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Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR): prime considerazioni

di Miriam Viviana Balossi

Categoria: Rifiuti

Premessa

Per effetto del Comunicato del MITE pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2022, il Ministero ha reso noto di aver pubblicato sul proprio sito istituzionale il D.M. n. 257 del 24 giugno 2022 che approva il Programma nazionale di gestione dei rifiuti, di cui all’art. 198-bis del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152, che ne costituisce parte integrante, con valenza per gli anni dal 2022 al 2028.

Il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti mira a fornire uno strumento di indirizzo per le Regioni e le Province autonome nella pianificazione e gestione dei rifiuti, preordinato a orientare le politiche pubbliche e incentivare le iniziative private per lo sviluppo di un’economia sostenibile e circolare.

 

 

Finalità e contesto

Il PNGR si limita a fissare i macro-obiettivi, definire i criteri e le linee strategiche a cui le Regioni e le Province autonome dovranno attenersi nella elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti, offrendo, contestualmente, una ricognizione nazionale dell’impiantistica, suddivisa per tipologia di impianti e per regione, al fine di fornire indirizzi atti a colmare i gap impiantistici presenti nel territorio.

In altre parole, quindi, il PNGR, nel rispetto del riparto di competenze fra Stato e Regioni, non reca interventi o progetti puntuali: ciò in quanto, ai sensi degli articoli 196 e 199 del D.L.vo 152/2006, compete, infatti, ai Piani regionali di gestione dei rifiuti la previsione degli interventi strutturali da realizzare e la individuazione dei criteri per la loro ubicazione.

Il PNGR, in sede di prima applicazione, costituisce una delle riforme strutturali per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). In argomento, si veda da ultimo anche la L. 29 giugno 2022, n. 79 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR), pubblicata in G.U. n.150 del 29 giugno 2022 ed in vigore dal 30 giugno 2022.

In merito al raccordo tra PNGR e il Programma nazionale di Prevenzione dei rifiuti, va detto che quest’ultimo reca le azioni volte alla prevenzione dei rifiuti integrate con misure di carattere generale che possono contribuire in misura rilevante al successo delle politiche di prevenzione nel loro complesso. La prevenzione, si ricorda, costituisce la migliore opzione percorribile secondo la gerarchia europea allo scopo di dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali a essa connessi. Tuttavia, il primo Programma di prevenzione dei rifiuti, risalente al 2013, è tutt’ora in corso di aggiornamento e revisione da parte del MITE alla luce delle modifiche intervenute con l’entrata in vigore delle “Pacchetto economia circolare”.

Fermo restando che la Commissione Europea ha ormai da tempo portato al centro delle politiche comunitarie anche l’economia circolare dando un ulteriore impulso verso quel passaggio dove il rifiuto sempre più deve essere ridotto e valorizzato in modo intelligente ed efficiente, il posizionamento dell’Italia in Europa, nell’ambito degli obiettivi di riciclo è generalmente in linea rispetto alle attese europee, tuttavia, alcune filiere presentano punti di debolezza nella raccolta differenziata, anche con divari territoriali significativi, tra questi i rifiuti tessili, i veicoli fuori uso, le apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e le batterie.

 

 

La produzione dei rifiuti

Poiché l’art. 198-bis del D.L.vo 152/2006, richiede una rassegna dei dati inerenti la produzione, su scala nazionale, dei rifiuti per tipo, quantità e fonte, nonché la ricognizione impiantistica nazionale per tipologia di impianti e per Regione, il PNGR riporta un’analisi riferita all’anno 2019, in quanto i dati relativi al 2020 hanno risentito dell’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha segnato il contesto socio-economico nazionale e non risultano utili, a fini statistici, per una programmazione pluriennale.

La produzione totale dei rifiuti nel 2019 ammonta a circa 184 milioni di tonnellate.

Di queste, circa 30 milioni sono di provenienza urbana e la restante quota è invece generata dalle attività produttive.

Nel 2019, la produzione nazionale dei rifiuti urbani (RU) si attesta a oltre 30 milioni di tonnellate, con un lieve calo rispetto al 2018.

Nel 2019, la percentuale di raccolta differenziata è stata pari al 61,3% della produzione nazionale, con una crescita del rispetto al dato 2018. La raccolta complessiva presenta significative differenze territoriali: rispetto alla produzione totale dei rifiuti urbani, si osserva che le percentuali variano dal 72% per le regioni del Nord Est, al 67,6% per quelle del Nord Ovest, al 57,8% del Centro, al 52,3% del Sud, alle Isole 47,2%.

