennaio 2021, secondo cui « In caso di realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (tra cui, nel caso di specie, materiali da demolizione, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali ecc.), tenuto conto dell’evidente compromissione del bene tutelato, non sussistono i presupposti per accedere alla procedura estintiva (prevista dalla Parte VI-bis del Dlgs. 152/2006), la quale – secondo quanto previsto dall’art. 318-bis del T.U.A. – si applica solo alle contravvenzioni che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali.»
[9] S. Maglia, Prime considerazioni in merito alla nuova Parte VI-bis, D.L.vo n. 152/2006, in https://www.tuttoambiente.it/.
[10] Sin dall’approvazione della L. 68/2015 si sono succedute diverse direttive delle Procure della Repubblica, spesso contrastanti tra loro, in particolare su alcune parti poco chiare della legge, ovvero su temi non affrontati dal legislatore. A ciò si aggiunga che molti indirizzi interpretativi sono stati diramati dagli uffici del Pubblico Ministero immediatamente dopo l’entrata in vigore della norma, con il fine di fornire alla polizia giudiziaria i primi orientamenti applicativi. Tutto ciò ha comportato un disorientamento degli operatori di polizia giudiziaria e degli organi asseveratori.
[11] S. Maglia, F. Salmi, HSE Manager, 2020, Edizioni TuttoAmbiente, pp. 334-338.
[12] Ex multis, M. C. Amoroso, La nuova procedura estintiva dei reati contravvenzionali previsti dal D.Lgs. 152/2006. Quali direttive per gli organi accertatori? in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/.
[13] U. Cassio, Proposta di prima applicazione della L. 68/2015 – Ecoreati – Titolo VI bis Dlgs. 152/2006, in https://lexambiente.it/
[14] Art. 301 del Dlgs. 81/2008: “1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero la pena della sola ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758”.
[15] S. Maglia, F. Salmi, HSE Manager, 2020, Edizioni TuttoAmbiente, pp. 334-338.
[16] Del medesimo indirizzo sono le sentenze Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 7220 del 24 febbraio 2021 e Corte di Cassazione Penale, Sez. III n. 49718 del 6 dicembre 2019.
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