Nel 2019, la produzione di rifiuti speciali si attesta a quasi 154 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto al 2018, corrispondente a circa 10,5 milioni di tonnellate. L’incremento registrato è quasi del tutto imputabile ai rifiuti non pericolosi che rappresentano il 93,4% del totale dei rifiuti prodotti. La maggiore produzione di rifiuti speciali non pericolosi deriva dal settore delle costruzioni e demolizioni (48,4% del totale prodotto, corrispondente a 69,6 milioni di tonnellate), seguito dalle attività di trattamento di rifiuti e di risanamento (24,6%) e da quelle manifatturiere (17,7%). Il settore manifatturiero produce il 37% del totale dei rifiuti speciali pericolosi, corrispondente a circa 3,8 milioni di tonnellate. Il 32,6% è attribuibile alle attività di trattamento rifiuti e di risanamento ambientale, pari a 3,3 milioni di tonnellate; segue il settore dei servizi, del commercio e dei trasporti (20,5%) con quasi 2,1 milioni di tonnellate, di cui oltre 1,5 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso.

Sotto il profilo geografico, si segnala quanto segue: nel Nord Ovest, la Lombardia produce il 69,1% del totale dei rifiuti speciali generati nell’area geografica seguita dal Piemonte la cui produzione complessiva di rifiuti si attesta a quasi il 24,5%; al Nord Est è il Veneto la regione che maggiormente contribuisce alla produzione di rifiuti speciali (43,3%), seguita dall’Emilia-Romagna (34,5%). Tra le regioni del Centro, i maggiori valori di produzione si riscontrano per il Lazio (37,7% della produzione dell’Italia centrale) e per la Toscana (37,4% della produzione dell’intera macroarea). Al Sud, la Puglia costituisce il 40,8% del dato dell’area geografica, seguita dalla Campania (30,3%). Nelle Isole, la Sicilia produce quasi il 70,6% del totale.

 

 

Ricognizione impiantistica

Per quanto riguarda la ricognizione impiantistica, il 70,7% dei rifiuti viene trattato al Nord, il 10,3% al Centro e il 19% al Sud.

Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani operativi sono 673; di questi, 359 sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata (293 impianti di compostaggio, 43 impianti per il trattamento integrato aerobico /anaerobico e 23 impianti di digestione anaerobica), 132 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico, 131 sono impianti di discarica a cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani.

La distribuzione geografica degli impianti non risulta omogenea tra le Regioni italiane in termini di numerosità, capacità autorizzata 27 e scelte tecnologiche. Circa il 65% della complessiva capacità di trattamento autorizzata per gli impianti di recupero della frazione organica biodegradabile è operativa al Nord, dove gli impianti presentano una maggiore diffusione territoriale e una capacità di trattamento media più bassa che al Centro-Sud e nelle Isole.

Va rilevato, inoltre, che quote considerevoli di rifiuti prodotte nelle aree del Centro e nel Mezzogiorno vengono trattate in impianti localizzati in altre aree, soprattutto nell’Italia Settentrionale, quindi non coerentemente con i principi di auto contenimento territoriale o prossimità.

Analizzando i dati relativi alle diverse forme di gestione messe in atto a livello regionale si evidenzia che, laddove esiste un ciclo integrato dei rifiuti grazie ad un parco impiantistico sviluppato, viene ridotto significativamente l’utilizzo della discarica.

Per quanto riguarda il conferimento in discarica, il dato per ripartizione geografica evidenzia un incremento quantitativo tra il 2018 e il 2019 al solo Centro (+19,4%); il Nord non fa registrare variazioni significative, mentre si rilevano riduzioni consistenti nel ricorso alla discarica al Sud da ascrivere anche ai miglioramenti in termini di raccolta differenziata nelle stesse aree.

 

I rifiuti speciali complessivamente gestiti in Italia sono pari a 164,5 milioni di tonnellate, di cui 154,7 milioni di tonnellate (94% del totale gestito) sono non pericolosi e i restanti 9,8 milioni di tonnellate (6% del totale gestito) sono pericolosi.

Il totale gestito è comprensivo dei rifiuti stoccati presso gli impianti e presso i produttori al 31 dicembre 2019 che è risultato pari a 18 milioni di tonnellate. Rispetto al 2018, le quantità avviate a operazioni di recupero aumentano del 9,6%, quelle avviate a smaltimento dell’1,3%.

Il recupero di materia (operazioni da R2 a R12) è la forma di gestione predominante, con il 68,9%, seguono con il 10,9% le altre operazioni di smaltimento (D3, D8, D9, D13, D14) e, con il 7,3% la discarica (D1). Risultano residuali le quantità avviate al coincenerimento (R1) e all’incenerimento (D10/R1).

Gli impianti di gestione dei rifiuti speciali operativi sono 10.839 di cui 6.152 sono situati al Nord, 1.980 al Centro e 2.707 al Sud. In particolare, nel 2019, gli impianti di recupero di materia costituiscono il 42,6% della dotazione impiantistica nazionale. Un numero relativamente alto è quello degli impianti dedicati esclusivamente allo stoccaggio dei rifiuti in attesa di essere sottoposti a successive operazioni di recupero/smaltimento (16,2% del totale). Gli impianti di autodemolizione rappresentano il 13,5%, mentre gli impianti industriali che effettuano il recupero di materia all’interno del proprio ciclo produttivo sono 1.303 (12%).

 

 

Specifiche tipologie di rifiuti speciali

Entrando nel merito, sono stati presi in considerazione i seguenti flussi strategici nell’elaborazione del Programma: rifiuti urbani residui da raccolta differenziata, rifiuti provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani, scarti derivanti dai trattamenti delle frazioni secche da raccolta differenziato e delle frazioni organiche, rifiuti organici, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), rifiuti inerti da costruzione e demolizione, rifiuti tessili, rifiuti in plastica, rifiuti contenenti amianto, veicoli fuori uso, rifiuti sanitari a rischio infettivo, fanghi di depurazione delle acque reflue urbane.

La produzione totale di rifiuti da operazioni di costruzione e demolizione, escluse le terre e rocce e i fanghi di dragaggio, si attesta a circa +13,6% rispetto al 2018, mentre il recupero complessivo di materia raggiunge +14,6%. La percentuale di recupero dei rifiuti da operazioni di demolizione e costruzione si attesta, quindi, nel 2019 al 78,1%, al di sopra dell’obiettivo del 70% fissato dalla Direttiva 2008/98/CE per il 2020.

I rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia sono costituiti per il 95,7% da materiali da costruzione contenenti amianto, per il 3,4% da materiali isolanti contenenti amianto, e per lo 0,9% da imballaggi metallici contenenti amianto, pastiglie per freni contenenti amianto e apparecchiature fuori uso contenenti amianto in fibre libere.

Al Nord è prodotto il 72,2% del totale dei rifiuti di amianto prodotti a livello nazionale, mentre al Centro e al Sud si producono, rispettivamente il 14,5% e il 13,3%.

La Lombardia si conferma, negli anni, la regione con il maggior quantitativo di rifiuti di amianto con il 27,9% del totale nazionale. I rifiuti di amianto complessivamente gestiti sono costituiti per il 96,9% da materiali da costruzione. La forma di gestione prevalente è la discarica (90,6% del totale gestito); il restante quantitativo è avviato a trattamento preliminare e a deposito preliminare.

L’analisi delle informazioni riguardanti il trattamento dei veicoli fuori uso evidenzia che, tra il 2018 e il 2019, il numero degli impianti di autodemolizione operativi passa da 1.524 a 1.462, dei quali 635 sono situati al Nord (44% del totale), 236 al Centro (16%) e 591 al Sud (40%) (Tabella 2.4). In totale, negli impianti censiti è stato trattato quasi +7,6% circa rispetto al 2018. Il Nord rimane l’area geografica in cui vengono gestite le quantità più significative di veicoli, oltre 605 mila tonnellate, mentre 234 mila tonnellate sono trattate al Centro e 453 mila al Sud. Gli impianti di frantumazione, che rappresentano l’ultimo anello della filiera di gestione del veicolo fuori uso, non sono diffusi in maniera capillare sul territorio, ma appaiono concentrati in alcuni contesti territoriali in vicinanza degli impianti industriali di recupero del rottame ferroso e nelle zone in cui il tessuto industriale è più strutturato.

I rifiuti sanitari prodotti in Italia sono pari a circa 200 mila tonnellate, di cui circa 25 mila tonnellate di rifiuti sanitari non pericolosi e quasi 175 mila tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi. La maggior parte della produzione di rifiuti sanitari pericolosi è costituita da rifiuti pericolosi a rischio infettivo, pari a 142 mila tonnellate. I rifiuti sanitari gestiti sono circa 217 mila tonnellate, di cui poco più di 31 mila tonnellate di rifiuti non pericolosi e circa 186 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Sono state gestite presso impianti di sterilizzazione circa 75 mila tonnellate di rifiuti sanitari pericolosi, mentre sono state avviate ad incenerimento poco più di 95 mila tonnellate. Gli impianti di sterilizzazione operativi sul territorio nazionale sono 16 e costituiscono forme intermedie di trattamento dei rifiuti che successivamente sono avviati a termovalorizzazione o discarica; 26 impianti, invece, sono autorizzati all’incenerimento di questa tipologia di rifiuti.

I quantitativi di fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane prodotti sul territorio nazionale ammontano, nel 2019, a circa 3,4 milioni di tonnellate, con un aumento dell’8,9% rispetto al 2018. L’analisi dei dati per macroarea geografica mostra una crescita del 10,2% al Sud, del 9,2% al Nord e del 7,2% al Centro. La regione con la maggior produzione è la Lombardia, oltre 466 mila tonnellate, seguita dall’Emilia Romagna, 440 mila tonnellate, dal Lazio, 410 mila tonnellate, e dal Veneto, circa 400 mila tonnellate. Queste quattro regioni producono complessivamente la metà dei fanghi generati su scala nazionale.

 

 

Azioni per colmare i GAP

Innanzitutto, in alcune aree del Paese il sistema impiantistico è insufficiente a garantire la gestione ottimizzata dei rifiuti mediante recupero energetico e fornire un’alternativa allo smaltimento in discarica.

Poi, la corretta quantificazione dei rifiuti derivanti dagli impianti di selezione dei rifiuti da raccolta differenziata è un elemento che deve essere incluso nella pianificazione regionale.

I rifiuti organici rappresentano un flusso strategico fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio. Intercettare, attraverso la raccolta differenziata, e avviare a recupero la maggiore quantità possibile di frazione organica biodegradabile consentirà non solo di ridurre i quantitativi di rifiuti avviati a smaltimento e di conseguire le migliori performance di recupero e riciclaggio, ma anche di ridurre le emissioni di metano (un potente gas climalterante) dal corpo delle discariche.

Il potenziamento della raccolta e il corretto riciclo dei RAEE sono considerati strategici per il Paese, sia per raggiungere gli ambiziosi obiettivi della Direttiva europea 2012/19/UE sui RAEE, così come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/849, sia per le potenzialità che tale filiera rappresenta in termini di produzione/recupero di materie prime critiche tra cui le terre rare, che rivestono un ruolo fondamentale per le tecnologie della transizione ecologica.

I rifiuti da costruzione e demolizione costituiscono il flusso principale dei rifiuti speciali complessivamente prodotti. I rifiuti provenienti da operazioni di costruzione e demolizione rappresentano un flusso oggetto di monitoraggio da parte della Commissione Europea che, entro il 31 dicembre 2024, valuterà l’introduzione di obiettivi in materia di preparazione per il riutilizzo e di riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Peraltro, gli interventi edilizi di riqualificazione energetica previsti dal Superbonus 110%, la cui estensione è prevista almeno al 2023, lasciano prevedere un ulteriore incremento della produzione di rifiuti da costruzione e demolizione, che dovrà necessariamente essere indirizzata verso operazioni virtuose di recupero.

A seguito della revisione della Direttiva Quadro sui Rifiuti, il 1° gennaio 2025 entrerà in vigore l’obbligo per gli Stati membri di raccogliere separatamente i tessili. La principale barriera al riciclaggio di alta qualità dei tessuti è imputabile al mix diversificato di materiali, rivestimenti, coloranti e oggetti non tessili con cui sono prodotti. Il riciclaggio meccanico di fibre miste al momento non restituisce un prodotto della stessa qualità dell’originale. Occorre dunque da una parte incrementare il tasso di raccolta ma contemporaneamente agire sulla qualità della raccolta attraverso una maggiore diffusione sul territorio dei punti di conferimento e una organizzazione che controlli il conferimento selezionato dei flussi valorizzabili.

Attualmente la raccolta differenziata dei rifiuti plastici si concentra, come previsto dalla normativa sia europea che nazionale sulla sola frazione di imballaggio. Per gli imballaggi in plastica l’Italia non raggiunge gli obiettivi minimi di riciclaggio definiti dall’Europa. Elemento di criticità nell’ambito della plastica è il “plasmix”, ossia l’insieme dei rifiuti misti di plastica che derivano dal riciclaggio meccanico degli imballaggi, caratterizzato da estrema eterogeneità per il quale ad oggi non è stata ancora individuata una soluzione strutturale e consolidata di valorizzazione. Attualmente le opzioni di riciclaggio del plasmix sono limitate. Questo materiale viene, infatti, generalmente avviato a recupero energetico e, in parte residuale, a smaltimento in discarica. Una evoluzione futura del settore riguarda la possibilità di utilizzare le tecnologie di riciclo chimico, che consentono di trasformare il plasmix in nuovi materiali utilizzabili come base per la sintesi di numerosi composti, oppure come vettori ad alto contenuto energetico.

Nell’ambito del Piano Nazionale Amianto il MITE ha censito 108.000 siti interessati dalla presenza di amianto. In previsione dello smantellamento e bonifica dei manufatti contenenti amianto presenti sul territorio nazionale, si rende necessaria un’implementazione del sistema impiantistico per garantire il fabbisogno necessario allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto. Deve essere individuato a livello regionale il fabbisogno di smaltimento, anche sulla base della presenza di eventuali impianti di inertizzazione nonché definire il potenziale fabbisogno impiantistico.

Per quanto concerne i veicoli fori uso, dopo l’iniziale miglioramento dovuto ad una risposta positiva dell’intera filiera alla nuova legislazione e ai target europei, negli anni successivi si assiste ad una sostanziale stabilità. Le carenze strutturali registrate nella filiera sia in termini di diffusione delle tecnologie di frantumazione e post frantumazione che di recupero energetico dei residui non recuperabili (fluff) hanno pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi ed in particolare dell’obiettivo di recupero totale. Si evidenzia che le misure di incentivazione della sostituzione di veicoli inquinanti avranno come effetto l’aumento del fabbisogno di rottamazione.

Per quanto concerne i rifiuti sanitari a rischio infettivo, nell’ambito della ricognizione impiantistica effettuata non sono stati identificati gap strutturali per questo specifico flusso.

Infine, con riguardo, ai fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, i trattamenti biologici hanno portato alla produzione, nel 2019, di circa 256 mila tonnellate di ammendanti compostati con fanghi di cui al D.L.vo 75/2010. Alcuni impianti che effettuano la produzione di ammendante compostato misto ed ammendante compostato con fanghi dichiarano, tuttavia, il quantitativo prodotto in maniera cumulativa, non distinguendo i quantitativi afferenti a ciascuna tipologia. Uno degli aspetti di maggior criticità è legato all’assenza di sistemi di tracciabilità puntuali ed informatizzati sull’utilizzo al suolo dei fanghi, nonché dei gessi prodotti a partire dal trattamento dei fanghi.

 

 

Conclusioni

La pianificazione delle attività di gestione del ciclo dei rifiuti a livello regionale rappresenta la base fondamentale per una buona organizzazione del sistema di gestione e per il raggiungimento degli obiettivi europei, la risoluzione delle condizioni di inefficienza e il superamento delle carenze impiantistiche.

Ai fini della riduzione dei divari e gap impiantistici, le Regioni che presentano, rispetto alla produzione, un tasso di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e dei rifiuti provenienti dal loro trattamento, devono garantire, nell’ambito della pianificazione regionale, una progressiva riduzione dello smaltimento in discarica annuo fino al raggiungimento del suddetto obiettivo stabilito al 2035 dal D.L.vo 36/2003 così come modificato dal D.L.vo 121/2020.

Nelle future revisioni, i piani regionali tengano conto anche degli obiettivi di salvaguardia, tutela e di valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali, evidenziando le azioni che si intendono perseguire. Da ultimo si rammenta che la rispondenza dei piani regionali alla normativa comunitaria costituisce condizione abilitante per l’accesso ai fondi comunitari e di coesione nazionale.

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